tiberiano
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domenica 9 marzo 2014
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ozpetek che cita ozpetek
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Eros,Thanatos e un regista che cita se stesso: i rimandi ad altri suoi precedenti film sono evidenti (Le Mine Vaganti nella prima parte, Saturno Contro nella seconda). Si ritrovano gli scorci di Lecce,con una spiaggetta nei suoi paraggi; e la Ricci,anche qui nel ruolo della svanita eccentrica e camaleontica che, con battute che spaziano dalla Commedia dell'Arte al Teatro dell'Assurdo, fornisce una certa vis comica al film. Valide anche altre attrici nei ruoli marginali: la madre di Elena (la protagonista) ed Egle, la malata terminale carica di simpatia e vitalità. Francamente convincente anche la Smutniak, che conferma di essere un'attrice espressiva che sa calarsi nel ruolo e che qui si carica sulle proprie spalle la narrazione del film, dall'inizio alla fine.
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Eros,Thanatos e un regista che cita se stesso: i rimandi ad altri suoi precedenti film sono evidenti (Le Mine Vaganti nella prima parte, Saturno Contro nella seconda). Si ritrovano gli scorci di Lecce,con una spiaggetta nei suoi paraggi; e la Ricci,anche qui nel ruolo della svanita eccentrica e camaleontica che, con battute che spaziano dalla Commedia dell'Arte al Teatro dell'Assurdo, fornisce una certa vis comica al film. Valide anche altre attrici nei ruoli marginali: la madre di Elena (la protagonista) ed Egle, la malata terminale carica di simpatia e vitalità. Francamente convincente anche la Smutniak, che conferma di essere un'attrice espressiva che sa calarsi nel ruolo e che qui si carica sulle proprie spalle la narrazione del film, dall'inizio alla fine.
Assi meno significativi invece gli interpreti maschili: uno Scianna sprecato e banale, un giovane e promettente Scicchitano, nel ruolo di un gay simpatico e rassicurante, più un protagonista maschile, che, più che recitare in un film d'autore, sembra piuttosto che posi per un calendario. In effetti, ci vuole ben altro che un paio di chiappe toniche e una collezione di tatuaggi per interpretare un personaggio, che nel film pare comunicare assai meglio con il pene che con la propria voce.
Si gioca molto con i contrasti, ma anche molti elementi costanti delle storie di Ozpetek: c'è la solita famiglia allargata, dove tutti mettono voce nelle vicende di Elena, l'omosessualità qui è appena citata: niente coppie di uomini piacioni con dilemmi esistenziali e tragedie dietro l'angolo. E c'è la solita bambina saputella, immancabile nei film del regista turco.
C'è però più nudità (maschile, ovviamente) che in altri film di Ozpetek.
Una prima parte del film traccia un quadro d'ambiente, con una notevole e crescente carica erotica da parte di Antonio, giovane zotico che non passa inosservato, ma che fa cadere le braccia a tutti appena apre bocca, con il suo carico di ignoranza e pregiudizi. Da parte sua, Elena è una brava ragazza di provincia, assennata e apparentemente serena, ma fidanzata senza molta convinzione e con il rimpianto di non aver fatto studi universitari.
Elena avvia un'attività imprenditoriale con Fabio, l'amico gay cui confida ogni cosa, si sposa Antonio e a questo punto la narrazione salta di tredici anni in avanti. Compare l'Imprevisto, quello indesiderato, che si comprende solo quando si vive in prima persona: la malattia oncologica. E qui gli elementi sono quelli già visti in Saturno Contro: la desolazione ospedaliera, la sofferenza privata e quasi segreta, l'attesa di una prognosi fausta e il timore di non farcela. La vicenda si incammina verso un finale che non mi è stato del tutto chiaro (quindi non sto a fare spoiling): in un rientro a casa quasi improvviso della protagonista, la narrazione si confonde con sue visioni o presentimenti (?), che sanno di surreale ed onirico.
Il marito zotico la prende con sè e la riporta nella spiaggetta idilliaca, dove anni prima avevano fatto l'amore per la prima volta. E proprio sulla spiaggia, con una 'sterzata' temporale che riporta indietro i protagonisti a prima del matrimonio, vengono presentate un paio di scene non esplicitate prima: il finale è tutto risate, ma rimane aperto.
Più sciatto e meno riuscito di altri suoi film; non mi sorprende però che il pubblico femminile lo abbia apprezzato: per la forza di carattere della protagonista e per l'esibizione corporea del giovanotto, sempre ben disposto a calarsi i pantaloni.
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[+] ah, le donne!!!!
(di marylene)
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filippo catani
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lunedì 24 marzo 2014
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un buon ozpetek e una bravissima smutniak
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Lecce. Una giovane e ambiziosa cameriera e un omofobo e grezzo meccanico si innamorano. Nel corso di tredici anni vivranno diversi momenti: dall'apertura di un nuovo locale alla nascita dei figli fino al tradimento di lui e alla terribile malattia di lei.
Riassumendo all'osso la pellicola si potrebbe dire che se da una parte la sceneggiatura offre poco di quanto non si sia già visto altrove è vero anche che raramente la scelta del cast e dei ruoli assegnati è parsa migliore. Ozpetek sfugge un po' ai leit motive degli ultimi tempi anche se le situazioni da cui prende le mosse sono più o meno sempre le stesse. La storia in questo caso non è malvagia ma nulla più.
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Lecce. Una giovane e ambiziosa cameriera e un omofobo e grezzo meccanico si innamorano. Nel corso di tredici anni vivranno diversi momenti: dall'apertura di un nuovo locale alla nascita dei figli fino al tradimento di lui e alla terribile malattia di lei.
Riassumendo all'osso la pellicola si potrebbe dire che se da una parte la sceneggiatura offre poco di quanto non si sia già visto altrove è vero anche che raramente la scelta del cast e dei ruoli assegnati è parsa migliore. Ozpetek sfugge un po' ai leit motive degli ultimi tempi anche se le situazioni da cui prende le mosse sono più o meno sempre le stesse. La storia in questo caso non è malvagia ma nulla più. Bella e importante la scelta di ambientare la storia in Salento e ci sono delle fotografie stupende. Troviamo poi ben rappresentata la comunità gay che in questo caso è un po' più di contorno rispetto ad altre pellicole pur mantendo un ruolo importante e in questo caso molto spesso ironico. Veniamo allora al cast che come si diceva è il piatto migliore che offre la casa. La vera prelibatezza è una Smutniak che ultimamente non sta sbagliando un colpo regalandoci ottime interpretazioni (penso anche allo splendido ruolo nel rifacimento italiano di In Treatment). L'attrice si carica sulle spalle il film è nel farlo offre una prova di spessore che potrebbe essere riassunta nel primo piano in campo lungo in cui si abbandona al pianto dopo la scoperta della malattia. Un plauso va anche ad Arca che cerca di togliersi di dosso l'etichetta di tronista regalandosi una buona prova; peccato solo per quei continui primi piani sui suoi pettorali che alla lunga risultano stucchevoli. Ottima anche la coppia di contorno Signoris-Bruni Tedeschi con quest'ultima in un piacevole e insolito ruolo alternativo. Insomma un buon film corale ma indubbiamente nella valutazione pesa il fatto che Ozpetek ha saputo fare di meglio e ultimamente forse ha perso un pochino di smalto.
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no_data
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venerdì 14 marzo 2014
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a mano a mano...
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"Allacciate le cinture" dice bene Ferzan Ozpetek perché questo è un film che punta dritto al cuore e se vuole fa male. La parola che più di tutte riassume la storia è il tempo, tredici anni di vita, di amore, passione, tradimenti che prendono corpo con Kasia Smutniak e Francesco Arca. I due protagonisti sono nel film Elena e Antonio i cui sguardi si incontrano per la prima volta alla fermata del tram sotto una pioggia battente. Siamo a Lecce, che torna a fare da scenografia dopo Mine Vaganti, ed è proprio nella piazza del paese che sorge il bar in cui Elena lavora insieme al migliore amico (omosessuale) interpretato da Filippo Scicchitano. Il film parla d’amore, quello passionale, omosessuale, amicale, familiare, insomma ci sono proprio tutti.
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"Allacciate le cinture" dice bene Ferzan Ozpetek perché questo è un film che punta dritto al cuore e se vuole fa male. La parola che più di tutte riassume la storia è il tempo, tredici anni di vita, di amore, passione, tradimenti che prendono corpo con Kasia Smutniak e Francesco Arca. I due protagonisti sono nel film Elena e Antonio i cui sguardi si incontrano per la prima volta alla fermata del tram sotto una pioggia battente. Siamo a Lecce, che torna a fare da scenografia dopo Mine Vaganti, ed è proprio nella piazza del paese che sorge il bar in cui Elena lavora insieme al migliore amico (omosessuale) interpretato da Filippo Scicchitano. Il film parla d’amore, quello passionale, omosessuale, amicale, familiare, insomma ci sono proprio tutti. A fare da cornice alla storia tra Antonio e Elena c’è la famiglia di lei fatta di figure importantissime che danno quel colore e quel calore in più di cui c’era bisogno. La prima parte del film segue a mano a mano (come dice Rino Gaetano) l’ innamoramento dei due giovani, due mondi diversi legati da una forte attrazione fisica. Il film cambia decisamente tono nel momento in cui Elena scopre di avere un cancro, diagnosi che cambierà la vita a lei e alla sua famiglia. La storia di Antonio e Elena incontra turbolenze continue, tradimenti, continue incomprensioni che cessano alla scoperta della malattia. La scena in cui Elena comunica di aver contratto il cancro è di un’ intensità straordinaria, il tempo si ferma e un silenzio agghiacciante avvolge la scena. Elena, Antonio, Fabio, Silvia, tutta la sua famiglia “si allaccia le cinture” e inzia così una corsa contro il tempo. La drammaticità della storia sale ma allo stesso tempo cresce l’umorismo che accompagna le lacrime ad un dolce sorriso. Questo forte senso di humor è dato soprattutto dalla comparsa sullo schermo della compagna di ospedale di Elena, una donna che sa bene di dover finire ma che ha ancora la forza di sorridere e combattere per la vita. Questo film non osannato dalla critica si allontana decisamente dalle ultime opere di Ozpetek ma tornano dei luoghi comuni a me cari come le ambientazioni, i personaggi così caratterizzati e soprattutto le musiche, un vero e proprio tripudio, la colonna sonora accompagna passo passo la storia aumentandone ancora di più la sfera emozionale. Il film è stato contestato da molti perché banale nella trattazione invece io l’ho trovato poetico, non credo che l’amore o il dolore sia scontato, Allacciate le cinture è la trasposizione della realtà, la vita vera con le sue gioie e le sue turbolenze che ci mettono alla prova continuamente.
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jaimesommers
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venerdì 14 marzo 2014
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quando allacciamo le cinture?
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..le allacciamo al decollo e all'atterraggio! Splendido. Infatti, metaforicamente, i protagonisti allacciano le cinture proprio nelle due fasi del film: all'inizio e alla fine. E' proprio nelle fasi di vulnerabilità che paradossalmente sentono di essere vivi, protetti e di avere coraggio: al decollo di una storia d'amore, tra incertezze del futuro e la sicurezza di una passione da vivere; e all'atterraggio, tra la certezza della malattia e la protezione offerta dalla proprie radici, dagli affetti sinceri, dalla famiglia. Credo non sia casuale il buco temporale di 13 anni...può rappresentare una fase di crociera, l'assenza di problemi, la vita che scorre, tra turbolenze, alti-bassi, ma quasi.
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..le allacciamo al decollo e all'atterraggio! Splendido. Infatti, metaforicamente, i protagonisti allacciano le cinture proprio nelle due fasi del film: all'inizio e alla fine. E' proprio nelle fasi di vulnerabilità che paradossalmente sentono di essere vivi, protetti e di avere coraggio: al decollo di una storia d'amore, tra incertezze del futuro e la sicurezza di una passione da vivere; e all'atterraggio, tra la certezza della malattia e la protezione offerta dalla proprie radici, dagli affetti sinceri, dalla famiglia. Credo non sia casuale il buco temporale di 13 anni...può rappresentare una fase di crociera, l'assenza di problemi, la vita che scorre, tra turbolenze, alti-bassi, ma quasi.. banalmente! Un'esistenza che non merita riflettori, può essere ignorata, non raccontata, ognuno se la immagini come vuole perchè quello che più ci tocchi l'anima sia l'ombra delle passioni passate e l'ombra della morte futura.
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camillazagarese
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mercoledì 19 marzo 2014
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allacciate le cinture, ma non troppo strette
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Allacciate le cinture, ma nonn troppo strette.
Si ride e si piange, si parla ma non troppo, e soprattutto non sempre. Ecco, la foza di questo film risiede proprio in questo: le emozioni scelgono di sfogarsi con i silenzi, con il corpo, abbandonando la parola, cui viene affidato un ruolo marginale. E si, perché la parola non riuscirebbe dare la giusta dignità alla prepotenza delle emozioni, nè tantomeno a trasmetterle all'altro: la paura di perdere il controllo, l'amore, la vita.
Da un lato l'amore folle, imperativo, incurante delle convenzioni sociali, l'amore comunque, dall'altro quello alienato e alientante, a tratti inadeguato, che non trova pace, vincolato da convenzioni e ambienti che non gli apartengono e che finiscono per inglobalo in una solitudine insopportabile, un amore che fa fatica a rimanere fedele a sè stesso, un amore che perde di vista ciò che davvero conta, con una facilità pari a quella con cui, nella disperazione più totale, si fa sentire più forte di prima.
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Allacciate le cinture, ma nonn troppo strette.
Si ride e si piange, si parla ma non troppo, e soprattutto non sempre. Ecco, la foza di questo film risiede proprio in questo: le emozioni scelgono di sfogarsi con i silenzi, con il corpo, abbandonando la parola, cui viene affidato un ruolo marginale. E si, perché la parola non riuscirebbe dare la giusta dignità alla prepotenza delle emozioni, nè tantomeno a trasmetterle all'altro: la paura di perdere il controllo, l'amore, la vita.
Da un lato l'amore folle, imperativo, incurante delle convenzioni sociali, l'amore comunque, dall'altro quello alienato e alientante, a tratti inadeguato, che non trova pace, vincolato da convenzioni e ambienti che non gli apartengono e che finiscono per inglobalo in una solitudine insopportabile, un amore che fa fatica a rimanere fedele a sè stesso, un amore che perde di vista ciò che davvero conta, con una facilità pari a quella con cui, nella disperazione più totale, si fa sentire più forte di prima.
Un film del tutto privo della presunzione di voler insegnare qualcosa, un film che lascia una sensazione di pace, nonostante la pesantezza del dramma.
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melania
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mercoledì 19 marzo 2014
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é la vita che scorre...
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In questo film non ci sono storie o personaggi originali,colpi di scena o altro di simile,ma è semplicemente la vita che scorre sul grande schermo,la vita di ogni giorno,con problemi,gioie,dolori,emozioni;ognuno di noi potrebbe ritrovarsi.A me è piaciuto proprio per questo,oltre che per il cast,bravissimo,le musiche e la sceneggiatura.consigliabile a chi ama "spaccati di vita".
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abarà
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venerdì 21 marzo 2014
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magnifico ozpetek
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Come le recenzioni dei critici sembrano "di parte" anche la mia forse lo è: io adoro Ozpetek! L'ho scoperto guardando quasi per caso Le fate ignoranti e c'è subito stato feeling. Adoro le atmosfere che si creano nei suoi film, il dolce amaro, l'ironia sottile e adoro il suo modo di raccontare le storie. Io credo che molti che criticano questo film lo facciano perchè non riescano a coglierne l'essenza: una storia d'amore che può risultare assurda vista da fuori ma che è autentica se vista dalla parte dei protagonisti, nonostante il divario tra i due e nonostante i tradimenti. Un marito che fa tanti errori ma che impara da questi ed è capace di gesti di una dolcezza infinita. Una donna forte, che non si arrende e quando cede ottiene indietro tutto quello che prima ha fatto per gli altri.
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Come le recenzioni dei critici sembrano "di parte" anche la mia forse lo è: io adoro Ozpetek! L'ho scoperto guardando quasi per caso Le fate ignoranti e c'è subito stato feeling. Adoro le atmosfere che si creano nei suoi film, il dolce amaro, l'ironia sottile e adoro il suo modo di raccontare le storie. Io credo che molti che criticano questo film lo facciano perchè non riescano a coglierne l'essenza: una storia d'amore che può risultare assurda vista da fuori ma che è autentica se vista dalla parte dei protagonisti, nonostante il divario tra i due e nonostante i tradimenti. Un marito che fa tanti errori ma che impara da questi ed è capace di gesti di una dolcezza infinita. Una donna forte, che non si arrende e quando cede ottiene indietro tutto quello che prima ha fatto per gli altri. Secondo me sono personaggi bellissimi. Come mi è piaciuto un sacco il flash back finale che dopo tutta quella tristezza fa chiudere con un sorriso.
Altra cosa che mi piace di Ozpetek sono le immagini metaforiche che inserisce nei sui film, non ti dice il finale ma te lo lascia intendere: così come il bicchiere sul finale de Le fate ingnoranti, qui c'è il mare, un tempo calmo e limpido, adesso torbido e burrascoso; "allacciate le cinture, turbolenze in arrivo".
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giuseppe del sole
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venerdì 4 aprile 2014
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la luce del salento questa volta non basta.
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C'è della maniera in questo film.
Mestiere, molto.
Sicurezza dei propri mezzi, e fiducia che questi bastino.
La storia stenta a decollare e serve il dolore, non senza un pizzico di retorica, a richiamare l'attenzione, e il "trucco" scenico del montaggio con cui il cuore della storia è posto alla fine, dopo il prima e dopo il dopo (13 anni sulla torta), ci svela l'arcano: trattasi invero della storia di un amore.
L'amore vero, che nasce nel letame (e non nei diamanti, cfr F. De Andrè) e resiste, ed anzi si rafforza (si legittima - direbbero i cronisti di calcio) nelle avversità più dolorose.
E qui ritroviamo il Nostro: la bellezza formale dei corpi maschili, il disfacimento femminile, il destino del cuore, il dramma.
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C'è della maniera in questo film.
Mestiere, molto.
Sicurezza dei propri mezzi, e fiducia che questi bastino.
La storia stenta a decollare e serve il dolore, non senza un pizzico di retorica, a richiamare l'attenzione, e il "trucco" scenico del montaggio con cui il cuore della storia è posto alla fine, dopo il prima e dopo il dopo (13 anni sulla torta), ci svela l'arcano: trattasi invero della storia di un amore.
L'amore vero, che nasce nel letame (e non nei diamanti, cfr F. De Andrè) e resiste, ed anzi si rafforza (si legittima - direbbero i cronisti di calcio) nelle avversità più dolorose.
E qui ritroviamo il Nostro: la bellezza formale dei corpi maschili, il disfacimento femminile, il destino del cuore, il dramma.
E la luce del Salento, tutta compresa negli occhi di Egle.
Il sole, da queste parti, è vita forte.
E' vita che vince, sempre.
E allora ti ricordi che gli vuoi un bene pazzo a Ferzan, ed il fatto che abbia scelto la tua terra è importante, per lui, ma anche per te.
E allora gli metti le tre stelle, che sono solo stelle d'amore.
E di ringraziamento, anche, per la bellissima canzone di Rino Gaetano che non conoscevi, anche quando pensavi di conoscerle (quasi) tutte.
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[+] bellissima recensione
(di max.antignano)
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enzo70
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sabato 3 gennaio 2015
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ozpetek torna alle origini
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Dopo l’ottimo magnifica presenza Ozpetek torna a raccontate l’amore a modo suo, evidenziando le contraddizioni di un sentimento che negli estremi trova la sua esaltazione. Il film è ambientato a Lecce e racconta la storia di una coppia che trova nelle sue diversità la forza. Elena è una ragazza di buona famiglia, volitiva, energica, priva di pregiudizi ed aperta alla vita; il suo migliore amico e socio è Fabio, un ragazzo gay che si scopre ad un certo punto essere stato il ragazzo del fratello, poi morto di Elena. Antonio è un meccanico, bello quanto ignorante, macho fino al midollo spinale, tatuato e muscoloso. I due hanno due figli e la quotidianità sembra mettere a repentaglio il loro rapporto, esaltando le differenze.
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Dopo l’ottimo magnifica presenza Ozpetek torna a raccontate l’amore a modo suo, evidenziando le contraddizioni di un sentimento che negli estremi trova la sua esaltazione. Il film è ambientato a Lecce e racconta la storia di una coppia che trova nelle sue diversità la forza. Elena è una ragazza di buona famiglia, volitiva, energica, priva di pregiudizi ed aperta alla vita; il suo migliore amico e socio è Fabio, un ragazzo gay che si scopre ad un certo punto essere stato il ragazzo del fratello, poi morto di Elena. Antonio è un meccanico, bello quanto ignorante, macho fino al midollo spinale, tatuato e muscoloso. I due hanno due figli e la quotidianità sembra mettere a repentaglio il loro rapporto, esaltando le differenze. Ma un tumore al seno di Elena esalta il loro particolare rapporto e sostanzialmente riscatta le debolezze di Antonio. Il cinema di Ozpetek è fatto per andare sempre oltre le righe in modo originale e con questo film il regista turco torna, in parte, alle origini del suo lavoro.
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a.i.9lli
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mercoledì 29 luglio 2015
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storia di una vita
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All'inizio pensi: non è Ferzan Ozpetek. Non è lui il regista che può raccontare la storia terribilmente retorica di una donna che ruba alla sua migliore amica il suo nuovo fidanzato, nonostante siano sfacciatamente diversi, sulla scia smielata e classica del quanto mai falso e antico proverbio "gli opposti si attraggono". Ma Ferzan Ozpetek non delude mai, e mirabilmente, con la sua solita brillante attenzione ai dettagli, riesce a regalare una storia di emozioni e paure, sbagli e battaglie, per uomini che, come viene recitato in Mine Vaganti, sono troppo piccoli, per la vita che è così grande.
Lo sfondo è Lecce, il mare apre e chiude il film, in un perfetto cerchio che unisce tempo e spazio, gioventù ed età adulta: in questo cerchio crescono con ironia, sarcasmo, decisione ed incertezza tutti i personaggi, ognuno ha la sua storia, ognuno il suo destino.
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All'inizio pensi: non è Ferzan Ozpetek. Non è lui il regista che può raccontare la storia terribilmente retorica di una donna che ruba alla sua migliore amica il suo nuovo fidanzato, nonostante siano sfacciatamente diversi, sulla scia smielata e classica del quanto mai falso e antico proverbio "gli opposti si attraggono". Ma Ferzan Ozpetek non delude mai, e mirabilmente, con la sua solita brillante attenzione ai dettagli, riesce a regalare una storia di emozioni e paure, sbagli e battaglie, per uomini che, come viene recitato in Mine Vaganti, sono troppo piccoli, per la vita che è così grande.
Lo sfondo è Lecce, il mare apre e chiude il film, in un perfetto cerchio che unisce tempo e spazio, gioventù ed età adulta: in questo cerchio crescono con ironia, sarcasmo, decisione ed incertezza tutti i personaggi, ognuno ha la sua storia, ognuno il suo destino. Ad unire le loro vite una sola cosa: l'amore, l'amore di una madre, di una zia, di un fraterno amico, di un marito, e sulla scena, la vita, la vita che sballa ogni piano, la vita che costringe a riavvicinarsi, a dimenticarsi dei rancori, delle proprie debolezze, del passato felice e spensierato. è una coppia che cresce, quella di Elena e Antonio, i protagonisti, ma che cresce in ritardo, e cioè non quando arriva la convivenza, nè quando arrivano i figli, ma quando il dolore e le avversità si presentano con tutta la loro violenza a chiedere di saldare i conti. E allora allacciate le cinture, e non sarà una passione, nè una storia d'amore, nè un'avventura, nè tanto meno i mille progetti che Elena voleva realizzare: sarà la vita, che è così grande per noi che siamo così piccoli.
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