Le verità

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Un film di Kore'eda Hirokazu. Con Catherine Deneuve, Juliette Binoche, Ethan Hawke, Clémentine Grenier, Manon Clavel.
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Titolo originale La vérité. Drammatico, Ratings: Kids+13, durata 107 min. - Francia 2019. - Bim Distribuzione uscita giovedì 10 ottobre 2019. MYMONETRO Le verità * * * - - valutazione media: 3,14 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Maternità e narcisismo Valutazione 3 stelle su cinque

di Ghisi Gr�tter


Feedback: 2850 | altri commenti e recensioni di Ghisi Gr�tter
domenica 13 ottobre 2019

Il film “Le verità” costituisce una sorta di monumento a Catherine Deneuve, che ne fa un pezzo di bravura. La tematica del narcisismo dell’attore, in questo caso attrice, non è certo un soggetto originale, a partire da “Viale del Tramonto”, di Billy Wilder con Gloria Swanson del 1951, che è stato fonte di ispirazione di tanti altri.

Kore-eda qui tratta da un lato il mondo del cinema - dove le serie TV sono considerate per attori meno bravi – dall’altra il mondo famigliare, un tema caro al regista, ma per la prima volta trasposto in Europa. Una bozza di racconto il regista giapponese lo aveva già scritto molti anni fa, si svolgeva tutto in un camerino, ma solo ora lo ha sviluppato in una sceneggiatura. La trasposizione sarebbe anche riuscita se non fosse per la troppa verbosità, per l’eccessiva lunghezza e per l’happy end.

Ma vediamo la storia. Fabienne (Catherine Deneuve appunto) è un’attrice settantenne, che ha appena pubblicato una sua autobiografia. Vive in una villa immersa nel verde - “sembra un castello ma dietro nasconde una prigione” - a Parigi con l’ultimo dei suoi amanti che ha l’hobby della cucina italiana, il suo fidato assistente e il suo cagnolino.

La figlia Lumir (Juliette Biniche) che vive a New York con il marito Hank, un attore ex etilista, e Charlotte, una bella bambina bionda, torna nella casa di famiglia dopo tanti anni proprio per questo evento.

La biografia narrata nel libro è un insieme di falsità: Fabienne dichiara un marito morto, e narra di una figlia coccolata da piccola, con tante altre invenzioni. Lumir, naturalmente, rimane malissimo, anche perché, essendo lei la scrittrice di casa, avrebbe voluto leggerla prima della pubblicazione.

Fabienne ogni tanto si finge smemorata – divertente è la sua intervista iniziale dove riprende il giornalista - confonde i funerali delle colleghe, ma sembra avere una grande autostima di se stessa.

Non tratta troppo bene le persone che le sono vicine, è dura, decisa, né particolarmente gratificante: non chiede mai scusa quando sbaglia, ma la sua personalità magnetica fa sì che abbia ancora una sua “corte.

Le figure maschili del film sono tratteggiate come figure secondarie, di sfondo: il marito, a parte un’abilità manuale, pare non possedesse altro e si va vivo qualvolta ha bisogno di soldi. Il genero Hank (un pocio sfruttato Ethan Hawke) è un debole che non riesce a sfondare come attore e il cui sogno è avere una parte da protagonista. I suoi unici pregi sono quelli di avere un bel rapporto fisico con la figlia e tanta pazienza con la moglie.

Meno convincente della madre è Juliette Binoche, sia come personaggio, sia come recitazione un po' sopra le righe, tutta smorfiette.

C’è anche un convitato di pietra, anzi una convitata: Sara. Non la si vede mai ma la sua presenza inquietante è continuamente evocata specialmente dalla figlia. Sara è stata un’attrice molto brava, amica e rivale di Fabienne, una persona che è stata presente anche nella vita di Lumir. Fabienne anni prima le rubò una parte (andò a letto con il regista appositamente) con la quale vinse un César e subito dopo Sara morì giovane in un incidente (o fu suicidio?).

Il tema centrale del film comunque è il rapporto tra madre e figlia, sia nella storia di Fabienne e Lumir, sia nel film che Fabienne sta interpretando in cui la madre, affetta da una misteriosa malattia, si rifugia in un’astronave dove non invecchia mentre ogni 7 anni incontra la figlia che invece mostra i segni del tempo, infatti la sua parte è interpretata da attrici diverse. Il fatto inquietante è che l’attrice che l’interoreta sembra una reincarnazione di Sara, il suo talento e la sua voce.

Hirokazu Kore-eda – indimenticabile autore di “Father and Son” del 2013 e di “Un affare di famiglia” del 2018 - con questo film confeziona un omaggio al cinema francese, con molte citazioni come, ad esempio, il vestitino nero usato dalla stessa Catherine Deneuve in “Belle de Jour” di Luis Buñuel del 1967. Lui però sembra non mostrarsi, rimanere fuori scena, non raggiungendo in tal modo i livelli della sua precedente filmografia.

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