Close

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Un film di Lukas Dhont. Con Eden Dambrine, Gustav De Waele, Émilie Dequenne, Léa Drucker.
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Drammatico, Ratings: Kids+13, durata 105 min. - Belgio, Paesi Bassi, Francia 2022. - Lucky Red uscita mercoledì 4 gennaio 2023. MYMONETRO Close * * * 1/2 - valutazione media: 3,52 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

La tenerezza che ci univa Valutazione 5 stelle su cinque

di sergio dal maso


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lunedì 6 marzo 2023

“Ti ricordi, Michel del banco nero in terza fila, che ascoltò tutte le risate
Di due bambini che vivevano in un sogno che non si ripeterà (…)
Ti ricordi, Michel, di come era esclusiva la tenerezza che ci univa
E accompagnò la nostra infanzia fino ai giorni della nuova realtà…” Michel di Claudio Lolli
 
Léo e Rémi. Due tredicenni amici per la pelle. Passano l’estate precedente l’inizio della scuola superiore giocando e scorrazzando tra i prati fioriti della campagna belga. Condividono ogni cosa, dai giochi alla camera, in una simbiosi assoluta, con l’innocenza tipica dell’età preadolescenziale, senza nessuna malizia. Il mondo esterno è come se non ci fosse.
Ma tutto sta per cambiare. Non solo per il passaggio alla scuola secondaria, con nuovi compagni e nuovi professori, Léo e Rémi stanno diventando ragazzi, stanno vivendo il delicatissimo passaggio dall’infanzia all’adolescenza, quella fase acerba e incerta in cui si definisce l’identità, non solo sessuale - come spiega lo psicanalista Umberto Garimberti - “in un divariodrammatico tra il non sapere chi si è e la paura di non riuscire a essere ciò che si sogna”.
Bastano delle domande innocue di alcune compagne sulla loro “vicinanza” per far implodere la serenità di Léo e aprire una crepa nella loro amicizia, fino a quel momento inviolabile.
Temendo di non essere accettato dal resto della classe, Léo si allontana progressivamente da Rémi, fino ad evitarne persino lo sguardo. Alla passione dell’amico per l’oboe e la musica classica contrappone la scelta “virile” dell’hockey su ghiaccio. In pista cerca lo scontro duro per dissipare qualsiasi dubbio sulla sua mascolinità.
L’amicizia estiva, intima e assoluta, nel momento in cui deve aprirsi agli altri e relazionarsi con le regole sociali va in frantumi. Ma se Léo è forte e in grado di reagire, pur rabbiosamente e in modo scomposto, Rémi è disarmato, si chiude in sé stesso. Incombe ineluttabile la tragedia.
Dopo l’acclamato e toccante Girl, storia di una quindicenne e della sua straziante transizione sessuale, il trentunenne (!) Lukas Dhont conferma tutto il suo formidabile talento con Close, un autentico gioiello.
Girato con la macchina da presa all’altezza di Léo e Rémi, fa vivere allo spettatore il loro mondo interiore e ne rivela sentimenti e stati d’animo con una grazia che arriva al cuore.
Racconta la storia trasmettendo le loro emozioni, prima con gli sguardi complici, poi con la freddezza di quei silenzi laceranti che valgono più di mille parole. L’uso sapiente di primi e primissimi piani sui volti innocenti e delicati dei due ragazzi mette a nudo l’inutile morbosità di chi guarda: non c’è niente di pruriginoso, non serve aggiungere nulla, la presunta omosessualità resta sullo sfondo.
Anche nel mostrare l’elaborazione della tragedia Dhont dimostra di avere una sensibilità e una maturità fuori dal comune. Non eccede mai nella retorica, rivela l’intima angoscia di Léo nell’elaborare il senso di colpa senza scadere mai nel pietismo. 
La credibilità del percorso psicologico dei due ragazzi, ma anche di quello dei genitori, è sottolineata dalle superbe interpretazioni di Eden Dambrine e Gustav De Waele. Il giovane regista belga ha una straordinaria capacità di far recitare i ragazzi in modo magnetico e spontaneo. Per avere un paragone occorre scomodare il Truffaut de I 400 colpi o i film dei fratelli Dardenne (a proposito, la mamma di Rémi è interpretata da Émilie Dequenne, protagonista del loro Rosetta).
Dhont si sofferma spesso su dettagli rivelatori, con inquadrature ricercate e un azzeccato uso di simbolismi. Particolari spesso illuminanti, come nella scena in cui Léo istintivamente si rifiuta di scendere dal pullman, o la vista da lontano della porta del bagno sfasciata.
L’unicità di Close è che racconta il dolore senza che ci sia il male, o quantomeno la malvagità. Non ci sono personaggi negativi, sui genitori o gli insegnanti non c’è nulla da ridire, le stesse compagne di classe non compiono veri e propri atti di bullismo, fanno solo domande che a quell’età sono normali.
Eppure, la vita può far molto male lo stesso. È probabilmente per questo che Close è uno di quei film che ti accompagnano per giorni, ti resta appiccicato addosso, delicato e al tempo stesso potente come il liberatorio abbraccio finale.

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