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Ultimo aggiornamento venerdì 27 aprile 2018
Un grottesco road movie e un inno alla libertà femminile.
CONSIGLIATO SÌ
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Chedeng ha sessantasei anni, tre figli e un marito malato che non sopporta più. La sua migliore amica, Apple, misura l'amore del coniuge violento con i lividi che le lascia sul corpo. In un lampo di cinismo, la prima progetta l'omicidio del consorte; ma il destino le dà una mano. Qualche giorno dopo, la seconda, esasperata dall'ennesima lite, uccide davvero il marito, e chiede aiuto a Chedeng per ripulire tutto...
Sin dal titolo, Chedeng and Apple fa pensare a Thelma & Louise.
Tanto il televisore che appare sui titoli di testa quanto il candido monologo straniante di Apple - che si sente un'attrice mancata - dopo il fattaccio, possono indurre a credere che almeno metà della coppia sia così suggestionata dai prodotti audiovisivi da trovare il coraggio di replicare nella vita reale quel che ha visto e apprezzato sul piccolo o grande schermo.
Oltre a ripetere la fuga delle eroine di Ridley Scott seppur con maggiore sobrietà, c'è una chiara influenza dei modelli cinematografici nel mettere in scena i due crimini: quello ideato da Chedeng è classico e retrò, così subdolo da essere usato alla bisogna con uomini o altri animali; Apple, invece, deve qualcosa alle carnefici insospettabili dell'horror. In qualche modo accolgono e si spartiscono, secondo i rispettivi caratteri, il mansueto spirito omicida delle anziane signore di Arsenico e vecchi merletti.
Un ulteriore spia di questo ascendente mediatico è anche nell'insistenza con cui Apple continua a ripetere una frase sentita in tv: «è veramente questo ciò che vuoi?» è il mantra grazie al quale si percepisce lei stessa un personaggio ora di una languida soap opera (l'incontro con un giovane e aitante giornalista) ora di uno scatenato buddy film (sono ricercate ed inseguite in tutto il Paese).
Per ammortizzare le componenti nere di un women film libero e vivace, i registi Rae Red e Fatrick Tabada delegano alle protagoniste compiti diversi per esaltare sia la leggerezza che la malinconia della storia. Attraverso Apple, una piccolo-borghese referente di un immaginario cheap che si trova molto a suo agio sotto il casco per la permanente, sottolineano il bisogno di un'avventura la cui follia è declinata senza pudore, a partire dalla testa del marito nascosta nella borsa di marca; con Chedeng, madre di famiglia dichiaratasi finalmente lesbica, rispondono all'esigenza melodrammatica di dare voce ai sentimenti più repressi.
A parte qualche bislacca ma comprensibile ipotesi dei figli, Chedeng può finalmente esprimere la propria omosessualità senza reticenze né discriminazioni, e allora si mette alla ricerca dell'indimenticato amore di gioventù a quarant'anni dall'ultimo incontro. Il viaggio si rivela l'occasione per capire che «l'amore non è misurabile» perché, mentre cerchiamo di capire quale sia la scelta più giusta, la vita fa il suo corso nonostante noi.
Accanto a queste tensioni incentrate su rimorsi e rimpianti di giovinezze tradite, non mancano gags scatologici più facili, ovviamente affidati a Apple: vomiti in evidenza, feci in primo piano schiacciate per strada e soprattutto un pene reciso ed infilzato a mo' di stravagante vendetta femminista. Molto sa di già visto se non prevedibile, ma se il film regge è per merito della malinconica Gloria Diaz (Chedeng) e della scatenata Elizabeth Oropesa (Apple), anime complementari alla ricerca della leggerezza.