geneli
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sabato 7 febbraio 2015
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un capolavoro
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Un film/biografo che è un capolavoro ed Eddie Redmayne merita l'Oscar per la sua interpretazione (per aver magistralmente interpretato un ruolo così realmente difficile), anche fisicamente; bravi tutti gli altri. Ottima la sceneggiatura, la regia così come la fotografia. Stephen Hawking è un grande esempio di forza, di determinazione, di coraggio, di saggezza, di amore e di generosità. Lo consiglio vivamente a chi ama i film biografici.
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manu02
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venerdì 6 febbraio 2015
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ottimo film, ma troppa morbosità
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Gran film, cast notevole e ambientazioni perfette. Sono rimasta molto colpita dall'attore protagonista Eddie Redmayne per come ha reso giorno per giorno il decadimento provocato dalla malattia: davvero un'ottima interpretazione. Unica pecca: trovo che la malattia di Hawking sia stata messa eccessivamente in risalto rispetto al suo genio e alle sue scoperte scientifiche, che sono passate in secondo piano rispetto a questa.
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marcello1987
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venerdì 6 febbraio 2015
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eccezionale!!un capolavoro
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Film di rara bellezza, con un'interpretazione magistrale del protagonista, ottima sceneggiatura e scelta dei tempi, sicuramente uno dei migliori film degli ultimi anni. Da vedere assolutamente.
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antonietta dambrosio
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giovedì 5 febbraio 2015
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la luce dell'amore illumina la scienza
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La teoria del tutto - recensione
Un film dove i buchi neri della scienza vengono illuminati dall'amore, la cui forza ha potere sul tempo, dilatando la misura degli effetti della malattia sulla vita di un corpo, dove la curiosità, l'ironia e la luce negli occhi si fanno beffa anche della morte. È la storia di Stephen Hawking, l'astrofisico ancora in vita che ha cambiato il corso della scienza. Il suo obiettivo è quello di spiegare il mondo attraverso una formula matematica che racchiuda tutte le forze dell'universo dal primo accenno di vita in poi, la Teoria del tutto che controlli il tempo, che sia capace di catturare quella linea sottile su cui il mondo procede in un'unica direzione ed usarla in modo che l'umanità trovi il suo spazio di equilibrio, rendendo quella linea un luogo sicuro dove si possa ruotare in ogni direzione senza provare vertigine, dove lo spazio tra la vita e la morte si possa avvolgere al contrario scegliendo il posto più bello dove fermarsi.
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La teoria del tutto - recensione
Un film dove i buchi neri della scienza vengono illuminati dall'amore, la cui forza ha potere sul tempo, dilatando la misura degli effetti della malattia sulla vita di un corpo, dove la curiosità, l'ironia e la luce negli occhi si fanno beffa anche della morte. È la storia di Stephen Hawking, l'astrofisico ancora in vita che ha cambiato il corso della scienza. Il suo obiettivo è quello di spiegare il mondo attraverso una formula matematica che racchiuda tutte le forze dell'universo dal primo accenno di vita in poi, la Teoria del tutto che controlli il tempo, che sia capace di catturare quella linea sottile su cui il mondo procede in un'unica direzione ed usarla in modo che l'umanità trovi il suo spazio di equilibrio, rendendo quella linea un luogo sicuro dove si possa ruotare in ogni direzione senza provare vertigine, dove lo spazio tra la vita e la morte si possa avvolgere al contrario scegliendo il posto più bello dove fermarsi. E James Marsh d'incanto, poco prima dei titoli di coda riavvolge il nastro della sua pellicola e ci risucchia all'indietro dando forma ad una vertigine che non fa più paura, è quasi un volo che ci conduce verso dimensioni che cancellano ogni spazio d'ombra, in una regione spaziotempo dove le forze gravitazionali dell'amore sono l'inimmaginabile teoria del tutto raggiungibile per ognuno lungo il tratto che unisce mente e cuore. Siamo a Cambridge nel 1963 e James Marsh orienta la sua macchina da presa su Stephen Hawking (Eddie Redmayne) laureando in Fisica, ed in procinto di scegliere l'argomento della tesi, professori e colleghi già intravedono in lui il lampo del genio. Ad una festa incontra Jane (Felicity Jones), una studentessa di Lettere, e quando a tavola Stephen la invita ufficialmente al ballo dell'Università, tra i loro occhi brilla presto la luce dell'amore. Posizionati su due differenti livelli di credo, lui fedele alla cosmologia che definisce l'unica religione per gli atei intelligenti, lei cristiana praticante, danno vita ad una storia d'amore che sfiora i confini dell'eternità ma destinata a cambiare forma nel tempo, capace di superare la grande sfida della malattia dei motoneuroni di Stephen che secondo la diagnosi medica gli concederà due anni di vita distruggendo i muscoli ed impendendogli ogni attività volontaria senza intaccare il cervello. L'insorgere della malattia penetra anche la nostra pelle stridendo nel contrasto con le ossa, ma siamo presto in piedi con Stephen ed il corpo non è più materia, né dolore, è solo lo spazio in cui fermare l'amore che si respira. È una storia bella quella portata in scena da James Marsh, scritta dalla ex moglie Jane, dove anche il momento della separazione viene vissuto come un'altra grande prova d'amore da parte di Stephen, sostenuta magistralmente dal candidato Oscar Eddie Redmayne e dalla bravissima Felicity Jones, che fanno dell'opera un grande pezzo d'autore.
Antonietta D'Ambrosio
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chino
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martedì 3 febbraio 2015
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sublime
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Sublime,delicato,profondo...stupendo!
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bilo1983
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domenica 1 febbraio 2015
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un film eccellente
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Un film lento ma narra l'avanzare della malattia e del declino fisico del protagonista in modo davvero toccante.Attori perfetti un'interpretazione vista la pochezza dei film di quest'anno da oscar
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fabrizio costa
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domenica 1 febbraio 2015
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intenso, forse troppo
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condivido il parere di molti frequentatori del forum sul fatto che al film manca qualcosa per essere designato come capolavoro ed infatti assegno non il punteggio massimo. Premesso che ho trovato incantevole la recitazione di Felicity Jones trovo che il regista, come hanno sostenuto in molti, abbia eccessivamente accentuato la parte della sofferenza intima del grande scienziato affetto da una malattia neurologica; il film ne esce sicuramente intenso, anche troppo, mentre si sarebbe forse dovuta ampliare la parte scientifica e le grandi scoperte di questo formidabile scienziato inglese.
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enormous
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sabato 31 gennaio 2015
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un film sentimentale
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Qual'era l'intento del regista per La Teoria Del Tutto? Di certo non affrescare un ambiente o un'epoca, o un passaggio di epoche, nè tantomeno affascinare lo spettatore giocando sulla suggestione delle teorie astrofisiche e gli studi di Stephen Hawking. Come spesso capita in questo genere di film, si ricade sul sentimentale e il Rosa, e in questo caso senza grandi effetti espressivi.
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lollolello3397
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sabato 31 gennaio 2015
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la storia di un genio ma...
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Non credo che un personaggio di Stephen Hawking abbia bisogno di presentazioni...
Senza dubbio questo film/bioagrafia ha un'enormi potenzialità, ma saranno state sfruttate a pieno?
A mio parere no...
Credo che questa pellicola possa offrire immagini stupende ed un'infinità di significati , ma credo che non si siano sfruttate al meglio le possibilità di sviluppare la storia di un così celebre personaggio e tutte le sfaccettature della sua personalità.
A mio parere è un film veramente lento... Tutta via si merita tre stelle e merita comuque di essere visto.
lollolello
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(di fabrizio costa)
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pepito1948
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martedì 27 gennaio 2015
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malattia ed amore, ma manca il pensiero
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Diciamolo subito, è alquanto singolare (ma questo di per sé non è un demerito) che la ricostruzione biografica di Hawking, che ha un taglio esemplarmente apologetico e allo stesso tempo celebrativo, esca mentre il personaggio centrale è ancora vivo e vegeto ed in piena attività, nonostante la sua grave malattia e il fallace (per fortuna sua e del mondo della fisica) pronostico di vita residua dei medici. Detto questo, va dato atto agli autori di aver sostenuto con perseveranza un progetto di difficile realizzazione, tant’è che la relativa gestazione è durata 10 anni e l’assenso della prima moglie a cedere i diritti del suo libro “Una vita con Stephen” ha dato loro molto filo da torcere.
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Diciamolo subito, è alquanto singolare (ma questo di per sé non è un demerito) che la ricostruzione biografica di Hawking, che ha un taglio esemplarmente apologetico e allo stesso tempo celebrativo, esca mentre il personaggio centrale è ancora vivo e vegeto ed in piena attività, nonostante la sua grave malattia e il fallace (per fortuna sua e del mondo della fisica) pronostico di vita residua dei medici. Detto questo, va dato atto agli autori di aver sostenuto con perseveranza un progetto di difficile realizzazione, tant’è che la relativa gestazione è durata 10 anni e l’assenso della prima moglie a cedere i diritti del suo libro “Una vita con Stephen” ha dato loro molto filo da torcere. Ovvio che elaborare e portare a termine un film in cui è la malattia (deformante) la forza che domina la scena e condiziona la vita del personaggio e delle sue capacità di adattamento all’handicap per giungere al successo , è una sfida in partenza come lo fu “Il mio piede sinistro” di Sheridan. Sfida che, oltre ad un’adeguata sceneggiatura, richiede un interprete di straordinaria bravura e capacità “mimetica”, come si è rivelato Eddy Redmayne, attore 35enne dotato di un curriculum di tutto rispetto nel cinema come in teatro, grazie al lungo lavoro svolto a fianco di malati di SLA.
Ed è questo l’unico grande merito del film, per il quale lo stesso Hawking ha espresso il suo apprezzamento. Per il resto i limiti sono evidenti. Il focus del regista segue sostanzialmente la narrazione concentrandosi su due piani: l’implacabile progredire della malattia, e la conseguente lotta del corpo e della mente per non cedere al totale annientamento, e la storia d’amore con colei che gli resterà vicino fino al punto di rottura del rapporto. Due elementi di sicura presa emozionale sul pubblico di ogni tipo. Se è ben delineata la personalità visibile del personaggio, in particolare la refrattarietà alla rassegnazione ed il senso dell’umorismo, resta in secondo piano la “persona” Howking, la dimensione interiore al di là dell’handicap, il pensiero e le sensazioni più profonde, come non emerge granchè il pensiero dello scienziato, che pure ha fornito un formidabile contributo alla conoscenza dell’astrofisica. Le poche citazioni estrapolate dai suoi discorsi, come il famoso “finchè c’è vita c’è speranza” sono francamente un po’ poco per dare un’idea della portata scientifica della sua teoria, pur tenendo conto della difficoltà della materia. Sicchè ne risulta un’opera che, pur nell’eleganza delle immagini, non si discosta in modo sensibile dai canoni del cinema classico holliwoodiano, è priva di lampi autoriali –di cui è invece traboccante “Mommy", per fare un altro esempio di filmografia sulla malattia- e in definitiva a tratti commuove ma non avvolge completamente.
Resta fermo che quella di Hawing è una storia avvincente perché portatrice di un esempio universale di lotta umana vincente contro la natura avversa. Così come la prova del giovane Redmayne –in odore di Oscar insieme a B. Cumberbatch, che per una strana coincidenza ha interpretato lo stesso scienziato in televisione- vale da sola il prezzo del biglietto.
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