Drammatico,
durata 130 min.
- Gran Bretagna 2005.
uscita venerdì 10febbraio 2006.
MYMONETROThe Libertine
valutazione media:
2,52
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Un Jonny Deep nei panni di John Wilmot, più conosciuto come il conte di Rochester. "Non vi piacerò e non voglio piacervi" è quanto afferma il conte in questo suo primo monologo con un'aria completamente disinteressata e stralunata, delirante e con dialoghi osceni e a tratti blasfemi. Il film non ha ritmi, se non quelli lenti e anebiati tipica di un'epoca lontanissima. Ma non ci sono buchi nella sceneggiatura e nella trasposizione degli eventi. La storia è quella del poeta che con la sua vita fatta di vizi, prostitute ed eccessi, ma con un eccesso di intelletto e di dono e di sensibilità alla vita che lo porterà alla morte.
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Un Jonny Deep nei panni di John Wilmot, più conosciuto come il conte di Rochester. "Non vi piacerò e non voglio piacervi" è quanto afferma il conte in questo suo primo monologo con un'aria completamente disinteressata e stralunata, delirante e con dialoghi osceni e a tratti blasfemi. Il film non ha ritmi, se non quelli lenti e anebiati tipica di un'epoca lontanissima. Ma non ci sono buchi nella sceneggiatura e nella trasposizione degli eventi. La storia è quella del poeta che con la sua vita fatta di vizi, prostitute ed eccessi, ma con un eccesso di intelletto e di dono e di sensibilità alla vita che lo porterà alla morte. L'amore per la vita. Strano e conforto anche il concetto di vita e di morte portato allo stremo e associato all'amore. Interpretazioni stupende anche per Malcovich che interpreta il re. Dipartita del protagonista insolita per una vita dissoluta e incurante del concetto di vita stesso. Ma si chiude il sipario e tutti applaudono al suo eterno riposo. Difficile esprimere un giudizio su il cattivo gusto con qui si conclude un racconto fatto di contorti pensieri e irrisolti sentimenti. Sicuro è che c'è qualcosa di stranamente bello in questo film, se non nelle atmosfere malinconiche e la bravura degli attori stessi. L'ultimo ciak e in un silenzioso e buio sipario non si può fare altro che applaudire. Voto 10
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A tanti non piace,io l'ho visto e rivisto e lo ritengo un quasi capolavoro.ottima interpretazione di Johnny Depp,che ha reso ancora piu grande il suo personaggio.odiosa invece Samanta Norton fin dalla prima apparizione.un film magari un po' esplicito e volgare nel linguaggio,quindi non adatto ai piu' "sensibili".bellissime molte scene e frasi ad effetto.imperdibile!!
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Pellicola affascinante, trasporta molto in fretta lo spettatore in un'atmosfera di corte, di bordello e di sfarzi. Tema centrale è la lussuria, cui Johnny è servo. Buona la storia, sembra vivere lo stesso schema narrativo di The Aviator. Depp ha fatto il suo solito lavoro: recitazione più che discreta se non molto buona, capacità di calarsi nel personaggio perfetta e grande eleganza e bellezza. Non che sappia cos'altro dire in ogni caso, non è uno di quei film che mi fa (e non credo solo me) ragionare molto o pensare, ne ho preso atto e me ne ricorderò. Un bel dramma. Scena migliore: inutile specularci troppo su: vedere un pene gigante su di un palcoscenico teatrale è semplicemente fantastico.
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Pellicola affascinante, trasporta molto in fretta lo spettatore in un'atmosfera di corte, di bordello e di sfarzi. Tema centrale è la lussuria, cui Johnny è servo. Buona la storia, sembra vivere lo stesso schema narrativo di The Aviator. Depp ha fatto il suo solito lavoro: recitazione più che discreta se non molto buona, capacità di calarsi nel personaggio perfetta e grande eleganza e bellezza. Non che sappia cos'altro dire in ogni caso, non è uno di quei film che mi fa (e non credo solo me) ragionare molto o pensare, ne ho preso atto e me ne ricorderò. Un bel dramma. Scena migliore: inutile specularci troppo su: vedere un pene gigante su di un palcoscenico teatrale è semplicemente fantastico. Anche il monologo introduttivo è notevole. Scena peggiore: un pò di noia in alcune scene a circa 1/3 del film nelle quali semplicemente non accade nulla. Non me ne viene una in particolare comunque degna di disgusto. Grafica, costumi, regia: molto, molto buona. I costumi semplicemente sono il mezzo che porta lo spettatore a quei tempi. La regia è buona (tranne qualche errore al discorso di Johnny a favore del Re) e la grafica è coerente con le pretese della pellicola. Giudizio finale: tre stelle solo perchè la sensibilità del voto è di uno a uno, senò gli avrei dato un 2,5 o simili. Non è un film eccellente, ma è di buon intrattenimento.
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Il film tratta dell’ascesa e caduta di John Wilmot (Johnny Depp), meglio noto come conte di Rochester, poeta satirico del XVII Secolo, amico e confidente di re Carlo II (John Malkovich), nonostante che il suo pungente umorismo sovversivo avesse come bersaglio principale i reali inglesi. In un'epoca in cui si stavano facendo rapidi progressi nel campo della scienza, della letteratura e delle arti, il Conte scandalizzò la buona società londinese per i suoi poemi audaci, il suo stile di vita lascivo e le sue prodezze sessuali.
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Il film tratta dell’ascesa e caduta di John Wilmot (Johnny Depp), meglio noto come conte di Rochester, poeta satirico del XVII Secolo, amico e confidente di re Carlo II (John Malkovich), nonostante che il suo pungente umorismo sovversivo avesse come bersaglio principale i reali inglesi. In un'epoca in cui si stavano facendo rapidi progressi nel campo della scienza, della letteratura e delle arti, il Conte scandalizzò la buona società londinese per i suoi poemi audaci, il suo stile di vita lascivo e le sue prodezze sessuali. A mettere in discussione la sua posizione a corte fu l'amore per l'attrice Elizabeth Barry (Samantha Morton), che lui sperava di far assurgere a stella del teatro inglese. La loro relazione e il successivo tradimento, lo fecero passare dai fasti e lussi dell'alta società, agli abissi della rovina, dove cercò la sua redenzione finale... CRITICAa cura di Antonio Fusco: Provocatorio, irriverente, tagliente, patetico, intenso. Una volgarità disarmante che prende forma in un contesto raffinato.
Una ricchezza di contenuti che si dimena nel grottesco che le fa da contorno. The Libertine è comeun viscido rospo bubboso che,
servito su un piatto di portata d'argento massiccio tutto abbellito da carotine sapientemente intarsiate,
se ne sta placidamente fermo a far contemplare la sua bruttezza agli astanti.
E' come un'ostrica consumata nel pisciatoio più putrido della stazione della vostra città.
Chi vedrà il film nell'errata prospettiva (complice l'ingannevole trailer) di assistere alle solite vicende del Casanova di turno, avrà il proprio benservito. I dialoghi sono teatrali.
Per chi non gradisce il genere non credo ci sia scampo: risulterà noioso. La Londra della metà del 600, con le sue strade senza il selciato, piene di fango e miseria, sono impeccabilmente dipinte; la colonna sonora si sente sul finale, quando le lacrime già ti scorrono calde sul volto, mentre piangi la fine dell'uomo che ebbe la compiacenza di consacrarsi a sè stesso senza fare complimenti, che più di ogni altro bramò la disfatta, la decadenza e il marciume...ma che più di tutti amò la vita senza essere corrisposto. Johnny Depp, al solito, non delude, interpretando al meglio il conte di Rochester, poeta satirico dell'Inghilterra di Carlo II, protagonista e mattatore di questo spettacolo fuori dagli schemi. La passione del conte per se stesso e per il teatro degenerano (o fioriscono) nella rovinosa attrazione per un'attrice emergente: un'unione che ha del sublime e dallo squisito sapore dell'amore quasi incestuoso tra allieva e maestro.
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Film cupo e sconclusionato sulla vita del barone di Rochester.
Nonostante le premesse, l'introduzione storica e l'ottima performance di Johnny Depp, la storia delude sia per il ritratto psicologico del protagonista - ben poco delineato sia dal punto di vista intellettuale che personale, fatto di trasgressioni che non vengono motivate, eppure sulle quali si regge l'intero impianto narrativo - che per la descrizione del contesto storico in cui si sviluppa la vincenda.
Anche le interazioni tra i personaggi sono poco convincenti o mal riportate: non si capisce bene la natura della relazione con l'attrice o con il re, per esempio.
Insomma, a parte il protagonista e qualche atmosfera, di questo film non si salva proprio nulla.
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Film cupo e sconclusionato sulla vita del barone di Rochester.
Nonostante le premesse, l'introduzione storica e l'ottima performance di Johnny Depp, la storia delude sia per il ritratto psicologico del protagonista - ben poco delineato sia dal punto di vista intellettuale che personale, fatto di trasgressioni che non vengono motivate, eppure sulle quali si regge l'intero impianto narrativo - che per la descrizione del contesto storico in cui si sviluppa la vincenda.
Anche le interazioni tra i personaggi sono poco convincenti o mal riportate: non si capisce bene la natura della relazione con l'attrice o con il re, per esempio.
Insomma, a parte il protagonista e qualche atmosfera, di questo film non si salva proprio nulla.
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Dal buio e nel buio John Wilmot (1647-80), secondo conte di Rochester , racconta se stesso. Una vita scabrosa e frenetica, disseminata di trasudanti avventure sessuali, conversazioni al limite dell’osceno, viaggi notturni nella lordura delle strade londinesi, fra bettole e puttane. Espulso dal regno per aver scandalizzato la corte declamando un poema poco ortodosso, Wilmot (Johnny Depp) vi fa ritorno richiamato da re Carlo II (John Malkovich), in debito con lui e per questo disposto ad offrirgli una seconda possibilità di reintegrazione. Per niente intenzionato a redimersi, si immette nuovamente nel loop della sua personalissima concezione dell’esistenza, votata – come “da copione” – al libertinaggio e alla sfrenatezza senza alcun controllo.
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Dal buio e nel buio John Wilmot (1647-80), secondo conte di Rochester , racconta se stesso. Una vita scabrosa e frenetica, disseminata di trasudanti avventure sessuali, conversazioni al limite dell’osceno, viaggi notturni nella lordura delle strade londinesi, fra bettole e puttane. Espulso dal regno per aver scandalizzato la corte declamando un poema poco ortodosso, Wilmot (Johnny Depp) vi fa ritorno richiamato da re Carlo II (John Malkovich), in debito con lui e per questo disposto ad offrirgli una seconda possibilità di reintegrazione. Per niente intenzionato a redimersi, si immette nuovamente nel loop della sua personalissima concezione dell’esistenza, votata – come “da copione” – al libertinaggio e alla sfrenatezza senza alcun controllo. Vittima e carnefice del suo tempo, finirà con l’essere consumato dalla medesima, estrema passione alla quale si è dedicato anima e corpo - ma soprattutto con quest’ultimo.
Dramma dai risvolti grossolanamente pirandelliani, The Libertine porta il teatro sul grande schermo, con originalità e stile, ma senza classe. L’opera prima di Laurence Dunmore pecca di autocompiacimento e ridondanza, non tanto per l’abbondanza di falli e parolacce, ma per quell’infinito ribattere aforistico atto a compensare i silenzi melodrammatici sparsi per l’intera pellicola, della durata di quasi due ore. Un soggetto teatrale che diventa sceneggiatura per il cinema – per mano, fra l’altro, del suo stesso autore Stephen Jeffreys – e di cui non vengono sfruttate le inconfutabili potenzialità.
La figura del conte, enorme incognita partorita dal conflitto eterno fra ‘essere’ e ‘apparire’, indissolubilmente connessa alla teatralità, dell’individuo quanto della società, è l’unica ragione valida, il collante che tiene insieme un’interminabile serie di sequenze eleganti ma per lo più didascaliche – eccezion fatta per la ‘visione’ mattutina dell’orgia, dove il ralenti prende il sopravvento.
Johnny Depp è impeccabile nell’assumere la pesantezza del ruolo; John Malkovich, imponente e quasi irriconoscibile, lo spalleggia nell’ombra della sua secondarietà. Stucchevole e isterica, invece, l’interpretazione di Samantha Morton nei panni dell’attricetta che ruba il cuore al bel libertino. Sullo sfondo, una Londra virata al seppia da Alexander Melman: un marasma di odori, calca, fanghiglia che si sente, si tocca. E poi non resta che lui, il reietto conte di Rochester, al riparo da indiscrete luci di candela, spogliato delle sue vesti di triviale saltimbanco, pronto a ritornare nell’oscurità da cui è emerso per raccontarsi in uno splendido e raggelante monologo che, da solo, vale tutto lo sforzo di aver ascoltato fino in fondo la sua storia.
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Provate ad immaginare solo per un istante di essere in una sala buia e silenziosa. Davanti a voi uno schermo completamente nero e, all’improvviso uno squarcio di luce nell’oscurità, un volto pallido che incomincia a parlare…
“ Consentitemi di essere esplicito fin dall’inizio. Non credo che vi piacerò. “
Queste le prime parole di Johnny Depp, protagonista del film, che accoglie lo spettatore con un singolare monologo.
La nostra storia si svolge nel 1600 nell’Inghilterra di Carlo II, interpretato da John Malkovich, ed ha come protagonista John Wilmot il secondo conte di Rochester letterato inglese famoso più per la sua vita dissoluta e libertina che per i suoi lavori.
John, dopo un lungo esilio da Londra, viene richiamato dal re stesso, suo caro amico, ed incaricato di scrivere un’opera teatrale che esalti la grandezza dell’Inghilterra e soprattutto del suo re, affinchè si possa dimostrare al Parlamento di essere meritevoli di fiducia e di eventuali finanziamenti.
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Provate ad immaginare solo per un istante di essere in una sala buia e silenziosa. Davanti a voi uno schermo completamente nero e, all’improvviso uno squarcio di luce nell’oscurità, un volto pallido che incomincia a parlare…
“ Consentitemi di essere esplicito fin dall’inizio. Non credo che vi piacerò. “
Queste le prime parole di Johnny Depp, protagonista del film, che accoglie lo spettatore con un singolare monologo.
La nostra storia si svolge nel 1600 nell’Inghilterra di Carlo II, interpretato da John Malkovich, ed ha come protagonista John Wilmot il secondo conte di Rochester letterato inglese famoso più per la sua vita dissoluta e libertina che per i suoi lavori.
John, dopo un lungo esilio da Londra, viene richiamato dal re stesso, suo caro amico, ed incaricato di scrivere un’opera teatrale che esalti la grandezza dell’Inghilterra e soprattutto del suo re, affinchè si possa dimostrare al Parlamento di essere meritevoli di fiducia e di eventuali finanziamenti. Il conte, poco incline al rispetto e alla sottomissione, a malincuore accetta l’incarico promettendo al re uno spettacolo al di là delle sue aspettative.
Tornato ad assaporare la bella vita londinese, alla prima di uno spettacolo teatrale l’attenzione di John ricade su di un’attrice, una certa Lizy berry, Samantha Morton, molto poco dotata, scialba ed insignificante che però subito riesce a rapire il conte che ne è come ipnotizzato.
Tra i due inizia un’intensa frequentazione: lui le dà lezioni di recitazione promettendole la gloria del palcoscenico e lei in cambio gli dona un po’ del suo tempo e della sua compagnia. In poco tempo si scoprono amanti, pieni di grande passione l’uno per l’altra. Il conte che ha sempre disprezzato i comportamenti irrazionali dettati dal cieco sentimento dell’amore si trova per la prima volta in balia dei propri sentimenti che lentamente lo accompagneranno fino alla fine dei suoi giorni.
Tratto dall’omonima opera teatrale di Stephen Jeffreys, The libertine, debutto cinematografico di Laurence Dunmore, conserva molti degli aspetti tipici della pièce: primi piani traballanti, luci soffuse, panoramiche sfuocate. Tuttavia, seppur lento e dallo stile ampolloso, è un film piacevole anche perché offre un affresco della Londra libertina di cui tanto si parla nei romanzi storici, da un punto di vista del tutto originale. Il cast è sicuramente uno dei punti di forza del film poiché i personaggi sono molto ben delineati. Tra di loro certamente spiccano John Malkovich che con tutto il suo charme e la sua austerità sa essere un ottimo re, Samantha Morton che, grazie al suo viso pulito e quasi inespressivo è azzeccassima per il ruolo dell’attricetta ma meno per quello della prostituta ed infine Johnny Depp, il protagonista perfetto. Il suo ciondolare aggraziato che, ricorda un po’ il capitan Jack Sparrow di Pirati dei Caraibi, rende bene l’idea del nobile strafottente e pieno di sè insieme al suo sguardo attento e volutamente malizioso ne fanno il libertino perfetto. La sceneggiatura a volte lascia spazi vuoti, silenzi imbarazzanti quasi interminabili che inevitabilmente deconcentrano lo spettatore ma, c’è da dire che nel film sono presenti alcuni dialoghi , in particolar modo quelli tra i due amanti che sono spettacolari per stile ed intensità narrativa. Così come lo sono il prologo e l’epilogo ed il discorso finale di John Wilmot di fronte al Parlamento, che da solo vale i soldi del biglietto.
Come John Wilmot nel suo monologo conclusivo lo spettatore si ritrova a contraddirsi sorpreso, perché, spesso, le cose sono quelle che sembrano.
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La prima volta che ho letto lo slogan del film ("Accecato dalla passione, sedotto dal peccato") mi sono detta: "Ma che roba è??? Sarà una melensaggine tipo i libri Harmony". Poi ho guardato il film, e ho capito che invece (come succede quasi sempre) lo slogan era della categoria "Più è pretenzioso e fa sembrare il film una porcata, meglio è! Così viene tanta gente a vederlo!", che secondo me è la cosa più sbagliata che ci sia. Infatti questo film è una poesia unica, di una bellezza impressionante. E' dapprima un'occhiata sulla vita dissoluta di John Wilmot, basata su sesso, vino e teatro. Poi di punto in bianco cambia, quando John si ammala di sifilide. E diventa un disperato tentativo di aggrapparsi alla vita, ma allo stesso tempo di rimediare il "male" fatto.
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La prima volta che ho letto lo slogan del film ("Accecato dalla passione, sedotto dal peccato") mi sono detta: "Ma che roba è??? Sarà una melensaggine tipo i libri Harmony". Poi ho guardato il film, e ho capito che invece (come succede quasi sempre) lo slogan era della categoria "Più è pretenzioso e fa sembrare il film una porcata, meglio è! Così viene tanta gente a vederlo!", che secondo me è la cosa più sbagliata che ci sia. Infatti questo film è una poesia unica, di una bellezza impressionante. E' dapprima un'occhiata sulla vita dissoluta di John Wilmot, basata su sesso, vino e teatro. Poi di punto in bianco cambia, quando John si ammala di sifilide. E diventa un disperato tentativo di aggrapparsi alla vita, ma allo stesso tempo di rimediare il "male" fatto. Diventa un'inno alla vita e alla sua bellezza. Diventa l'urlo silenzioso di un Libertino che non potrà mai perdonare chi gli ha insegnato ad amare la vita proprio mentre questa gli stava scivolando via. Un Libertino che, se all'inizio non aveva nessuna intenzione di piacerci, ora ha bisogno di approvazione da parte nostra, che ora conosciamo la sua storia. Un film travolgente, con frasi da cui si possono cogliere mille diverse sfumature ogni volta che le si ascolta. Un inno alla religione che anche un non credente può apprezzare.
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