
Un omaggio al cinema e alla vita, un groviglio inestricabile di comico e tragico. Disponibile in streaming su Fareastream. GUARDALO ORA »
di Emanuele Sacchi
È l'ultimo giorno di apertura per una sala cinematografica giapponese, che decide di chiudere con una maratona di proiezioni di film di guerra. La macchina del tempo, guidata da Fanta G, si reca qui per permettere ad alcuni spettatori di attraversare lo schermo e vivere le vicende narrate, legate ad alcuni momenti emblematici e tragici della storia del Giappone.
Prima di avvicinarsi a Labyrinth of Cinema occorre conoscerne anche marginalmente l'autore, regista tra i più eccentrici mai partoriti da un luogo ad alto tasso di eccentricità come il Giappone.
Anche perché Labyrinth, uscito postumo, rappresenta un testamento creativo, l’ultima opera di una carriera, girata da un regista già consapevole del fatto che molto probabilmente non ci sarebbe stato un seguito. Il nome del cineasta è Nobuhiko Obayashi, dai più associato a Hausu, delirante horror psichedelico anni ’70 diventato oggetto di culto imperituro.
L’estetica fai-da-te tipica di Obayashi – in cui non solo si fa di necessità virtù, ma si supplisce a ogni mancanza di budget con ingenti dosi di folle e insensata creatività – ritorna, adattata all’era della computer grafica, in Labyrinth, con ardite sovrapposizioni tra realtà parallele, in un interscambio continuo tra le diverse scatole cinesi rappresentate da cinema e realtà (o erratiche e ingannevoli percezioni di ambedue).
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