Un cinema pionieristico che questa volta porta avanti uno studio mai banale sui mille volti di Dracula. Commedia, Romania, Austria, Lussemburgo2025. Durata 170 Minuti.
Dracula rivive in storie diverse: un anziano vampiro attrazione turistica e un regista che usa l'IA per esplorare le sfaccettature di Vlad. Espandi ▽
Il mito e la storia di Dracula rivisti attraverso una moltitudine di racconti diversi: mentre un anziano “vampiro” si fa inseguire da un'orda di turisti come attrazione vacanziera, un regista chiede a un'applicazione di intelligenza artificiale di creare degli intermezzi narrativi che indaghino le mille sfaccettature di Vlad, tra passato e presente. Cultore dell'eccesso, intrepido formalista, indagatore delle perversioni contemporanee: è il profilo di Radu Jude, autore rumeno che come pochi altri ha saputo interpretare il cinema (e il mondo) di questi tumultuosi anni venti. Era forse inevitabile che i grandi successi lo portassero a un certo punto a confrontarsi con l'icona culturale suprema della sua Transilvania, e Jude lo fa a modo suo: come uno scherzo, indirettamente, e sovraccaricandone il simbolo per accumulo fino a farlo deflagrare in una galassia di riferimenti e provocazioni. Lo fa con un occhio da intenditore per l'estetica del brutto, un talento tanto singolare quanto indiscusso, e ampiamente messo in mostra già nei film precedenti. Recensione ❯
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Una giovane donna, in seguito ad un incidente stradale, viene aiutata ed accolta da una famiglia che cela un segreto. Espandi ▽
Durante un fine settimana in campagna, Laura, una studentessa di Berlino, sopravvive miracolosamente a un incidente d'auto. Fisicamente risparmiata ma profondamente scossa, viene accolta da Betty, che aveva assistito all'incidente e si era presa cura di lei con affetto. A poco a poco, il marito e il figlio di Betty superano la loro riluttanza e si instaura una tranquillità quasi familiare. Ma presto non possono più ignorare il loro passato e Laura deve affrontare la sua vita. Recensione ❯
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Clémence, dopo la separazione e l'amore per una donna, affronta la manipolazione dell'ex marito che le impedisce di vedere il figlio liberamente. Espandi ▽
La separazione tra Clémence e il marito Laurent sembra all’inizio serena, senza troppi problemi nel gestire la custodia condivisa del figlio di otto anni Paul. Avendo abbandonato il mestiere di avvocato, Clémence si è data nel frattempo alla scrittura, all’amato nuoto in piscina e alla scoperta dei rapporti con le donne. Proprio questo dettaglio fa inasprire il rapporto con Laurent, che attraverso la manipolazione del bambino intrappola Clémence in un’odissea giudiziaria impedendole di vedere il figlio se non sotto stretta supervisione. Vicky Krieps è una delle certezze nel panorama del cinema indipendente europeo contemporaneo, e in Love Me Tender trova il tipo di progetto che meglio la rappresenta. In cambio riceve la possibilità di aggiungere un’ennesima ottima interpretazione al suo catalogo, in uno sfaccettato dramma francese che parla di una donna a tutto tondo e non solo di una madre in lotta per la custodia del figlio. Recensione ❯
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Una sofisticata opera di contrasti. Una fiaba nera che affonda negli abissi del mistero, delle inquietudini, del misticismo. Drammatico, Francia2025. Durata 98 Minuti.
Nel 1899, una giovane insegnante arriva in un remoto villaggio alpino e porta modernità, ma si scontra con credenze oscure e misteri nascosti. Espandi ▽
È una notte tempestosa dell’inverno 1899 quando Aimée, una giovane ed emancipata insegnante, arriva in un villaggio innevato sperduto tra le Alpi italo-francesi. Aimée inizia a diffondere una certa modernità di pensiero laddove ancora resistono oscure credenze. Ma nulla è come sembra.
L’esordio nel “lungo” di finzione di Louise Hémon è una sofisticata opera di contrasti, polarizzata tra il nero assoluto e il bianco abbacinante, tra i silenzi e i suoni/musiche assordanti, tra la civiltà e la forza irresistibile della wilderness, tra il buio delle antiche credenze e la luce della ragione.
Intersezione fra generi e filoni consolidati - horror, thriller, feminist movie, sensual drama - senza dimenticare il documentario antropologico e sul folklore di cui è già composta parte della filmografia di Hémon, L’engloutie è soprattutto una fiaba nera che affonda negli abissi del mistero, delle inquietudini, del misticismo. Recensione ❯
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Una fotografia dell'Egitto di oggi che intreccia sapientemente commedia, intrigo politico e denuncia esplicita. Drammatico, Svezia, Francia2025. Durata 127 Minuti.
Il più famoso attore egiziano si trova costretto ad accettare un ruolo che detesta. Espandi ▽
George El-Nabawi è la star più famosa del cinema egiziano. Proprio per questa ragione gli viene chiesto con modalità ricattatorie di interpretare il Presidente Abdel Fatah al-Sisi in un film che inneggi alle sue gloriose gesta. George non può rifiutare anche perché metterebbe in pericolo la vita del figlio ma la sua accettazione non è destinata a semplificargli la vita. Un regista di origini egiziane ma nato in Svezia ci racconta con coraggio e con conoscenza dei generi l’Egitto di oggi. Saleh sa come alternare la commedia a situazioni in cui dominano l’intrigo politico e la denuncia esplicita operando sul cinema nel cinema e mostrandoci come in un regime gli attori possano diventare pedine non intercambiabili ma sicuramente subornabili ai voleri del potere. La scritta finale classica che fa riferimento a fatti frutto della fantasia è una salvaguardia ma non cancella la messa al centro della narrazione di un presidente dittatore di cui si fa nome e cognome. Recensione ❯
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Durante il 25° compleanno della figlia, eventi imprevisti sull'isola privata di Markos Timoleon mettono a rischio il suo potere e la sua stabilità. Espandi ▽
A metà degli anni settanta, una splendente isola sul Mar Egeo fa da oasi privata per Marcos Timoleon, ricchissimo e solitario armatore di origini greche e di influenza cosmopolita. Nell'arco di una giornata, l'uomo aprirà le porte della sua residenza a un colorito gruppo di amici e conoscenti da tutto il mondo, riunitisi per la festa di compleanno della figlia Sofia. Rimasta l'unica erede della famiglia dopo la dolorosa morte del primogenito di Marcos, la giovane donna ha una sorpresa da confidare al padre, il quale però tratta gli affetti come gestisce gli affari, e non si fa dunque mai trovare impreparato.
Cinico e decadente, questo adattamento di un romanzo di Panos Karnezis funziona come compatta allegoria sui nauseanti effetti del potere. La gira lo spagnolo Miguel Ángel Jiménez, autore di corti e documentari in patria ma poco noto sulla scena internazionale. Recensione ❯
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Un'opera che sembra aver trovato la soluzione perfetta per equilibrare la commedia con un tocco di surreale e il dramma famigliare. Drammatico, Islanda, Danimarca, Svezia, Francia2025. Durata 109 Minuti.
Anna e Maggi si separano lentamente, tra lavoro, figli e momenti condivisi. I gemelli, lasciati spesso soli, inventano giochi strani e rischiosi. Espandi ▽
Anna e Magnus, detto Maggi, si stanno separando: è un processo graduale, che la coppia porta avanti trascorrendo ancora del tempo insieme ai tre figli, in escursioni o in cene a casa. Quando i genitori non ci sono, i figli si dedicano a passatempi curiosi: in particolare i due gemelli, che tendono a creare giochi bizzarri e talora pericolosi per la loro incolumità. Il tipico gusto nordico per uno humour trattenuto, ma non per questo meno crudele, trova in Hylnur Pálmason un interprete di eccezione. The Love That Remains appare come la sua opera più compiuta sin qui, particolarmente sentita perché attinente all’esperienza di vita del regista e perché la giusta misura per mantenere un equilibrio di umori contrastanti – la commedia con un tocco di surreale e il dramma famigliare (mitigato dalla prima) – sembra aver trovato la soluzione perfetta.
Permane un senso di inafferrabilità nel film, la sensazione che la vita e le sue assurdità non si possano prevedere né comprendere e che, forse, un nucleo familiare possa meglio funzionare se disunito. Recensione ❯
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Nel 2001, Kamal Aljafari e l'amico Hasan viaggiano a Gaza per cercare un ex compagno di cella, esplorando luoghi, volti e ferite della città. Espandi ▽
In una serie di registrazioni risalenti al 2001 e ritrovate solamente di recente, Kamal Aljafari riporta alla luce un viaggio dell’epoca fatto a Gaza, in compagnia dell’amico Hasan. Il regista palestinese si era recato sul posto in cerca di un uomo con cui aveva brevemente condiviso una cella in prigione, più di dieci anni prima. Senza avere molte informazioni su di lui, i due si inoltrano per le strade di Gaza, parlano con gli abitanti, assistono alla distruzione già perpetrata dall’esercito israeliano, e si avventurano in auto nei territori fuori dalla città. In questi anni di conflitto atroce a Gaza, il cinema multidimensionale e autoriflessivo di Kamal Aljafari si propone come complemento ideale alle testimonianze documentarie più dirette e lineari che hanno a che fare con l’attualità nelle terre palestinesi. Dopo A Fidai Film del 2024, Aljafari torna con un’opera più essenziale e anche più personale, ancora una volta basata sullo scarto temporale tra periodi diversi e sulla riflessione ontologica di quale sia il significato di un’immagine preesistente una volta che ne cambiamo il contesto. Recensione ❯
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Miniserie biografica che racconta le vicende che hanno portato Tamara a diventare una cantante pop di successo e un'icona negli anni 2000 della tv spagnola. Espandi ▽
In un caleidoscopio di luci al neon, suoni sintetici e sogni improbabili, Superstar - prodotta da Netflix - racconta l'ascesa e la caduta di Tamara, poi Yurena, icona controversa della TV spagnola dei primi anni Duemila. Ogni episodio esplora la sua storia da un punto di vista diverso: la madre che ne gestisce la carriera, il compositore delle sue canzoni trash, i rivali bizzarri che l'accompagnano sul palcoscenico mediatico.
La realtà si dissolve spesso nel surreale, mentre tra apparizioni, talk show, visioni mistiche e ricordi reinventati si delinea un ritratto multiplo di una donna che, suo malgrado, è diventata un simbolo pop.
Superstar istruisce sul potere delle immagini, sulla violenza dolce della televisione, sull'osceno travestito da intrattenimento. E stupisce la sua capacità di essere perfettamente comprensibile anche a chi, come noi spettatori italiani, non conosce il contesto spagnolo: la grammatica del trash, del successo improvviso, del fallimento pubblico è, purtroppo, una lingua comune. Recensione ❯
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Serie di short doc che vuole esplorare il significato della bellezza, del senso di identità e resistenza in tutto il mondo. Espandi ▽
Cinque cortometraggi riuniti in un dispositivo narrativo collettivo di 50 minuti: opere autonome, ciascuna firmata da una regista emergente proveniente da una diversa area del mondo - Stati Uniti, India, Kenya, Nigeria e Brasile. Insieme, questi corti costruiscono un mosaico eterogeneo e profondamente connesso che racconta la condizione femminile nel mondo contemporaneo, tra discriminazioni sistemiche e atti di resilienza quotidiana.
La forza di In Bloom risiede soprattutto nella modalità con cui affronta i temi scelti: ogni episodio è un atto creativo di denuncia, ma anche uno strumento pedagogico e politico, capace di aprire spazi di ascolto, empatia e consapevolezza.
Cinque corti che parlano di donne e che si affidano alle donne per farlo, rivendicando il potere dell'immaginazione come leva di trasformazione. Un bel progetto, capace di tenere insieme estetica e militanza, emozione e informazione, in una forma breve ma anche molto densa, che si traduce perciò in un valido supporto educativo e divulgativo. Recensione ❯
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Azione e avventura per una serie d'animazione ambientata nel mondo Marvel. Espandi ▽
Creta 1260 a.C., il Leone, un agente wakandiano che ha rubato alcune armi e altri oggetti a base di vibranio, sta dando inizio a un piano di conquista del mondo antico. Nessuno è ancora stato capace di fermarlo e recuperare il prezioso metallo, così l'incarico viene assegnato a Noni, una Dora Milaje insubordinata, che ha dovuto lasciare il corpo di guerriere scelte ma, per questo motivo, è ignota al Leone. Non molti anni dopo, durante l'assedio di Troia, Memnon cerca di recuperare un artefatto che contiene vibranio infiltratosi tra gli Achei. Combatte al fianco di Achille, ma i diversi obiettivi dei due avranno esito tragico.
Molti secoli più tardi, nella Cina del 1400, l'agente Basha recupera dell'altro vibranio perduto, ma incorre in una maledizione... Infine, nel corso della guerra coloniale combattuta dagli invasori italiani contro gli Etiopi, nella città di Adua nel 1896, il principe Tafari e l'agente Kuda ritrovano un ulteriore frammento di vibranio perduto, ma il loro viaggio di ritorno in Wakanda viene interrotto da... L'ultima Black Panther.
Composta da soli 4 episodi, la serie semi-antologica Eyes of Wakanda vanta animazione di ottimo livello, con magnifici sfondi, ma se i primi tre episodi funzionano, quando arriva il momento di tirare le fila l'intreccio risulta troppo pretestuoso. Recensione ❯
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Alla Lumon gli impiegati hanno aderito volontariamente a sottoporsi a una "scissione", separando la loro coscienza extra-lavorativa (outie) da quella dominante durante gli orari di ufficio (innie). Le loro metà impiegatizie dimenticano quel che è avvenuto all'esterno degli edifici della Lumon e sviluppano una coscienza propria e del tutto autonoma, come se due anime non comunicanti albergassero nello stesso corpo. Mark, Helly, Irving e Dylan, però, non ci stanno e si infilano nelle aree riservate per bloccare il processo e trasferire la loro coscienza nel relativo corpo anche al di fuori dall'ufficio. Ci riescono per un'ora, generando uno sconquasso mediatico con la rivelazione sulla reale condizione degli innies, prigionieri di un ufficio-carcere.
Stiller ed Erickson hanno il coraggio ancora una volta di spingere al massimo sul pedale del paradosso, spingendosi fino a lambire l'occulto, con sequenze horror che sembrano prese da una versione contemporanea di The Wicker Man o preludono a rivelazioni sconvolgenti a venire. Forse specchietti per allodole cospirazioniste. Più probabilmente suggestioni sul pensiero alla base di Scissione, secondo cui, esasperando i concetti su cui si basa la vision di una qualunque corporation del capitalismo avanzato, il confine tra azienda e setta religiosa si fa ogni giorno più sfumato. Recensione ❯
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Con la terza stagione, Squid Game giunge alla sua conclusione, chiudendo un cerchio cominciato nel 2021 con una riflessione feroce sul capitalismo, la disuguaglianza e la disumanizzazione dell'intrattenimento. Ma questa chiusura non è un epilogo rassicurante: è un saluto amaro, contraddittorio, che incarna tutta la tensione tra la potenza simbolica della serie e il rischio di auto-reiterazione che ha caratterizzato i suoi sviluppi più recenti.
Se la prima stagione aveva un'efficacia spietata, le successive hanno portato la narrazione a un crescendo più spettacolare che incisivo, fino a un finale che lascia il pubblico senza catarsi, ma pieno di interrogativi.
La terza stagione riparte dal caos: la rivolta dei giocatori è stata soffocata, i superstiti devono tornare a combattere. Gi-hun è svuotato, silenzioso, consumato dal fallimento. Ma proprio questa debolezza lo rende più umano. Il confronto con Dae-ho, ex alleato divenuto rivale, segna l'inizio di una spirale sempre più cupa in cui l'etica cede il passo all'istinto di sopravvivenza. Recensione ❯
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La serie che copre gli ultimi quattro anni prima degli eventi di Rogue One: A Star Wars Story. Espandi ▽
Cassian Andor lotta nella resistenza contro l'impero di Palpatine, si ritrova lontano dall'amata Bix Caleen e dal resto della sua squadra. Nel mentre, su Coruscant, la senatrice Mon cerca di sfruttare l'amicizia con il banchiere Tay, ma le cose sono più complicate del previsto. A precipitare la situazione è però un altro evento: l'entrata in scena di Orson Krennic, il direttore della ricerca sulle armi avanzate, al diretto servizio di Palpatine. Krennic affida a un gruppo scelto di gerarchi, tra i quali Dedra Mero e il maggiore Partagaz, un importante compito: l'estrazione di un raro minerale sul pianeta Ghorman, che ridurrebbe quel mondo in rovina.
Torna con una seconda e ultima stagione, carica di riflessioni sulla propaganda, l'etica e il sacrificio, la serie forse più importante dei nostri tempi, che usa la Galassia di Star Wars come veicolo per un inno alla resistenza.
Spicca Stellan Skarsgård, che nel ruolo di Luthen dà una delle interpretazioni migliori della sua carriera, ma non c'è una singola prova d'attore che non sia eccellente, persino tra i comprimari e i personaggi che appaiono per pochi episodi. La regia è pure impeccabile nell'incedere di piani sequenza o nell'affastellarsi di montaggi alternati. Recensione ❯
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La sesta stagione della serie con Elisabeth Moss. Espandi ▽
La sesta e ultima stagione si apre con June Osborne e Serena Joy costrette a una convivenza forzata su un treno diretto verso l'Alaska, in fuga da Gilead e dal caos seguito alla morte del comandante Fred Waterford. È l'inizio di una stagione che alterna momenti di azione intensa e passaggi introspettivi, seguendo June nel suo ritorno in territorio ostile, nella nascita di un nuovo movimento di resistenza e nell'evoluzione dei personaggi principali verso un finale tanto atteso quanto stratificato.
I dieci episodi esplorano il disfacimento interno di Gilead, la formazione di nuove alleanze, i dilemmi morali di chi aveva detenuto il potere e l'urgenza di raccontare - e tramandare - quanto accaduto. L'episodio conclusivo, diretto da Elisabeth Moss, segna il passaggio dalla testimonianza individuale alla memoria collettiva, aprendo il cammino verso il futuro spin-off The Testaments.
La stagione riporta lo spettatore all'inizio del viaggio: ritroviamo le atmosfere claustrofobiche, le luci ovattate e le tinte rosso fuoco che hanno reso inconfondibile l'estetica della serie, ormai assurta a prodotto-simbolo della serialità contemporanea. Recensione ❯
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