The Old Oak |
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Un film di Ken Loach.
Con Dave Turner, Ebla Mari, Claire Rodgerson, Trevor Fox.
continua»
Drammatico,
Ratings: Kids+13,
durata 113 min.
- Francia 2023.
- Lucky Red
uscita giovedì 16 novembre 2023.
MYMONETRO
The Old Oak
valutazione media:
3,73
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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La pornografia della speranzadi francesca meneghettiFeedback: 7166 | altri commenti e recensioni di francesca meneghetti |
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giovedì 16 novembre 2023 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
C’è una battuta nel film che si presta a giochi o approfondimenti etimologici, in quanto vi ricorre l’aggettivo osceno (sarà stato obscene in inglese?), attribuito al sostantivo speranza. È diventata davvero indecente la fede nella possibilità di un mondo migliore? Ce lo chiediamo tutti.
Il regista, notoriamente schierato a sinistra, pur avendo anche girato film improntati al pessimo (penso a Sorry we missed you), questa volta si apre all’utopia.
Pensa che la celebre frase del Manifesto (“Proletari di tutto il mondo unitevi”) potrebbe diventare realtà tale da unire gli opposti. Se gli opposti comprendessero fino in fondo la propria disperazione: conditio sine qua non.
In una cittadina dell’Inghilterra del nord, la cui vita, un tempo, aveva come fulcro la miniera, ma che ora è decaduta, desolata, arrabbiata, giunge un pullman di profughi siriani, in fuga dalla guerra. L’accoglienza è ostile e improntata al più becero razzismo (cose che abbiamo molte volte visto e sentito). Ma fanno eccezione alcune persone di buon cuore, e, attraverso di loro, si crea una crepa nel muro dell’odio xenofobo. Certo: ci vogliono i mediatori, da una parte e dall’altra: spiccano così T.J. (David Turner) che gestisce lo storico pub The Old Oak (La vecchia quercia): uomo che, attraverso tanti errori, ha imparato la pietà verso se stesso e verso gli altri e non ha dimenticato la legge della solidarietà esistente in miniera): e poi la giovane fotografa siriana Yara (Ebla Mari), che vuole vedere il mondo, ritagliandolo a suo piacimento, attraverso l’occhio di vetro della camera. Anche lei pietosa anzitutto verso se stessa.
La narrazione non risparmia momenti di tensione e colpi di scena, ma il regista non è draconiano nei confronti dei razzisti che qui racconta: sembra voler dire che, dietro l’odio di facciata, sono dei poveri disperati. Non hanno tutti i torti quando affermano che i profughi non li portano a Kensington o in uno dei quartieri snob di Londra.
E c’è un momento, nel film, in cui le barriere etniche e culturali sembrano cadere di fronte alla consapevolezza che quelle più dure a cadere sono le frontiere economico-sociali.
La speranza oscena?
Film da vedere.
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