Titolo originale | Chuang ru zhe |
Anno | 2014 |
Genere | Thriller |
Produzione | Cina |
Durata | 110 minuti |
Regia di | Wang Xiao-shuai |
Attori | Yuanzheng Feng, Zhong Lü, Hailu Qin, Qin Hao . |
Tag | Da vedere 2014 |
MYmonetro | 3,19 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento lunedì 18 agosto 2014
La vita tranquilla di Deng è scandita dalla routine, ma viene sconvolta quando uno stalker inizia a perseguitarla. Qual è il motivo di questa intrusione?
CONSIGLIATO SÌ
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Deng è una signora anziana, vive da sola ed è autonoma ma non accetta di non occuparsi dei due figli ormai grandi e dotati di una loro vita e una loro famiglia. Partecipa ancora a qualche attività sociale e si dedica alla cura di altre persone meno fortunate di lei, un po' più anziane e ricoverate in ospizi. La sua vita è però turbata da uno stalker, qualcuno l'assilla con telefonate mute, le lascia la spazzatura davanti alla porta e la spaventa senza palesarsi. Ossessionata dalla visione del marito morto la donna comincia a vedere anche un ragazzo, senza esser e certa se sia fantasia o realtà, fino a che non comprende d'un colpo che forse la soluzione è nel suo passato, in qualcosa che è successo anni e anni prima e decide di muoversi per andare ad affrontarlo.
C'è un rimosso personale che si capisce subito essere un rimosso collettivo alla base di Red amnesia e il titolo del resto non fa nulla per nasconderlo. La nonna protagonista appartiene alla generazione dei nati a cavallo tra gli anni '40 e '50, quelli che hanno subito più di tutti gli effetti della rivoluzione culturale e di quell'azzeramento di coscienza del passato che promuoveva. Anziani in una Cina ancora nuova, ancora diversa, quegli uomini e quelle donne hanno rimosso molto della loro stessa vita, ricordi soppressi che sono pronti a tornare come fantasmi.
Ogni film cinese che ambisca a raccontare qualcosa di più della propria trama sembra avere a che fare con la collettività senza mostrarla, usare il singolo per parlare di tutti. In questo caso Wang Xiaoshuai (l'autore di Le biciclette di Pechino) intraprende un percorso che inizialmente non discosta troppo Red amnesia dal cinema cinico e duro di Michael Haneke. Mette i protagonisti benestanti a confronto con qualcosa di inatteso e destabilizzante che lentamente lascia emergere il loro rimosso, lo scheletro nell'armadio: c'è qualcosa nel passato che minaccia di tornare a rovinare l'agio conquistato tramite il logorio psicologico.
É però nella seconda parte del film, quella che abbandona gli interni e le scene a tavola o in cucina (il lido più sicuro per il cinema cinese, caldo e rassicurante) e viaggia verso le montagne, che Red amnesia si svincola da quell'abbozzo di thriller che aveva imbastito per andare a incuneare il racconto dove gli preme. Arrivata in un paesaggio non più urbano ma quasi distopico, da fantascienza apocalittica in cui la civiltà sembra essere stata spazzata via da un cataclisma e tutto ciò che ne rimane sono resti diroccati, Deng viaggia dentro se stessa. La metafora è molto palese e, in una scena silenziosa ma potente (la camminata tra i palazzi nello scenario postpluviale), il film fa di tutto per mostrare la relazione tra luogo, memoria e coscienza, per cercare di rendere quel paesaggio reale un paesaggio mentale, solo resti e mezze costruzioni.
C'è in quei momenti rarefatti e sospesi, in cui tutto può accadere ma ogni cosa si ostina a non manifestarsi, il segreto più intimo di questa storia di misteri e fantasmi, la sua capacità di dire qualcosa di sincero su quanto una generazione abbia dovuto fare e poi dovuto rimuovere e ora sia costretta a convivere con gli spettri dentro di sè. Per questo una volta tanto è una trovata bellissima che Deng ci conviva effettivamente con l'apparizione fantasmatica del marito.