Non posso che dissentire su quanto scritto da altri in questo stesso sito: promuovo a pieni voti la versione burtoniana di Sleepy Hollow, mettendolo nell'elenco dei miei film preferiti, e sicuramente come primo fra le altre opere di Tim Burton secondo la mia classifica, senza però volermi sbilanciare troppo per iscritto, magnificandolo come la sua opera più riuscita.
L'ambientazione, i costumi e la fotografia sono magnifici, la colonna sonora non si può dire memorabile, ma calza alla perfezione il mood del film, mentre tutti gli attori danno vita a personaggi che nel complesso disegnano una comunità ricca di personalità, un po' sonnacchiosa, un po' superstiziosa, campagnola ma non bifolca. Burton è riuscito a ridefinire un racconto classico americano, quasi affatto di paura – nulla ha a che spartire con Poe, per intenderci – secondo uno stile moderno che calza a pennello e tiene incollati allo schermo. Si sente anche la mano del collaboratore Ford Coppola, in alcune scene che ricordano quell'umorismo nero alla Dracula – e Dracula per Dracula, un grande Christopher Lee nei panni del giudice di New York –. Se la parte finale del film perde un po' per via dell'epilogo fiabesco – ma dopotutto questa È una favola per Burton –, ci si dovrebbe soffermare sulla filigrana del film, sul contenuto accennato dalle immagini, che trapela ma non viene spiegato esplicitamente. Vediamolo:
siamo nel 1799, al tramontare di un secolo di Illuminismo ormai caduto, pronti a gettarci nel più emotivo Romanticismo, con un Ichabod Crane che ancora crede alla Ragione ed alla logica, quasi più giustamente perché proiettato nel futuro, ma inconsapevole di doversi immergere nuovamente nel suo passato burrascoso, facendo i conti con l'irrazionale che galoppa alla volta del secolo venturo; il caso lungo il fiume Hudson è l'incipit di una discesa nei meandri della sua psiche, dovendo fare i conti con una realtà che non vuole accettare: il cavaliere senza testa non è un semplice trucco. Così ritornano gli incubi/ricordi del suo trascorso infantile e ci si rende conto del profondo legame che sussiste fra quello che era e quello che gli accade intorno: lo shock di Sleepy Hollow è l'elemento che smuove il trauma; si ritrova ad affrontare un cavaliere senza testa, quindi privo di Ragione - la stessa Ragione che tanto difende -, per preservare la sua amata, una ragazza che si diletta di "stregoneria", quasi come rivalsa per non essere riuscito a salvare la madre – anch'essa "strega" – dalla follia del padre credente. Assolutamente pregna di significato la scena in cui vediamo sfilare il padre di spalle, in uno dei sogni di Ichabod, portando un mantello che ne nasconde la testa, rendendolo pressoché identico al cavaliere. E poi la lotta di Crane alla tortura, nei primi minuti del film prende altro colore una volta svelata la fine della madre.
Ichabod accetta il Romanticismo, l'inconscio e l'irrazionale, ma supera il trauma e raggiunge felice le porte dell'ottocento, assieme a Katrina.
Anche solo la connessione fra il nome Sleepy Hollow, la cavità dormiente, la valle addormentata, ed i sogni rivelatori dell'agente risulta affascinante: fisicamente Ichabod si allontana dalla società, dal presente/futuro della città e va ad immergere le mani nel passato, ma senza accorgersene.
Se tutto questo è poca cosa… Allora mettiamoci dentro anche le citazioni dall'interpretazione Disney del racconto di Irving, ribadiamo la fotografia ed i colori stupendi, la location gotica e spettrale e ultimo ma centrale, un'avvincente giallo da risolvere che alla prima visione non risulta così scontato – e un burattinaio alla fine viene stanato, grazie al metodo d'inchiesta –. È sicuramente un film per gli amanti del giallo/horror sette-ottocentesco – tra i quali mi pongo –, ma non solamente e sono convinto che senza una chiave di lettura adeguata si possa facilmente incappare nel giudizio di un filmetto di poco conto, quando decisamente non è questo il caso.
Un boccone difficile da mandar giù? Il mulino a vento che inspiegabilmente esplode!
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