mauro.t
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martedì 17 ottobre 2023
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andiamo a salvare l''amico ebreo
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Roma 1943. Nel pieno della seconda guerra mondiale quattro bambini di circa 10 anni sono compagni di giochi: Italo, figlio di un gerarca fascista; Cosimo, figlio di un dissidente al confino; Riccardo, di famiglia ebrea; Vanda, ospite di un orfanotrofio gestito da suore, che tutti i giorni riesce a scappare dall’istituto. Ad un certo punto Riccardo scompare e gli amici vengono a sapere che è stato portato in Germania. I tre ragazzini decidono allora subito di mettersi in marcia per andare a salvarlo e iniziano a camminare seguendo la ferrovia. Alla ricerca dei bambini scomparsi poco dopo partono Vittorio, milite fascista fratello di Italo, e la giovane suor Agnese, molto affezionata a Vanda.
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Roma 1943. Nel pieno della seconda guerra mondiale quattro bambini di circa 10 anni sono compagni di giochi: Italo, figlio di un gerarca fascista; Cosimo, figlio di un dissidente al confino; Riccardo, di famiglia ebrea; Vanda, ospite di un orfanotrofio gestito da suore, che tutti i giorni riesce a scappare dall’istituto. Ad un certo punto Riccardo scompare e gli amici vengono a sapere che è stato portato in Germania. I tre ragazzini decidono allora subito di mettersi in marcia per andare a salvarlo e iniziano a camminare seguendo la ferrovia. Alla ricerca dei bambini scomparsi poco dopo partono Vittorio, milite fascista fratello di Italo, e la giovane suor Agnese, molto affezionata a Vanda.
Claudio Bisio traspone sullo schermo il romanzo di Fabio Bartolomei e, come il libro, vuole rendere omaggio ai 281 minori deportati dal ghetto di Roma. Il film cerca di toccare gli orrori della seconda guerra mondiale rappresentandoli dal punto di vista innocente dei bambini, trasfigurando la storia in una fiaba.
Sono grossi quindi i temi legati a quel periodo: il nazi-fascismo, l’olocausto, la fame, amalgamati nel film a ingredienti-collante come l’amicizia, il coraggio, la Fede e l’attrazione fisica. E’ rischiosa però sia la scelta dei temi che quella del registro fiabesco, perché vi sono già molti precedenti famosi e la narrazione si espone allo scadere nel dejà vu, nello scontato. Inoltre il cinema che cita il cinema porta con sé il pericolo di non presentare nulla di realmente nuovo. Infatti agli eventi noti nulla si aggiunge (ed è difficile aggiungere qualcosa), e la tecnica narrativa è già stata usata in film di successo come “La vita è bella” di Benigni” e “Il bambino col pigiama a righe” di Herman. Per di più, la camminata dei ragazzini lungo i binari ricorda troppo smaccatamente “Stand by me”.
E’ evidente l’enfasi sul senso di amicizia dei bambini, che sono legatissimi pur provenendo da aree ideologiche diverse, ma se in “Stand by me” c’erano la magie dell’amicizia preadolescenziale e dell’avventura, qui domina la retorica dell’innocenza dei fanciulli (che in realtà sempre innocenti non sono), usata in contrapposizione alla ferocia degli avvenimenti, con l’evidente intenzione di intenerire.
Sono divertenti i dialoghi, ma la sceneggiatura scade più di una volta in gag prevedibili, dal maldestro salto dal treno di Italo alla reazione dei poveracci affamati nella casa dei quali fanno irruzione.
Rimanendo alle citazioni cinematografiche, il regista farebbe bene a fare tesoro dell’ammonimento: “L’arte deve elevare, non ammiccare” (Big Eyes - Tim Burton). Bisio invece in questa opera da esordiente sceglie strade facili ammiccando con un film codardo e ruffiano. Speriamo che faccia meglio nel prossimo.
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eugenio
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sabato 27 gennaio 2024
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l''amicizia oltre i confini della guerra
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Il tempo erode implacabile i ricordi come il mare cancella le orme sulla sabbia. Raccontare significa tornare a percorrerle giorno dopo giorno per mantenere viva la memoria di ciò che siamo stati nonostante la consapevolezza amara che sarà lui, il tempo,ad avere l'ultima parola e alla fine di noi non rimarrà più niente.
Sarà l'inferno che stiamo vivendo, ma la guerra ancora va di moda, purtroppo. Bisio, nel suo primo lavoro in veste di regista " L'ultima volta che siamo stati bambini" confeziona un "vestito" elegante, delicato e al tempo stesso, doloroso, specie nel finale, non perfetto ma emozionante che è poi il motivo per cui andiamo al cinema.
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Il tempo erode implacabile i ricordi come il mare cancella le orme sulla sabbia. Raccontare significa tornare a percorrerle giorno dopo giorno per mantenere viva la memoria di ciò che siamo stati nonostante la consapevolezza amara che sarà lui, il tempo,ad avere l'ultima parola e alla fine di noi non rimarrà più niente.
Sarà l'inferno che stiamo vivendo, ma la guerra ancora va di moda, purtroppo. Bisio, nel suo primo lavoro in veste di regista " L'ultima volta che siamo stati bambini" confeziona un "vestito" elegante, delicato e al tempo stesso, doloroso, specie nel finale, non perfetto ma emozionante che è poi il motivo per cui andiamo al cinema.
Un film sull'innocenza dei bambini, sul significato di educazione manipolata dal fascismo che i nostri tre protagonisti, un'orfana, un figlio di un fascista e di un "sovversivo" ma accumunati dal forte senso di amicizia ,imparareranno a deligittimare nel favolistico tentativo di fermare da morte certa l'amico ebreo deportato.
Un coraggioso stand by me italiano colmo di riferimenti letterari ma in fondo vero nella sua accezione poetica .
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frankmoovie
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giovedì 19 ottobre 2023
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l''ultima volta che siamo stati bambini: promosso.
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Ebbene si, anche Claudio Bisio fa il regista e fa centro con questo film. Da un artista che ha lavorato con Dario Fo e Franca Rame, per anni ha calcato palcoscenici, ha fatto cabaret, recitato in film pù o meno comici, ci si aspettava il salto nel mondo dei registi e la prova è superata perché ha scelto una bella storia, bravi attori, ottima colonna sonora ... Questo film commuove come tutti quelli che raccontano del periodo brudo della guerra, della caccia agli ebrei e commuove di più perché i protagonisti sono bambini che, pur condizionati dal contesto che li circonda e da idee e adulti con idee molto confuse, giocano con l'innocenza, i sogni e le speranze e tentano una grande impresa.
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Ebbene si, anche Claudio Bisio fa il regista e fa centro con questo film. Da un artista che ha lavorato con Dario Fo e Franca Rame, per anni ha calcato palcoscenici, ha fatto cabaret, recitato in film pù o meno comici, ci si aspettava il salto nel mondo dei registi e la prova è superata perché ha scelto una bella storia, bravi attori, ottima colonna sonora ... Questo film commuove come tutti quelli che raccontano del periodo brudo della guerra, della caccia agli ebrei e commuove di più perché i protagonisti sono bambini che, pur condizionati dal contesto che li circonda e da idee e adulti con idee molto confuse, giocano con l'innocenza, i sogni e le speranze e tentano una grande impresa. Bisio si è riservato quache cammeo, ma ha messo al centro la potenza interpretativa dei piccoli attori: Vincenzo Sebastiani, Alessio Di Domenicoantonio, Lorenzo McGovern Zaini e Carlotta Dde Leonardis che, ben guidati, sembrano esperti ddavvanti alla macchina da presa, sono personaggi con caratteri diversi, diverse storie ma uniti da un'amicizia profonda che li aiuta a lottare contro mostri piccoli e grandi di quel periodo storico per raggiungere il loro obiettivo.Da citare anche gli altri attori come Federico Cesari e la sempre più brava Marianna Fontana e la partecipazione di Antonello Fassari. Film impegnati come questo, che regalano anche risate e momenti di leggerezza, sentimenti e contrasti, in un contesto che è tragico nella storia italiana, restano impressi e meritano applausi. Un suggerimento al regista: nel prossimo film,cogliere l'attimo per il finale: in questo forse lo spettatore avrebbe preferito qualche scena in meno restando sull'emotività dei penultimi momenti.
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prisco inter
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giovedì 2 novembre 2023
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buona la prima per claudio bisio
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Bel film che prova a raccontarci la guerra con gli occhi dei bambini. Il film ci racconta la purezza del mondo dei bambini che vedono la guerra e gli essere umani che ne fanno parte con occhi diversi.
Pensavano con tutta l'ingenuità che faceva parte della loro età, di poter risolvere i problemi semplicemente spiegandosi ed evidenziando le loro ragioni. Come unica garanzia avevano un quadretto per dimostrare di essere dalla parte dei fascisti e soprattutto la purezza del loro cuore.
In quella realtà invece non c'era spazio per i sentimenti, la guerra e la cattiveria degli adulti travolse qualsiasi cosa, anche chi non c'entrava nulla, come appunto successe più che mai nella seconda guerra mondiale per colpa dei nazisti e fascisti.
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Bel film che prova a raccontarci la guerra con gli occhi dei bambini. Il film ci racconta la purezza del mondo dei bambini che vedono la guerra e gli essere umani che ne fanno parte con occhi diversi.
Pensavano con tutta l'ingenuità che faceva parte della loro età, di poter risolvere i problemi semplicemente spiegandosi ed evidenziando le loro ragioni. Come unica garanzia avevano un quadretto per dimostrare di essere dalla parte dei fascisti e soprattutto la purezza del loro cuore.
In quella realtà invece non c'era spazio per i sentimenti, la guerra e la cattiveria degli adulti travolse qualsiasi cosa, anche chi non c'entrava nulla, come appunto successe più che mai nella seconda guerra mondiale per colpa dei nazisti e fascisti.
È un film che sa raccontare con leggerezza il periodo più buoio della nostra storia e che sa anche lasciarti quel senso di ingiustizia e tristezza che il folle proggetto di sterminio dei nazisti ci crea ogni volta che ci ritorna in mente questo periodo storico.
Uscendo dal cinema ho sentito dire ad un bambino: "Papà è stato un film bellissimo". A chi ha figli dico che può essere un buon film per raccontare ai bambini cos'è stato, affinchè non accada mai più.
Complimenti a Claudio Bisio, buona la prima!
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tozkino
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domenica 22 ottobre 2023
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moderni moschettieri
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Superata la soglia dei sessant’anni Claudio Bisio ha deciso che era giunto il momento di dirigere il suo primo film, come regista. Ha scelto come argomento un tema strausato (e, perciò, difficile da trattare con originalità), il periodo storico della seconda guerra mondiale, esattamente le tristissime vicende legate al rastrellamento di Roma, la decisione della Gestapo di realizzare, anche in Italia, anche a Roma la deportazione di tutti gli Ebrei, per concretizzare il piano diabolico di Hitler, quella Soluzione Finale posta in atto a Roma, esattamente 80 anni. Fino a quel momento la comunità ebraica di Roma era stata risparmiata, anche perché era la più antica d’Europa.
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Superata la soglia dei sessant’anni Claudio Bisio ha deciso che era giunto il momento di dirigere il suo primo film, come regista. Ha scelto come argomento un tema strausato (e, perciò, difficile da trattare con originalità), il periodo storico della seconda guerra mondiale, esattamente le tristissime vicende legate al rastrellamento di Roma, la decisione della Gestapo di realizzare, anche in Italia, anche a Roma la deportazione di tutti gli Ebrei, per concretizzare il piano diabolico di Hitler, quella Soluzione Finale posta in atto a Roma, esattamente 80 anni. Fino a quel momento la comunità ebraica di Roma era stata risparmiata, anche perché era la più antica d’Europa. Nonostante il terreno minato, Bisio, dopo la lettura dell’omonimo romanzo di Fabio Bartolomei, ha deciso di portare alle scene una storia toccante, empatica, coinvolgente, con la giusta dose di leggerezza e humor che fa veramente bene al racconto, rendendo questa drammatica pagina di storia romana, raccontata dal particolarissimo angolo visuale di tre bambini (due ragazzini, uno figlio di un camerata fascista, uno figlio di un antifascista al confino e un’orfanella, affidata a una giovane suora), i tre amici sono assai diversi tra loro, eppure sono amici, complici di un progetto di vera fratellanza e amore: raggiungere il campo di concentramento tedesco per chiedere il rilascio e la liberazione del loro amico ebreo, rastrellato dai nazisti e trasportato, con i fratelli ebrei, coi treni speciali verso il campo di concentramento. Ma torniamo allo spunto iniziale del bravo regista: il romanzo di Bartolomei inizia con questa frase: Cosa stia accadendo di preciso lì fuori, Cosimo non lo sa. È nell'età in cui le risposte si cercano nello sguardo dei genitori o, nel suo caso, del nonno. Bisio ha fatto propria questa frase costruendo una favola che, come tutte le favole che si rispettino, fa emergere numerosissimi elementi storici, cioè dettagli assolutamente veri: i tre protagonisti, come ogni bambino, hanno imparato a vivere dagli educatori reali (genitori, nonni, suore) che li hanno accompagnati nei primi anni di vita: Cosimo ha un padre al confino e un nonno che vuole evitare ulteriori guai; Italo è figlio di un gerarca fascista che gli ha insegnato la gloria e l’onore che deve avere un vero camerata, Vanda è una vispa orfanella, che cresce grazie alla giovane suor Agnese, che le fa da mamma. Ho riso tanto e pianto altrettanto: Bisio ha una regia gentile e aggraziata, spigliata e coinvolgente; ma sono soprattutto i 4 bambini a interpretare nel migliore dei modi i personaggi: sono bambini veri, intensi, animati da sentimenti forti e spontanei, un gruppo di veri fratelli in cui le differenze, invece di dividere, affinano e uniscono. Ieri come oggi, in un mondo e in un’epoca di guerre fratricide (come quella tra ucraini e russi o, la più recente, tra ebrei e palestinesi), il racconto di Bisio ci aiuta a riflettere sull’inutilità dei conflitti, ma ci aiuta anche a capire che la vera umanità forza sta nell’antico tutti per uno e uno per tutti che, i nostri simpatici e giovani eroi incarnano in modo splendido, come redivivi emoderni moschettieri.
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