Ombre rosse

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Un film di John Ford. Con John Wayne, Thomas Mitchell, John Carradine, George Bancroft, Andy Devine.
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Titolo originale Stagecoach. Western, b/n durata 99 min. - USA 1939. MYMONETRO Ombre rosse * * * * 1/2 valutazione media: 4,66 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

FILM ANCORA STRAORDINARIO

di Piero Masia


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mercoledì 24 agosto 2022

Nonostante il pericolo delle recenti incursioni di Geronimo, la diligenza (Stagecoach, in originale) più famosa della storia parte per coprire il tratto da Tonto a Lordsbury. Vi prende posto una varia umanità. Boone, medico incline all'alcool; James Hatefield, giocatore d'azzardo; Dallas, prostituta dal cuore d'oro che vorrebbe rifarsi una vita; Gatewood, avido e disonesto banchiere;Wilcok, sceriffo e Peacock, rappresetante di alcoolici; Lucy Mallory, donna bigotta e benpensante che vuol raggiungere il marito ufficiale. Ad essi, si unisce Ringo, in cerca di chi gli ha assasinato la famiglia e a sua volta ricercato in quanto evaso ed accusato ingiustamente.


Coloro che stanno in alto nella scala sociale, durante il viaggio, non esitano a manifestare aperto disprezzo per gli altri. Eppure, quando le difficoltà del viaggio cominciano ad aumeentare fino al rischio concreto della pelle a causa della famosa scena con gli indiani che li inseguono, saranno proprio gli "ultimi", i pocodibuono, gli ubriaconi, le prostitute e gli evasi a comportarsi eroicamente, provocando in alcuni degli altri un radicale cambiamento nel giudizio. E Ringo, ottenuta la sua vendetta, va via con Dallas, aiutato dallo sceriffo.



Sembra strano, ma la pre-produzione di un film destinato essere una pietra miliare della storia del cinema fu particolarmente travagliata. Questo perché il regista John Ford, che (ad onta del fatto di essere giustamente considerato il più grande westerner di sempre - oltre che uno dei più grandi di sempre) , non girava un western da The iron horse (1924) non era convinto che l’attore principale di quello che era, anche per ragioni economiche, un film molto costoso, fosse una star in grado di attirare milioni di spettatori. Per finanziare il progetto, gli fu chiesto di accettare Gary Cooper e Marlene Dietrich, allora all’apice della fama. Lui rifiutò decisamente. Un produttore arrivò a chiedergli di accettare addirittura Don Ameche, attore oggi dimenticatissimo (qualcuno se lo ricorda in Una poltrona per due, 1984, di J. Landis?) o addirittura il cowboy canterino Buck Jones, allora vera star per i suoi western davvero indigesti al pubblico odierno, girati a due passi da Hollywood, con pochi soldi e cowboy canterini sempre con in mano chitarra o banjo, vestiti di bianco e pulitissimi.


Per farvi un’idea guardate l’inizio de La ballata di Buz Scruggs (2018, fratelli Cohen), che è una gustosa presa in giro di tali film.
Tutto questo, evidentemente, non combaciava con quello che Ford aveva in mente. Del resto, egli, da sempre, aveva un rapporto ambivalente con produttori e star. Alcuni tra i suoi migliori amici (John Wayne, il Tom Mix del periodo muto, Gary Cooper, Ward Bond) appartenevano a quest’ultima categoria. Ma non disdegnava di passare delle ore insieme a elettricisti, macchinisti, cameramen, ciakkisti, con tanto di sbronze leggendarie.


Tenere presente questo aspetto è fondamentale, per capire come mai, per questo film, il regista avesse insistito per avere come primo attore un divetto dei film a basso costo, che lui aveva già avuto come generico sul set di qualche suo film muto (leggenda vuole che, mentre la macchina da presa lo immortalava nell'atto di dar da mangiare a dei cigni sul lago di un parco, Ford fermò tutto e, schiumante di rabia, gli urlò: sei proprio un cane) otto anni prima aveva sprecato l’occasione venendo coinvolto nel costoso fallimento de Il grande sentiero (1930, di Raul Walsh).
Ford scelse di fare un film con personaggi il più possibile reali, che però mettessero sullo schermo l’ottimismo rooseveltiano..Anche la scelta di Claire Trevor nel ruolo di Dallas, la prostituta dal cuore buono, risponde al desiderio del regista di limitare la “polvere di stelle”.
LE RIPRESE IN ESTERNI.
Altro fattore quasi nuovo per l’epoca fu l’uso della presa diretta, tecnica ancora oggi in voga che prevede la registrazione dei rumori durante le riprese, approntata dal regista per aumentare la verosimiglianza del tutto.


Ma è da rimarcare che, ancora una volta, il regista ebbe ragione sui produttori. Negli anni ’30 (e non è casuale il fatto che Ford, che prediligeva gli esterni, non avesse girato western per 15 anni, dal 1924 al 1939) era invalsa la pratica di girare i film di questo genere nei teatri di posa o, tuttalpiù, nelle colline a qualche centinaio di metri da essi. Appare singolare che non si fosse pensato di girare un western..nel West. Ombre rosse è il film in cui, per la prima volta, sono state scoperte le grandi potenzialità cinematografiche di quel luogo bellissimo che sarebbe entrato nell’ immaginario comune che è la Monument Valley, in Arizona. All’epoca, in questi territori, o meglio nelle riserve vicine, viveva qualche centinaio di Nativi che facevano letteralmente la fame. Ford li assunse e diede loro un ruolo di cattivo, diciamo così, che se da un lato riaffermerà una visione stereotipata degli “indiani”, dall’altro consentì loro di sopravvivere, anche grazie agli aiuti di Roosevelt, cui Ford suo amico personale (più tardi assumerà posizioni mderatamente conservatrici) si era rivolto.


Fuori tema, diciamo che il rapporto cinematografico tra Ford e i nativi è argomento difficilmente trattabile in poco tempo, dovremmo rivedere tantissimi suoi film. Egli, nei film degli anni cinquanta in poi, non mancherà, sulla scorta di film di altri registi più giovani come Delmer Daves (L’amante indiana, 1950) e altri, di esporre anche le ragioni dei Pellerossa. Comunque, alla sua morte ebbe, accanto al funerale cattolico, anche quello indiano.
Il viaggio della diligenza è la rappresentazione del viaggio della vita, in cui, in uno spazio breve che contrasta con l'immensità del West, i personaggi ribadiscono il loro status e il loro carattere. Il regista tratteggia con efficacia tutte le loro personalità, ma nulla fa per evitare di prendere decisamente posizione a favore degli ultimi, di quelli relegati ai margini della scietà civile. Un ragazzo accusato di omicidio, un medico dipendente dall’alcool,una ragazza di bordello che vuole cambiare vita.. Pare che il piccolo spazio della diligenza scoppi da un momento all'altro per i contrasti e l'obiettivo a mettere in chiaro chi è nobile di cuore chi è gretto e avido. Questo racconto, perciò, è universale quanto archetipico, e la derivazione letteraria da Maupassant prima accennata sta a dimostrarlo.
John Ford torna al western 15 anni dopo The iron horse, decide di riscrivere le regole del genere a partire dalle fondamenta, o meglio..dai fondali, nel senso che, a differenza dei registi di western di serie B (spesso con Wayne protagonista), rifugge, come scrivevamo prima, i teatri di posa e le riprese all'aperto a due passi da Hollywood e privilegia gli esterni nei grandi spazi dell Monument Valley, set fino ad allora non sfruttato dalle produzioni e, dpo questo, usato in migliaia di produzioni. Ma questo è solo uno degli aspetti di cambiamento che si possono vedere in questo capolavoro.
C'è il microcosmo di una piccola diligenza dentro cui troviamo, in pochi personaggi, tante sfaccettature dell'animo umano. C'è in desiderio di riscatto umano, proprio del sogno americano, contro ogni forma di moralismo (e basti considerare la figura di Dallas, prostituta in cerca di una nuova vita assieme al bambino che aspetta, resa con efficacia da Claire Trevor, o il Ringo di John Wayne, in cerca di giustizia contro chi gli ha ucciso la famiglia incolpandolo ingiustamente), c'è la prova cui tutto il gruppo viene sottoposto nella contesa per la vita contro la natura ostile e gli indiani, in cui soltanto gli "ultimi" della società, i reietti, coloro che la società rifiuta, danno prova di eroismo e coraggio, al contrario degli "onesti" come il losco banchiere. Ford riesce proprio in questo intento: celebrare il sogno americano, o meglio il new deal roosveltiano, ma non senza qualche punta di distinzione, portando all'estremo la propria enorme capacità di descrizione della psicologia dei personaggi, della loro capacità di agire per salvare la vita propria e altrui, fino alla conclusione che i veri eroi sono proprio loro: i rifiuti della società. e proprio tali rifiuti si comportano da eroi nella celebre scena dell’assalto indiano, girata con le auto a tutta birra, con pericolo di vita per i protagonisti e i tecnici.
Questo fatto si può spiegare anche con la naturale simpatia di Ford nei confronti di quella parte di Hollywood che,pur lavorandovi, ne è ai margini..macchinisti, stuntman (come il famoso Yakima Canutt, sangue indiano, il quale collaborò con lui trent’anni), ciakkisti, cameraman...che caratterizzò tutta la carriera di Ford.
In quasi cinquant'anni di attività e oltre 150 film, l'opera di John Ford (origini irlandesi, vero nome Sean Aloisuis O' flarna, o per altri John Martin Feeney. Cabe Elisabeth, Maine, 1894 - Los Angeles 1973) ha toccato le corde più varie del cuore e dell'espressività umani, anche grazie ad attori meravigliosi (non necessariamente divi). Ma sono tre i personaggi che più rimangono impressi nello spettatore. LI troviamo in altrettanti capolavori. Il Ringo Kid di OMBRE ROSSE manifesta il suo carattere fin dal minuto ottavo, grazie allo scarrellare in finta soggettiva con cui Ford stringe un intenso e sentito primo piano, consegnando al mito quel John Wayne (Marion Micheal Morrison, 1907-79), fino ad allora attore di filmetti western di modesto livello.
Per tutti questi motivi, il film, al contrario di quel che dicono in tanti, non è un capolavoro solo per la scena, splendida, dell'assalto indiano. Esso mette su pellicola una gamma incredibile di personalità, le fa uscire fuori sul più bello, nel momento topico, quando si vede chi, nonostante la vita finora condotta, ha una statura umana.

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