L’idea (risvegliarsi, come la bella addormentata, dopo 100 anni, o trentuno che siano, e ritrovare il mondo cambiato) è avvincente, ma non molto originale. Tralasciando le numerose versioni - le prime medievali - della fanciulla piombata nel sonno, che si risveglia con il bacio del principe (ma disinteressata al mondo), c’è un modello molto più recente. È il film Good Bye Lenin, di Wolfgang Becker, che risale a vent’anni fa. Narra la storia di una donna, diventata attivista nelle organizzazioni della Repubblica Democratica Tedesca dopo la fuga all’Ovest de marito, che va in coma il 7 ottobre 1989 in seguito a un infarto, per aver visto suo figlio, che manifestava contro il regime, picchiato. Quando si risveglia, quel socialismo non c’è più, tanto che i figli, per evitarle una ricaduta, cercano di ricreare artificialmente attorno a lei quel mondo ormai finito. Veltroni, regista, appassionato di cinema, non poteva ignorare quel cult movie. Si è ispirato ad esso (e gli ha reso omaggio), costruendo una trama piuttosto melò, che parte dal giorno dei funerali di Berlinguer, 13 giugno 1984, quando un ragazzo, alle soglie dell’esame di maturità, innamorato di Flavia, ha un incidente in piazza, entra in coma, e vegeta trentuno anni, fino al risveglio. Prendere coscienza dei cambiamenti storici ed esistenziali avvenuti è per lui traumatico, anche se lo assiste in questo processo una sensibilissima (e bella) suorina-fata turchina. In questa presa d’atto della realtà il protagonista, Giovanni Piovasco, interpretato da un Neri Marcorè in stato di grazia, ricorda l’Enrico IV di Pirandello, il quale, uscendo dalla sua incoscienza dovuta a un trauma fisico, scopre che la vita è andata avanti senza di lui. Ma non sono soltanto i sentimenti privati che lo tormentano: emerge, profonda, e anche fin troppo insistita, la nostalgia di un clima politico che non esiste più, fatto di ideali giusti e puri, incarnatisi in un leader come Berlinguer, ma che trovavano espressione in marchi quali le feste dell’unità, le riunioni di sezione, le assemblee studentesche. E qui il film si fa Amarcord. A volte è fin troppo nostalgico e didascalico, ma lo riscattano l’ironia e le battute. Certo è che la reazione rabbiosa di Giovanni, la più naturale, manca o è troppo contenuta: l’uomo resta un rivoluzionario gentile cui non resta che coltivare ancora, non si sa come, qualche speranza nel futuro.
Su Mymovies l’utente che si firma Ruger357MgM (a cui devo l’aggettivo turchina), scrive: “Film sconsigliato a: sovranisti, neo liberisti, presidenti del Senato. Film consigliatissimo a: orfani di Berlinguer, amanti della Costituzione, buonisti e di buoni sentimenti, affetti da nostalgia positiva del PCI.” Aggiungo: sconsigliato agli under 50 che non capirebbero tanti riferimenti al passato e a quanti, da sinistra, non perdonano le scelte politiche di Veltroni, mescolando l’uomo e il regista.
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