In nome del popolo sovrano

   
   
   

terzo della trilogia, ideal conclusione Valutazione 0 stelle su cinque

di elgatoloco


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mercoledì 17 giugno 2020

Dopo"Nell'anno del Signore"(1969)e "IN nome del Papa RE"(1977), questo"In Nome del popolo sovrano"(199o, Lugi Magni, anche autore di soggetto e sceneggiatura insieme con Arrigo Petacco0)racconta grandezza e conclusione(a suo modo, comunque, decisamente gloriosa)della Repubblica ROmana, 1848-49, uno dei pochi episodi di reale rivoluzione e liberazione di quegli anni. Il rapporto tra Papato, clero(non tutto "papista", invero), nobiltà e popolo, viene descritto con grande intelligenza e con rara capacità di trasferire il"sapere storico"in un film, merito certo dello stesso Magni, di su autore anche letterario di opere riguardanti la storia di Roma, sua reale passione e della consulenza di Arrigo Petacco, di suo storico e giornalista, capace cioè di divulgare in maniera intelli9gente e documentata la storia, non sempre"digeribile"dal famoso "grande pubblico".   Qui, Ninon Manfredi è uno straordinario Ciceruacchio, quasi la"prosecuzione"del personaggio di Pasquino de"Nell'Anno del Signore", cui fa da contralatare Alberto  Sordi, anch'egli(ma non lo dirò più, onde evitare iterazioni)stupendo Marchese Arquati, il cui filio(Massimo Wermu"ller viene didesgnato a sua volta benissimo dall'attore, Ancora, due rivoluzionari partecipi della Rivoluzione Romana, come Ugo Bassi, prete sospeso"a diviinis", Bolgonese8ottimo Jacques Perrin)e Luca Barbareschi, come Giovanni Livraghi, Milanese. C'è poi Carlo Croccolo che impersona molto bene Luciano Bonaparte, Roberto Herlitzka, come Gioacchino Belli, tras l'0altro"in exitu",Gianni Garko e Lorenzo Flaherty come ufficiali dell'eser4cito francese, invasore(paradosso: la Francia postrivoluzionaria al servizio della reazione europea e segnatamente papista.ulteriore dimostrazione di come la"ragion di Stato"macchiavelliana-hobbesiana-boteriana "giustifichi"qualunque atrocità e contraddizione), ma anche Serena Grandi, per fortuna in un piccolo ruolo, mentre Elena Sofia Ricci tratteggia molto bene il personaggio della moglie del marchese Arquati junior.  Un affresco storico eccelso, che non ha bisogno di utleriori commenti, esempio di quel cinema che gli Italiani sapevano fare un tempo e che poi si è perso per strada,a favore di non so bene quali  tematiche"alte", che in realtà scadono quasi sempre in un esistenzialismo da bar o in esperienza comunque degne di miglior causa.... Qui invece tutto, architettura, scenografia e musiche(con canti popolari ritrvoati, come negli altri film di Magni)era realizzato in modo notevolissimo.  El  Gato

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