pasquiota
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lunedì 11 novembre 2013
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malinconia atemporale
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Merito di Marine Vacth, o del regista Ozon. Perché lo sguardo struggente e sfuggente della protagonista traversa tutta la pellicola, con la malinconia atemporale dell'adolescente che si affaccia alla sessualità. E lo spettatore si chiede: a 17 anni non ha ancora compreso la vita, oppure ha appreso con fin troppo cinismo la potenza del proprio corpo e lo usa con spietato potere?
La bellissima Isabelle, insoddisfatta dopo il suo primo rapporto, persegue quasi 'scientificamente' il cammino verso la prostituzione, ma Ozon non ci dà una spiegazione convincente e sembra suggerirci solo degli appigli. E il mistero rimane intatto, come sconcerta la triste aridità sentimentale della ragazza, che non riesce nemmeno ad amare un suo coetaneo, che è ben lungi dal sospettare la sua doppia vita.
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Merito di Marine Vacth, o del regista Ozon. Perché lo sguardo struggente e sfuggente della protagonista traversa tutta la pellicola, con la malinconia atemporale dell'adolescente che si affaccia alla sessualità. E lo spettatore si chiede: a 17 anni non ha ancora compreso la vita, oppure ha appreso con fin troppo cinismo la potenza del proprio corpo e lo usa con spietato potere?
La bellissima Isabelle, insoddisfatta dopo il suo primo rapporto, persegue quasi 'scientificamente' il cammino verso la prostituzione, ma Ozon non ci dà una spiegazione convincente e sembra suggerirci solo degli appigli. E il mistero rimane intatto, come sconcerta la triste aridità sentimentale della ragazza, che non riesce nemmeno ad amare un suo coetaneo, che è ben lungi dal sospettare la sua doppia vita. Ma forse Isabelle ha scoperto la tenerezza in un suo rapporto a pagamento, con un anziano signore che non la maltratta e che, nel ricordo, le provoca una lacrima sincera.
Spiazzante, provocatorio, ma mai risolutivo, Giovane e bella raggiunge lo scopo proprio nei suoi tanti non detto, attraverso i freddi sguardi della diciassettenne, che solo nell'ultima inquadratura si stemperano alla dolcezza, quasi come nel fugace sorriso del capitano Wiesler nel finale de Le vite degli altri.
Fra gli abissi insondabili dell'adolescenza e le studentesse prostiute occasionali che tanto piacevano a Scerbanenco (è d'obbligo il richiamo a Venere privata), la pellicola ha un rigore inflessibile che non indugia al compiacimento o al mellifluo.
Da vedere assolutamente.
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lorbrush
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domenica 10 novembre 2013
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giovane e bella
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Sinceramente non ci vedo il brillante intuito psicanalitico del quale si parla nella recensione. Il film è un succedaneo di elementi e situazioni già viste, nel quale orbita un personaggio che poteva essere molto interessante se non fosse stato meramente assemblato ma mai analizzato.
La psicologia della protagonista è un composto di elementi spiattellati e non problematizzati né tanto meno inquadrati compiutamente: le ragioni che la spingono alla prostituzione ci sono, ma sono accennate o intuibili senza che si capisca bene come queste abbiano agito sulla ragazza (tutto ciò non si può giustificare semplicemente ritenendo che Ozon abbia voluto non sollevare il "velo di mistero dell'adolescenza").
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Sinceramente non ci vedo il brillante intuito psicanalitico del quale si parla nella recensione. Il film è un succedaneo di elementi e situazioni già viste, nel quale orbita un personaggio che poteva essere molto interessante se non fosse stato meramente assemblato ma mai analizzato.
La psicologia della protagonista è un composto di elementi spiattellati e non problematizzati né tanto meno inquadrati compiutamente: le ragioni che la spingono alla prostituzione ci sono, ma sono accennate o intuibili senza che si capisca bene come queste abbiano agito sulla ragazza (tutto ciò non si può giustificare semplicemente ritenendo che Ozon abbia voluto non sollevare il "velo di mistero dell'adolescenza"). Un peccato per esempio non aver approfondito il rapporto di lei col denaro, che pare giocare un ruolo fondamentale in un brevissimo segmento del film, ma che poi viene accantonato e dimenticato (se si può intuire che ella sia volta al mero accumulo di ricchezza senza la finalità ultima dell'acquisto di un bene materiale, come la compagna con la borsa di Prada, è altresì vero che a questa dimostra di voler rinunciare troppo facilmente, allorquando propone di spenderla per pagare lo psicanalista... il quale tra l'altro è usato palesemente come veicolo della riflessione dello spettatore). Non viene mai analizzato il rapporto di lei con la sua bellezza, e solo fugacemente quello con la giovinezza; non sappiamo cosa prova quando si vende (se non per mezzo della scialba confessione che fa alla poliziotta, la quale spiega la storia troppo semplicemente tarpando le ali dell'interpretazione); il suo rapporto col padre è misterioso e oscuro (anche se viene accennato come causa possibile della sua pulsione verso gli uomini più grandi, seguendo un clichè psicanalitico) e lo è anche quello con la madre. L'idea interessante di rappresentare un'adolescente algida e non pentita, estremizzandosi, trascina il film verso l'esito finale dell'incompletezza e della banalità, in virtù di ciò, nulla giustifica il suo atteggiamento, che appare anche incoerente (e in modo non interessante), e nulla sembra minimamente intaccarlo. Il personaggio, alla fine, risulterà appiattito proprio per effetto di quello che poteva essere il suo punto di forza. Lo stratagemma narrativo con il quale si è voluto giustificare la scoperta della sua doppia vita (la morte, guarda un po', dell'unico cliente che la trattava con gentilezza, e che aveva un rapporto complicato con la figlia) appare come un inutile ed eccessivo spostamento drammatico, che non aggiunge nulla al film se non una morale banale e scialba, la quale si concreta nell'incontro finale con la moglie della vittima (vero o onirico che sia). Gli altri personaggi non meritano approfondimento, essendo ai limiti del macchiettistico. Le scene di sesso sono brutte e piatte, e non danno minimamente idea della passione che ella provi nell'atto (altro punto che non viene sufficientemente analizzato), cosa che si coglie efficacemente qualora si voglia accostare questo film con un altro attualmente nelle sale, e di ben diverso spessore: "la Vita di Adele". In sostanza: non si può parlare di un totale disastro, essendo evidente che i presupposti ci fossero, e che sia reale l'interesse nel sondare un periodo così enigmatico. Il film potrebbe anche strappare le tre stelle, se non subisse la zavorra dell'apparirmi come un'ottima occasione palesemente persa.
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biancaspa
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lunedì 11 novembre 2013
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con gli occhi di isabelle
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Isabelle, giovane, bella, benestante. Lo spettatore potrebbe non capire perché sia mossa e spinta a prostituirsi, lo spettatore, cosi come il genitore non attento alle dinamiche profonde dei figli, quel prototipo di persone che sono ancora dell'idea che questo basti per essere felici e stare bene! La materia, la bellezza esteriore. Drammatici canoni sociali che oscurano l'essenza, il bisogno primario di ognuno di noi: essere considerati, avere valore, riconoscimento da qualcuno, sostituto del ruolo materno (e non è forse questo quello che Isabelle crede di avere prostituendosi?) si resta fermi all'apparenza e raramente si pone attenzione a cio che è altro da noi, perché i figli sono solo un prolungamento di se stessi, fintanto che non mostrano di essere diversi dall'ideale precostituito.
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Isabelle, giovane, bella, benestante. Lo spettatore potrebbe non capire perché sia mossa e spinta a prostituirsi, lo spettatore, cosi come il genitore non attento alle dinamiche profonde dei figli, quel prototipo di persone che sono ancora dell'idea che questo basti per essere felici e stare bene! La materia, la bellezza esteriore. Drammatici canoni sociali che oscurano l'essenza, il bisogno primario di ognuno di noi: essere considerati, avere valore, riconoscimento da qualcuno, sostituto del ruolo materno (e non è forse questo quello che Isabelle crede di avere prostituendosi?) si resta fermi all'apparenza e raramente si pone attenzione a cio che è altro da noi, perché i figli sono solo un prolungamento di se stessi, fintanto che non mostrano di essere diversi dall'ideale precostituito. Così la madre di Isabelle all'incontro con lo psicologo che prende in cura la figlia mostra la prevaricazione, il tentativo di sostituirsi a lei, nel dare le risposte che Isabelle non da, risposte che non sono quelle che darebbe la figlia. Lo psicologo è il punto di svolta nella vita della ragazza, perché l'accoglie, la vede, la rispetta, senza farsi mai sedurre, anche quando Isabelle lo provoca. Lo psicologo è il primo a riconoscere la vera identità di Isabelle " quei soldi se li è sudati, sono i suoi". Geniale usarli per pagare le sedute di psicoterapia. Per qualcosa di costruttivo che può aiutarla a crescere, a strutturarsi, a stare bene. Ozon ha costruito un film analitico che necessita di introspezione per essere capito, sospende il giudizio alla Kundera maniera, non prende posizioni, descrive solo ciò che accade, senza intromettersi, ma è negli occhi di tutti coloro che guardano la ragazza, anche degli stessi spettatori. Il film non offre una soluzione, il finale poetico, non è scenico, ma mantiene fino in fondo lo stile realistico ed empirico di ciò che narra.
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fabiofeli
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lunedì 11 novembre 2013
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isabelle-léa: l’insondabilità dell’adolescenza
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Giovane e bella di François Ozon
Perché Isabelle (Marine Vacth), una bella 17enne, libera in apparenza da problemi, se non una personale inclinazione a respingere rituali e comportamenti dei coetanei, decide di accettare le offerte di un individuo che la segue all’uscita di scuola e le fornisce il numero di telefono? Cede al fascino dei rischi e degli imprevisti dell’incontro? O è preda della smania di sperimentare il sesso sull’onda delle diffuse rappresentazioni sui media? O, infine, è attratta dal denaro che ne può scaturire? Cerca una impossibile liberazione e autonomia femminile come il personaggio impersonato dalla Deneuve in Bella di giorno del grande Buñuel? Un po’ di tutto questo o niente di preciso?
A fronte di tante domande suscitate dalla vicenda poche e ambigue sono le risposte.
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Giovane e bella di François Ozon
Perché Isabelle (Marine Vacth), una bella 17enne, libera in apparenza da problemi, se non una personale inclinazione a respingere rituali e comportamenti dei coetanei, decide di accettare le offerte di un individuo che la segue all’uscita di scuola e le fornisce il numero di telefono? Cede al fascino dei rischi e degli imprevisti dell’incontro? O è preda della smania di sperimentare il sesso sull’onda delle diffuse rappresentazioni sui media? O, infine, è attratta dal denaro che ne può scaturire? Cerca una impossibile liberazione e autonomia femminile come il personaggio impersonato dalla Deneuve in Bella di giorno del grande Buñuel? Un po’ di tutto questo o niente di preciso?
A fronte di tante domande suscitate dalla vicenda poche e ambigue sono le risposte.
Il denaro accumulato da Isabelle, di famiglia benestante, finisce in un cassetto e non viene utilizzato. Il piacere del sesso è inesistente negli incontri con uomini che cercano soddisfazione con una donna-oggetto-feticcio attraverso una semplice masturbazione. Forse per Isabelle-Léa (il secondo nome è lo pseudonimo che la ragazza sceglie per prostituirsi) il piacere è un gran parte preventivo: scaturisce dalla suspence della pallina che gira nella roulette degli incontri e dall’essere desiderata e richiesta da una pioggia di messaggi via internet; ma è anche successivo: l’assaporamento di un surrogato del sesso viene reso concreto nel piatto riscaldato di una susseguente pratica autoerotica; e il denaro nelle sue mani è la prova tangibile del “valore” di se stessa.
Prostituirsi per Isabelle-Léa sembra consistere nel truccarsi e vestirsi come per girare un film o andare in scena a teatro; meglio se con un indumento elegante sottratto alla madre, come se questo rappresentasse un’ignara approvazione o fosse un talismano contro eventuali rischi. Un incontro dopo l’altro con uomini senza volto e senza storia riducono le giornate di Isabelle-Léa a ripetute ossessive fotocopie. Solo dalla conoscenza di Georges (Johan Leysen), un uomo tanto avanti con l’età che potrebbe essere suo nonno, sboccia una inaspettata tenerezza e complicità; ma la conclusione dell’episodio è drammatica …
E’ un modo di vivere schizofrenico. Ma oggi chi è tutto intero? E quale adulto riesce a sondare la psiche dell’adolescenza? Non i genitori della ragazza. Forse solo il fratello minore, in preda ad analoghe turbe, intuisce qualcosa di quel convulso, disordinato, contraddittorio mondo segreto.
La pellicola è ben recitata; un prezioso “cameo” di Charlotte Rampling, nella parte della moglie di Georges, fa lievitare il racconto. Indovinato l’utilizzo di canzoni di Françoise Hardy nelle colonna sonora.
Il film, pur pregevole e interessante, non attinge alla qualità e all’efficacia di precedenti opere di Ozon.
Valutazione ***
FabioFeli
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[+] bravo
(di kimkiduk)
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[+] un'altra interessante pellicola di ozon
(di antonio montefalcone)
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emmanouel Δεπα
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martedì 19 novembre 2013
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uno sguardo distaccato già visto
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Dal regista di "Nella casa" arriva questa nuova pellicola, in pieno stile Ozon, in cui vengono raccontati i 17 anni di una ragazza molto affascinante. Il racconto si sviluppa in quattro fasi, scandite dalle stagioni ed accompagnate dalle musiche di Françoise Hardy.
L'intero film è un quadro francese, apprezzabile il ricordo di Rimbaud con il verso "non si è seri quando si hanno diciassette anni".
Lo sceneggiato racconta di Isabelle che decide apparentemente senza motivo di prostituirsi, per questo Ozon strizza un occhio a "Bella di giorno", ovviamente senza raggiungere l'opera di Bunuel.
Si può ritenere stimolante il film in quanto furbamente il regista decide di omettere le vere motivazioni che portano la ragazza ad intraprendere una scelta cosi complicata per Isabelle, scelta furba perché ha evitato di trascinare il film nella banalità delle motivazioni adolescenziali.
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Dal regista di "Nella casa" arriva questa nuova pellicola, in pieno stile Ozon, in cui vengono raccontati i 17 anni di una ragazza molto affascinante. Il racconto si sviluppa in quattro fasi, scandite dalle stagioni ed accompagnate dalle musiche di Françoise Hardy.
L'intero film è un quadro francese, apprezzabile il ricordo di Rimbaud con il verso "non si è seri quando si hanno diciassette anni".
Lo sceneggiato racconta di Isabelle che decide apparentemente senza motivo di prostituirsi, per questo Ozon strizza un occhio a "Bella di giorno", ovviamente senza raggiungere l'opera di Bunuel.
Si può ritenere stimolante il film in quanto furbamente il regista decide di omettere le vere motivazioni che portano la ragazza ad intraprendere una scelta cosi complicata per Isabelle, scelta furba perché ha evitato di trascinare il film nella banalità delle motivazioni adolescenziali.
I temi fonti di dibattito sarebbero tanti. Tuttavia il film è sembrato leggermente privo di coraggio, quasi una cronaca.
Notevoli diverse scene, tra cui un'inquadratura che affianca tramite uno specchio due Isabelle e il momento in cui la giovane perde la verginità dove viene mostrato con abilità del regista il conflitto interno della protagonista tramite uno scambio di sguardi con una se stessa replicata che assiste da testimone esterna alla scena; ed anche il tratto metropolitana ed l'attraversamento del corridio dell'albergo inquadrato in modo diverso ad ogni svolta narrativa, prima di spalle, poi di volto e in fine in assenza.
Nota sicuramente positiva del film è l'attrice che incanta lo spettatore e riesce ad interpretare egregiamente il ruolo ed a mantenere uno sguardo distaccato, quasi estraneo a se stessa.
Concludendo il regista non guadagna prestigio con quest'opera che può essere considerata una "già visto".
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flyanto
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lunedì 11 novembre 2013
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come si può reagire ad un'insoddisfazione profonda
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Film in cui si racconta di una bella ragazza di 17 anni che, incuriosita dal sesso e dopo anche una prima esperienza negativa con un suo coetaneo durante le vacanze estive, decide di sua volontà di prostituirsi facendosi pubblicità on line. Da questo momento in poi ella si incontrerà con svariati uomini, per lo più molto più anziani di lei, in camere di alberghi più o meno di lusso ed arriverà a guadagnare anche ingenti somme di denaro. Finchè, dopo la morte di un suo anziano cliente nel corso di un amplesso mentre si trova con lei, le indagini condotte dalla polizia riveleranno all' ignara famiglia della ragazza la sua doppia vita e la sua singolare professione lasciando la prima alquanto stupita e sgomenta.
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Film in cui si racconta di una bella ragazza di 17 anni che, incuriosita dal sesso e dopo anche una prima esperienza negativa con un suo coetaneo durante le vacanze estive, decide di sua volontà di prostituirsi facendosi pubblicità on line. Da questo momento in poi ella si incontrerà con svariati uomini, per lo più molto più anziani di lei, in camere di alberghi più o meno di lusso ed arriverà a guadagnare anche ingenti somme di denaro. Finchè, dopo la morte di un suo anziano cliente nel corso di un amplesso mentre si trova con lei, le indagini condotte dalla polizia riveleranno all' ignara famiglia della ragazza la sua doppia vita e la sua singolare professione lasciando la prima alquanto stupita e sgomenta. Ozon, ancora una volta, con questa sua ultima opera indaga sulla vita degli adolescenti, sulle loro pulsioni più recondite e misteriose, e sui loro rapporti interpersonali e sentimentali ma, a differenza degli altri suoi films, egli qui non raggiunge nè l'originalità nè la profondità che invece lo contraddistinguono precedentemente. La storia che egli espone non presenta alcunché di originale, bensì una tematica, quella cioè delle giovani studentesse che si prostituiscono attraverso internet, che è stata già ampiamente trattata in altre numerose opere da altri numerosi registi. Ozon non riesce a spiegare o, per lo meno, non riesce ad andare a fondo delle reali motivazioni della condotta della giovane protagonista, le si possono facilmente intuire, ma mancano, appunto, della profonda analisi e dell' adeguata introspezione psicologica per far sì che la pellicola non risulti banale ed ovvia. Il malessere che vive la ragazza, la sua latente ricerca di una figura paterna, la propria volontà di sentirsi viva e desiderata solo attraverso degli incontri sessuali con degli sconosciuti, una certa forma di ribellione con la propria famiglia, con la figura della madre in particolare, costituiscono le tematiche fondamentali del film ma esposte, ripeto, in una maniera alquanto superficiale ed all'insegna di svariati luoghi comuni. Non si può negare a Marine Vacth, la giovane e bella protagonista, una certa bravura, tanto da risultare convincente nel proprio ruolo di giovane inquieta, sebbene, però, la si ricorderà maggiormente per la propria avvenenza fisica che incanta tutti e tutto. Per Ozon, invece, si deve purtroppo parlare di un'occasione un pò sprecata. Un vero peccato!
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(di the hooded man)
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(di angelo umana)
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kondor17
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lunedì 21 aprile 2014
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inutile ma guardabile
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Molto bravi i ragazzi, ma poco altro. Non si capisce cosa voglia dire (o istigare) lo sceneggiatore, il regista, dal momento che l'aspetto "intimo" della cosa, i motivi che spingono o che stanno dietro alla scelta di Lea e le loro fatali conseguenze, sono appena accennati e in maniera superficiale. Resta la cronaca di una bella diciassettenne, disinibita e curiosa, che via via si perde per strada, nella rinuncia dei valori e delle virtù, prima, nella prostituzione poi. In una sorta di cinico annullamento di ogni emozione, quindi, trascina con sè chiunque le si pari davanti e come provocatoria macchina del peccato, spinge sempre più avanti il limite del pudore e della trasgressione, destinato a cadere sotto i suoi colpi di precisione chirurgica.
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Molto bravi i ragazzi, ma poco altro. Non si capisce cosa voglia dire (o istigare) lo sceneggiatore, il regista, dal momento che l'aspetto "intimo" della cosa, i motivi che spingono o che stanno dietro alla scelta di Lea e le loro fatali conseguenze, sono appena accennati e in maniera superficiale. Resta la cronaca di una bella diciassettenne, disinibita e curiosa, che via via si perde per strada, nella rinuncia dei valori e delle virtù, prima, nella prostituzione poi. In una sorta di cinico annullamento di ogni emozione, quindi, trascina con sè chiunque le si pari davanti e come provocatoria macchina del peccato, spinge sempre più avanti il limite del pudore e della trasgressione, destinato a cadere sotto i suoi colpi di precisione chirurgica. Storia già vista nella realtà troppo spesso, per essere trattata in tal modo.
E' uno dei pericoli maggiori per le nostre figlie adolescenti di oggi; basta aprire un giornale o semplicemente guardarsi intorno. In questo film, speravo in una luce, in uno studio, invece mi sono trovato di fronte alla cronada di un rischio che già conosco, al quale non solo non viene data nessuna risposta, ma non viene neanche tentato di farlo.
Film beninteso ben confezionato e nel complesso ben recitato (Ozon è un ottimo regista), ma deludente e vacuo. 5/6
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lucaapollo
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martedì 12 novembre 2013
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le relazioni algide
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Isabelle è una ragazzina che parla poco e ha spesso il broncio. Durante le vacanze estive dei suoi 17 anni ha la sua prima esperienza sessuale, che la delude e, forse, la convince di quanto poco valga l’atto sessuale. Al rientro a Parigi inizia una vita da prostituta, senza che si comprendano le sue motivazioni e perché le piaccia.
Nel suo mondo, la vita è senza domande e senza affetto e la cortesia viene usata per proteggersi. Infatti, quando la madre scopre l’attività di Isabelle, non reagisce per stabilire un dialogo o per tentare una tardiva educazione della figlia, ma la incolpa della propria sofferenza.
Un incrocio di relazioni, tra la madre, la figlia, il patrigno, gli amici di famiglia, il fidanzatino, dominate da una squisita urbanità e dalla totale superficialità.
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Isabelle è una ragazzina che parla poco e ha spesso il broncio. Durante le vacanze estive dei suoi 17 anni ha la sua prima esperienza sessuale, che la delude e, forse, la convince di quanto poco valga l’atto sessuale. Al rientro a Parigi inizia una vita da prostituta, senza che si comprendano le sue motivazioni e perché le piaccia.
Nel suo mondo, la vita è senza domande e senza affetto e la cortesia viene usata per proteggersi. Infatti, quando la madre scopre l’attività di Isabelle, non reagisce per stabilire un dialogo o per tentare una tardiva educazione della figlia, ma la incolpa della propria sofferenza.
Un incrocio di relazioni, tra la madre, la figlia, il patrigno, gli amici di famiglia, il fidanzatino, dominate da una squisita urbanità e dalla totale superficialità. Un formale rispetto senza reale considerazione. Quando Isabelle, nell’unico sprazzo di umanità, cercherà la fiducia della madre, otterrà solo il suo risentimento per essere stata messa in discussione.
Il poco calore viene dall’affetto di un anziano cliente, che è anche lo snodo della storia, dallo psichiatra che Isabelle accetterà di seguire (molto bella la sua disponibilità ad essere pagato col denaro guadagnato immoralmente) e, soprattutto, dal fratello minore di Isabelle, un confidente fin troppo equilibrato per la sua giovane età.
Ci si chiede se l'intenzione di Ozon sia quella di enunciare la futilità delle relazioni umane oppure, viceversa, quella di denunciare l'incapacità di saperle coltivare, nascondendo la paura dietro la correttezza.
Il finale regala, con una specie di rivelazione, la comparsa di Charlotte Rampling, l’attrice perfetta per la piccola parte.
La protagonista, oltre ad essere bellissima, è convincente, come il fratello e il fidanzatino. La realizzazione è fatta di scene brevi e di una fotografia essenziale, eccetto che nell’immagine utilizzata per la locandina, ruffiana e poco omogenea alle altre.
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theophilus
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martedì 26 novembre 2013
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bellissimo sguardo sul nulla contemporaneo
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JEUNE ET JOLIE
Il contatto fra il vuoto e la bellezza genera un cortocircuito. È difficile parlare di un film su cui il regista stesso non si esprime se non con lo sguardo di una cinepresa che si limita a registrare. Ozon offre le immagini di un mistero che sappiamo esistere – è un mondo che c’è là fuori o qui dentro di noi – ma che non ci sappiamo spiegare.
Comunque lo guardiamo, Jeune et jolie è un film da cui scaturiscono domande alle quali non sappiamo o non vogliamo rispondere.
All’inizio c’è il pudore della protagonista. Un binocolo la spia su di una spiaggia appartata e Isabelle si guarda attorno prima di togliersi il reggiseno.
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JEUNE ET JOLIE
Il contatto fra il vuoto e la bellezza genera un cortocircuito. È difficile parlare di un film su cui il regista stesso non si esprime se non con lo sguardo di una cinepresa che si limita a registrare. Ozon offre le immagini di un mistero che sappiamo esistere – è un mondo che c’è là fuori o qui dentro di noi – ma che non ci sappiamo spiegare.
Comunque lo guardiamo, Jeune et jolie è un film da cui scaturiscono domande alle quali non sappiamo o non vogliamo rispondere.
All’inizio c’è il pudore della protagonista. Un binocolo la spia su di una spiaggia appartata e Isabelle si guarda attorno prima di togliersi il reggiseno. Dietro il binocolo c’è il fratello minore che sarà il solo ad essere reso partecipe – ma solamente all’inizio – del viaggio amoroso della sorella. Tutto quello che Isabelle intraprenderà da quel momento in avanti riguarderà solo se stessa. Noi non saremo che testimoni visivi.
La nostra prima domanda ci viene incontro come un’ovvia constatazione da cui speriamo di riuscire a spiegare quanto avverrà, poi, nell’arco della storia. La “prima volta” di Isabelle avviene in vacanza, con un ragazzo tedesco. Non c’è niente, se non mancanza di emozione, indifferenza, meccanicità. Isabelle lo fa automaticamente, perché tutti lo fanno e anche lei lo deve fare, senza porsi neanche un perché e, probabilmente, senza alcun desiderio. Può bastare questo freddo autocontrollo a giustificare il nichilismo e il cinismo autolesionista che segue poi? Non c’è niente dell’atmosfera inebriante, malinconica e dolce della poesia di Rimbaud letta a scuola da Isabelle e dai suoi compagni.
Tempo addietro avevamo visto Elles (lungometraggio franco/polacco/tedesco girato nel 2011 da Malgoska Szumowska), un film che trattava il mondo della prostituzione giovanile in modo tagliente e duro. Lì il disorientamento trovava una giustificazione, a buona parte delle domande che ti ponevi davi subito delle risposte, seppur molto difficili. C’era un’umanità spaventata che si ritraeva in se stessa e tirava avanti procrastinando lo sguardo sul proprio futuro. Ozon non ti offre scappatoie, ma solo dubbi, punti interrogativi. La difficoltà, la bellezza e l’importanza del suo film stanno proprio in questo.
Se non siamo sicuri di poterci attaccare ad un’assenza di prospettive umane, su che cosa possiamo tentare di poggiare il nostro sguardo, alla smarrita ricerca di qualcosa che ci rassicuri?
Isabelle comincia una carriera di prostituta, partendo dal numero telefonico di un uomo che l’aveva abbordata mentre era insieme ad una compagna di classe.
Lo fa per i soldi? Isabelle li nasconde in una cassettina in camera sua. Li guarda, sembra contarli e non li spende. Forse si domanda se ne valga la pena e, avvertendo il vuoto della vita, si fabbrica una vita in cui quei pezzi di carta che gli uomini le danno rappresentano un’ipotetica pensione per un futuro vicinissimo in cui non potrà più “guadagnare”? Già Elles non aveva saputo rispondere a questa domanda.
Cerca il potere sugli uomini? Degli uomini a cui si vende ricorderà solo quello che le muore fra le braccia, ma perché era gentile e non le faceva richieste particolari.
È il bisogno di sapersi desiderata che la spinge a dare un prezzo alla propria bellezza, al valore della propria bellezza? Se è questo il motore, occorre dire che Marine Vacht, la protagonista, oltre ad essere Giovane e bella, sa entrare molto bene nel ruolo che Ozon ha immaginato o, forse, appositamente disegnato per lei. È, quindi, molto brava.
Teme la banalità della vita che le si prospetta col compagno di classe, già accettato in casa dalla madre e dal patrigno? Isabelle gioca con lui a fare la ragazza “seria” che non si concede al primo appuntamento, ma poi mette in atto le strategie sessuali che ha imparato con gli altri uomini per “rianimare” il ragazzo che ha delle difficoltà. Non è, allora, in grado di uscire dal suo recente passato di mestierante?
Ozon la lascia raramente. La sua cinepresa è quasi sempre incollata su di lei, forse ad avvalorare la frase del patrigno che la madre legge come «essendo lei così bella è destino che faccia la prostituta».
È rilevante la possibile intesa fra la madre e l’amico di colore? Isabelle sembra usarla come alibi e pezza giustificativa. Forse pensa che una relazione possa fondarsi solo sull’ipocrisia e, allora, tanto vale fingere completamente e quindi di nascosto e farsi pagare per inscenare questa finzione?
Isabelle non parla con nessuno del suo segreto. Escogita una sorta di vendetta, ha solo paura? L’unica volta che andrà alla festa della sua classe lo farà per che cosa? Per spingere la compagna nella sua direzione? O per proteggerla? Per toglierle un’illusione e dissacrare l’aura di magia? Per sbugiardare l’amore?
Lo smarrimento della madre è sincero? Fino a quando lascia indagare la sua paura? Quando si viene a sapere tutto, prima assale Isabelle, poi si ritrae, contrae la sua paura, o meglio ha paura della propria paura e chiede scusa alla figlia e qui c’è tornato alla mente un passo formalmente e psicologicamente simile visto in Caché (Haneke, 2005).
La paura della donna nasce dalla sua figura di madre che si chiede come ha fatto a non capire, come e dove ha sbagliato o il suo è un vuoto più totale, più cosmico?
È sufficiente ed è corretto fare un’analisi sociale, politica, economica del film? Andare sul versante “crisi del capitalismo”, “disfacimento della borghesia” è percorrere il cammino ortodosso? Ce ne sono altri? Si deve guardare alla morte di ogni senso religioso?
Forse tutte queste cose insieme o nessuna di esse. Ozon non spiega, ma non si ritrae. Semplicemente non si può spiegare ciò che non si capisce. Se è vero che Isabelle non parla quasi mai, quando lo fa non ha bisogno di mentire e questo perché non le vengono poste le domande pertinenti, le questioni cruciali a cui forse nemmeno lei saprebbe dare delle risposte. L’unica vera menzogna è quella sulla sua età. Denuncia 20 anni agli uomini che le fanno domande. Ma forse lo fa solo per metterli alla prova, per vedere fino a quando sono disposti a barare con se stessi.
Domande su domande, ma nessuna risposta decisiva. Non ci resta che il finale del film. Come analizzarlo? La persona che Isabelle attende nella hall dell’albergo è una doppia agnizione e un altro mistero. È una donna e possiamo aver già pensato ad una svolta saffica dell’esperienza sentimentale della ragazza: le cose potranno anche andare così e probabilmente quest’ipotesi lascia indifferente la protagonista. Si presenta a Isabelle e a noi con gli occhiali da sole e non la riconosciamo. Poi scopriamo che è Charlotte Rampling. Ma entrambe le donne sono in effetti prese da un teatro, dalla camera 6095. L’una vuole vedere dove il marito ha vissuto la realizzazione del suo ultimo desiderio («è bello morire mentre si fa l’amore»). L’altra sembra quasi colta da una forma di nostalgia…
Forse il film più duro e difficile di Ozon, ma anche quello riuscito meglio.
Enzo Vignoli
15 novembre 2013
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mahleriano
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domenica 10 novembre 2013
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bel film
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Questo film ha qualcosa in comune con quello di Kechiche, la vita di Adele. Entrambi hanno un inizio simile (un'adolescente che consuma senza convinzione il suo primo rapporto) e una scena a metà film (un ballo liberatorio). Ed entrambi condividono inoltre l'onestà intellettuale da parte dei registi nel mostrare le diverse esperienze di vita delle protagoniste, molto distanti fra loro. Ma mentre il film di Kechiche mi ha coinvolto abbastanza poco e a distanza di tempo confermo tutte le mie riserve nonostante l'indubbia bravura del regista, questo l'ho trovato ben più interessante. Intanto per la recitazione volutamente algida della protagonista, bravissima, che bene rende i turbamenti dell'adolescenza, le sue ribellioni e l'incapacità di capire cosa stia cambiando dentro, e poi per la tematica assolutamente attuale e ben preoccupante, se si pensa alle storie recentissime di prostituzione minorile riportate nelle cronache di questi stessi giorni.
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Questo film ha qualcosa in comune con quello di Kechiche, la vita di Adele. Entrambi hanno un inizio simile (un'adolescente che consuma senza convinzione il suo primo rapporto) e una scena a metà film (un ballo liberatorio). Ed entrambi condividono inoltre l'onestà intellettuale da parte dei registi nel mostrare le diverse esperienze di vita delle protagoniste, molto distanti fra loro. Ma mentre il film di Kechiche mi ha coinvolto abbastanza poco e a distanza di tempo confermo tutte le mie riserve nonostante l'indubbia bravura del regista, questo l'ho trovato ben più interessante. Intanto per la recitazione volutamente algida della protagonista, bravissima, che bene rende i turbamenti dell'adolescenza, le sue ribellioni e l'incapacità di capire cosa stia cambiando dentro, e poi per la tematica assolutamente attuale e ben preoccupante, se si pensa alle storie recentissime di prostituzione minorile riportate nelle cronache di questi stessi giorni. Un personaggio vivo e intelligente quello di Isabelle, e quindi non classificabile facilmente per la strada scelta, aprendo così immediatamente una serie di domande allo spettatore. Interessante il rapporto madre figlia, interessante che ogni personaggio non abbia mai un contorno netto (la madre che ha il suo segreto, il patrigno che sembra quasi accettare le provocazioni di una cresciuta Isabelle, Isabelle stessa, cresciuta troppo in fretta da una parte ma in fondo ancora in parte innocente). Ogni personaggio mostra sé stesso e il suo doppio. Interessante le problematiche che un uso non sufficientemente controllato di internet da parte dei genitori può far scaturire: credo si possa anche scorgere una riflessione su quanto una generazione sia realmente rimasta indietro sottovalutando sia le potenzialità positive che quelle negative di questo magnifico strumento. Tutto ciò rende vitale e coinvolgente il film, nutrito in molti punti anche da una non indifferente ironia che non guasta mai, senza contare che una scena finale recitata da una magnifica Charlotte Rampling restituisce un tocco di umanità profonda e toccante a tutta la storia. Bel film senza riserva alcuna.
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