vittorio
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martedì 6 luglio 2010
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gran bel film!!
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Eastwood non sbaglia un colpo!!! Classico film...che dona speranza e voglia di lottare...
Super Freeman e soprattutto....per chi non conosce la sua storia...studiate Mandela....l'ultimo dei grandi....
Film da vedere
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linus2k
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mercoledì 30 giugno 2010
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bastava un po' meno retorica...
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Eastwood torna dopo l'imbarazzantissimo "Changeling" (con una ancor più imbarazzante Angelina Jolie), e ci porta in Sudafrica con un biopic su uno dei personaggi più importanti del XX secolo: Nelson Mandela.
Il merito di questo film è sicuramente quello di evitare il polpettone della storia del personaggio, emozionante sì ma forse assolutamente scontato, ed invece si focalizza un episodio chiave della sua storia, interpretandolo come storia del Paese intero: la vittoria della nazionale di Rugby ai primi mondiali a cui ha partecipato dopo la fine dell'Apartheid e proprio organizzati in Sudafrica (fino ai Mondiali di Calcio del 2010 l'evento sportivo più importante della storia del Paese).
Eastwood rappresenta l'episodio come chiave per interpretare un Paese da costruire ed una convivenza tra bianchi e neri da inventare, con un grande Nelson Mandela (intenso, come al solito, Morgan Freeman) che si affida ad un giovane ma saggio Francois Pienaar (bravissimo Matt Damon).
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Eastwood torna dopo l'imbarazzantissimo "Changeling" (con una ancor più imbarazzante Angelina Jolie), e ci porta in Sudafrica con un biopic su uno dei personaggi più importanti del XX secolo: Nelson Mandela.
Il merito di questo film è sicuramente quello di evitare il polpettone della storia del personaggio, emozionante sì ma forse assolutamente scontato, ed invece si focalizza un episodio chiave della sua storia, interpretandolo come storia del Paese intero: la vittoria della nazionale di Rugby ai primi mondiali a cui ha partecipato dopo la fine dell'Apartheid e proprio organizzati in Sudafrica (fino ai Mondiali di Calcio del 2010 l'evento sportivo più importante della storia del Paese).
Eastwood rappresenta l'episodio come chiave per interpretare un Paese da costruire ed una convivenza tra bianchi e neri da inventare, con un grande Nelson Mandela (intenso, come al solito, Morgan Freeman) che si affida ad un giovane ma saggio Francois Pienaar (bravissimo Matt Damon).
Il film presenta di sicuro momenti di franca emozione e di viva commozione... ma non convince del tutto... purtroppo la retorica tipica dei film hollywoodiani, la melassa eccessiva, una mitizzazione dei personaggi che li rende poco veri vanno a danneggiare una storia che poteva essere viscerata in maniera meno fiabesca e sicuramente più incisiva...
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andy11
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mercoledì 9 giugno 2010
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mandela e il rugby: alleati per una stessa causa
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Regia straordinaria, sceneggiatura sublime, fotografia altrettanto magnifica per una vicenda che lascia tutti affascinati dal grande Nelson Mandela, qui interpretato magistralmente da Morgan Freeman. Probabilmente nessun altro attore si sarebbe potuto calare meglio in questo personaggio. Gli eventi narrati si svolgono nel periodo immediatamente successivo alla fine dell'apartheid e all'elezione alla presidenza del Sudafrica di Mandela. Siamo nel 1995, in contemporanea con i campionati mondiali di rugby, tenutisi proprio in Sudafrica. Nessuno avrebbe pensato che gli Sprinboks( la nazionale sudafricana di rugby), capitanati da Francois Pienaar(Matt Damon), avrebbero vinto la coppa del mondo, dato che la squadra, appena un anno prima, si presentava completamente impreparata.
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Regia straordinaria, sceneggiatura sublime, fotografia altrettanto magnifica per una vicenda che lascia tutti affascinati dal grande Nelson Mandela, qui interpretato magistralmente da Morgan Freeman. Probabilmente nessun altro attore si sarebbe potuto calare meglio in questo personaggio. Gli eventi narrati si svolgono nel periodo immediatamente successivo alla fine dell'apartheid e all'elezione alla presidenza del Sudafrica di Mandela. Siamo nel 1995, in contemporanea con i campionati mondiali di rugby, tenutisi proprio in Sudafrica. Nessuno avrebbe pensato che gli Sprinboks( la nazionale sudafricana di rugby), capitanati da Francois Pienaar(Matt Damon), avrebbero vinto la coppa del mondo, dato che la squadra, appena un anno prima, si presentava completamente impreparata. Ed è qui che interviene Mandela, che fa del rugby un manifesto della sua politica, volta ad unificare un paese che pochi anni prima era stato vittima di una vera e propria scissione razziale, senza il minimo rancore verso coloro( gli Afrikaner, i sudafricani bianchi) che lo avevano tenuto in prigione per quasi 30 anni. Non a caso egli affermò che prima di poter cambiare gli altri, dobbiamo cambiare noi stessi.La vittoria non è semplicemente una vittoria sul campo, ma una vittoria dell'intera nazione e si deve a lui, a Nelson Mandela, colui che si avvalse di un evento sportivo per unire l'intera popolazione sudafricana, indipendentemente dal colore della pelle. Il regista Eastwood insiste molto sulla potenza espressiva delle immagini, che comunicano ancor più delle parole, soprattutto verso la fine, quando la telecamera si sofferma sugli abbracci tra bianchi e neri, suscitando una profonda commozione nello spettatore. Storiche le battute finali tra Mandela e Pienaar:“Grazie per quel che ha fatto per il Sudafrica”, ma Francois dice: “Grazie per quel che ha fatto Lei!”. Senza il supporto di Mandela certamente gli Springboks non avrebbero mai vinto e sarebbe venuto meno un momento di conciliazione tanto importante tra i due principali gruppi etnici sudafricani.
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mirror
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sabato 8 maggio 2010
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un capolavoro
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Eastwood si è nuovamente superato. Credo che sia uno dei più bei film degli ultimi anni anche solo per la capacità di dire semplicemente le verità fondamentali della vita. Imperdibile
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ultimoboyscout
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sabato 24 aprile 2010
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ennesimo colpo di eastwood.
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Immaginavo un film colossale e maestoso e invece il regista conferma il suo stile sobrio e lineare, e il risultato finale è un bel film godibile, mai noioso ne pesante e adatto ad un pubblico vastissimo. Ottimo Damon (cn un petto mai visto!) ma mostruoso, e dico poco, Morgan Freeman (impressionante quando non si perde in filmetti di mediobassa fascia e in infime produzioni), che oltre alla somiglianza fisica, interpreta alla grande la parte facendo rivivere il mito. Non è un film sportivo, ma Mandela aveva intuito che lo sport che smuove le masse poteva unire il suo popolo: bianchi e neri sotto un'unica bandiera, one team one country!
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alber
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martedì 20 aprile 2010
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moralismo dirompente e faciloneria
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Il buon vecchio Clint è alle prese con una sceneggiatura poco esaltante.
La regia risulta pulita e precisa come sempre, ma indugia su scene piatte e monotone e senza ritmo.
Buona l'idea del simbolismo con cui vengono accomunati la pacificazione nazionale e l'ideale sportivo, tuttavia lo svolgimento del temino risulta pedante e fin troppo didascalico, soprattutto nei dialoghi.
Eh si, perchè le frasi pronunciate dai vari personaggi e su tutti, quelle di Madiba, sembrano tirate fuori da un'antologia per le scuole medie per il loro elementare moralismo con cui affrontano ogni aspetto della condizione umana (dall'aspetto politico a quello umano).
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Il buon vecchio Clint è alle prese con una sceneggiatura poco esaltante.
La regia risulta pulita e precisa come sempre, ma indugia su scene piatte e monotone e senza ritmo.
Buona l'idea del simbolismo con cui vengono accomunati la pacificazione nazionale e l'ideale sportivo, tuttavia lo svolgimento del temino risulta pedante e fin troppo didascalico, soprattutto nei dialoghi.
Eh si, perchè le frasi pronunciate dai vari personaggi e su tutti, quelle di Madiba, sembrano tirate fuori da un'antologia per le scuole medie per il loro elementare moralismo con cui affrontano ogni aspetto della condizione umana (dall'aspetto politico a quello umano).
Poco credibile la figura di Mandela, latore di piatti aforismi buoni per tutte le stagioni, nemmeno fosse un poco riuscito incrocio tra Oscar Wilde e Gesù Cristo.
Una menzione negativa a parte per la colonna sonora, anch'essa stantia e banale, sarebbe risultata datata già negli anni 50.
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eastwood
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lunedì 19 aprile 2010
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l'invincibile clint
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Dopo il sucesso di"Gran Torino",torna dietro la macchina da presa Clint Eastwood con l'amico Morgan Freeman(Gli spietati,Million Dollar Baby),nella storia vera "Invictus",dove il protagonista Morgan Freeman interpreta Nelson Mandela che dopo più di venti anni di carcere,viene eletto presidente dal Sud Africa,trovandosi una nazione sfaldata,divisa e persa.Ad aiutare "Freeman" sarà una squadra di rugby"gli Stinbox"capitanata da Francois Peenar(Matt Demon)e grazie alle vittorie di questa squadra che,il popolo ritroverà quel senso di nazionalità,quel legame di fratellanza che li rende uniti.Ancora una volta Clint,ci sorprende toccando l'apice della sua cariera cinematografica con un film straordinario,che ci insegna cosa vuol dire far parte di una nazione,trattando temi che vanno dall'intolleranza,al razzismo ma inserendo anche sentimenti forti come:l'amicizia,la fedeltà e il coraggio,facendo vedere un Nelson Mandela che nonostante il peso di un popolo sulle spalle,ebbe fiducia in una squadra di rugby,che alla fine vinse il campionato mondiale del 1995.
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Dopo il sucesso di"Gran Torino",torna dietro la macchina da presa Clint Eastwood con l'amico Morgan Freeman(Gli spietati,Million Dollar Baby),nella storia vera "Invictus",dove il protagonista Morgan Freeman interpreta Nelson Mandela che dopo più di venti anni di carcere,viene eletto presidente dal Sud Africa,trovandosi una nazione sfaldata,divisa e persa.Ad aiutare "Freeman" sarà una squadra di rugby"gli Stinbox"capitanata da Francois Peenar(Matt Demon)e grazie alle vittorie di questa squadra che,il popolo ritroverà quel senso di nazionalità,quel legame di fratellanza che li rende uniti.Ancora una volta Clint,ci sorprende toccando l'apice della sua cariera cinematografica con un film straordinario,che ci insegna cosa vuol dire far parte di una nazione,trattando temi che vanno dall'intolleranza,al razzismo ma inserendo anche sentimenti forti come:l'amicizia,la fedeltà e il coraggio,facendo vedere un Nelson Mandela che nonostante il peso di un popolo sulle spalle,ebbe fiducia in una squadra di rugby,che alla fine vinse il campionato mondiale del 1995.Inoltre,il regista affronta lo sport,in questo caso uno sport di squadra il Rugby,dove ci fa capire che si può tirar fuori la bravura di una squadra e nello stesso tempo di una nazione solo quando si è tutti uniti e solo quando si combatte per la stessa causa.dopo questo film,Clint Eastwood é e rimane ancora uno dei migliori registi degli ultimi anni,trattando con i suoi fil sentimenti e temi che toccano le corde della sensibilità umana.
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gabriella
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venerdì 16 aprile 2010
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il vecchio clint è sempre in gamba
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Invictus è un film che non lascia subito il segno, almeno per me non è stato così, sono entrata al cinema con ancora negli occhi Walt Kowalski, la sua determinazione, il carattere di chi chiama le cose con il proprio nome, senza filtri o edulcoranti, e mi sono trovata dentro una storia apparentemente sobria e sottotono che mi ha inizialmente lasciata perplessa, non avevo ancora udito la forte risonanza di un messaggio debordante "ama il tuo nemico", per cui mi accingo ora a scrivere di questo film, adesso che ho fatto a tempo a interiorizzare, a sedimentare , e accorgermi che il discorso iniziato in "Gran Torino ", continua anche qui, con i toni sommessi della saggezza, ma con la stessa autentica forza di chi desidera riscattarsi e riscattare la sua gente.
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Invictus è un film che non lascia subito il segno, almeno per me non è stato così, sono entrata al cinema con ancora negli occhi Walt Kowalski, la sua determinazione, il carattere di chi chiama le cose con il proprio nome, senza filtri o edulcoranti, e mi sono trovata dentro una storia apparentemente sobria e sottotono che mi ha inizialmente lasciata perplessa, non avevo ancora udito la forte risonanza di un messaggio debordante "ama il tuo nemico", per cui mi accingo ora a scrivere di questo film, adesso che ho fatto a tempo a interiorizzare, a sedimentare , e accorgermi che il discorso iniziato in "Gran Torino ", continua anche qui, con i toni sommessi della saggezza, ma con la stessa autentica forza di chi desidera riscattarsi e riscattare la sua gente. Ovviamente, narrando di un personaggio realmente esistito, il regista deve per forza di cose seguire determinate regole, uno schema, e passa attraverso il rugby per dimostrare e fondare le sue convinzioni. Nelson Mandela, dopo più di venti anni di carcere a causa di quel crimine internazionale chiamato apartheid, viene eletto presidente del Sudafrica, ma la lunga detenzione, anzichè indurirne il carattere, lo tempra, e gli fa capire che solo attraverso l'unione, la riconciliazione, è possibile avere un dialogo, e trova il legante giusto con il rugby, sport del quale è praticamente digiuno, arriva a imparare i nomi dell'intera formazione e si fa portavoce di un linguaggio comprensibile a tutti, una forza che unisce anzichè dividere, qui il senso del film, il valore di un uomo che ha avuto intelligenza e vista lunga, qualità necessarie a un politico che desidera il bene del suo popolo. Non mancano le debolezze umane, la sua instabile vita privata e i suoi difficili rapporti con la figlia, ma emerge soprattutto la sua statura politica, di un uomo che ha saputo colpire al cuore, con la sensibilità dei grandi, ed è qui che ritroviamo Walt Kowalski, della sua lotta contro le ingiustizie e la sua voglia di pace e di integrazione. Forse non è un film epidermico come il lavoro precedente, non spezza il fiato, ma le emozioni alla fine si avvertono, anche se un pochino in ritardo. Eatwood in ogni caso dimostra di sapersi destreggiare anche in temi diversi, aumentando sempre più lo spazio di manovra. Bravo, come sempre.
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dario carta
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lunedì 12 aprile 2010
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eastwood,mandela e la psicologia politica
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Nulla può meglio mettere in luce gli intenti sociologici di Clint Eastwood come regista,del suo ultimo "Invictus",dramma storico dalle valenze altamente creative,elemento quantomeno estraneo nell'orizzonte produttivo dell'attuale studio system americano.
Eastwood è passato dalla citazione dell'intransigenza razziale seguita da una presa di coscienza,("Gran Torino"),al clima sessista innervato nei rigori del pregiudizio maschile ("Million Dollars Baby"),dallo scottante tema dell'intervento sul malato terminale,all'eredità dei valori della tradizione ("Flags of Our Fathers"),dal recupero dell'equilibrio morale ("Gli spietati"),alla eroica ma ancor più tragica inchiesta sulla natura del comando ("Letters From Iwo Jima").
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Nulla può meglio mettere in luce gli intenti sociologici di Clint Eastwood come regista,del suo ultimo "Invictus",dramma storico dalle valenze altamente creative,elemento quantomeno estraneo nell'orizzonte produttivo dell'attuale studio system americano.
Eastwood è passato dalla citazione dell'intransigenza razziale seguita da una presa di coscienza,("Gran Torino"),al clima sessista innervato nei rigori del pregiudizio maschile ("Million Dollars Baby"),dallo scottante tema dell'intervento sul malato terminale,all'eredità dei valori della tradizione ("Flags of Our Fathers"),dal recupero dell'equilibrio morale ("Gli spietati"),alla eroica ma ancor più tragica inchiesta sulla natura del comando ("Letters From Iwo Jima").
"Invictus" è un dramma su Nelson Mandela (Morgan Freeman),sul dopo apartheid sud africano e sullo sport del rugby,ambientato in un momento storico che vede il Capo di Stato appena eletto assumere una posizione nei confronti del suo Paese così decisa e rischiosa,da essere altamente criticata perfino dal suo organico governativo al punto di essere egli stesso considerato fautore e responsabile del suo suicidio politico.
Il capo di Stato sente che la sua celebrità è ingombrante ed un fardello pesante da portare,ma è anche una forte risorsa da utilizzare come mezzo politico.
La sua maggiore preoccupazione nei confronti dei suoi fedeli è quella di riuscire a trovare il prestigio morale che possa condurlo ad una intesa,un atto di mediazione con i bianchi che lo consideravano un terrorista ed un usurpatore delle tradizioni ed una minaccia ai valori fondamentali del Paese.
Il regista e lo sceneggiatore Anthony Peckman raccontano con una metafora la spaccatura sociale di una nazione lacerata da profonde contese razziali e la possibilità che lo sport possa essere il mezzo e la strategia per colmare l'abisso fra le due parti e riportare l'equilibrio nel Paese.
Eastwood allunga lo sguardo oltre il politico;fa luce sulla sofferenza e malinconia di un uomo solo,cui manca l’affetto ed il sostegno di una famiglia,una moglie solo citata nel film ed una figlia prigioniera di un rancore cui non viene data spiegazione.
Tutto il film è permeato della creatività di ampio respiro e della ricca pacatezza narrativa che contraddistinguono le opere di Eastwood “Gli spietati”,”Gran Torino”,pur restando leggermente sotto tono rispetto a questi ultimi.
Nel ritmo quieto della narrazione il regista innesta il dinamismo di una vivace storia sportiva,innervata nell’articolata complessità politica di uno Stato e dell’uomo che ne ha preso le redini in mano,”perché non debba più subire l’oltraggio di essere lo scarico del mondo”.
Eastwood è magistrale nel far confluire idealismo nazionalista con proiezioni politiche,status razziale ed aspirazioni sociali nell’essenzialismo di un contesto sportivo,senza impoverire il contenuto del suo messaggio.
“Invictus” è un film sulle psicologia umana raccontato in forma di parabola ad esprimere nell’allegoria di un’attività sportiva l’ostinazione che l’uomo può trovare in sé stesso per raggiungere la realizzazione dei propri ideali visti concretizzati – quasi contraddizione in termini -nella formazione dell’unità dei valori e delle persone per le quali una vita vale la spesa di essere vissuta (“Io sono il capitano del mio destino ed il padrone della mia anima”).
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federinik
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sabato 10 aprile 2010
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gloria per il popolo
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Premessa: non è la storia di Nelson Mandela.
Dato di fatto: si tratta di un film sul carattere di Nelson Mandela e il suo condizionamento motivazionale su giocatori della mitica nazionale di rugby del Sudafrica.
Siamo nel 1995 e la Coppa del Mondo di rugby si svolge in Sudafrica. La nazionale di rugby del Sudafrica parte sfavorita, gioca male inizialmente, poi in seguito il cambio del tecnico impone un nuovo spirito, dettato da Mandela attraverso il capitano François Pienaar, e un nuovo sistema di allenamento e di gioco. I lottatori entrano in campo e sono più veloci, la forma ora c’è, per correre dritti verso una finale piuttosto combattuta contro i bisonti della Nuova Zelanda. Il privato di Nelson Mandela è esibito nei minimi termini negli interni delle situazioni e delle relazioni quotidiane di diplomazia con segretarie e coordinatori, oltre alle forze dell’ordine (gustosi siparietti fra bianchi e neri) che controllano gli stadi durante i match.
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Premessa: non è la storia di Nelson Mandela.
Dato di fatto: si tratta di un film sul carattere di Nelson Mandela e il suo condizionamento motivazionale su giocatori della mitica nazionale di rugby del Sudafrica.
Siamo nel 1995 e la Coppa del Mondo di rugby si svolge in Sudafrica. La nazionale di rugby del Sudafrica parte sfavorita, gioca male inizialmente, poi in seguito il cambio del tecnico impone un nuovo spirito, dettato da Mandela attraverso il capitano François Pienaar, e un nuovo sistema di allenamento e di gioco. I lottatori entrano in campo e sono più veloci, la forma ora c’è, per correre dritti verso una finale piuttosto combattuta contro i bisonti della Nuova Zelanda. Il privato di Nelson Mandela è esibito nei minimi termini negli interni delle situazioni e delle relazioni quotidiane di diplomazia con segretarie e coordinatori, oltre alle forze dell’ordine (gustosi siparietti fra bianchi e neri) che controllano gli stadi durante i match. Morgan Freeman trova la giusta misura di fronte al mito di Mandela. Le somiglianze, soprattutto fra gli sportivi, sono impressionanti, e lo possiamo notare dalle immagini sui titoli di coda. Su tutti, Matt Damon è perfetto per il ruolo del biondo capitano Pienaar.
Eastwood ci dona un film verde e oro,in tutti i sensi, come i colori della bandiera della nazione sudafricana. A partire proprio dai colori che si alternano ripetutamente sullo schermo, nella bellezza sfavillante delle immense e ripetute panoramiche a scorcio dello stadio in tumulto, per esaltare uno spettacolo da cinema classico, nella sua tradizione, fuori del tempo. Film coinvolgente e commovente su più piani, soprattutto nella seconda parte, dove la battaglia finale si avvicina e diviene incalzante, grazie al giusto dosaggio di quelli che sono gli elementi cardine del suo cinema; ovvero l’esaltazione del coraggio e della fraternità come simbolo del perdono, stavolta senza il cinismo dei suoi ultimi capolavori, ma piuttosto con quel pizzico di ironia e spensieratezza che contraddistingueva lo spirito di Mandela.
Su tutte, si veda la scena della partita che i giocatori della nazionale organizzano con i bambini poveri, nel campo di terra in mezzo alle baracche. C’è tutta l’epica del grande cinema d’impegno e di buoni e sani sentimenti ragionati e ragionanti. Immagini che quasi beatificano le ideologie di un popolo e del suo più grande mito. Quindi, una regia classica, nel puro stile Eastwood, con momenti di alto intrattenimento che va a braccetto con il misurato impegno, e si accenna alla vita privata e politica di Mandela, ma viene lasciata abilmente in secondo piano. Il film d’altronde non avrebbe potuto richiedere il rigore e la controllata suspense di drammi possenti come Mystic River, The Million Dollar Baby o Gran Torino, il suo ultimo straordinario film, piuttosto Invictus (ovvero invincibile, rivolto a Mandela) è un capolavoro del cinema sportivo, probabilmente più coinvolgente e credibile, persino nella psicologie dei personaggi della storia, del celebre Fuga per la vittoria del veterano John Huston.
Il rugby non sarà uno sport per tutti, non sarà bello a guardarsi (eccetto forse per focose fanciulle gridanti alla fiera dell’esibizionismo muscolare spettacoloso), ma in questo caso per tutto conta il grado di coinvolgimento piuttosto alto, quando dietro alla macchina da presa c’è un maestro che ha raggiunto ormai da una quindicina d’anni circa la sua piena maturità artistica. Senza dubbio il film del mese di febbraio.
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