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Rimango indeciso di fronte a questo nuovo film di Eastwood, Hereafter. Non riesco a capire, capacitarmi di quello a cui sto assistendo e non riesco a classificarlo. Capolavoro introspettivo ed abile riflessione su uno dei temi più controversi da quando l'uomo... è uomo (la morte, l'eternità e la condizione intermedia, il limbo di classica fattura) od un film pretenzioso, il classico "passo più lungo della gamba"?
Eastwood ci aveva abituati bene, con opere fondamentali come The Milion Dollar Baby e Gran Torino in cui temi scottanti venivano trattati con i guanti e con una partecipazione emotiva distaccatamente intensa, come se l'occhio della telecamera, freddo ed immateriale, si riuscisse a commuovere nel mostrare condizioni umane e sociali borderline.
Con Hereafter ci ritenta, egli porta l'obiettivo (agnostico e riflessivo) verso un livello superiore, chiedendosi se c'è vita dopo la morte, cosa ci attende quando arriva la nostra ora. Le storie (tre) si intrecciano pian piano, avviluppandosi in una trama via via più definita e, nel contempo, più risolutiva nel concedere al pubblico di porsi esso stesso la domanda del regista/dei protagonisti e dandogli tempo e modo di trovare una propria risposta nella riflessione.
Lo svolgersi del film, però, prosegue su binari oscuri, in cui il cielo sotto cui si muove è plumbeo e quasi privo di un guizzo di luce e serenità. L'assenza di respiro rende Hereafter molto denso (troppo) e pur cercando di creare pressuposti positivi, risulta emanare "cattive vibrazioni", solitudine ed un velato senso di paura/orrore.
E questo è il sentimento con cui sono uscito dal cinema. Domande che si accavallavano, sentimenti contrastanti con un'unica sensazione sicura e lineare come un faro nella nebbia: "il senso di morte" era talmente alto, talmente "tangibile" (e di questo dobbiamo rendere merito ad un regista maestro d'emozioni non scontate come Eastwood), che supera, sovrasta ed oscura anche un finale aperto ad un lieto fine (amaro gioco di parole)
E, di nuovo, mi trovo a domandarmi il significato di questo e come collacarlo nella mia personale classifica di gradimento. Promuoverlo perchè, rispetto a molti altri film d'autore, getta luce (e ombre) su un tema classico come la morte senza scadere nell'elementare o nel troppo astratto e mantenendo uno sguardo forzatamente privo di indicazioni religiose (sarebbe stato semplice scadere nel paradiso cristiano ecc.) o bocciarlo proprio perchè le suddette ombre superano nettamente i tracciati della luce?
La risposta a questo quesito rimane aperta... come la domanda che si pone Clint: c'è vita dopo la morte? Cosa ci attende?
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