Un altro mondo |
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Un film di Silvio Muccino.
Con Silvio Muccino, Isabella Ragonese, Michael Rainey Jr., Maya Sansa, Flavio Parenti.
continua»
Drammatico,
durata 110 min.
- Italia, Gran Bretagna 2010.
- Universal Pictures
uscita mercoledì 22 dicembre 2010.
MYMONETRO
Un altro mondo
valutazione media:
2,30
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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L'ossessione 'altra' del sentirsi (già)autoredi davidestanzioneFeedback: 22976 | altri commenti e recensioni di davidestanzione |
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giovedì 30 dicembre 2010 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Andrea é un quasi trentenne che galleggia sulle superficiali acque di una gioventù dorata, addobbata con gilet casual, per la quale conta "non arrivare né lucidi né soli" alla fine di ogni inflazionata, annoiata, vivacchiata e crepuscolare giornata. Una routine casualmente intaccata e bruscamente infranta da una lettera, estrema invocazione di un padre morente che lo ha abbandonato da bambino andando a vivere in Africa nera come missionario. Andrea parte per l'altro mondo del titolo tra un'insofferente mulinata ai capelli e l'altra, e finisce col ritrovarsi tra capo e collo il fratellastro di 8 anni, concepito dal padre con una donna di un villaggio locale: Charlie, che gli cambierà la vita in un misto di interminabili logorree sui facoceri e di limpida spontaneità. La seconda opera da regista di Silvio Muccino si propone come un'alternativa 'autorial-sentimentale' ai consueti bagordi natalizi. La volontà é quella di riflettere su temi alt(r)i, di ritrarre un continente "altro" rispetto alle derive demenzial-cartoonesche dei cinepanettoni e di confezionare (anzi, incartare) un film molto natalizio che 'attirerà in sala tutti quelli che hanno voglia di vedere altro', a detta dello stesso Muccino. Altro altro altro. Questa strombazzata e ricorrente rivendicazione autoriale, a metà tra l'autarchico e lo spocchioso, finisce col risultare controproducente, suonando falsa, ruffiana più nelle pose che nei contenuti. A Muccino interessa solo fare il 'suo' film, ostentare l'espressione stolida e insieme stizzita dell'eremita assorto che fa a pugni col mondo, che riflette sugli sconfinati divari tra continenti in un periodo dell'anno in cui la gente comune più che altro si ingozza e deglutisce quantità industriali di cinema spazzatura. Si é rinchiuso nel suo cantuccio ristretto, Muccino jr. Il suo amico/nemico (sullo schermo) Verdone si era appoggiato a inizio carriera a maestri quali Leone o Sordi, lui no, non ne ha bisogno. Ha l'espressione "Non provate a darmi un buon consiglio, che sbadiglio" (ricordate Pappalardo?), sguazza una crisi registico-esistenziale manco fosse un Dawson's Creek troppo cresciuto o un Lars Von Trier che resta a letto per mesi a fissare il vuoto. Si concede il lusso di rimanere abbarbicato alla produzione di un film per ben tre anni e assortisce una direzione d'attori a dir poco rivedibile, nella quale arriva a sfigurare perfino la Ragonese, perfetta nell'accudire il piccolo Charlie ma altrettanto inguardabile quando c'é da alzare i toni, con pugni che piombano sulle pareti colpevomente in ritardo. Tutto quello che c'é di buono si affloscia quasi del tutto sotto i colpi di un infiocchettamento retorico: la (non) diversità razziale ('Ti sembra che ci somigliamo, io e te?'), l'intima vicinanza di due corpi uguali e diversi che sonnecchiano nella stessa auto, perfino la sincera naturalezza con cui un nucleo familiare improvvisato tenta di accudire un bambino e di fargli credere forzatamente che la cacca bianca esiste. Muccino adocchia Obama tra murales e squarci televisivi, ma il suo ego compulsivamente sovraesposto non lo abbandona, neanche nel finale, quando non manca di propinarci la sua non idea di felicita. Nell'egocrazia mucciniana sopravvive solo il talento purissimo e incontaminato da pose ammiccanti all'indirizzo della macchina da presa del giovanissimo Michael Rainey jr. Una vera scoperta, l'unica. Solo i suoi immensi occhioni lucidi ci fanno sentire, per citare l'algida Greta Scacchi, 'attrezzati ai sentimenti'.
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