Titolo originale | Riaru: Kanzen naru kubinagaryû no hi |
Anno | 2013 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Giappone |
Regia di | Kiyoshi Kurosawa |
Attori | Takeru Sato, Haruka Ayase, Joe Odagiri, Kyôko Koizumi, Miki Nakatani Sometani Shôta, Matsushige Yutaka, Keisuke Horibe. |
MYmonetro | 2,50 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento venerdì 16 agosto 2013
Basato sul romanzo 'Kanzen Naru Kubinagaryu no Hi' di Rokuro Inui, il film racconta la storia di Koichi (Takeru Satoh) e Atsumi (Haruka Ayase) due amici d'infanzia diventati poi amanti.
CONSIGLIATO NÌ
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Tra sogno e realtà, tra la vita e la morte, il viaggio di un disegnatore di manga nella mente della propria fidanzata in coma.
Cinque anni di esilio volontario dal grande schermo - un'eternità per uno stakanovista come il regista nipponico - occupati soprattutto dalla serie Tv Shokuzai (Penance), transitata a Venezia nel 2012, che terminano con il ritorno di Kurosawa Kiyoshi dietro la macchina da presa per Real. Benché si tratti della trasposizione da un romanzo - "A Perfect Day for a Plesiosaur" di Rokuro Inui - i temi sono quelli cari al regista e che caratterizzano così fortemente la sua poetica: lo studio dell'imperscrutabile mondo sospeso tra la vita e la morte, che Kurosawa ha avuto il coraggio di mettere più volte in scena nelle sue opere, e di quel limbo altrettanto misterioso che separa la realtà dal sogno, la parte cosciente da quella subcosciente di noi. Real ha il merito di intrecciare i due universi liminari in un unico puzzle inestricabile di ricordi e rimozioni, colpe e perdoni, agevolando il coinvolgimento dello spettatore nelle spire della trama grazie alla classe della messinscena: ambienti asettici e inquadrature fisse, lenti movimenti di macchina che guidano in un intreccio complicato da doppi e tripli piani di narrazione, tendenti all'infinito come le menzogne che l'inconscio umano è capace di raccontare alla propria parte cosciente.
Ancora un ragazzo in coma - come in License to Live (1999), una vita prematuramente arrestata senza sapere se il tasto premuto è quello di pause o di stop - di nuovo un confronto con i fantasmi del rancore, come nelle molte pagine horror di Kurosawa, e nello splendido Retribution (2006) in particolare. Ma il confronto con i lavori precedenti è interessante quanto impietoso: Real manca della forza di suggestione del primo Kurosawa, scegliendo di spiegare, anche verbosamente, quel che non riesce a suggerire. Il colpo di scena, a tre quarti di film, ribalta quanto fin lì appurato e considerato certo, ma finisce per semplificare e svilire i mondi escheriani lasciati intravedere, ricorrendo alle capacità della CGI per visualizzare in una realtà virtuale temi da manuale scolastico di psico-analisi. Con uno svolgimento e una risoluzione sempre più prevedibili, innocui e tranquillizzanti.