In nome del popolo sovrano |
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Un film di Luigi Magni.
Con Nino Manfredi, Serena Grandi, Alberto Sordi, Massimo Wertmüller, Luca Barbareschi.
continua»
Storico,
durata 110 min.
- Italia 1990.
MYMONETRO
In nome del popolo sovrano
valutazione media:
3,71
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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grande monumento laico italianodi adrianoemiFeedback: 0 |
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mercoledì 25 febbraio 2009 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Bellissimo film che, nonostante sia (ovviamente) in costume e si ambienti nel 1848, tiene inchiodato lo spettatore senza stancare, e senza espedienti. Grandissimi Manfredi e Sordi, e stupendo il personaggio dato a Massimo Wertmuller, nel quale lo spettatore tende a identificare i suoi dubbi e le sue pulsioni amorose e politiche. Il film ha una valenza politico-culturale: è stato molto importante come presa di posizione in un tema ancora molto dibattuto nell'ambito accademico: il valore della breve Repubblica romana, il Risorgimento e il fronte laico, la Terza Roma. Il punto di vista del regista è chiarissimo: l'Italia è stata fatta di anno in anno col sangue rosso dei rossi martiri garibaldini, martiri laici, uccisi dai francesi e condannati a morire da un papa assetato di potere temporale (martellante per tutto il racconto è il tema della canzone "Se il papa è andato via" che inneggia alla liberazione dal papa). Ovvio che la critica filocattolica difficilmente ha potuto sostenere questo film. Ci sono momenti fortissimi in cui lo spettatore può vivere il sentimento di italianità, che oggi può sembrare sottinteso o scontato o superato. Rivoluzione, satira, amore, grido di libertà, morte. Tanti sono i momenti esilaranti, che sciolgono la tensione e restano ancora oggi validi momenti di teatro, brevi battute che vivacizzano la storia. Un bellissimo frammento d'amore acerbo e destinato a restare mai colto è quando il figlio di Ciceruacchio chiede alla bambina di cui è invaghito "me voi un po' di bene?" Intensi i lati drammatici, affidati non alle scene di esecuzione di morte (che non si vedono) bensì ai monologhi: quello di Sordi (la presa di coscienza che Roma l'ha tradito, lo sputo) e Manfredi ("si essendo un poraccio faccio il carrettiere, però a tempo perso pure l'uomo"). Questo film resta, più di tutto, un monumento (come quelli che materialmente si vedono nel finale) non solo al Risorgimento dei grandi politici, ma pure dei questi piccoli personaggi, come Ciceruacchio (Manfredi) e suo figlio, metafora del Popolo (martire) sovrano .
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