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La politica degli autori: David Cronenberg

Le molteplici metamorfosi del regista di Cosmopolis.
di Mauro Gervasini

In foto il regista David Cronenberg.
David Cronenberg (David Paul Cronenberg) (82 anni) 15 marzo 1943, Toronto (Canada) - Pesci. Regista del film Cosmopolis.

mercoledì 30 maggio 2012 - Approfondimenti

Ad ogni nuovo film di David Cronenberg si scatena puntuale la caccia al quid d'autore. Con una poetica d'acciaio e un'estetica riconoscibile, non è difficile capire cosa sia o non sia cronenberghiano. Fino alle esagerazioni. Un po' come quando si definisce felliniana qualunque cosa abbia a che fare con il circo. Al cineasta canadese sono sempre piaciute le mutazioni. Quelle esplicite dei primi film (Il demone sotto la pelle, Rabid - Sete di sangue, Brood - La covata malefica) o di La mosca e quelle antropologiche di Videodrome, Il pasto nudo e eXistenZ; quelle implicite e cerebrali di Scanners e La zona morta, oppure esistenziali come in Inseparabili. Fino alle sublimi trasformazioni erotico-sentimentali di M. Butterfly e in parte Crash. Ora: non è che si possa ritenere cronenberghiano ogni cambio-pelle di fine stagione, altrimenti potremmo considerare tale persino Hulk. E invece il mutare in altro da sé presuppone un percorso più complesso, filosofico, di ricerca o di ritorno a un'identità.

Pochi si sono accorti di come a partire da Spider (2002), e con quella vetta assoluta che è A History of Violence (2005), Cronenberg abbia cominciato a ragionare sulla mutazione al contrario. I personaggi chiave (il folle Ralph Fiennes, l'ex gangster Viggo Mortensen) sono all'inizio del film altro da sé e vanno a "ricostruirsi" (nel caso di Viggo suo malgrado) a ritroso. In Spider il viaggio si "organizza" attraverso la scrittura. Una intuizione chiave che accomuna molti film recenti del Nostro, fino all'ultimo, clamoroso, Cosmopolis. Direte voi che già nel Pasto nudo scrittura e parole sono centrali, ma sono anche un fine (la parola diventa carne essa stessa), persino un fine estetico, ma non un mezzo. Con Spider diventano il sistema di enunciazione del sé. Il bisturi di quella esposizione dell'interiorità per la quale i gemelli Mantle di Inseparabili sognavano un concorso di bellezza. Il tema viene approfondito in A Dangerous Method (2011). Il rapporto tra Jung e Freud, uniti e divisi dal legame con Sabina Spielrain, è un pretesto per codificare attraverso libri, lettere, relazioni, conferenze, dibattiti, sedute (la prima conversazione tra i due psicanalisti dura 13 ore) la temperie culturale di un'epoca in cui si cerca di razionalizzare l'irrazionale (i sogni) e si finisce inevitabilmente per soccombere alle pulsioni. Per Cronenberg è l'ennesima rivincita della carne: non nega il potere mutante della psicoanalisi, ma si arrende al furore dei corpi. Jung cerca in buona fede di indagare il lato oscuro, Freud lo teme e lo esorcizza con la ragione ma intanto il nazismo, evocato negli incubi, si prepara a sommergere l'Europa e i destini di tutti.

In Cosmopolis le parole non decodificano nulla, tantomeno una realtà che pare l'ennesimo interfaccia del videogame eXistenZ. Sono una specie di contesto, il flusso che avvolge e trascina personaggi coinvolti in un viaggio che altrimenti si percepirebbe come solo statico. E al pari degli ultimi film di Cronenberg, è a ritroso il percorso di Packer (Robert Pattinson), da Wall Street, "mente" della città, fino al quartiere popolare dove crebbe nella miseria suo padre, sorta di "sfintere" della metropoli. Dalla condizione di chi è perfetto e ha tutto fino alla resa dei conti con la propria nemesi, Benno Levin (Paul Giamatti), che invece è succube di indicibili virulenze e non ha nulla. In un mondo dominato dal denaro (invisibile però) e dal moloch del tecno-capitale, di fronte alla vanità della scrittura e delle parole (in controtendenza radicale rispetto al modello letterario di Don DeLillo, che con Cosmopolis cerca la versione postmoderna dell'Ulisse di Joyce: in questo non ci sono né adesione né fedeltà tra libro e film) Cronenberg sperimenta una nuova frontiera. Quella dei numeri della finanza e delle variabili matematiche, algide e imperscrutabili, che non essendo in grado di dare un senso al mondo se lo inventano.

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