Anno | 2022 |
Genere | Documentario |
Produzione | Afghanistan |
Durata | 92 minuti |
Regia di | Abbas Rezaie |
Tag | Da vedere 2022 |
MYmonetro | Valutazione: 3,50 Stelle, sulla base di 1 recensione. |
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Ultimo aggiornamento venerdì 13 ottobre 2023
Un'incursione nel più importante quotidiano indipendente afgano.
CONSIGLIATO SÌ
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15 agosto 2021, Afghanistan. I talebani prendono il potere nella capitale del Paese, Kabul, destituendo con la forza e la repressione il governo di Ashraf Ghani. Il quotidiano indipendente Etilaat Roz, il più venduto in Afghanistan per dieci lunghi anni, è il principale baluardo di un giornalismo libero e trasparente, basato sul racconto della verità, in un Paese in cui questa sembra essere un'utopia. Ma in quella giornata di metà agosto, e per le successive settimane, la redazione si ritrova in una situazione di incertezza e di grande preoccupazione, in un clima in cui ogni decisione può portare a conseguenze mai immaginate prima. I giornalisti, infatti, dovranno decidere se fuggire dal Paese, mettendo in salvo la propria vita e quella delle rispettive famiglie, oppure restare, aggrappandosi di nuovo stoicamente a un giusto ideale per il bene non solo del giornale, ma dell'informazione stessa.
Come in un diario di guerra, con un'anima amatoriale e profondamente realistica, il documentario di Abbas Rezaie raccoglie testimonianze e parole dei giornalisti dell'Etilaat Roz durante l'ascesa repressiva del regime talebano.
Il documentario, che prende il nome dal giornale al centro della vicenda, è girato da Abbas Rezaie, uno dei membri della redazione, e prodotto dal caporedattore Zaki Daryabi. Percorrendo i corridoi e le stanze della redazione, che in quel momento appare come un vero e proprio fortino, Rezaie raccoglie le testimonianze di diversi giornalisti. Tra gli umori, i volti, le parole e i gesti spezzati dall'apprensione, c'è un luogo in cui ogni cosa sta per cambiare e ogni certezza sta per crollare, mentre per le strade ruggiscono le canne dei fucili. In questo clima di paura, Zaki Daryabi, a capo dell'Etilaat Roz, si ritrova a dover decidere del destino del suo giornale e anche di quello dei suoi collaboratori, come un capitano che guida la propria nave che sembra destinata a inabissarsi. L'Etilaat Roz per lui è tutto: è il compimento non solo di un sogno lavorativo ma di un'ideale giornalistico incontaminato e libero, ora messo in pericolo da un regime repressivo, violento e antitetico al suo credo. Da una parte c'è il bene del proprio giornale e la sua sopravvivenza, dall'altra la sicurezza dei suoi collaboratori. Lui decide di restare, di guidare il timone fino alla fine, lasciando assoluta libertà al suo staff. In un momento in cui ogni cosa appare in bilico, c'è chi decide di partire, affrontando il caos di un aeroporto al collasso, chi decide di restare e chi, privo di un passaporto, rimane intrappolato nella confusione di una burocrazia immobile.
Il documentario, come un diario di guerra, racconta giorno dopo giorno l'ineluttabile situazione di un Paese sotto la morsa di un regime, quello talebano, repressivo e feroce, che si insinua nelle vene amministrative, politiche e sociali di un Afghanistan reso debole e impotente dalla presidenza di Ashraf Ghani. Il documentario ha luogo interamente all'interno della redazione. Ciò che accade all'esterno è filtrato dalle notizie in televisione, sui computer e soprattutto dalle parole dei giornalisti stessi. Avvolte da un sentimento fortissimo di inquietudine, queste rimbalzano fuori dallo schermo con una tale forza figurativa che rende superflue ulteriori immagini. L'inevitabile impianto amatoriale del documentario non limita in alcun modo la sua portata espressiva, ma al contrario ne amplifica il senso realistico e il coinvolgimento. Il ritmo di Etilaat Roz, che si muove di pari passo alla realtà che documenta, segue l'escalation di una presa di potere violenta e inesorabile: dai giorni che precedono la caduta di Kabul al fatidico 15 agosto, fino all'apparente situazione di stallo programmata dai talebani in cui lo scopo è quello di ottenere l'approvazione dei governi esteri; dalle disposizioni totalitarie e coercitive del regime talebano alla stampa nazionale fino all'evento che segna il punto di rottura del documentario, ovvero il pestaggio e la tortura di alcuni giornalisti dell'Etilaat Roz. Ciò che il documentario girato da Abbas Rezaie propone è una panoramica sulla situazione drammatica di un giornale e più in generale di un Paese che si ritrovano impotenti di fronte alla tirannia di un regime come quello talebano. A sopravvivere, nonostante l'incertezza, la repressione e un contesto in cui la libertà di stampa sta per essere annientata, è un'umanità autentica e mai retorica che il documentario ha la forza di far emergere dalla cenere.