Arancia meccanica

Il film si apre con una lenta, ipnotica carrellata all'indietro, che partendo da un primissimo piano di Alex allarga man mano l'inquadratura fino ad abbracciare l'ambiente circostante. Il film secondo me è l'ideale prosecuzione di quell'inquadratura, che si allarga per comprendere e indagare quell'universo composito che è la violenza. E' un'impostazione che ho ritrovato in molti film di Kubrick; lucidamente, con piglio scientifico e in modo quasi asettico (il giudizio, semmai, è lasciato allo spettatore), in questo film il regista ci conduce attraverso le tante forme che può assumere la violenza, da quella privata a quella istituzionale, praticata nel carcere o dalla polizia, la violenza sessuale, quella familiare, quella della vendetta usata sul "cattivo", quella praticata senza motivo (l'ultraviolenza) sul più debole, quella consapevolmente scelta tra bande rivali. La grandezza del film a mio avviso sta nel suscitare sempre la stessa repulsione verso qualunque tipo di violenza, chiunque sia la vittima e chiunque ne sia l'autore.