ely57
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lunedì 20 ottobre 2014
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iperboli opposte
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Film con sceneggiatura complessa in quanto attraverso un processo temporale sviluppa un percorso interiore drammatico e fattivo vissuto nello stesso tempo dal protagonista, questo processo ha di interessante un andamento per iperboli sincroniche, simmetriche ed opposte: una ascendente quella del fare-produrre-costruire che permette al protagonista di raggiungere un successo apicale realizzando con grande sforzo un libro-capolavoro, l'altra iperbole quella discendente ci parla dell'essere, e fa tracollare il protagonista nel peggiore dramma psicologico cioè il rifiuto alla vita sino al venir rinchiuso in una clinica psichiatrica senza possibilità di ritorno, in uno stato sempre più catatonico e totalmente fuori gioco.
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Film con sceneggiatura complessa in quanto attraverso un processo temporale sviluppa un percorso interiore drammatico e fattivo vissuto nello stesso tempo dal protagonista, questo processo ha di interessante un andamento per iperboli sincroniche, simmetriche ed opposte: una ascendente quella del fare-produrre-costruire che permette al protagonista di raggiungere un successo apicale realizzando con grande sforzo un libro-capolavoro, l'altra iperbole quella discendente ci parla dell'essere, e fa tracollare il protagonista nel peggiore dramma psicologico cioè il rifiuto alla vita sino al venir rinchiuso in una clinica psichiatrica senza possibilità di ritorno, in uno stato sempre più catatonico e totalmente fuori gioco. Scamarcio è fisionomicamente ed interpretativamente perfetto per questa difficile parte introspettiva ed involutiva.
Tutta la quantità di energia profusa gli permette di realizzare un capolavoro ma la stessa energia lo ha totalmente consumato interiormente e neppure l'amore della madre, una grande interpretazione di Giovanna Ralli, nè della fidanzata unica consapevole di ció che sta evolvendo in lui di giorno in giorno, riescono ad aiutare e salvare il protagonista in quanto certe patologie psichiatriche non vedono e non sentono l'amore che gli altri prodigano per loro in quanto trattasi di disturbi profondi al di là della vita reale.
Avati riesce a tradurre in una fluida sequenza filmica, questo parallelismo antitetico tra la costruzione di un capolavoro e la distruzione del proprio essere, con giuste tempistiche, buone interpretazioni e rispettando tempi di riflessione necessari allo spettatore, tutto ció rende questo film, un film di buon livello qualitativo in un ambito, quello degli abissi della psiche e il contesto del soggetto, che lo ha messo alla prova nella difficile ma ben riuscita traduzione cinematografica.
Il film è importante in quanto sensibilizza e fa riflettere sui grandi temi sottesi: il rapporto padre-figlio come puó essere percepito e vissuto e la presa di coscienza sull'escalation tragica di una personalità disturbata che diviene irrecuperabile.
Un Avati inedito in questa sceneggiatura perbolica.
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monty
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lunedì 6 ottobre 2014
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malinconica follia di un ragazzo d'oro
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Film d'autore sul rapporto fra genitori e figli ma anche sulla sensibilità troppo acuta di un ragazzo che viene purtroppo punita dalla società di oggi che non riesce e non vuole capire quello che c'è oltre la superficie.Il film scava nel profondo della psicologia del protagonista.Un ragazzo d'oro ,come dice il titolo del film, perchè troppo leale e troppo spontaneo.Il suo errore è quello di credere in ideali sui quali non ci si dovrebbe neanche soffermare a pensare.Il rapporto con il padre è burrascoso fino a quando non vi trova un punto d'incontro.Capisce che il padre non è lo sceneggiatore che le produzioni cinematografiche hanno voluto mostrare riducendo i suoi film soltanto a macchiette comiche per scopi commerciali così come lui non riesce a realizzare i propri sogni di scrittore per non riuscire a trovare un' editore che voglia rischiare con i suoi racconti.
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Film d'autore sul rapporto fra genitori e figli ma anche sulla sensibilità troppo acuta di un ragazzo che viene purtroppo punita dalla società di oggi che non riesce e non vuole capire quello che c'è oltre la superficie.Il film scava nel profondo della psicologia del protagonista.Un ragazzo d'oro ,come dice il titolo del film, perchè troppo leale e troppo spontaneo.Il suo errore è quello di credere in ideali sui quali non ci si dovrebbe neanche soffermare a pensare.Il rapporto con il padre è burrascoso fino a quando non vi trova un punto d'incontro.Capisce che il padre non è lo sceneggiatore che le produzioni cinematografiche hanno voluto mostrare riducendo i suoi film soltanto a macchiette comiche per scopi commerciali così come lui non riesce a realizzare i propri sogni di scrittore per non riuscire a trovare un' editore che voglia rischiare con i suoi racconti.Il lavoro gli dà contro trovando soltanto qualcuno disposto a rubargli le idee e la fidanzata.La ragazza è un personaggio a doppio ruolo che aiuta il protagonista ma non riesce ad amarlo fino in fondo perchè è un ragazzo "difficile" e preferisce tradirlo con il suo ex.Il protagonista nella sua sentita solitudine si chiude nella sua scrittura fino ad arrivare alla follia che poi ,una volta guarito,sceglie come alternativa di vita a quella in una società troppo ipocrita e complicata perfino dopo il successo come scrittore arrivato fingendosi il padre unico modo che aveva per pubblicare il suo romanzo.Film che fa riflettere sul ruolo della sensibilità in una società basata su meccanismi che non le lascia spazi dove non conta chi sei ma soltanto il ruolo che hai.
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mattiabertaina
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martedì 30 settembre 2014
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temi interessanti, poco approfondimento
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“Per noi è no ma lei ha comunque talento. Ma mi tolga una curiosità, lei non è parente di quel Bias che faceva quei filmacci vero? […] ne ero certo leggendo le cose che scrive”. Davide Bias, aspirante scrittore dalle aspettative costantemente frustrate, vive a Milano, tra le pillole contro la depressione e una fidanzata confusa ed inaffidabile; Davide lavora come creativo presso una agenzia pubblicitaria e spera in un futuro diverso. Davide ha però un’ombra lunga ed ingombrante, quella del padre, sceneggiatore di B movie del passato, col quale ha da sempre un “rapporto orrendo” o forse, meglio dire, un non-rapporto, una storia fatta di ostacoli, di incomprensioni, di competizioni e di delusioni.
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“Per noi è no ma lei ha comunque talento. Ma mi tolga una curiosità, lei non è parente di quel Bias che faceva quei filmacci vero? […] ne ero certo leggendo le cose che scrive”. Davide Bias, aspirante scrittore dalle aspettative costantemente frustrate, vive a Milano, tra le pillole contro la depressione e una fidanzata confusa ed inaffidabile; Davide lavora come creativo presso una agenzia pubblicitaria e spera in un futuro diverso. Davide ha però un’ombra lunga ed ingombrante, quella del padre, sceneggiatore di B movie del passato, col quale ha da sempre un “rapporto orrendo” o forse, meglio dire, un non-rapporto, una storia fatta di ostacoli, di incomprensioni, di competizioni e di delusioni. Pupi Avati si muove ancora una volta sul filo dell’autobiografico portando sullo schermo un dramma fatto di speranze, di rapporti familiari difficili, di lavoro, di disturbi della personalità e di difficoltà emotive ed affettive. Il regista scava nel passato e nelle frasi non dette, nei “come se”, negli “anche se”, nei “come avrei” di un rapporto padre-figlio complicato che torna prepotentemente alla luce dopo la dipartita del capo-famiglia che muore in un incidente (?) stradale. Una sceneggiatura che si propone di indagare temi importanti ma che non riesce a convincere fino in fondo; una regia un po’ troppo televisiva e smaltata che incede con ritmo fiacco per buona parte della pellicola. Riccardo Scamarcio dà profondità al protagonista, in bilico tra personalità asociale in balìa dei farmaci ed elemento violento quanto mai autentico; la Capotondi, al limite della macchietta, non riesce a fornire credibilità a Silvia, la fidanzata di Davide; fuori tempo massimo l’interpretazione (e la presenza stessa) di Sharon Stone, che pare una figura da fotoromanzo anni ’70, presenza quanto mai ambigua e fine a se stessa. Il risultato complessivo de “Un ragazzo d’oro” è un prodotto di media qualità che coinvolge ma che non fa davvero breccia nel cuore dello spettatore. Un’occasione mancata di approfondimento che difetta parzialmente di originalità e di indagine.
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martis_mars_
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domenica 28 settembre 2014
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tanto rumore per nulla
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E dire che il trailer promette molto. Forse, anche troppo. Dietro quei due minuti in cui sembra prendere vita una storia di sotterfugi, bugie e suspense, c'è in realtà un film che fatica ad arrivare alla sufficienza. Il problema dell'opera non è solo la lentezza con cui Avati racconta l'avventura di Davide Bias: ci sono tanti film che, pur sviluppando l'intreccio poco a poco, sono in grado di conquistare ugualmente lo spettatore (da "La ragazza del lago" di Molaioli a, per certi versi, quell'Oscar meraviglioso de "La grande bellezza").
"Un ragazzo d'oro" manca di una base che sappia far cogliere allo spettatore il significato del film.
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E dire che il trailer promette molto. Forse, anche troppo. Dietro quei due minuti in cui sembra prendere vita una storia di sotterfugi, bugie e suspense, c'è in realtà un film che fatica ad arrivare alla sufficienza. Il problema dell'opera non è solo la lentezza con cui Avati racconta l'avventura di Davide Bias: ci sono tanti film che, pur sviluppando l'intreccio poco a poco, sono in grado di conquistare ugualmente lo spettatore (da "La ragazza del lago" di Molaioli a, per certi versi, quell'Oscar meraviglioso de "La grande bellezza").
"Un ragazzo d'oro" manca di una base che sappia far cogliere allo spettatore il significato del film. Tanti dialoghi, spesso privi di connessione con il fulcro della storia, sono lo sfondo in cui si muovono personaggi vuoti. Per tutta l'opera, pensi che il regista abbia dimenticato qualcosa. Attendi il capovolgimento e una scena che, veramente, sappia trasmettere emozioni degne di un film prodotto da un regista affermato come Avati. Il risultato, tuttavia, lascia perplessi. Forse, lo scopo del film è proprio inscenare silenziosamente il dramma di un ragazzo che, alla fine, non solo deve affrontare il danno, ma anche la beffa.
Non c'è suspense e, anche quando Avati sforna scene in cui la tensione cresce per via delle musiche inquietanti degli anni Settanta - quelle che, spesso, sono inserite in film horror e thriller italiani d'altri tempi -, nulla di veramente sconvolgente stupirà lo spettatore.
Un peccato, però. Perché la trama prometteva bene e, scegliendo attori non protagonisti più adeguati - per quanto Capotondi e Scamarcio risultino essere all'altezza, la recitazione dell'avvocato sfiora l'imbarazzo...-, puntando su un intreccio più avvincente e dimezzando la serie dei dialoghi spenti e ridondanti, il film si sarebbe guadagnato come minimo tre stelline.
Avati: rimandato a settembre.
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ralphscott
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domenica 28 settembre 2014
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il figlio riabilita il padre
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Bisogna seguirlo sino in fondo. Sarà banale,ma é così. Un sabato sera,con spettatori da contare sulle dita delle mani (ultimamente mi succede molto spesso,brutto segno per la salute del Cinema),e due che escono anzitempo. Nonostante il cattivo esempio di questa coppia,appunto,il film merita attenzione. Cresce nel coinvolgere,abbandonando certi aspetti da fiction per toccare,quasi commuovere. C'é l'amore per la letteratura e per il cinema,e non é poco. Certo Avati sembra perdersi quando esce dai confini delle case o dei giardini. Quando gira per le strade,come sul luogo del suicidio,la narrazione per immagini si fa trascurata,insipida. Ma nel raccontare la passione il regista bolognese riesce a far presa aiutato anche da un bravo attore quale é Scamarcio,il nostro Tom Hanks,e la Stone parimenti efficace.
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Bisogna seguirlo sino in fondo. Sarà banale,ma é così. Un sabato sera,con spettatori da contare sulle dita delle mani (ultimamente mi succede molto spesso,brutto segno per la salute del Cinema),e due che escono anzitempo. Nonostante il cattivo esempio di questa coppia,appunto,il film merita attenzione. Cresce nel coinvolgere,abbandonando certi aspetti da fiction per toccare,quasi commuovere. C'é l'amore per la letteratura e per il cinema,e non é poco. Certo Avati sembra perdersi quando esce dai confini delle case o dei giardini. Quando gira per le strade,come sul luogo del suicidio,la narrazione per immagini si fa trascurata,insipida. Ma nel raccontare la passione il regista bolognese riesce a far presa aiutato anche da un bravo attore quale é Scamarcio,il nostro Tom Hanks,e la Stone parimenti efficace. L'avvenenza del tormentato Davide viene sfruttata,secondo una logica commerciale,anche per scene di sesso. La seconda di due,sempre con la Capotondi,un po' forzata,evitabile.
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alex2044
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venerdì 26 settembre 2014
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bella idea ma il film ?
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Bella idea ma il film non è riuscito . Forse Pupi Avati ha voluto fare qualcosa di diverso ma purtroppo certe introspezioni non sono nelle sue corde . Scamarcio è bravino o almeno ci prova mentre gli altri attori ,compresa Sharon Stone, sembrano li per caso e recitano (?) senza personalità e questo è anche responsabilità del regista che non è riuscito nella conduzione degli attori .
Un'occasione persa perchè , lo ribadisco , l'idea era veramente buona , urge remake ?
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havano
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mercoledì 24 settembre 2014
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ribrezzo
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sono uscito disgustato dal cinema e per sfogarmi mi sono iscritto qui per salvare la gente che si appassiona di cinema da questo film. le uniche cose da salvare di questa pellicola sono la trama e quasi tutta la parte e il ruolo di scamarcio, per il resto roba da 3 in pagella, recitazione mediocre, doppiaggio della Sig.ra Stone da far accapponare la pelle. Spero non si renderà conto di cosa hanno fatto nel doppiarla. credo che la maggior parte delle scene saranno state girate 1-2 volte al massimo, se raccatto 20 persone a caso per strada e rifaccio io il film.. viene meglio.. Mi dispiace per Pupi ma x me ha fatto un tonfo enorme. Ah film presentato fuori gara al festival di venezia, agghiacciante.
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sono uscito disgustato dal cinema e per sfogarmi mi sono iscritto qui per salvare la gente che si appassiona di cinema da questo film. le uniche cose da salvare di questa pellicola sono la trama e quasi tutta la parte e il ruolo di scamarcio, per il resto roba da 3 in pagella, recitazione mediocre, doppiaggio della Sig.ra Stone da far accapponare la pelle. Spero non si renderà conto di cosa hanno fatto nel doppiarla. credo che la maggior parte delle scene saranno state girate 1-2 volte al massimo, se raccatto 20 persone a caso per strada e rifaccio io il film.. viene meglio.. Mi dispiace per Pupi ma x me ha fatto un tonfo enorme. Ah film presentato fuori gara al festival di venezia, agghiacciante. ah dimenticavo film prodotto da rai cinema ( soldi pubblici, ok per carità tutti i film italiano sono prodotti anche con fondi statali ). Se questi sono i film Italiani è meglio risparmiare soldi e andare a vedere tartarughe ninja!
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amicodipupi
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mercoledì 24 settembre 2014
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commovente
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Ho visto per ben sette volte il film Di Avati.
la prima volta Giovedì sera alle 18,10, primo spettacolo. In sala vi erano quattro persone.
La seconda volta al Sabato sera alle 21 e vi erano otto persone in sala.
La terza volta il Luned' sera alle 22.30 e non mi hanno fatto entrare.
Non capisco il perché.
Eppure il film mi è piaciuto.
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no_data
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martedì 23 settembre 2014
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mamma mia!
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Nel cinema di Roma dove ho visto il film di Avati, ad un certo mometo si sente il rumore della stampante del computer, utilizzata sullo schermo da Scamarcio-Bias, provenire da dietro le spalle di noi spettatori (eravamo in 7 o 8). Siccome non si percepiva subito che era un effetto sonoro (per coinvolgerci di più? Dio mio!) ci siamo girati tutti per vedere cosa stesse succedendo. Bene, questa è stata l'unica emozione che il film è stato in grado di comunicare. Per il resto... calma piatta. Personalmente non ricordo di aver mai visto un film così incapace di coinvolgere, indignare, far riflettere, provocare disgusto o ammirazione come questo. Ad un certo punto ti senti come lo spermatozoo nero tra milioni di bianchi in un vecchio film di Woody Allen e ti chiedi: ma io che ci faccio qui?
Dispiace parlare così di un fim di Pupi Avati, regista che in genere apprezzo, ma così stanno le cose.
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Nel cinema di Roma dove ho visto il film di Avati, ad un certo mometo si sente il rumore della stampante del computer, utilizzata sullo schermo da Scamarcio-Bias, provenire da dietro le spalle di noi spettatori (eravamo in 7 o 8). Siccome non si percepiva subito che era un effetto sonoro (per coinvolgerci di più? Dio mio!) ci siamo girati tutti per vedere cosa stesse succedendo. Bene, questa è stata l'unica emozione che il film è stato in grado di comunicare. Per il resto... calma piatta. Personalmente non ricordo di aver mai visto un film così incapace di coinvolgere, indignare, far riflettere, provocare disgusto o ammirazione come questo. Ad un certo punto ti senti come lo spermatozoo nero tra milioni di bianchi in un vecchio film di Woody Allen e ti chiedi: ma io che ci faccio qui?
Dispiace parlare così di un fim di Pupi Avati, regista che in genere apprezzo, ma così stanno le cose.
Sorprende cha al Festival di Montreal il regista si sia aggiudicato il primo premio per la sceneggiatura di questo ragazzo d'oro, perché è proprio questa che fa acqua da qualunque parte la si guardi. Se il soggetto anche se trito poteva essere svolto in direzioni intriganti, la sceneggiatura neanche ci prova.E il resto? Andiamo con ordine.
Pietosa la Marini nel suo cameo in sé pietoso. Scamarcio sa fare di meglio e merita di meglio. Sciatto il personaggio della Capotondi che non può fare di più, non ne ha lo spazio. Giovanna Ralli? Come sopra. Ma il meglio arriva co Sharon Stone. Non è colpa sua, la disegnano così. Neanche Avati resiste a mostrarcela a cosce larghe in un'inquadratura, del resto meglio tacere. Sciatti i dialoghi ("sai come si baciano le donne sposate?"- Roba da fotoromanzo anni cinquanta). Regia inesistente, fotografia non qualificata; le musiche di Gualazzi neanche le senti.
Lo so, sono stato cattivo.
Claudio.
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[+] ma che cosa hai capito?
(di ivonne)
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(di pisiran)
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flyanto
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martedì 23 settembre 2014
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quando il passato ritorna e sconvolge in maniera d
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Film in cui si narra di un giovane uomo (Riccardo Scamarcio) alquanto nevrotico, aspirante scrittore, il quale da anni ha un pessimo rapporto col proprio padre, un famoso sceneggiatore di soggetti cinematografici di basso livello artistico. In seguito al suicidio di quest'ultimo, egli è costretto a fare i conti col proprio passato e a ritornare da Milano, dove si è trasferito, a Roma dalla madre. Qui viene in contatto con anche un'ex amante del padre (Sharon Stone) che peraltro è la direttrice di una casa editrice e che da anni è alla ricerca di un'opera inedita e, forse, tenuta nascosta appositamente, del defunto. Da qui una serie di eventi porterà il protagonista a decidere di "sostituirsi" al padre come scrittore e a far pubblicare il tanto ricercato ed ambito romanzo che si dimostra essere subito un grande successo.
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Film in cui si narra di un giovane uomo (Riccardo Scamarcio) alquanto nevrotico, aspirante scrittore, il quale da anni ha un pessimo rapporto col proprio padre, un famoso sceneggiatore di soggetti cinematografici di basso livello artistico. In seguito al suicidio di quest'ultimo, egli è costretto a fare i conti col proprio passato e a ritornare da Milano, dove si è trasferito, a Roma dalla madre. Qui viene in contatto con anche un'ex amante del padre (Sharon Stone) che peraltro è la direttrice di una casa editrice e che da anni è alla ricerca di un'opera inedita e, forse, tenuta nascosta appositamente, del defunto. Da qui una serie di eventi porterà il protagonista a decidere di "sostituirsi" al padre come scrittore e a far pubblicare il tanto ricercato ed ambito romanzo che si dimostra essere subito un grande successo. L'epilogo tragico chiude l'intera vicenda.
L' ultima opera di Pupi Avati presenta un soggetto del tutto nuovo per ciò che riguarda il genere solitamente da lui trattato. Infatti, ai ricordi nostalgici di vicende sentimentali ambientate in epoche per lo più passate, il regista bolognese qui affronta un argomento singolare, che sempre affonda e riporta in vita vicende passate, ma dove il presente è preponderante e fortemente protagonista. Il tema degli affetti e dei rancori mai sopito è ben analizzato e, del resto, Avati è un grande maestro nello descrivere tutto ciò e pertanto non costituisce una novità. Ma il dispiegamento della vicenda assume dei connotati particolari affrontando tematiche, magari già trattate (vedi, per esempio, la frustrazione di non riuscire artisticamente, i sentimenti profondi ma contrastanti nei confronti di vari affetti e componenti familiari, il tentativo di smodata emulazione e l'epilogo triste ed amaro che sembra riportare tutto alla sua giusta dimensione) ma in una forma nuova e molto attinenti alla realtà odierna, da costituire, appunto, una sorta di innovazione rappresentativa per il regista.
Il cast risulta ben costituito ed ognuno degli attori corrisponde perfettamente al proprio personaggio che interpreta: da Scamarcio, uomo tormentato ed infelice, a Sharon Stone, donna d'affari algida ma molto seducente, a Cristiana Capotondi guovane donna dal viso angelico e dolce ma ben determinata a seguire la propria strada, ecc...
Insomma, sebbene non un capolavoro, vale la pena di essere visto.
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(di ivonne)
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