ghisi gr�tter
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domenica 13 ottobre 2019
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maternità e narcisismo
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Il film “Le verità” costituisce una sorta di monumento a Catherine Deneuve, che ne fa un pezzo di bravura. La tematica del narcisismo dell’attore, in questo caso attrice, non è certo un soggetto originale, a partire da “Viale del Tramonto”, di Billy Wilder con Gloria Swanson del 1951, che è stato fonte di ispirazione di tanti altri.
Kore-eda qui tratta da un lato il mondo del cinema - dove le serie TV sono considerate per attori meno bravi – dall’altra il mondo famigliare, un tema caro al regista, ma per la prima volta trasposto in Europa.
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Il film “Le verità” costituisce una sorta di monumento a Catherine Deneuve, che ne fa un pezzo di bravura. La tematica del narcisismo dell’attore, in questo caso attrice, non è certo un soggetto originale, a partire da “Viale del Tramonto”, di Billy Wilder con Gloria Swanson del 1951, che è stato fonte di ispirazione di tanti altri.
Kore-eda qui tratta da un lato il mondo del cinema - dove le serie TV sono considerate per attori meno bravi – dall’altra il mondo famigliare, un tema caro al regista, ma per la prima volta trasposto in Europa. Una bozza di racconto il regista giapponese lo aveva già scritto molti anni fa, si svolgeva tutto in un camerino, ma solo ora lo ha sviluppato in una sceneggiatura. La trasposizione sarebbe anche riuscita se non fosse per la troppa verbosità, per l’eccessiva lunghezza e per l’happy end.
Ma vediamo la storia. Fabienne (Catherine Deneuve appunto) è un’attrice settantenne, che ha appena pubblicato una sua autobiografia. Vive in una villa immersa nel verde - “sembra un castello ma dietro nasconde una prigione” - a Parigi con l’ultimo dei suoi amanti che ha l’hobby della cucina italiana, il suo fidato assistente e il suo cagnolino.
La figlia Lumir (Juliette Biniche) che vive a New York con il marito Hank, un attore ex etilista, e Charlotte, una bella bambina bionda, torna nella casa di famiglia dopo tanti anni proprio per questo evento.
La biografia narrata nel libro è un insieme di falsità: Fabienne dichiara un marito morto, e narra di una figlia coccolata da piccola, con tante altre invenzioni. Lumir, naturalmente, rimane malissimo, anche perché, essendo lei la scrittrice di casa, avrebbe voluto leggerla prima della pubblicazione.
Fabienne ogni tanto si finge smemorata – divertente è la sua intervista iniziale dove riprende il giornalista - confonde i funerali delle colleghe, ma sembra avere una grande autostima di se stessa.
Non tratta troppo bene le persone che le sono vicine, è dura, decisa, né particolarmente gratificante: non chiede mai scusa quando sbaglia, ma la sua personalità magnetica fa sì che abbia ancora una sua “corte.
Le figure maschili del film sono tratteggiate come figure secondarie, di sfondo: il marito, a parte un’abilità manuale, pare non possedesse altro e si va vivo qualvolta ha bisogno di soldi. Il genero Hank (un pocio sfruttato Ethan Hawke) è un debole che non riesce a sfondare come attore e il cui sogno è avere una parte da protagonista. I suoi unici pregi sono quelli di avere un bel rapporto fisico con la figlia e tanta pazienza con la moglie.
Meno convincente della madre è Juliette Binoche, sia come personaggio, sia come recitazione un po' sopra le righe, tutta smorfiette.
C’è anche un convitato di pietra, anzi una convitata: Sara. Non la si vede mai ma la sua presenza inquietante è continuamente evocata specialmente dalla figlia. Sara è stata un’attrice molto brava, amica e rivale di Fabienne, una persona che è stata presente anche nella vita di Lumir. Fabienne anni prima le rubò una parte (andò a letto con il regista appositamente) con la quale vinse un César e subito dopo Sara morì giovane in un incidente (o fu suicidio?).
Il tema centrale del film comunque è il rapporto tra madre e figlia, sia nella storia di Fabienne e Lumir, sia nel film che Fabienne sta interpretando in cui la madre, affetta da una misteriosa malattia, si rifugia in un’astronave dove non invecchia mentre ogni 7 anni incontra la figlia che invece mostra i segni del tempo, infatti la sua parte è interpretata da attrici diverse. Il fatto inquietante è che l’attrice che l’interoreta sembra una reincarnazione di Sara, il suo talento e la sua voce.
Hirokazu Kore-eda – indimenticabile autore di “Father and Son” del 2013 e di “Un affare di famiglia” del 2018 - con questo film confeziona un omaggio al cinema francese, con molte citazioni come, ad esempio, il vestitino nero usato dalla stessa Catherine Deneuve in “Belle de Jour” di Luis Buñuel del 1967. Lui però sembra non mostrarsi, rimanere fuori scena, non raggiungendo in tal modo i livelli della sua precedente filmografia.
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fabiofeli
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martedì 22 ottobre 2019
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la poesia è indispensabile nel cinema
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Fabienne (una Catherine Deneuve, dal volto immutato), attrice icona di Parigi, ormai declinante, sta rilasciando una intervista sulla autobiografia appena pubblicata ad un giornalista che adora lei ed il suo passato artistico, quando arriva da New York sua figlia Lumir (Juliette Binoche, il cui volto – per contrasto – è senza trucco e poco appariscente), con il marito (attore anche lui? bah!) e la figlia bambina. Non tutto va come dovrebbe nella fiabesca casa-castello, misteriosa nel verde del giardino lussureggiante: il maggiordomo sta per licenziarsi, perché vuole fare il nonno; l’attuale compagno di Fabienne cerca di diventare uno chef, nonostante la scarsa considerazione che la star gli concede; anche la figlia Lumir ha da recriminare che la madre non le ha fatto leggere le bozze del libro prima di pubblicarlo, perché in effetti sarebbero stati molti gli argomenti da discutere animatamente tra le due donne.
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Fabienne (una Catherine Deneuve, dal volto immutato), attrice icona di Parigi, ormai declinante, sta rilasciando una intervista sulla autobiografia appena pubblicata ad un giornalista che adora lei ed il suo passato artistico, quando arriva da New York sua figlia Lumir (Juliette Binoche, il cui volto – per contrasto – è senza trucco e poco appariscente), con il marito (attore anche lui? bah!) e la figlia bambina. Non tutto va come dovrebbe nella fiabesca casa-castello, misteriosa nel verde del giardino lussureggiante: il maggiordomo sta per licenziarsi, perché vuole fare il nonno; l’attuale compagno di Fabienne cerca di diventare uno chef, nonostante la scarsa considerazione che la star gli concede; anche la figlia Lumir ha da recriminare che la madre non le ha fatto leggere le bozze del libro prima di pubblicarlo, perché in effetti sarebbero stati molti gli argomenti da discutere animatamente tra le due donne. Fabienne/Catherine non ama essere contraddetta su quella che secondo lei è “la verità” su se stessa e la sua vita. E poi di verità ne può spuntare anche un’altra dalla fiction fantascientifica che Fabienne sta interpretando: la star è impegnata nel ruolo di una figlia che invecchia, mentre la madre resta giovane, fresca e bella perché nello spazio il tempo rallenta …
Kore-eda confeziona il suo primo film “europeo”, presentato al 76° Festival di Venezia, imperniato sempre sulle sfaccettature della famiglia dopo i primi bei film - Little Sister, Ritratto di Famiglia con Tempesta, e Un Affare di Famiglia - ; racconta di verità reali o deformate dai rispettivi ricordi. E su questa realtà interviene anche la finzione cinematografica, che rimanda echi diversi, dialoghi differenti, sensazioni ed interpretazioni differenti. Lo stesso tema, in chiave fortemente drammatica, era stato affrontato nel capolavoro Rashomon di Akira Kurosawa con Toshiro Mifune, nel quale apparivano le tre diverse verità dello stesso identico fatto, raccontate dal samurai, da sua moglie e dal predone. Fabienne/Catherine è bugiarda (?) e strega: in fondo non ha stregato almeno due o tre generazioni di spettatori cinematografici con la bellezza algida e immutata del suo volto, il suo sorriso accennato, contornato dal miele dei suoi capelli, il suo sguardo che rimprovera mentre concede? Perdoniamo a Kore-eda la battutina dissacrante sulla cinepresa in mano di Dancing in the dark del Lars di Dogma (protagoniste Biork e la stessa Deneuve) e l’invenzione di una casa-castello parigina nei pressi di un carcere, con un giardino che occulta il traffico e la metropolitana che sfreccia nei pressi, truccato come un bosco autunnale canadese nel quale spiccano alberi che sfogliano ad ogni alito di vento. La morale è che anche un fatto che ci ha coinvolto personalmente può essere andato diversamente da come lo ricordiamo. E può anche essere che la “strega” Fabienne ha veramente trasformato il marito Pierre, padre di Lumir, in una tartaruga, ed è pronta ad affermare che “la Poesia è indispensabile nel Cinema”. Da vedere.
Valutazione *** e ½
FabioFeli
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[+] la verità è coperta, protetta dalla finzione.
(di antonio montefalcone)
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alessandro de felice
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giovedì 24 giugno 2021
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sempre diva!
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Parlare di questo film non è cosa semplice...e non perché ci si capisca poco,anzi...da capire c'è ben poco; il tormentato rapporto madre figlia con vari personaggi a supporto. I drammi lentamente verranno risolti e ,forse, tutti vivranno felici e contenti.
Detta così dunque niente di nuovo sotto al sole, ma perché dunque dovrebbe essere difficile parlare del film?
Perché tutto il film ruota attorno alla Deneuve ( e anche alla Binoche,ma solo di riflesso) tutto è concentrato su di lei, ogni parola,ogni silenzio, ogni scena....sembra quasi un lascito ai posteri di un' icona del cinema mondiale.
il concentrarsi troppo su di lei va a discapito un po' del tutto, rendendo l 'opera interessante,ma non certo memorabile.
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peer gynt
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mercoledì 28 agosto 2019
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intelligente commedia su verità e memoria
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Commedia arguta dotata di dialoghi spesso brillanti e di attrici di grande rilievo (una Deneuve in grande spolvero e una Binoche che stupisce per la capacità di recitare in molti film diversissimi ma sempre di qualità), film francese in tutti i sensi (anche se di un regista giapponese) che ha il pregio di intrattenere e di far pensare e forse il leggero difetto di dare un senso di già visto (rapporto genitori-figli, discorso metafilmico sull'arte, riflessioni sul potere della parola e sulla natura ingannevole della memoria: temi già presenti in molti film francesi, si pensi ad un esempio fra i tanti, il bel film di Olivier Assayas del 2008 "Ore d'estate").
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Commedia arguta dotata di dialoghi spesso brillanti e di attrici di grande rilievo (una Deneuve in grande spolvero e una Binoche che stupisce per la capacità di recitare in molti film diversissimi ma sempre di qualità), film francese in tutti i sensi (anche se di un regista giapponese) che ha il pregio di intrattenere e di far pensare e forse il leggero difetto di dare un senso di già visto (rapporto genitori-figli, discorso metafilmico sull'arte, riflessioni sul potere della parola e sulla natura ingannevole della memoria: temi già presenti in molti film francesi, si pensi ad un esempio fra i tanti, il bel film di Olivier Assayas del 2008 "Ore d'estate"). Film che comunque non dovrebbe deludere lo spettatore in cerca di qualcosa di più di un'ora di svago, questo "Le verità" (titolo italiano pluralizzato rispetto al singolare francese) è una commedia che parla anche di cinema con bonarietà e garbata ironia.
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