fogazzaro
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giovedì 11 febbraio 2016
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tarantino all'ennesima potenza
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Ecco uno dei film che rappresenta al meglio la tanto discussa affermazione del regista Tarantino, quando sosteneva che. "Il mio cinema o si ama, o si odia". Infatti ritengo che lo spettatore medio non apprezzerà a pieno questa opera cinematografica senza essere già un fan affermato di Quentin o senza essere cosciente di come "fa" cinema Tarantino. Che sia un regista (ed uno sceneggiatore) eclettico è risaputo. Con "The Hateful Eight" compie un altro passo avanti. Il film è chiaramente western, sebbene mostri in certe sequenze una tendenza al crime, innovazione che senza dubbio non guasta al fine del film. Per chi ha visto i precedenti film, l'ottava opera di Tarantino sembra una community degli attori che l'hanno accompagnato negli anni: l'immenso Samuel L.
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Ecco uno dei film che rappresenta al meglio la tanto discussa affermazione del regista Tarantino, quando sosteneva che. "Il mio cinema o si ama, o si odia". Infatti ritengo che lo spettatore medio non apprezzerà a pieno questa opera cinematografica senza essere già un fan affermato di Quentin o senza essere cosciente di come "fa" cinema Tarantino. Che sia un regista (ed uno sceneggiatore) eclettico è risaputo. Con "The Hateful Eight" compie un altro passo avanti. Il film è chiaramente western, sebbene mostri in certe sequenze una tendenza al crime, innovazione che senza dubbio non guasta al fine del film. Per chi ha visto i precedenti film, l'ottava opera di Tarantino sembra una community degli attori che l'hanno accompagnato negli anni: l'immenso Samuel L. Jackson, il ritrovato Michael Madsen, il sapiente Kurt Russel, e l'abile Tim Roth (più qualche personaggio minore già visto comunque nei suoi film passati). Gli altri sono nuovi membri della famiglia, come Jennifer Jason Leigh o Channing Tatum. Cosa assume grande importanza in questo film? L'intervallo. Tranquilli non è un insulto sarcastico atto a screditare il film, bensì è un omaggio a quei minuti di pausa che in questo film rappresentano una pausa narrativa incredibilmente tattica. Voluto dallo stesso Tarantino, l'intervallo è posto a dividere le due diverse "ora e mezzo" che compongono il film. La prima, composta solo quasi esclusivamente di dialoghi e presentazioni degli "odiati otto" (che potrebbero essere considerati nove invero inizialmente); la seconda, il puro e perverso macello "Tarantiniano". Sebbene io sia un inguaribile fan del regista devo ammettere che avevo l'impressione che il film scricchiolasse prima dell'intervallo, poichè forse ha osato troppo il regista ad allungare la prima parte del film. Ma gli si perdona suvvia! Era tanto che Tarantino agognava un'opera western di 3 ore alla Sergio Leone! (Django non bastava). Ma quando inizia la senconda parte è libidine pura, e rivaluta tutto ciò che hai visto in precedenza. Tutto ciò accompagnato da un'altrettanto sapiente musica di Ennio Morricone, mai banale.
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maramaldo
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martedì 16 febbraio 2016
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"per un pugno di...citazioni,
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quanta bravura sprecata! I Detestabili, otto; ispirazione/originalità/emozioni genuine, zero". Queste le critiche, in sintesi. Non di meno, nessuno si sognerà mai di mancare un solo Tarantino. Anzi, c'è chi aspetta il nono... parto del quale, dato il vezzo delle metafore autobiografiche, potrei anticipare il titolo, The Nine Sons of a Bitch. Complicato spiegare quest'addiction. Neppure semplice capire come Ennio Morricone si sia lasciato coinvolgere nelle truculenze del suo idolatra. Ad una certa età, per giunta, quando il West non esercità alcuna attrattiva specie adesso che è in .
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quanta bravura sprecata! I Detestabili, otto; ispirazione/originalità/emozioni genuine, zero". Queste le critiche, in sintesi. Non di meno, nessuno si sognerà mai di mancare un solo Tarantino. Anzi, c'è chi aspetta il nono... parto del quale, dato il vezzo delle metafore autobiografiche, potrei anticipare il titolo, The Nine Sons of a Bitch. Complicato spiegare quest'addiction. Neppure semplice capire come Ennio Morricone si sia lasciato coinvolgere nelle truculenze del suo idolatra. Ad una certa età, per giunta, quando il West non esercità alcuna attrattiva specie adesso che è in ...glaciazione. A dir il vero, il Maestro prende le distanze e finge di commentare. Riversa una musica ondivaga, lontana, gelida quanto i paesaggi. Costretto dalla catastrofe, martella strepiti atonali, da horror se non da tregenda. Così mostro che non ho capito la colonna sonora. Può darsi. A maggior ragione, non posso accodarmi a chi grida: quant'è bella! Suonerebbe beffardo quanto il famoso elogio: "... ed Ennio Morricone è meglio di Beethoven e di Mozart...". Non avvertite un sentore di sarcasmo, l'eco di contrasti animati? Perchè? Ricordate gli spaghetti western? Ebbene, devono il successo alla colonna sonora. Se non ci credete, immaginateli senza. Anche Quentin voleva il suo ululato. Non di coyote ma di lupi, dato l'ambiente. (Non è una battuta: i motivi di Morricone sono impareggiabili nella suggestione di atmosfere e di momenti emotivi). Il Maestro oggi gliel'ha negato, non per cattiveria, ma proprio non ce l'ha fatta.
Con queste frustazioni, non è il caso di infierire. Apprezziamo, invece, l'uso delle citazioni dove un'inclinazione pessimista e sadica cede spesso il passo ad una vena umoristica. Esempi. Il Boia: baffoni, pelliccione, boria, attaccato alla delinquentella alla quale molla ogni tanto una sberla o una gomitata: una coppia di clown. La Bandita: ti ammicca, maligna, con il suo occhietto bistrato: non ti mette allegria? La porta della baracca: le volte che bisogna inchiodarla (con due tavole!): frammenti di uno sketch farsesco. Ci sarebbe la vicenda della chitarra con strascichi perfino nella "realtà": cercatevela, Ionesco puro. L'impiccagione, il momento clou. La piccola Daisy dondola da un cappio extralarge fatto di una gomena per ormeggio di navi.
Ma ci sono riferimenti seri. Simbolismi. Incombente sul Wyoming, quella croce, funerea, all'inizio la vedi di fronte, alla fine di dietro (?).
C'è un Tarantino politico. Direi storico pure, un po' come Spielberg al quale si allude, appunto, con la lettera di Lincoln. Ora,questi moralisti filmmaker non prendono partito ma amano cavalcare la tigre delle tante rivendicazioni. Quentin partecipa ad una manifestazione contro la polizia di New York, per sete di giustizia. La stessa (siamo nel film) che muove il maggiore Warren quando infligge castigo all'implume uomo bianco, l'incauto figlio del generale sudista. E, per non perdere l'effetto di una lezione esemplare, non in modalità subliminali.
Tale è la statura di Tarantino che viene invitato in Italia per essere celebrato come gloria patria (un oriundo). Ricevuto a Palazzo, dove ammira la magnificenza realizzata da un banchiere toscano (Agostino Chigi, da Siena, sec. XVI). E' stata una buona idea far venire qui da noi il grande regista? Quali spunti può trarre la torbida fantasia di Quentin Tarantino?
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a.i.9lli
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venerdì 4 marzo 2016
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otto piccoli bastardi
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è il più claustrofobico dei film di Tarantino: c'è una bufera, ci sono otto persone chiuse in una baita, otto segreti, otto storie in cui non c'è minima traccia di buone intenzioni. é un western, come Tarantino stesso lo ha definito, ma la struttura ricorda tanto un giallo alla Agatha Christie, la storia si sviluppa in itinere, sul flusso degli eventi, la divisione stessa dei blocchi di trama è articolata in capitoli ( tecnica cara al regista); è un susseguirsi di scene cult, di dialoghi serrati e claustrofobici oserei dire, ansiogeni, l'ansia cresce come cresce il numero degli spari e il flusso di sangue. Il fil rouge è uno solo ( che poi è del resto quello di tutti i film di Tarantino ): rappresentare quella parte di umanità che si può descrivere con una sola parola, bastardi.
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è il più claustrofobico dei film di Tarantino: c'è una bufera, ci sono otto persone chiuse in una baita, otto segreti, otto storie in cui non c'è minima traccia di buone intenzioni. é un western, come Tarantino stesso lo ha definito, ma la struttura ricorda tanto un giallo alla Agatha Christie, la storia si sviluppa in itinere, sul flusso degli eventi, la divisione stessa dei blocchi di trama è articolata in capitoli ( tecnica cara al regista); è un susseguirsi di scene cult, di dialoghi serrati e claustrofobici oserei dire, ansiogeni, l'ansia cresce come cresce il numero degli spari e il flusso di sangue. Il fil rouge è uno solo ( che poi è del resto quello di tutti i film di Tarantino ): rappresentare quella parte di umanità che si può descrivere con una sola parola, bastardi. Bastardi senza gloria.
Una nota a margine: l'ansia sale, e con essa la tensione e l'acutezza dei dialoghi, ma cresce sopratutto con la musica: è la colonna sonora a metterti per prima in allerta. Chapeau, maestro Morricone.
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elpiezo
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domenica 7 febbraio 2016
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la consacrazione di quentin!!!!
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Ennesima prova di maturità per l'istrionico Tarantino; otto sinistri personaggi costretti ad una forzata convivenza in uno austero emporio del Wyoming a causa di una bufera di neve. Tarantino racchiude tra quattro mura il lato più crudo di un America ancora scossa dalla guerra civile e ricicla magistralmente il western storico, ricreando tensioni ed atmosfere proprie di un genere considerato alquanto vetusto. Ironico, violento, splatter, surreale e realistico allo stesso tempo a Tarantino è dato il merito di creare un opera teatrale dove gli otto maledetti personaggi (su tutti spiccano le performance di Samuel l. Jackson, Kurt Russel e Tim Roth) dove morale e blockbuster si uniscono in quasi tre ore di mutevoli e generi e sottogeneri cinematografici magistralmente sostenuti dalla fantastica colonna sonora composto da un intramontabile Morricone.
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Ennesima prova di maturità per l'istrionico Tarantino; otto sinistri personaggi costretti ad una forzata convivenza in uno austero emporio del Wyoming a causa di una bufera di neve. Tarantino racchiude tra quattro mura il lato più crudo di un America ancora scossa dalla guerra civile e ricicla magistralmente il western storico, ricreando tensioni ed atmosfere proprie di un genere considerato alquanto vetusto. Ironico, violento, splatter, surreale e realistico allo stesso tempo a Tarantino è dato il merito di creare un opera teatrale dove gli otto maledetti personaggi (su tutti spiccano le performance di Samuel l. Jackson, Kurt Russel e Tim Roth) dove morale e blockbuster si uniscono in quasi tre ore di mutevoli e generi e sottogeneri cinematografici magistralmente sostenuti dalla fantastica colonna sonora composto da un intramontabile Morricone.
UNICO!!!
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scrigno magico
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lunedì 8 febbraio 2016
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un gran...mezzo film!
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Premetto che non sono un fan di Tarantino, in senso classico. Cioè più che piacermi mi incuriosisce. Non mi dispiace, insomma, ma il genere pulp non è che mi faccia impazzire.
Però devo fare una netta distinzione per la prima parte del film, che mi è piaciuta davvero parecchio. Mi è sembrata una pièce teatrale! Se ci fosse stato un'approfondimento sentimentale/amoroso vi avrei ravvisato addirittura qualcosa di Checoviano, a sposarsi bene con quelle stuzzicanti sfumature alla Agatha Christie. Molta suspense fino a che non esplode la violenza, infatti non l'ho trovato classicissimo come film Tarantiniano, e lo dico con compiaciuta accezione positiva.
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Premetto che non sono un fan di Tarantino, in senso classico. Cioè più che piacermi mi incuriosisce. Non mi dispiace, insomma, ma il genere pulp non è che mi faccia impazzire.
Però devo fare una netta distinzione per la prima parte del film, che mi è piaciuta davvero parecchio. Mi è sembrata una pièce teatrale! Se ci fosse stato un'approfondimento sentimentale/amoroso vi avrei ravvisato addirittura qualcosa di Checoviano, a sposarsi bene con quelle stuzzicanti sfumature alla Agatha Christie. Molta suspense fino a che non esplode la violenza, infatti non l'ho trovato classicissimo come film Tarantiniano, e lo dico con compiaciuta accezione positiva. Il giallo è stato snocciolato in maniera intrigante, con conseguente inseminazione di molte aspettative e curiosità durante il dipanarsi della vicenda... Nella seconda parte, quando fatalmente deve esplodere la molla fin lì caricata, il film per me perde qualcosa o molto, dove il gusto per lo splatter del regista (ed è a mio personalissimo parere il limite e paradossalmente il pregio di Quentin), prende il sopravvento in maniera debordante, e le spiegazioni-motivazioni risultano solo in parte convincenti; fermo restando, ben presente, il genere di film, che fa dell'eccesso e del colpo di scena esplosivo (letteralmente), più che del raccontato e vissuto, uno dei suoi punti di forza.
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flyanto
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mercoledì 10 febbraio 2016
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otto di cui nessuno si salva
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Che il cinema di Quentin Tarantino sia alquanto originale e tenda, volente o nolente, a stupire il pubblico nelle sale cinematografiche, è risaputo, ma con "The Hateful Eight" , l'ultima sua opera, egli tocca l'apice (o quasi?!?) dell'eccesso e dello stupore.
La vicenda, collocata nel secolo scorso ed ambientata nelle sconfinate terre dello Wyoming, ruota tutta intorno ad otto personaggi i quali, poichè si sta scatenando una grossa tormenta di neve, devono riparare ad ogni costo presso una sorta di emporio gestito da una donna di colore, rimanendovi bloccati per un'intera notte. Da qui, tra loro si scatena una serie di discussioni e soprattutto di sospetti in quanto si intuisce che molti mentono sulla propria reale identità e sullo scopo per cui essi si trovano in quel luogo, Spicca su tutti il boia (Kurt Russell) che deve condurre all'esecuzione la prostituta assassina (Jennifer Jason Leigh) ed il cacciatore di taglie (Samuel L.
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Che il cinema di Quentin Tarantino sia alquanto originale e tenda, volente o nolente, a stupire il pubblico nelle sale cinematografiche, è risaputo, ma con "The Hateful Eight" , l'ultima sua opera, egli tocca l'apice (o quasi?!?) dell'eccesso e dello stupore.
La vicenda, collocata nel secolo scorso ed ambientata nelle sconfinate terre dello Wyoming, ruota tutta intorno ad otto personaggi i quali, poichè si sta scatenando una grossa tormenta di neve, devono riparare ad ogni costo presso una sorta di emporio gestito da una donna di colore, rimanendovi bloccati per un'intera notte. Da qui, tra loro si scatena una serie di discussioni e soprattutto di sospetti in quanto si intuisce che molti mentono sulla propria reale identità e sullo scopo per cui essi si trovano in quel luogo, Spicca su tutti il boia (Kurt Russell) che deve condurre all'esecuzione la prostituta assassina (Jennifer Jason Leigh) ed il cacciatore di taglie (Samuel L. Jackson).che cercano in tutti i modi di portare a buon fine la propria missione. In un crescendo sempre più violento concernente i rapporti instaurati tra i componenti, si giunge finalmente alla reale motivazione per cui gli otto personaggi si trovano lì riuniti terminando ognuno la propria esistenza in uno scontro a fuoco carico di violenza e determinante per le loro esistenze.
Tarantino, come si evince dalla trama, ripropone dopo "Django Unchained" il genere western a lui tanto caro e, rifacendosi ai suoi modelli di sempre ed a lui tanto cari (Sergio Leone, Sergio Corbucci, ecc..) costruisce un film all'insegna di tutti gli elementi tipici del suddetto genere. Pertanto, collocando la vicenda in spettacolari e sconfinati paesaggi, ma quanto mai selvaggi a causa di una natura ostile e violenta, presenta gli otto personaggi facendo loro incarnare i classici ruoli di quelli, appunto, del genere western (lo sceriffo, il boia, l'ex combattente, la donna dalla cattiva reputazione, il bandito, ecc...). manca in realtà il personaggio buono, quello, cioè, che costituisce di solito l' eroe positivo della storia, ma per Tarantino nessuno si salva per ciò che concerne l'umanità e, come anche in tutte le sue opere precedenti, dona ai propri personaggi una degna fine dando ovviamente libero sfogo alla propria fantasia e predilezione e consegnando allo spettatore scene di estrema violenza, che, comunque, per quanto crude, in realtà sortiscono un effetto quasi comico in quanto assurde ed esagerate. Ma, Tarantino è così e chi apprezza il suo modo di fare cinema deve saperlo ed essere preparato a tale tipo di immagini. Sicuramente in questa sua ultima fatica egli ha abbondantemente esagerato e senza alcun dubbio, nel suo complesso, il film purtroppo risulta inferiore a, per esempio, "Django Unchained" e ad altri cuoi capolavori ("Pulp Fiction", "Le Iene", ecc..) ma quello che qui si apprezza maggiormente è la sua fantasia, la sua capacità di presentare dettagliatamente e perfettamente (anche a livello tecnico riproponendo i 70 mm ormai tralasciati dal cinema contemporaneo) l'ambiente western, di creare dialoghi crudi ed ironici allo stesso tempo per cui varrebbe quasi la pena di ascoltarli in lingua originale dal momento che tradotti in italiano già funzionano e risultano di per sè molto efficaci ed esilaranti. Bravi, inoltre, tutti gli attori che costituiscono coloro a cui lui ricorre più o meno costantemente nelle sue pellicole, con una menzione però particolare per Samuel L. Jackson che, come in "Pulp Fiction" non si esimia anche qui di "recitare" sermoni all'insegna della morale e della Giustizia Divina.
Consigliabile ma solo per gli appassionati di Quentin Tarantino.
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enzo70
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mercoledì 10 febbraio 2016
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tarantino non sbaglia un colpo
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Una storia del west, due cacciatori di taglie, la neve del Wyoming, una prigioniera importante, le diligenze, il saloon, che è un emporio, le pistole, il buono, l’aspirante sceriffo, ed il cattivo, tutto gli altri; e poi c’è Tarantino, per cui una storia del west diventa un romanzo fortemente scandito in una scenografia che ricorda un’opera teatrale; l’emporio di Minnie diventa il palcoscenico e la porta che si apre sulla bufera di neve gli intermezzi tra i diversi atti; e l’utilizzo della tecnologia Panavision 70 che sviluppa la fotografia in orizzontale è uno strumento perfetto per favorire una narrazione diversa.
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Una storia del west, due cacciatori di taglie, la neve del Wyoming, una prigioniera importante, le diligenze, il saloon, che è un emporio, le pistole, il buono, l’aspirante sceriffo, ed il cattivo, tutto gli altri; e poi c’è Tarantino, per cui una storia del west diventa un romanzo fortemente scandito in una scenografia che ricorda un’opera teatrale; l’emporio di Minnie diventa il palcoscenico e la porta che si apre sulla bufera di neve gli intermezzi tra i diversi atti; e l’utilizzo della tecnologia Panavision 70 che sviluppa la fotografia in orizzontale è uno strumento perfetto per favorire una narrazione diversa. Per la prima ora il film tentenna, ma Tarantino sa quello che fa, riscalda i motori, la pioggia di sangue ed emozioni arriverà nel finale; e che pioggia, la brutalità nell’esposizione che dalle iene ha accompagnato gli amanti di Tarantino diventa incessante, incalzante, il finale è al limite dello splatter. Musiche di Morricone che chiaramente diventa automaticamente candidato all’Oscar e grandissimi tutti i protagonisti, due citazioni per Christoph Walz e per Samuel L. Jackson. Ottavo film, ennesima meraviglia.
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fabal
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sabato 13 febbraio 2016
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tarantino di cappa e spada
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Cinque individui diretti a Red Rock si incontrano lungo il tragitto durante una bufera di neve. C'è il maggiore Warren, ex ufficiale nordista, un cacciatore di taglie che scorta una donna ammanettata, il cocchiere O.B. e il presunto nuovo sceriffo. Si rifugiano presso l'Emporio di Minnie dove soggiornano altri quattro uomini. Isolati per via della neve, i nove (o otto) iniziano un intenso gioco delle parti, in cui ognuno dubita dell'identità dell'altro.
L'ottavo film di Tarantino riprende il tratto western dell'ottimo Django, miscelato con l'intensità del dramma frontale de Le Iene. The Hateful può quindi vantare un doppio mordente: quello teatrale, fatto di lunghi dialoghi tra personaggi fortemente caratterizzati, e quello estetico, con la bellissima fotografia e un altrettanto efficace sonoro.
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Cinque individui diretti a Red Rock si incontrano lungo il tragitto durante una bufera di neve. C'è il maggiore Warren, ex ufficiale nordista, un cacciatore di taglie che scorta una donna ammanettata, il cocchiere O.B. e il presunto nuovo sceriffo. Si rifugiano presso l'Emporio di Minnie dove soggiornano altri quattro uomini. Isolati per via della neve, i nove (o otto) iniziano un intenso gioco delle parti, in cui ognuno dubita dell'identità dell'altro.
L'ottavo film di Tarantino riprende il tratto western dell'ottimo Django, miscelato con l'intensità del dramma frontale de Le Iene. The Hateful può quindi vantare un doppio mordente: quello teatrale, fatto di lunghi dialoghi tra personaggi fortemente caratterizzati, e quello estetico, con la bellissima fotografia e un altrettanto efficace sonoro. Il ritmo è scandito dalla suddivisione in capitoli e dalla continua alternanza sonora e visiva tra l'esterno innevato e l'interno accogliente. Con svolgimento quasi giallistico, sul filo di molti lavori di Agatha Christie. Di Trappola per Topi il film condivide la presentazione dei personaggi apparentemente separati, la progressiva scoperta dei legami reciproci, l'isolamento per via della neve. Ma gli omaggi sono soprattutto cinematografici, da Whiteout- Incubo bianco al più noto La Cosa con tanto di integrazioni della colonna sonora di Morricone.
Come in ogni film di Tarantino lo spettatore ha l’impressione di un cinema totalizzante, che vanta citazioni infinite, confezionate con una regia intensa e mai banale. The Hateful Eight non fa certo eccezione, anzi supera i predecessori: la fotografia è diretta Robert Richardson, lo stesso di Kill Bill, e soprattutto le riprese serrate (distribuite anche in una versione con pellicola da 70 millimetri) garantiscono una qualità eccelsa. Se con Django Tarantino aveva preferito il contenuto alla forma, con una vicenda toccante - meno hard boiled e chiassosa di Kill Bill, tanto per intendersi - e diversi spunti politici, The Hateful vorrebbe essere la perfetta sintesi di cappa e spada, un manifesto del duello cerebrale che vada sostituire uno splatter che ormai non sbalordisce più. Tarantino vorrebbe, insomma, maturare. E le premesse ci sono tutte, perché i mezzi non mancano e il cast offre garanzie di alto livello. Va detto, però, che i 167 minuti non sono sostenuti da una costruzione narrativa sufficientemente ingegnosa da legittimarne la durata. La trama di fatto si smarrisce quando le carte vengono scoperte, in modo brusco e per giunta rivelando l'esattezza del sospetto iniziale. The Hateful perde di fascino quando l’unico colpo di scena -che non vuole essere il punto forte del film perché un regista del calibro di Tarantino non ne ha certo bisogno – ne esclude altri. Di fatto, però, la scoperta di un intrigo tutt’altro che imprevedibile scarnifica l'interesse per un finale che si trascina in modo piuttosto snervante. Almeno per chi è avvezzo ai romanzi della Christie, la trama denota più di una debolezza.
Altro difetto è una certa disparità nella caratterizzazione dei personaggi: Jackson è quasi perfetto (anche se il suo Steven in Django per me resta imbattuto) ed ottimo è anche Tim Roth, elegante e ironico. L'espressività di Kurt Russel è invece penalizzata dai baffoni e dal tenore delle sue battute, che spesso si riducono a minacce di violenza fisica alla brava Jason Leigh, ottima antieroina dai tratti indemoniati e masochistici. Piuttosto anonimo Madsen, sul cui personaggio si ricama ben poco, e troppo caricaturale Goggins. Ben poco resta in mente di O.B. e del messicano, decisamente in secondo piano.
Resta la cornice, certamente impeccabile. Restano dialoghi in cui l’intensità teatrale prevale sul contenuto: dei monologhi tanto reclamizzati sulle labbra di Jackson se ne ricorda in particolare uno di dubbio gusto. Tarantino è sicuramente maturato, meno ruffiano e mille volte più onesto verso lo spettatore. La solita spietatezza narrativa però, entra presto in conflitto con la trama troppo classica del dramma indoor, dove un tantino di eleganza espressiva british in più (e non a caso Tim Roth sembra quello più a suo agio) non avrebbe certo guastato.
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onufrio
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martedì 16 febbraio 2016
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un crocifisso sulla strada di red rock
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Tarantino prosegue col filone western aggiungendo forti venature thriller; la prima parte è una continua ed estenuante attesa, un lungo viaggio immersi fra meravigliosi scenari innevati verso Red rock; nella seconda parte, presso l'emporio di Mannie, tutti i nodi verrano al pettine anche attraverso una brillante sceneggiatura con alcune scene geniali. Le musiche di Ennio Morricone regaleranno a questo film una lunga vita cinematografica, e se la storia in se stessa forse a qualcuno avrà lasciato un pizzico di delusione, la struttura,l'impostazione e soprattutto la magnifica fotografia, ci consegnano un Tarantino per certi versi cambiato, perchè no, forse più maturo.
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Tarantino prosegue col filone western aggiungendo forti venature thriller; la prima parte è una continua ed estenuante attesa, un lungo viaggio immersi fra meravigliosi scenari innevati verso Red rock; nella seconda parte, presso l'emporio di Mannie, tutti i nodi verrano al pettine anche attraverso una brillante sceneggiatura con alcune scene geniali. Le musiche di Ennio Morricone regaleranno a questo film una lunga vita cinematografica, e se la storia in se stessa forse a qualcuno avrà lasciato un pizzico di delusione, la struttura,l'impostazione e soprattutto la magnifica fotografia, ci consegnano un Tarantino per certi versi cambiato, perchè no, forse più maturo. La speranza (personale) è quella di vedere in un recente futuro un vero e proprio thriller diretto da Quentin Tarantino.
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parieaa
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venerdì 26 febbraio 2016
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benvenuti in america
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Con questo suo ottavo film Tarantino esprime tutto sè stesso e la sua idea di cinema, prendendo un po' da Le Iene, un po' da Pulp Fiction, un po' da Agatha Christie, un po' da John Carpenter, un po' da Sergio Leone, un po' da Sergio Corbucci e chi più ne ha più ne metta. Il risultato è comunque un film estremamente personale e, per la prima volta, apertamente politico: il cineasta rappresenta con estrema lucidità e cinicità la sua idea di America, ossia violenta, egoista ed estrememente razzista, alla faccia dei benpensanti e ipocriti illusi, che pensano altrimenti. Non sorprende che negli States non sia piaciuto poi molto, visto che sbatte loro in faccia qualcosa che vogliono chiaramente ignorare, o peggio, negare.
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Con questo suo ottavo film Tarantino esprime tutto sè stesso e la sua idea di cinema, prendendo un po' da Le Iene, un po' da Pulp Fiction, un po' da Agatha Christie, un po' da John Carpenter, un po' da Sergio Leone, un po' da Sergio Corbucci e chi più ne ha più ne metta. Il risultato è comunque un film estremamente personale e, per la prima volta, apertamente politico: il cineasta rappresenta con estrema lucidità e cinicità la sua idea di America, ossia violenta, egoista ed estrememente razzista, alla faccia dei benpensanti e ipocriti illusi, che pensano altrimenti. Non sorprende che negli States non sia piaciuto poi molto, visto che sbatte loro in faccia qualcosa che vogliono chiaramente ignorare, o peggio, negare...in nessuno stato occidentale un buffone pagliaccio xenofobo come Trump verrebbe preso seriamente in considerazione per diventare presidente (al confronto il Silvio nazionale è un premio Nobel per la pace), per non parlare della disgustosa campagna sabotatoria del NYPD verso questa pellicola, roba da terzo mondo. Passato lo sfogo, il film si apre benissimo con un lungo piano sequenza accompagnato dalla superba colonna sonora di Morricone, che fa già presagire le atmosfere horrop\thriller che ci aspettano. Poi si prosegue con una serie di dialoghi ,forse un po' prolissi (che capisco possano stancare un po'), tra i primi quattro protagonisti, durante i quali vengono chiariti fatti e relazioni che diverranno poi essenziali per il resto del film. Finalmente si arriva al vero cuore pulsante del film: l'emporio di Minnie (probabilmente un nome "disneyano" non a caso), in cui si svolgerà tutto il resto del film, e da qui in poi sarà paranoia e suspance costante, fino allo scoppiattante e violentissimo finale che ci ripaga della lunga attesa (per la cronaca è persino più violento di quanto prevedessi...e più "divertente"...sono sicuro che Tarantino era euforico mentre lo girava). Il cast è perfetto, come al solito con questo regista (unica pecca forse Tatum...non tanto Tarantiniano secondo me), con Jackson che si meritava almeno la nomination all'oscar e la Leigh meritatamente nominata. Il 70mm fa una sua certa differenza rispetto al digitale, su questo non c'è dubbio. La sceneggiatura è il vero cardine su cui si regge tutto: molto verbosa, ma mai gratuita, in cui tutto ha un suo perchè (per l'inciso anche questa si meritava la candidatura). Fotografia cupa e volutamente spenta. Io l'ho adorato dall'inizio alla fine, nonostante sia molto meno "commerciale" dei due precedenti e, come già detto molto più personale. Forse è stato proprio questo aspetto che lo ha penalizzato un po' troppo in termini di godibilità al grande pubblico e quindi di incassi (comunque è ampiamente in attivo visti i costi relativamnete bassi). Non è assolutamente un film per tutti i gusti.Attendo con ansia il nono, e spero non penultino, (capo)lavoro.
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