The Artist |
||||||||||||||
Un film di Michel Hazanavicius.
Con Jean Dujardin, Bérénice Bejo, John Goodman, James Cromwell, Penelope Ann Miller.
continua»
Drammatico,
durata 100 min.
- Francia 2011.
- Bim Distribuzione
uscita venerdì 9 dicembre 2011.
MYMONETRO
The Artist
valutazione media:
4,19
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
|
||||||||||||||
|
||||||||||||||
|
|
|||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Il silenzio è d'orodi francesca meneghettiFeedback: 7486 | altri commenti e recensioni di francesca meneghetti |
|||||||||||||||||||||||||||||||||||||
domenica 8 gennaio 2012 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Il cinema nasce da un’evoluzione della fotografia. Quest’ultima, riproducendo la realtà molto più fedelmente della pittura, aveva messo in crisi l’arte, costringendola a ripensarsi: da copia del vero divenne espressione, di stati d’animo, di concetti, fino all’astrattismo. Il cinema, che riesce a rappresentare il tempo, oltre che lo spazio, esercitò da subito una forte concorrenza verso il teatro nel ricreare l’illusione della realtà. Ma, nei primi tempi, gli mancava la voce umana: il richiamo più diretto e vibrante all’umanità concreta dell’attore (ed elemento insostituibile del fascino teatrale, anche oggi). Il cinema sonoro (quindi parlato), destinato a un grande successo, rappresenta un ulteriore attacco al teatro, che, al pari della pittura, dalla fine degli anni ’20 si deve reinventare (diventa, magari, meta teatro). In seguito il sonoro ha fatto passi da gigante, al pari delle tecnologie, diventando uno dei codici più importanti del linguaggio cinematografico, specie per quelle sonorità che non sono verbali, ma musicali e sonore, tali da agire sulla sfera emotiva e sull’inconscio. Perché nel 2011 rinunciare a questo codice? Perché creare un meta-cinema (che rappresenta il cinema degli anni ‘20 nel suo farsi, simulando le tecnologie di quel tempo)? E’ solo una prova di bravura, pienamente riuscita, per altro, perché il film cattura lo spettatore e lo emoziona? La dimostrazione che si potrebbe fare cinema anche senza troppa tecnologia (o dissimulandone la potenza)? L’espressione di un sentimento nostalgico verso un passato in cui il pubblico era molto più ingenuo e appassionato? O solo il desiderio del silenzio, così raro nel cinema (anche se si possono ricordare eccezioni famose per sequenze silenti: 2001: Odissea nello spazio, Koyaanisqatsi,totalmente privo di dialoghi, Fata Morgana...) Quest’ultima ipotesi, che non esclude le altre, ci piace particolarmente. Anzi, l’attore, mettendo a il parlato, è costretto a comunicare, come tra sordi, attraverso il codice visivo, e quindi attraverso l’espressività del viso e del corpo, un po’ come facevano i commedianti dell’arte (per quanto parlanti). E la la storia – cioè trama, inevitabilmente fitta per dare ritmo – acquista un risalto particolare. Non c’è che dire: un bell’esperimento contro-corrente, anche se è difficile pensare che possa aver seguito.
[+] lascia un commento a francesca meneghetti »
|
|||||||||||||||||||||||||||||||||||||
|
|||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Ultimi commenti e recensioni di francesca meneghetti:
|
|||||||||||||||||||||||||||||||||||||