piero masia
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mercoledì 24 agosto 2022
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film ancora straordinario
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Nonostante il pericolo delle recenti incursioni di Geronimo, la diligenza (Stagecoach, in originale) più famosa della storia parte per coprire il tratto da Tonto a Lordsbury. Vi prende posto una varia umanità. Boone, medico incline all'alcool; James Hatefield, giocatore d'azzardo; Dallas, prostituta dal cuore d'oro che vorrebbe rifarsi una vita; Gatewood, avido e disonesto banchiere;Wilcok, sceriffo e Peacock, rappresetante di alcoolici; Lucy Mallory, donna bigotta e benpensante che vuol raggiungere il marito ufficiale. Ad essi, si unisce Ringo, in cerca di chi gli ha assasinato la famiglia e a sua volta ricercato in quanto evaso ed accusato ingiustamente.
Coloro che stanno in alto nella scala sociale, durante il viaggio, non esitano a manifestare aperto disprezzo per gli altri.
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Nonostante il pericolo delle recenti incursioni di Geronimo, la diligenza (Stagecoach, in originale) più famosa della storia parte per coprire il tratto da Tonto a Lordsbury. Vi prende posto una varia umanità. Boone, medico incline all'alcool; James Hatefield, giocatore d'azzardo; Dallas, prostituta dal cuore d'oro che vorrebbe rifarsi una vita; Gatewood, avido e disonesto banchiere;Wilcok, sceriffo e Peacock, rappresetante di alcoolici; Lucy Mallory, donna bigotta e benpensante che vuol raggiungere il marito ufficiale. Ad essi, si unisce Ringo, in cerca di chi gli ha assasinato la famiglia e a sua volta ricercato in quanto evaso ed accusato ingiustamente.
Coloro che stanno in alto nella scala sociale, durante il viaggio, non esitano a manifestare aperto disprezzo per gli altri. Eppure, quando le difficoltà del viaggio cominciano ad aumeentare fino al rischio concreto della pelle a causa della famosa scena con gli indiani che li inseguono, saranno proprio gli "ultimi", i pocodibuono, gli ubriaconi, le prostitute e gli evasi a comportarsi eroicamente, provocando in alcuni degli altri un radicale cambiamento nel giudizio. E Ringo, ottenuta la sua vendetta, va via con Dallas, aiutato dallo sceriffo.
Sembra strano, ma la pre-produzione di un film destinato essere una pietra miliare della storia del cinema fu particolarmente travagliata. Questo perché il regista John Ford, che (ad onta del fatto di essere giustamente considerato il più grande westerner di sempre - oltre che uno dei più grandi di sempre) , non girava un western da The iron horse (1924) non era convinto che l’attore principale di quello che era, anche per ragioni economiche, un film molto costoso, fosse una star in grado di attirare milioni di spettatori. Per finanziare il progetto, gli fu chiesto di accettare Gary Cooper e Marlene Dietrich, allora all’apice della fama. Lui rifiutò decisamente. Un produttore arrivò a chiedergli di accettare addirittura Don Ameche, attore oggi dimenticatissimo (qualcuno se lo ricorda in Una poltrona per due, 1984, di J. Landis?) o addirittura il cowboy canterino Buck Jones, allora vera star per i suoi western davvero indigesti al pubblico odierno, girati a due passi da Hollywood, con pochi soldi e cowboy canterini sempre con in mano chitarra o banjo, vestiti di bianco e pulitissimi.
Per farvi un’idea guardate l’inizio de La ballata di Buz Scruggs (2018, fratelli Cohen), che è una gustosa presa in giro di tali film. Tutto questo, evidentemente, non combaciava con quello che Ford aveva in mente. Del resto, egli, da sempre, aveva un rapporto ambivalente con produttori e star. Alcuni tra i suoi migliori amici (John Wayne, il Tom Mix del periodo muto, Gary Cooper, Ward Bond) appartenevano a quest’ultima categoria. Ma non disdegnava di passare delle ore insieme a elettricisti, macchinisti, cameramen, ciakkisti, con tanto di sbronze leggendarie.
Tenere presente questo aspetto è fondamentale, per capire come mai, per questo film, il regista avesse insistito per avere come primo attore un divetto dei film a basso costo, che lui aveva già avuto come generico sul set di qualche suo film muto (leggenda vuole che, mentre la macchina da presa lo immortalava nell'atto di dar da mangiare a dei cigni sul lago di un parco, Ford fermò tutto e, schiumante di rabia, gli urlò: sei proprio un cane) otto anni prima aveva sprecato l’occasione venendo coinvolto nel costoso fallimento de Il grande sentiero (1930, di Raul Walsh). Ford scelse di fare un film con personaggi il più possibile reali, che però mettessero sullo schermo l’ottimismo rooseveltiano..Anche la scelta di Claire Trevor nel ruolo di Dallas, la prostituta dal cuore buono, risponde al desiderio del regista di limitare la “polvere di stelle”. LE RIPRESE IN ESTERNI. Altro fattore quasi nuovo per l’epoca fu l’uso della presa diretta, tecnica ancora oggi in voga che prevede la registrazione dei rumori durante le riprese, approntata dal regista per aumentare la verosimiglianza del tutto.
Ma è da rimarcare che, ancora una volta, il regista ebbe ragione sui produttori. Negli anni ’30 (e non è casuale il fatto che Ford, che prediligeva gli esterni, non avesse girato western per 15 anni, dal 1924 al 1939) era invalsa la pratica di girare i film di questo genere nei teatri di posa o, tuttalpiù, nelle colline a qualche centinaio di metri da essi. Appare singolare che non si fosse pensato di girare un western..nel West. Ombre rosse è il film in cui, per la prima volta, sono state scoperte le grandi potenzialità cinematografiche di quel luogo bellissimo che sarebbe entrato nell’ immaginario comune che è la Monument Valley, in Arizona. All’epoca, in questi territori, o meglio nelle riserve vicine, viveva qualche centinaio di Nativi che facevano letteralmente la fame. Ford li assunse e diede loro un ruolo di cattivo, diciamo così, che se da un lato riaffermerà una visione stereotipata degli “indiani”, dall’altro consentì loro di sopravvivere, anche grazie agli aiuti di Roosevelt, cui Ford suo amico personale (più tardi assumerà posizioni mderatamente conservatrici) si era rivolto.
Fuori tema, diciamo che il rapporto cinematografico tra Ford e i nativi è argomento difficilmente trattabile in poco tempo, dovremmo rivedere tantissimi suoi film. Egli, nei film degli anni cinquanta in poi, non mancherà, sulla scorta di film di altri registi più giovani come Delmer Daves (L’amante indiana, 1950) e altri, di esporre anche le ragioni dei Pellerossa. Comunque, alla sua morte ebbe, accanto al funerale cattolico, anche quello indiano. Il viaggio della diligenza è la rappresentazione del viaggio della vita, in cui, in uno spazio breve che contrasta con l'immensità del West, i personaggi ribadiscono il loro status e il loro carattere. Il regista tratteggia con efficacia tutte le loro personalità, ma nulla fa per evitare di prendere decisamente posizione a favore degli ultimi, di quelli relegati ai margini della scietà civile. Un ragazzo accusato di omicidio, un medico dipendente dall’alcool,una ragazza di bordello che vuole cambiare vita.. Pare che il piccolo spazio della diligenza scoppi da un momento all'altro per i contrasti e l'obiettivo a mettere in chiaro chi è nobile di cuore chi è gretto e avido. Questo racconto, perciò, è universale quanto archetipico, e la derivazione letteraria da Maupassant prima accennata sta a dimostrarlo. John Ford torna al western 15 anni dopo The iron horse, decide di riscrivere le regole del genere a partire dalle fondamenta, o meglio..dai fondali, nel senso che, a differenza dei registi di western di serie B (spesso con Wayne protagonista), rifugge, come scrivevamo prima, i teatri di posa e le riprese all'aperto a due passi da Hollywood e privilegia gli esterni nei grandi spazi dell Monument Valley, set fino ad allora non sfruttato dalle produzioni e, dpo questo, usato in migliaia di produzioni. Ma questo è solo uno degli aspetti di cambiamento che si possono vedere in questo capolavoro. C'è il microcosmo di una piccola diligenza dentro cui troviamo, in pochi personaggi, tante sfaccettature dell'animo umano. C'è in desiderio di riscatto umano, proprio del sogno americano, contro ogni forma di moralismo (e basti considerare la figura di Dallas, prostituta in cerca di una nuova vita assieme al bambino che aspetta, resa con efficacia da Claire Trevor, o il Ringo di John Wayne, in cerca di giustizia contro chi gli ha ucciso la famiglia incolpandolo ingiustamente), c'è la prova cui tutto il gruppo viene sottoposto nella contesa per la vita contro la natura ostile e gli indiani, in cui soltanto gli "ultimi" della società, i reietti, coloro che la società rifiuta, danno prova di eroismo e coraggio, al contrario degli "onesti" come il losco banchiere. Ford riesce proprio in questo intento: celebrare il sogno americano, o meglio il new deal roosveltiano, ma non senza qualche punta di distinzione, portando all'estremo la propria enorme capacità di descrizione della psicologia dei personaggi, della loro capacità di agire per salvare la vita propria e altrui, fino alla conclusione che i veri eroi sono proprio loro: i rifiuti della società. e proprio tali rifiuti si comportano da eroi nella celebre scena dell’assalto indiano, girata con le auto a tutta birra, con pericolo di vita per i protagonisti e i tecnici. Questo fatto si può spiegare anche con la naturale simpatia di Ford nei confronti di quella parte di Hollywood che,pur lavorandovi, ne è ai margini..macchinisti, stuntman (come il famoso Yakima Canutt, sangue indiano, il quale collaborò con lui trent’anni), ciakkisti, cameraman...che caratterizzò tutta la carriera di Ford. In quasi cinquant'anni di attività e oltre 150 film, l'opera di John Ford (origini irlandesi, vero nome Sean Aloisuis O' flarna, o per altri John Martin Feeney. Cabe Elisabeth, Maine, 1894 - Los Angeles 1973) ha toccato le corde più varie del cuore e dell'espressività umani, anche grazie ad attori meravigliosi (non necessariamente divi). Ma sono tre i personaggi che più rimangono impressi nello spettatore. LI troviamo in altrettanti capolavori. Il Ringo Kid di OMBRE ROSSE manifesta il suo carattere fin dal minuto ottavo, grazie allo scarrellare in finta soggettiva con cui Ford stringe un intenso e sentito primo piano, consegnando al mito quel John Wayne (Marion Micheal Morrison, 1907-79), fino ad allora attore di filmetti western di modesto livello. Per tutti questi motivi, il film, al contrario di quel che dicono in tanti, non è un capolavoro solo per la scena, splendida, dell'assalto indiano. Esso mette su pellicola una gamma incredibile di personalità, le fa uscire fuori sul più bello, nel momento topico, quando si vede chi, nonostante la vita finora condotta, ha una statura umana.
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carloalberto
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domenica 21 novembre 2021
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il sogno americano non è precluso a nessuno
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Non è il miglior western che abbia girato Ford, né la migliore interpretazione di Wayne, anzi piuttosto deludente, e, tuttavia, il film, per qualche misteriosa ragione, è entrato nella mitocinefilia mondiale e addirittura viene considerato un capolavoro. I cavalieri del Nord Ovest del 1949 dello stesso Ford è sicuramente superiore ed in quel caso un Wayne più maturo raggiunge l’acme della sua carriera artistica. In Ombre rosse del resto il vero protagonista non è il bandito Ringo, personaggio tanto eroico quanto scialbo, bensì il dottore ubriacone, interpretato da Thomas Mitchell, che fu premiato giustamente con l’Oscar.
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Non è il miglior western che abbia girato Ford, né la migliore interpretazione di Wayne, anzi piuttosto deludente, e, tuttavia, il film, per qualche misteriosa ragione, è entrato nella mitocinefilia mondiale e addirittura viene considerato un capolavoro. I cavalieri del Nord Ovest del 1949 dello stesso Ford è sicuramente superiore ed in quel caso un Wayne più maturo raggiunge l’acme della sua carriera artistica. In Ombre rosse del resto il vero protagonista non è il bandito Ringo, personaggio tanto eroico quanto scialbo, bensì il dottore ubriacone, interpretato da Thomas Mitchell, che fu premiato giustamente con l’Oscar.
La colonna sonora, che non è quella originale ma rifatta in Italia per l’occasione, consiste in un motivetto, una marcetta disturbante di poche note ripetuta fino alla nausea, per niente in sintonia con la suggestività dei paesaggi immortalati da Ford con le bellissime inquadrature in campo lungo e lunghissimo nella splendida fotografia di Glennon.
La cosa migliore del film sono i siparietti comici tra il dottore ed il rappresentante di liquori, Donald Meek, ed i battibecchi tra il giocatore professionista, John Carradine, ed il direttore di banca fuggito con la cassa, tutti personaggi ben caratterizzati e resi magnificamente da ottimi professionisti.
Nella sequenza finale vanno via indisturbati in calesse il bandito Ringo, ansioso di mettere su famiglia, che ha appena ucciso gli assassini del padre e del fratello, anticipatore, in questo, della saga interminabile degli eroi del genere Revenge, e la sua dolce amata, una prostituta redenta, che ha scoperto, grazie all’incontro con una puerpera nel viaggio in diligenza, che la sua vocazione è essere madre.
La vicenda si conclude, quindi, con un lieto fine dal sapore dolciastro in cui si inneggia ai valori familiari ed al quale è sotteso il solito messaggio hollywoodiano, ossia che negli Stati Uniti il sogno americano non è precluso a nessuno, nemmeno a un galeotto e ad una prostituta.
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fabio
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mercoledì 17 aprile 2019
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capolavoro western
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Da vedere: western per eccellenza, disegna un modello che sarà destinato a essere un paradigma.
Memorabile e per certi versi insuperata la scena dell'assalto alla diligenza.
È l'unica scena d'azione, per il resto Ford predilige i dialoghi e il confronto tra i personaggi.
Troviamo un gruppo variamente assortito ma proprio per questo vitale, puro. Personaggi di diversa estrazione sociale si trovano a unirsi per affrontare il pericoloso viaggio.
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elgatoloco
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martedì 17 aprile 2018
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opera capostipite
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Tratto, se pur con la mediazione di un'altra opera letteraria(statunitense)da"Boul de Suif"di Guy de Maupassant, "Stagecoach"(carrozza di scena, letteralmente mentre in italiano è"Ombre rosse", 1939, di John Ford è non solo archetipo di tanti"western", con Nativi americani-pellerossa(qui gli Apaches di jeronimo)molto aggressivi, da cui il titolo italiano"Ombre rosse", ma un film drammatico che guarda con intelligenza critica a un classico della letteratura europea, realizza il film in un bianco e nero terso, di straordinaria efficacia, facendosi beffe all'inizio del film della"Morality's League"(antesignana, negli States, della"New Moral Majority")qui contrappone, tra i viaggiatori della carrozza pericolosa per il tragitto che fa, tre personaggi"ribelli": la prostituta buona(Claire Trevor)), Thomas Mitchell(il doc, ossia medico, sempre"alterato"dall'alcol)e il pistolero che per vari motivi è divenuto un"bandito"(pià che altro in senso letterale), ossia John Wayne.
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Tratto, se pur con la mediazione di un'altra opera letteraria(statunitense)da"Boul de Suif"di Guy de Maupassant, "Stagecoach"(carrozza di scena, letteralmente mentre in italiano è"Ombre rosse", 1939, di John Ford è non solo archetipo di tanti"western", con Nativi americani-pellerossa(qui gli Apaches di jeronimo)molto aggressivi, da cui il titolo italiano"Ombre rosse", ma un film drammatico che guarda con intelligenza critica a un classico della letteratura europea, realizza il film in un bianco e nero terso, di straordinaria efficacia, facendosi beffe all'inizio del film della"Morality's League"(antesignana, negli States, della"New Moral Majority")qui contrappone, tra i viaggiatori della carrozza pericolosa per il tragitto che fa, tre personaggi"ribelli": la prostituta buona(Claire Trevor)), Thomas Mitchell(il doc, ossia medico, sempre"alterato"dall'alcol)e il pistolero che per vari motivi è divenuto un"bandito"(pià che altro in senso letterale), ossia John Wayne. Qui gli"indiani"non sono "cattivi", sono aggressivi, ma Ford non prende posizione nè a favore né contro di loro, li inserisce in un'epopea, quella USA(ricordiamo che il peirodo è quello della Seconda Guerra Mondiale), che coralmente è metaforizzata(forse)in gran parte dal film: c'è anche la donna partoriente, la bambina neonata, in questo contesto di pericoloso continuo che , nonostante un(invero molto problematico)"happy end", continua e apre la strada a una continuazione(non del film, ma del "dopo il film")futuro. Giustamente considerato più di un classico, questo film si colloca al livello della famosa"Corazzata Potemkin"di Eisenstein, certamente sopra(come capacità puramente filmica)di"Gone With the Wind"di Victor Fleming, che è precedente di poco, cronologicamente.Uno di quei film che"bisogna vedere",assolutamente. El Gato
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stefanocapasso
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venerdì 1 dicembre 2017
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il confronto dei sentimenti porta il cambiamento
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Una diligenza composta da una variegato gruppo di viaggiatore, sta per intraprendere il viaggio verso un forte, correndo il rischio di essere attaccata dai pellerossa. Siamo nel Nuovo Messico nel 1880 e la conquista del west è in pieno svolgimento, la promessa di raggiungere quei territori di confine mobilità tutti. Durante il viaggio si unisce Ringo, famoso fuorilegge che diventerà punto centrale delle vicende che si svilupperanno trai protagonisti.
Grande classico del cinema Western di John Ford, è riconosciuto come uno dei più importanti film del genere. Le relazioni umane vengono indagate e mostrate con precisione, il perbenismo e il pregiudizio che si confrontano con la buona volontà e il coraggio; sentimenti semplici e nitidi, cosi come i personaggi che li manifestano, che sono necessari a quello schietto confronto tra le parti in causa perché possano essere elaborati per ricostruire le relazioni partendo da un nuovo punto di vista.
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Una diligenza composta da una variegato gruppo di viaggiatore, sta per intraprendere il viaggio verso un forte, correndo il rischio di essere attaccata dai pellerossa. Siamo nel Nuovo Messico nel 1880 e la conquista del west è in pieno svolgimento, la promessa di raggiungere quei territori di confine mobilità tutti. Durante il viaggio si unisce Ringo, famoso fuorilegge che diventerà punto centrale delle vicende che si svilupperanno trai protagonisti.
Grande classico del cinema Western di John Ford, è riconosciuto come uno dei più importanti film del genere. Le relazioni umane vengono indagate e mostrate con precisione, il perbenismo e il pregiudizio che si confrontano con la buona volontà e il coraggio; sentimenti semplici e nitidi, cosi come i personaggi che li manifestano, che sono necessari a quello schietto confronto tra le parti in causa perché possano essere elaborati per ricostruire le relazioni partendo da un nuovo punto di vista.
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greatsteven
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lunedì 24 aprile 2017
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una leggenda d'avventura e romanzo cinematografico
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OMBRE ROSSE (USA, 1939) diretto da JOHN FORD. Interpretato da JOHN WAYNE, CLAIRE TREVOR, JOHN CARRADINE, THOMAS MITCHELL, ANDY DEVINE, DONALD MEEK, LOUISE PLATT, GEORGE BANCROFT
A Tonto, nel 1880, una diligenza deve partire, diretta a Lordsburg, nel New Mexico, vicino alla frontiera meridionale.
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OMBRE ROSSE (USA, 1939) diretto da JOHN FORD. Interpretato da JOHN WAYNE, CLAIRE TREVOR, JOHN CARRADINE, THOMAS MITCHELL, ANDY DEVINE, DONALD MEEK, LOUISE PLATT, GEORGE BANCROFT
A Tonto, nel 1880, una diligenza deve partire, diretta a Lordsburg, nel New Mexico, vicino alla frontiera meridionale. I passeggeri sono: Lucy Mallory, moglie incinta di un ufficiale dell’Esercito; un banchiere che ha derubato una cospicua valigia di lingotti e tagliato i fili del telegrafo perché non si sappia del suo furto; Hatfield, pokerista gentiluomo; e Samuel Peacock, mite rappresentante di liquori. Il conducente del carro è il simpatico Buck e la scorta armata è garantita dalla presenza del rude ma coraggioso maresciallo Curly Wilcox. All’ultimo minuto si aggiungono Josiah Boone, medico ubriacone, e Dallas, prostituta cacciata dal paese per la sua professione. Il viaggio sarà tutt’altro che facile perché il territorio da attraversare è devastato dagli Apaches di Geronimo in rivolta contro i cavalleggeri dell’Esercito. Poco dopo la partenza, sulla diligenza monta anche Ringo, galeotto finito ingiustamente dietro le sbarre, vecchia conoscenza del maresciallo Curly e con un amaro conto in sospeso coi fratelli Plummer, che gli hanno assassinato il padre e il fratello. La traversata è densa di eventi sconvolgenti, ma anche di gioie: fra le altre cose, Lucy partorisce la sua bambina, i distaccamenti dei soldati si rifiutano di scortare i passeggeri in un territorio così pericoloso e soprattutto la comparsa improvvisa degli indiani rischia di far fare una brutta fine all’intero convoglio, ma l’arrivo provvidenziale della Cavalleria sistema tutto per il bene dei viaggiatori. E soprattutto assumono un’enorme importanza le relazioni che si stabiliscono fra di essi: il dottore beve come una spugna tutte le bevande alcoliche del povero Peacock (da tutti scambiato per un sacerdote), il banchiere fuggitivo riesce solo a scontrarsi con tutti per il suo desiderio impellente di raggiungere, per ovvie ragioni, il prima possibile Lordsburg, il maresciallo comincia a comprendere le motivazioni che spingono Ringo a compiere la sua vendetta personale e anche i sentimenti d’amore che nutre per Dallas, bistrattata dagli altri passeggeri, ma da lui rispettata per la sua comunque immacolata onestà. Giunti a Lordsburg dopo aver dovuto subire una perdita (Hatfield, fin dall’inizio prodigo di attenzioni verso la moglie gravida del tenente, muore durante l’aggressione indiana), Ringo si sente a tutti i costi in dovere di saldare il suo vecchio conto e, aiutato da Boone e Wilcox, uccide i Plummer. Il film si chiude col dottore e lo sceriffo che concordano di bere un cicchetto e il calesse che accompagna a grandi falcate l’audace Ringo e la sua amata Dallas verso la fattoria di proprietà di lui, situata lungo le montagne della frontiera. La fonte d’ispirazione del film è unanimemente considerata il meraviglioso Boule de soif, racconto lungo di Guy de Maupassant, di cui l’opera di Ford ricalca la trama solo in parte e anche modificandone ampiamente il significato finale, ma in realtà alla base c’è pure Lordsburg, racconto di Ernest Haycox da cui lo sceneggiatore Dudley Nichols ha ricavato la storia cinematografica. Che costituisce un caposaldo inalienabile nel western, al punto che Ombre rosse è ritenuto la quintessenza per antonomasia di questo genere che, fin dagli esordi del cinema americano, ha riscosso un enorme successo in tutta la nazione perché ne raccontava il passato recente, analizzando con incredibile acume i rapporti fra i pionieri che ancora dovevano costituire lo Stato e i nativi americani, che vi risiedevano legittimamente da molti secoli prima. Il suo punto di forza, come moltissimi critici hanno sottolineato, è la definizione psicologica dei personaggi, e il conseguente ribaltamento degli stereotipi: individui di alto rango, di notevole ricchezza personale o di prestigio lavorativo vengono stroncati, primi fra tutti l’irascibile finanziere che scappa immediatamente dalla città dopo il suo ladrocinio ed escogita loschi sotterfugi per non farsi scoprire e, a modo suo, anche Boone (un T. Mitchell in perfetta forma, che si guadagnò un Oscar più che mai meritato), il quale non è però meno devoto alla sua professione che all’alcool, e lo dimostra in almeno due occasioni, ovvero quando assiste la puerpera durante il parto e quando mette in guardia i Plummer dalla determinatezza di Ringo; dal lato opposto, coloro che socialmente sarebbero detestabili, ossia il pistolero fuggito dal carcere e la meretrice, mostrano invece un carattere molto più denso di umanità, altruismo e carità, e non a caso sono gli unici a trovare un completo riscatto dopo quanto di male c’è stato nelle loro vite, progettando di sposarsi perché capiscono di essersi innamorati l’uno dell’altra di un amore che può fruttare meravigliosamente. Un cast di attori uno più bravo dell’altro, con un J. Wayne astro nascente non solo del cinema western e d’avventura, una C. Trevor a briglia stretta e di un’espressività magnifica, un J. Carradine deciso e ardente, un A. Devine comicissimo nella parte del loquace postiglione e G. Bancroft nelle vesti dell’uomo di legge ligio al suo mestiere, ma non per questo insensibile alle problematiche di chi la legge è costretto a subirla. E gli indiani? Il loro ruolo nella storia è quantitativamente esiguo, ma riveste comunque una notevole rilevanza: tenendo conto che stiamo parlando ancora di un western classico e non di uno revisionista, è chiaro che questo popolo viene inquadrato da una prospettiva negativa, ma il fatto che attacchino la diligenza, da una parte non li tramuta in antagonisti soltanto spuri e malvagi, e dall’altro non serve a riabilitare totalmente il compito assunto e poi mancato della Cavalleria, che li teme e perciò respinge la richiesta dello sceriffo di accompagnarli in una zona dove potrebbero venire attaccati, e dove effettivamente l’attacco succede. Il film ha inoltre segnato il ritorno al western di Ford dopo tredici anni di assenza, e segna senza ombra di dubbio la consacrazione del suo magnifico sodalizio con l’altro John (vero nome: Marion Mitchell Morrison), che in futuro regalerà al pubblico mondiale altre perle imperdibili in cui l’avventura si mischia alla crescita psicologica degli uomini, ma mai al livello di Ombre rosse, che è e rimarrà sempre una pietra miliare per almeno tre motivi. Primo: la scarsezza dei mezzi con cui venne realizzato (escluse magari le macchine da corsa su cui furono montate le telecamere per riprendere l’assalto alla diligenza), che ha permesso pertanto di ottenerne un prodotto straordinario. Secondo: il gioco di squadra fra gli interpreti, figlio di quell’ideologia collaborativa che la settima arte made in USA e made in 1930-1950s ha sempre adottato e applicato in modo intelligente nella costruzione delle storie di allora. Terzo: la ricerca di una morale educativa, che trova la sua attuazione ideale nel racconto di una società in miniatura costretta a spostarsi, il che comporta che ogni viaggiatore conservi le sue esigenze, ma consente anche di esaminare le dinamiche che animano uomini e donne in una situazione di pericolo, cosa che fa andare avanti da sempre le varie collettività esistenti. E raccontare l’evoluzione di una piccola società così eterogenea e strabiliante non è un gioco da ragazzi, specialmente se di mezzo ci sono un rischio multiplo e sfaccettato da affrontare e non poche divergenze di idee all’interno del gruppo stesso. Un bianco e nero assolutamente delizioso. Una Monument Valley ripresa per le prime volte, e resa immortale proprio da questa pellicola. Novanta minuti di emozione superba e suggestiva.
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greatsteven
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lunedì 24 aprile 2017
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una leggenda d'avventura e romanzo cinematografico
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OMBRE ROSSE (USA, 1939) diretto da JOHN FORD. Interpretato da JOHN WAYNE, CLAIRE TREVOR, JOHN CARRADINE, THOMAS MITCHELL, ANDY DEVINE, DONALD MEEK, LOUISE PLATT, GEORGE BANCROFT
A Tonto, nel 1880, una diligenza deve partire, diretta a Lordsburg, nel New Mexico, vicino alla frontiera meridionale.
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OMBRE ROSSE (USA, 1939) diretto da JOHN FORD. Interpretato da JOHN WAYNE, CLAIRE TREVOR, JOHN CARRADINE, THOMAS MITCHELL, ANDY DEVINE, DONALD MEEK, LOUISE PLATT, GEORGE BANCROFT
A Tonto, nel 1880, una diligenza deve partire, diretta a Lordsburg, nel New Mexico, vicino alla frontiera meridionale. I passeggeri sono: Lucy Mallory, moglie incinta di un ufficiale dell’Esercito; un banchiere che ha derubato una cospicua valigia di lingotti e tagliato i fili del telegrafo perché non si sappia del suo furto; Hatfield, pokerista gentiluomo; e Samuel Peacock, mite rappresentante di liquori. Il conducente del carro è il simpatico Buck e la scorta armata è garantita dalla presenza del rude ma coraggioso maresciallo Curly Wilcox. All’ultimo minuto si aggiungono Josiah Boone, medico ubriacone, e Dallas, prostituta cacciata dal paese per la sua professione. Il viaggio sarà tutt’altro che facile perché il territorio da attraversare è devastato dagli Apaches di Geronimo in rivolta contro i cavalleggeri dell’Esercito. Poco dopo la partenza, sulla diligenza monta anche Ringo, galeotto finito ingiustamente dietro le sbarre, vecchia conoscenza del maresciallo Curly e con un amaro conto in sospeso coi fratelli Plummer, che gli hanno assassinato il padre e il fratello. La traversata è densa di eventi sconvolgenti, ma anche di gioie: fra le altre cose, Lucy partorisce la sua bambina, i distaccamenti dei soldati si rifiutano di scortare i passeggeri in un territorio così pericoloso e soprattutto la comparsa improvvisa degli indiani rischia di far fare una brutta fine all’intero convoglio, ma l’arrivo provvidenziale della Cavalleria sistema tutto per il bene dei viaggiatori. E soprattutto assumono un’enorme importanza le relazioni che si stabiliscono fra di essi: il dottore beve come una spugna tutte le bevande alcoliche del povero Peacock (da tutti scambiato per un sacerdote), il banchiere fuggitivo riesce solo a scontrarsi con tutti per il suo desiderio impellente di raggiungere, per ovvie ragioni, il prima possibile Lordsburg, il maresciallo comincia a comprendere le motivazioni che spingono Ringo a compiere la sua vendetta personale e anche i sentimenti d’amore che nutre per Dallas, bistrattata dagli altri passeggeri, ma da lui rispettata per la sua comunque immacolata onestà. Giunti a Lordsburg dopo aver dovuto subire una perdita (Hatfield, fin dall’inizio prodigo di attenzioni verso la moglie gravida del tenente, muore durante l’aggressione indiana), Ringo si sente a tutti i costi in dovere di saldare il suo vecchio conto e, aiutato da Boone e Wilcox, uccide i Plummer. Il film si chiude col dottore e lo sceriffo che concordano di bere un cicchetto e il calesse che accompagna a grandi falcate l’audace Ringo e la sua amata Dallas verso la fattoria di proprietà di lui, situata lungo le montagne della frontiera. La fonte d’ispirazione del film è unanimemente considerata il meraviglioso Boule de soif, racconto lungo di Guy de Maupassant, di cui l’opera di Ford ricalca la trama solo in parte e anche modificandone ampiamente il significato finale, ma in realtà alla base c’è pure Lordsburg, racconto di Ernest Haycox da cui lo sceneggiatore Dudley Nichols ha ricavato la storia cinematografica. Che costituisce un caposaldo inalienabile nel western, al punto che Ombre rosse è ritenuto la quintessenza per antonomasia di questo genere che, fin dagli esordi del cinema americano, ha riscosso un enorme successo in tutta la nazione perché ne raccontava il passato recente, analizzando con incredibile acume i rapporti fra i pionieri che ancora dovevano costituire lo Stato e i nativi americani, che vi risiedevano legittimamente da molti secoli prima. Il suo punto di forza, come moltissimi critici hanno sottolineato, è la definizione psicologica dei personaggi, e il conseguente ribaltamento degli stereotipi: individui di alto rango, di notevole ricchezza personale o di prestigio lavorativo vengono stroncati, primi fra tutti l’irascibile finanziere che scappa immediatamente dalla città dopo il suo ladrocinio ed escogita loschi sotterfugi per non farsi scoprire e, a modo suo, anche Boone (un T. Mitchell in perfetta forma, che si guadagnò un Oscar più che mai meritato), il quale non è però meno devoto alla sua professione che all’alcool, e lo dimostra in almeno due occasioni, ovvero quando assiste la puerpera durante il parto e quando mette in guardia i Plummer dalla determinatezza di Ringo; dal lato opposto, coloro che socialmente sarebbero detestabili, ossia il pistolero fuggito dal carcere e la meretrice, mostrano invece un carattere molto più denso di umanità, altruismo e carità, e non a caso sono gli unici a trovare un completo riscatto dopo quanto di male c’è stato nelle loro vite, progettando di sposarsi perché capiscono di essersi innamorati l’uno dell’altra di un amore che può fruttare meravigliosamente. Un cast di attori uno più bravo dell’altro, con un J. Wayne astro nascente non solo del cinema western e d’avventura, una C. Trevor a briglia stretta e di un’espressività magnifica, un J. Carradine deciso e ardente, un A. Devine comicissimo nella parte del loquace postiglione e G. Bancroft nelle vesti dell’uomo di legge ligio al suo mestiere, ma non per questo insensibile alle problematiche di chi la legge è costretto a subirla. E gli indiani? Il loro ruolo nella storia è quantitativamente esiguo, ma riveste comunque una notevole rilevanza: tenendo conto che stiamo parlando ancora di un western classico e non di uno revisionista, è chiaro che questo popolo viene inquadrato da una prospettiva negativa, ma il fatto che attacchino la diligenza, da una parte non li tramuta in antagonisti soltanto spuri e malvagi, e dall’altro non serve a riabilitare totalmente il compito assunto e poi mancato della Cavalleria, che li teme e perciò respinge la richiesta dello sceriffo di accompagnarli in una zona dove potrebbero venire attaccati, e dove effettivamente l’attacco succede. Il film ha inoltre segnato il ritorno al western di Ford dopo tredici anni di assenza, e segna senza ombra di dubbio la consacrazione del suo magnifico sodalizio con l’altro John (vero nome: Marion Mitchell Morrison), che in futuro regalerà al pubblico mondiale altre perle imperdibili in cui l’avventura si mischia alla crescita psicologica degli uomini, ma mai al livello di Ombre rosse, che è e rimarrà sempre una pietra miliare per almeno tre motivi. Primo: la scarsezza dei mezzi con cui venne realizzato (escluse magari le macchine da corsa su cui furono montate le telecamere per riprendere l’assalto alla diligenza), che ha permesso pertanto di ottenerne un prodotto straordinario. Secondo: il gioco di squadra fra gli interpreti, figlio di quell’ideologia collaborativa che la settima arte made in USA e made in 1930-1950s ha sempre adottato e applicato in modo intelligente nella costruzione delle storie di allora. Terzo: la ricerca di una morale educativa, che trova la sua attuazione ideale nel racconto di una società in miniatura costretta a spostarsi, il che comporta che ogni viaggiatore conservi le sue esigenze, ma consente anche di esaminare le dinamiche che animano uomini e donne in una situazione di pericolo, cosa che fa andare avanti da sempre le varie collettività esistenti. E raccontare l’evoluzione di una piccola società così eterogenea e strabiliante non è un gioco da ragazzi, specialmente se di mezzo ci sono un rischio multiplo e sfaccettato da affrontare e non poche divergenze di idee all’interno del gruppo stesso. Un bianco e nero assolutamente delizioso. Una Monument Valley ripresa per le prime volte, e resa immortale proprio da questa pellicola. Novanta minuti di emozione superba e suggestiva.
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tomdoniphon
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domenica 18 maggio 2014
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il più classico dei western
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Un medico alcolizzato, una prostituta, un giocatore, un rappresentante di liquori, la moglie incinta di un ufficiale, un banchiere disonesto, uno sceriffo (e poco dopo un bandito) viaggiono sulla diligenza per Lordsburg, che verrà in seguito attaccata dagli apaches (e salvata dalla cavalleria), mentre scorrono visioni svologoranti della Monument Valley (fino ad allora sconosciuta allo spettatore cinematografico). Ispirato da un racconto di Maupassant, è il più classico ed il paradigma del western a venire. Opera capitale nella Storia del Cinema, il film non è soltanto importante per il genere western (basti pensare che fu la consacrazione, oltre che del regista John Ford, anche dell'attore John Wayne), ma costituisce ancora oggi un memorabile atto di accusa verso l'epoca precedente a Roosvelt, contro l'ipocrisia sociale e l'emarginazione nei confronti dei più deboli, autentici protagonisti del film.
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Un medico alcolizzato, una prostituta, un giocatore, un rappresentante di liquori, la moglie incinta di un ufficiale, un banchiere disonesto, uno sceriffo (e poco dopo un bandito) viaggiono sulla diligenza per Lordsburg, che verrà in seguito attaccata dagli apaches (e salvata dalla cavalleria), mentre scorrono visioni svologoranti della Monument Valley (fino ad allora sconosciuta allo spettatore cinematografico). Ispirato da un racconto di Maupassant, è il più classico ed il paradigma del western a venire. Opera capitale nella Storia del Cinema, il film non è soltanto importante per il genere western (basti pensare che fu la consacrazione, oltre che del regista John Ford, anche dell'attore John Wayne), ma costituisce ancora oggi un memorabile atto di accusa verso l'epoca precedente a Roosvelt, contro l'ipocrisia sociale e l'emarginazione nei confronti dei più deboli, autentici protagonisti del film. Con Ombre rosse Ford si avvia a diventare il poeta dei grandi spazi, ma anche dei sentimenti e dei drammi. Seguiranno alcuni dei più grandi capolavori della Storia del Cinema (non soltanto western): tra gli altri, "Furore", "Sfida infernale" e "Sentieri Selvaggi". Una volta chiesero ad Orson Welles di indicare i migliori tre registi del Cinema; egli senza esitare rispose: "John Ford, John Ford, John Ford"......
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arnaco
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lunedì 2 settembre 2013
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preveggenza
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John Ford non poteva certo prevedere che le banche avrebbero trascinato l'umanità nella crisi che stiamo soffrendo, ma guarda caso l'unico personaggio veramente sordido del suo film Ombre Rosse è proprio un banchiere. Al suo confronto Geronimo e i "cattivi" Apache sono degli innocui angioletti.
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renato c.
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mercoledì 10 aprile 2013
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il capostipite?
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Quand'ero adolescente, ed andavo al cinema con i miei coetanei c'era un po' di diffidenza verso i western in bianco e nero; quando però qualche cinema faceva i filoni dei grandi classici ed apparivano films come "Mezzogiorno di fuoco" ed appunto "Ombre rosse" ci si ricredeva! La televisione poi, in Italia era ancora totalmente in bianco e nero, e ci dilettavamo a vedere in bianco e nero anche films che al cinema erano usciti a colori! Per cui ho imparato ad apprezzare i grandi maestri del cinema come John Ford, e altri.
Vedere ora "Ombre rosse" sembra proprio di vedre il capostipite del western classico, anche se non lo era, perchè, come si sa, il western esisteva già ai tempi del cinema muto.
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Quand'ero adolescente, ed andavo al cinema con i miei coetanei c'era un po' di diffidenza verso i western in bianco e nero; quando però qualche cinema faceva i filoni dei grandi classici ed apparivano films come "Mezzogiorno di fuoco" ed appunto "Ombre rosse" ci si ricredeva! La televisione poi, in Italia era ancora totalmente in bianco e nero, e ci dilettavamo a vedere in bianco e nero anche films che al cinema erano usciti a colori! Per cui ho imparato ad apprezzare i grandi maestri del cinema come John Ford, e altri.
Vedere ora "Ombre rosse" sembra proprio di vedre il capostipite del western classico, anche se non lo era, perchè, come si sa, il western esisteva già ai tempi del cinema muto. Però, l'eroe che era considerato un bandito, vedi Ringo interpretato da un giovane John Wayne, che era un duro ma di animo buono; la prostituta disprezzata da tutti, ma di buon cuore, il medico ubriacone, lo sceriffo ligio alla legge ma che ammira l'uomo che dovrebbe arrestare e così via! Gli ingredienti del western classico ci sono tutti! E poi la diligenza attaccata dagli Indiani, il ferimento del passeggero più debole e poi il classico "arrivano i nostri", quanti western hanno poi avuto questa sequenza! Infine il duello finale col cattivo che sembra vincitore e poi cade morto sul bancone del saloon! Il duello finale diventerà poi di rito, oltre che nei western hollywoodiani anche in quelli di Sergio Leone. Comunque pare proprio che tutto parta da qui, da "Ombre rosse"! Quanti altri western sono poi stati girati col binomio John Ford/John Wayne! Ed alcuni proprio bellissimi; comunque pare proprio che "Ombre rosse" sia il capostipite di un genere che ha spopolato per anni gli schermi di tutto il mondo, e che tutt' oggi qualche volta ancora appare!
Grazie maestro Ford! E grazie John Wayne di tutte le ore piacevoli che ci avete fatto passare trepidanti con gli occhi incollati agli schermi!
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