michele
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lunedì 18 febbraio 2013
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il capolavoro della bigelow
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ZERO DARK THIRTY di Kathryn Bigelow
A volte per recensire un'opera, sia essa cinematografica, artistica, letteraria o di altro genere non sono necessarie molte parole, ma basta un verbo, un articolo indeterminativo e un sostantivo. Questo è il caso di Zero Dark Thirty perché il film della Bigelow 'E' UN CAPOLAVORO!'. Non ci si limita mai a questo però, in quanto, sia per puro piacere personale sia soprattutto per rispetto nei confronti del lettore è corretto andare avanti e giustificare il nostro giudizio. Zero Dark Thirty è una parola in codice, usata nel gergo militare per indicare una qualsiasi ora della notte in cui avviene un'importante operazione militare, in questo caso quella dell'assalto da parte del corpo militare americano dei Navy Seals al bunker nel quale si trovava nascosto il terrorista numero uno: Osama Bin Laden.
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ZERO DARK THIRTY di Kathryn Bigelow
A volte per recensire un'opera, sia essa cinematografica, artistica, letteraria o di altro genere non sono necessarie molte parole, ma basta un verbo, un articolo indeterminativo e un sostantivo. Questo è il caso di Zero Dark Thirty perché il film della Bigelow 'E' UN CAPOLAVORO!'. Non ci si limita mai a questo però, in quanto, sia per puro piacere personale sia soprattutto per rispetto nei confronti del lettore è corretto andare avanti e giustificare il nostro giudizio. Zero Dark Thirty è una parola in codice, usata nel gergo militare per indicare una qualsiasi ora della notte in cui avviene un'importante operazione militare, in questo caso quella dell'assalto da parte del corpo militare americano dei Navy Seals al bunker nel quale si trovava nascosto il terrorista numero uno: Osama Bin Laden. La storia attraversa un arco di tempo lungo dieci anni, dal Settembre 2001, evocato in maniera struggente con lo schermo completamente nero e il suono delle voci registrate delle vittime che dicono addio ai propri familiari, fino appunto al giorno della cattura, nel Maggio 2011, passando per tutti gli episodi di violenza e di terrorismo che hanno coinvolto il mondo in questa lotta sanguinosa, tra cui gli attentati di Londra del 2005. E' un thriller Zero Dark Thirty più che un film bellico, per molti tratti un film di spionaggio che tiene sempre alta la tensione, con un ritmo serrato, scene spettacolari, crude e anche violente, come quelle iniziali di tortura ai prigionieri trattate con un vivido realismo. La regia nonostante l'abbondanza di materiale, tutto sommato è ben calibrata e non si lascia mai prendere la mano da un'eccessiva dose di prorompente spettacolarità attraverso scene di esplosioni e conflitti a fuoco che, badate bene, non mancano e sono anche ben fatte, ma non dominano mai lo schermo, né sovrastano la narrazione in maniera esagerata. La capacità del film è sicuramente quella di coinvolgere sempre lo spettatore nella ricerca di un nemico invisibile, di farlo immedesimare in questa caccia all'uomo mettendo però da parte qualsiasi tipo di aspetto patriottico ed è qui che sicuramente la Bigelow vince la sua sfida. E' intelligente nel non cadere in questa trappola, potremmo dire 'politica', dove il trionfalismo per la cattura e l'uccisione del nemico numero uno degli Stati Uniti e ogni sorta di retorica o sentimentalismo pro-America non trovano mai spazio nelle oltre due ore e mezzo di pellicola, rinunciando saggiamente a costruire un happy ending finale nonostante l'obiettivo sia stato raggiunto. In questa rincorsa, attraversando l'Afghanistan, il Pakistan e anche con qualche tappa europea e oltre Atlantico, siamo guidati dalla tenacia e dalla determinazione di Maya, la protagonista principale del film (Jessica Chastain, candidata all'Oscar come migliore attrice protagonista) che dopo anni e anni di contatti e false piste scova il nascondiglio del capo di Al-Qaeda. In questa figura femminile così candida e pulita di aspetto, ma determinata e vincente dentro, si può notare, non tanto una metafora dell'America, come si potrebbe facilmente immaginare, ma una sorta di trasfigurazione della Bigelow stessa, di un alter-ego che ben si addice alla sua personalità registica così adrenalinica, ma ben capace di controllare ogni singola inquadratura e dotarla, nello stesso tempo, dal punto di vista della significazione, di una grande efficacia emotiva. Maya non cede mai alla disperazione, neanche quando rischia la vita, non si arrende di fronte alla morte di colleghi e amici e porta avanti il suo credo e il suo progetto con una determinazione mascolina, vincendo alla fine la sua battaglia contro tutti i pregiudizi e le perplessità nei suoi confronti. Anche Kathryn Bigelow vince la sua sfida cinematografica e alla grande!
Michele Iovine
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alexander 1986
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sabato 1 marzo 2014
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l'eterna ossessione di achab avvelena il mondo.
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Per gli Stati Uniti la caccia a Bin Laden è stata un banco di prova quasi quanto l'apocalisse dell'11/9. Così come quest'ultimo ha messo alla prova il coraggio, la forza nervosa e il senso di comunità, la prima ha evidenziato la tenacia e il pragmatismo della nazione. Maya (Jessica Chastain), giovane ufficiale della CIA, donna di ferro dietro un volto dolce e diafano, nella sua rinuncia alla condotta di una vita vera e nella dedizione totale e fanatica alla caccia alla balena bianca, incarna simbolicamente un'America che non riesce ad andare oltre, a sanare il desiderio di vendetta. Sicché essa finisce drammaticamente nel farsi assorbire dalla spirale di barbarie cui intende opporsi, e nel far coincidere la morte del nemico con la propria sopravvivenza.
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Per gli Stati Uniti la caccia a Bin Laden è stata un banco di prova quasi quanto l'apocalisse dell'11/9. Così come quest'ultimo ha messo alla prova il coraggio, la forza nervosa e il senso di comunità, la prima ha evidenziato la tenacia e il pragmatismo della nazione. Maya (Jessica Chastain), giovane ufficiale della CIA, donna di ferro dietro un volto dolce e diafano, nella sua rinuncia alla condotta di una vita vera e nella dedizione totale e fanatica alla caccia alla balena bianca, incarna simbolicamente un'America che non riesce ad andare oltre, a sanare il desiderio di vendetta. Sicché essa finisce drammaticamente nel farsi assorbire dalla spirale di barbarie cui intende opporsi, e nel far coincidere la morte del nemico con la propria sopravvivenza.
E' questo il concetto generale del monumentale film di Kathryn Bigelow, la quale dopo il premio Oscar 'The Hurtlocker' (2008) torna a indagare il potere corruttivo dell'ossessione orientale sullo spirito dell'America. Non è un film piacevole né spettacolare né politicamente corretto; le prime due caratteristiche non hanno destato il favore del pubblico, l'ultima quello della presidenza Obama sotto la cui egida ha avuto luogo il famoso blitz per uccidere Osama. Non c'è stata un'altra ragione per cui 'Zero Dark Thirty' dovesse essere posposto al mediocre 'Argo' nella corsa agli Oscar 2012. Una menzione speciale va alla protagonista, Jessica Chastain, attrice di grande talento e con gli attributi giusti per diventare la star della Hollywood dei prossimi anni.
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raffaelemarino
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sabato 23 febbraio 2013
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una storia che doveva essere vista
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Una pellicola diretta magistralmente da una donna,molto minuziosa mai banale,può sembrare un documentario ma alla fine non lo è;una narrazione dei fatti più salienti in maniera asciutta,non si è mai persa nei dettagli,la storia della cattura di bin laden doveva essere narrata,una sceneggiatura ottima con una costruzione del personaggio della protagonista molto curata,belle le lacrime finali dove Maya capisce che ormai non ha più uno scopo di vita,questo vuoto prima colmato dalla cattura di OBL e poi ripreso.Ottima anche la denuncia della gerarchia maschile sfiduciosa nei confronti di una donna.Belli i silenzi i piccoli accenni di interiorità dei soldati senza cmq mai perdere l'obbiettivo finale.
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Una pellicola diretta magistralmente da una donna,molto minuziosa mai banale,può sembrare un documentario ma alla fine non lo è;una narrazione dei fatti più salienti in maniera asciutta,non si è mai persa nei dettagli,la storia della cattura di bin laden doveva essere narrata,una sceneggiatura ottima con una costruzione del personaggio della protagonista molto curata,belle le lacrime finali dove Maya capisce che ormai non ha più uno scopo di vita,questo vuoto prima colmato dalla cattura di OBL e poi ripreso.Ottima anche la denuncia della gerarchia maschile sfiduciosa nei confronti di una donna.Belli i silenzi i piccoli accenni di interiorità dei soldati senza cmq mai perdere l'obbiettivo finale.Inquadrature perfette ti fanno entrare nel film,quest'ultimo lungo ma mai scontato,una fotografia non accentuata appunto da non far stancare lo spettatore o distrarlo su cose che non erano inerenti allo svolgimento della storia.Interessante molto il rapporto che lo sceneggiatore ha dato al protagonista della prima parte del film che decidendo di far carriera quindi di abbondanare la prima linea fa capire che non era là per l'obbiettievo ma solo per svolgere un lavoro.In pratica la regista ci svela le differenze tra uomo e donna e tra donna e donna,un pò scontata la scena dell'attentato ai danni degli americani ma ci fa capire che in quel momento sempre una donna è stata vittima della foga di arrivare all'obbiettivo e troppo fiduciosa del nemico,quindi in tutto il film possiamo notare le sfaccettature dei personaggi ben costruiti e ben recitati dagli attori senza mai essere esagerati o finti.Consiglio di andarlo a vedere naturalmente non uscirete sbalorditi ma con la consapevolezza di aver visto una storia ben narrata."Che il ciak sia con voi" raffaele
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renato volpone
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sabato 9 febbraio 2013
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maya e geronimo
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Dopo "Code name: Geronimo" ecco un altro film che, con dovizia di particolari, racconta dell'uccisione di Bin Laden. A differenza del primo che era più centrato sui Canarini", i Marines che hanno sferrato l'attacco al rifugio del capo di Al-Qaida, questo pellicola parte da più lontano, dagli inizi degli anni 2000, per arrivare poi allo stesso punto dell'altro. Le versioni sono un po' diverse e, considerata la "dolcezza" con cui vengono trattate le torture e gli interrogatori in questo, si presume che il film precedente fosse più attendibile, ma come sempre accade quando si tratta di qualcosa di "segreto" o di "militare" la verità affiora sempre un po' dalle nebbie.
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Dopo "Code name: Geronimo" ecco un altro film che, con dovizia di particolari, racconta dell'uccisione di Bin Laden. A differenza del primo che era più centrato sui Canarini", i Marines che hanno sferrato l'attacco al rifugio del capo di Al-Qaida, questo pellicola parte da più lontano, dagli inizi degli anni 2000, per arrivare poi allo stesso punto dell'altro. Le versioni sono un po' diverse e, considerata la "dolcezza" con cui vengono trattate le torture e gli interrogatori in questo, si presume che il film precedente fosse più attendibile, ma come sempre accade quando si tratta di qualcosa di "segreto" o di "militare" la verità affiora sempre un po' dalle nebbie. L'attenzione del regista e dello sceneggiatore è tutta centrata su Maya, la donna della CIA che ha condotto le ricerche che hanno portato al rifugio segreto di Bin Laden. Una donna forte e decisa, ma troppo spesso umanizzata con lacrime e mancamenti, non dimentichiamoci che si tratta comunque di un "agente speciale". Il film, decisamente troppo lungo e lento, probabilmente l'attacco è durato meno nella realtà che sullo schermo, lascia spazio a molti dubbi e perplessità. La leggerezza con cui vengono trattati e spettacolarizzati i dati storici e le caratteristiche dei personaggi è davvero troppa per una storia ancora così vicina e dolorosa.
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shiningeyes
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mercoledì 27 marzo 2013
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bellissimo film-report
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L'operazione decennale che ha portato alla cattura di Bin Laden viene raccontata attraverso la determinata e coraggiosa Maya, giovane agente della CIA, che darà tutta sé stessa nella ricerca di un uomo creduto morto dalla maggior parte delle persone con cui lavora a stretto contatto; verrà ritenuta una folle ossessionata, ma Maya non arretrerà di un centimetro dal suo obiettivo.
Il film è diretto benissimo, con ottima ricercatezza e precisione, illustrandoci in modo chiaro le tattiche dell'intelligence americano, ed il fatto che viene girato come se fosse un documentario gli dà una sensazione realistica che ci fa stare col fiato sospeso; come se stessimo vedendo un documento ufficiale della CIA.
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L'operazione decennale che ha portato alla cattura di Bin Laden viene raccontata attraverso la determinata e coraggiosa Maya, giovane agente della CIA, che darà tutta sé stessa nella ricerca di un uomo creduto morto dalla maggior parte delle persone con cui lavora a stretto contatto; verrà ritenuta una folle ossessionata, ma Maya non arretrerà di un centimetro dal suo obiettivo.
Il film è diretto benissimo, con ottima ricercatezza e precisione, illustrandoci in modo chiaro le tattiche dell'intelligence americano, ed il fatto che viene girato come se fosse un documentario gli dà una sensazione realistica che ci fa stare col fiato sospeso; come se stessimo vedendo un documento ufficiale della CIA. Notevoli sono le scene delle varie operazioni di spionaggio, fino all'incredibile ed emozionante scena della uccisione del capo di Al-Quaeda, dove l'aleggiante oscurità dà il tocco funebre di una esecuzione di massa (ciò che è avvenuto).
La Bigelow ci regala il suo sguardo di una nazione ferita ed imbevuta di vendetta, la quale se ne frega dei miliardi di spesa investiti in questa lunghissima caccia all'uomo; ci fa vedere i politici che coprono episodi di torture che avvengono sistematicamente, e, persone che assaggiano il gusto della violenza e ne diventano dipendenti.
Jessica Chastain è artefice di una grandissima prova recitativa, mettendo in mostra la freddezza e sensibilità del personaggio da lei interpretato, meritando ampiamente il Golden Globe, ed anche l'Oscar non ci sarebbe stato male.
Unica pecca del film è che due ore e mezza di visione sono un po' troppe, ed a volte i linguaggi codice e le estenuanti indagini presenti nel film, possono farci tirare fuori qualche sbadiglio di troppo.
In ogni caso, si tratta di un film-report veramente valido, capace di descrivere dettagliatamente una storia ancora enigmatica su cui si gettano ancora numerose illazioni.
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shanks91
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giovedì 13 marzo 2014
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ma quale capolavro??
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dopo aver visto the hurt locker, film molto forte, realistico ed emozionante, anche se a tratti lento, ho visto il secondo film famoso della regista Bigelow.. L' inizio è scottante, subito con un' interrogatorio (dove la violenza non manca), queste emozioni si trasformano quasi subito in noia nella mezzora successiva fino ad arrivare a una tortura quasi equivalente a quella degli interrogatori nell' ora successiva; film lento, molto lento, lentissimo, se si perdono venti minuti di film poco importa perchè in realtà non ci si perde gran che. Dopo due ore finalmente si presenta la vera e propria caccia al ricercato, filmata quasi tutta attraverso i raggi infrarossi dei militari, che reca al film qualche emozione in più.
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dopo aver visto the hurt locker, film molto forte, realistico ed emozionante, anche se a tratti lento, ho visto il secondo film famoso della regista Bigelow.. L' inizio è scottante, subito con un' interrogatorio (dove la violenza non manca), queste emozioni si trasformano quasi subito in noia nella mezzora successiva fino ad arrivare a una tortura quasi equivalente a quella degli interrogatori nell' ora successiva; film lento, molto lento, lentissimo, se si perdono venti minuti di film poco importa perchè in realtà non ci si perde gran che. Dopo due ore finalmente si presenta la vera e propria caccia al ricercato, filmata quasi tutta attraverso i raggi infrarossi dei militari, che reca al film qualche emozione in più. Unici aspetti veramente positivi sono la recitazione della protagonista Jessica Chastain (bellissima la scena finale dove si vede che piange), e buono anche il montaggio. Sinceramente mi aspettavo molto di più mentre invece mi sono non goduto quasi tre ore di un film che piu che essere candiadato come miglior film doveva ricevare la statuetta come miglior documentario.
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dario
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martedì 3 maggio 2016
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accademico
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Sembra lo svolgimento di un compito in classe, dove tutto è preordinato in un certo modo, con mille convenzioni. La caccia a Bin Laden ha qualcosa di ossessivo che trapassa la ragione di un mondo civile. Può uno Stato moderno condannare a morte un individuo o dovrebbe catturarlo e processarlo, magari da un tribunale internazionale? La Bigelow segue pedissequamente una tesi rivendicativa che fa bene alla mentalità western, ma molto male a quella idealista che recita: se fai del male, otterrai male. Nulla viene detto del comportamento occidentale nei confronti di certi Paesi asiatici. Agli Occidentali si deve sicuramente la loro destabilizzazione. Le conseguenze non potevano essere rose e fiori.
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Sembra lo svolgimento di un compito in classe, dove tutto è preordinato in un certo modo, con mille convenzioni. La caccia a Bin Laden ha qualcosa di ossessivo che trapassa la ragione di un mondo civile. Può uno Stato moderno condannare a morte un individuo o dovrebbe catturarlo e processarlo, magari da un tribunale internazionale? La Bigelow segue pedissequamente una tesi rivendicativa che fa bene alla mentalità western, ma molto male a quella idealista che recita: se fai del male, otterrai male. Nulla viene detto del comportamento occidentale nei confronti di certi Paesi asiatici. Agli Occidentali si deve sicuramente la loro destabilizzazione. Le conseguenze non potevano essere rose e fiori.
Avendo un fine limitato e costretto entro griglie superficiali, tutto funziona allo stesso modo. La narrazione è orizzontale, le scene gratuite e questo nonostante un impianto robusto. La Bigelow sa fare cinema da un punto di vista estetico, da quello concettuale no perchè in lei prevale un intelletualismo da salotto che la fa deviare verso prodotti semi-documentaristici e propedeutici a una causa di parte. Della Chastan tutti dicono un gran bene, ma ha tre espressioni tre da mocciosa. Sceneggiatura da dimenticare. Scenografia ottima.
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bartleby corinzio
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venerdì 1 febbraio 2013
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quando il cinema è donna
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L'uomo più ricercato del pianeta, inserito all'interno di un'ideologia fortemente maschilista che vede nel femmineo un utensile o giù di lì, è stato stanato da una donna. Poco più che trentenne, rossa, tacchi alti, determinata, ha fatto della cattura di Osama bin Laden un'ossessione vera e propria. Ossessione conclusasi, come ha poi testimoniato un marine, chinata e in lacrime davanti ad un elicottero nonché davanti alla salma dell'uomo a cui aveva dato la caccia. Premiata con un'onorificenza dalla Cia, vedendo che il medesimo premio era stato dato anche ai suoi colleghi, lei ha inviato una mail collettiva agli altri agenti con scritto: "Voi mi avete ostacolata, mi avete lasciata sola, mi avete combattuta, soltanto io merito il premio, voi no.
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L'uomo più ricercato del pianeta, inserito all'interno di un'ideologia fortemente maschilista che vede nel femmineo un utensile o giù di lì, è stato stanato da una donna. Poco più che trentenne, rossa, tacchi alti, determinata, ha fatto della cattura di Osama bin Laden un'ossessione vera e propria. Ossessione conclusasi, come ha poi testimoniato un marine, chinata e in lacrime davanti ad un elicottero nonché davanti alla salma dell'uomo a cui aveva dato la caccia. Premiata con un'onorificenza dalla Cia, vedendo che il medesimo premio era stato dato anche ai suoi colleghi, lei ha inviato una mail collettiva agli altri agenti con scritto: "Voi mi avete ostacolata, mi avete lasciata sola, mi avete combattuta, soltanto io merito il premio, voi no." In risposta la Cia le ha negato una promozione.
E' questo il personaggio (reale) raccontato dalla Bigelow. E questo è anche uno dei punti a sé della pellicola, giacché non è facile scrivere di questo film. Nel senso che non è un semplice film su dei tizi che vanno ad ammazzare un tizio. E lo si capisce subito nei primi pesanti 40 minuti che mostrano le "tecniche avanzate di interrogatorio". Fanno male, perché è proprio dannatamente vero che la storia la scrivono i vincitori. E in questo caso i vincitori sono gli Stati Uniti d'America e la loro osannata democrazia. Democrazia che beatamente cela il sangue sotto le stelle e le strisce, democrazia legittimata a commettere crimini contro l'umanità. Democrazia che a volte, sbigottita, si ritrova a domandarsi: "Ma perché ce l'avete tanto con noi? Noi portiamo la pace." Ma questo è un altro punto, per l'appunto. Si rischia di generalizzare e di diventare ciechi e stolti. La Bigelow invece è riuscita a costruire un film che "vede"; non incentrato sul "guardate quanto siamo fighi noi americani". E' schietta, non si nasconde né enfatizza. Non giocherella.
Insomma, Kathryn Bigelow è una regista strepitosa. Ed è un bene che a dirigere una storia del genere sia stata lei... Ma chi altri poteva farlo? Questo film era suo. Questo film è donna. Per quanto, detto così, possa sembrare strano. Strano per via di un contesto così prettamente maschile e soprattutto brutale. Ma queste in effetti sono minutaglie, e non a caso quando il capo della Cia -durante una riunione- accorgendosi della donna presente nella sala, domanda: "Lei chi è?" La risposta immediata è: "Sono la figlia di puttana che ha trovato il rifugio". La "figlia di puttana", l'agente della Cia -nella finzione del film chiamata Maya- è interpretata da Jessica Chastain, candidata meritatamente come miglior attrice protagonista. Un personaggio che non fa nulla per risultare simpatico, anzi. Ma in fondo perché mai dovrebbe risultare simpatica?! C'è poi anche un'altra donna, Jennifer Ehle, che interpreta la reale Jennifer Matthews e poi ci sono gli uomini, dall'ottimo e controverso agente torturatore (Jason Clarke) ai corpi dei Navy SEALs, ed è meraviglioso il modo in cui la Bigelow scruta l'universo maschile, quei Navy SEALs protagonisti della parte più attesa del film. Parte che meriterebbe una recensione a sé, quei fatidici 38 minuti di azione dei 79 uomini ed il cane Cairo (un pastore belga Malinois).
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killbillvol2
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sabato 26 gennaio 2013
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zero dark thirty voto reale: 2 e mezzo.
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Decimo film della sessantunenne Bigelow, ritorna tre anni dopo The Hurt Locker, con un altro film di attualità (americana). Sceneggiato da Mark Boal, giornalista, già sceneggiatore della precedente opera della regista, narra della cattura di Bin Laden e di tutto quello che ci sta dietro, compresa l' ossessione della protagonista, che alla fine, come è ben noto, riesce a scovare e (far) uccidere il terrorista. Candidato a moltissimi premi Oscar tra i quali miglior film e miglior sceneggiatura originale, non se li merita affatto, eccetto quello per la brava Chastain. Nella prima parte la sceneggiatura cerca di far entrare subito lo spettatore nella storia, ma funge solo da presentazione dei personaggi principali, e per fare ciò si serve di una scena di tortura che, essendo una scena iniziale, spiazza, ma eccetto quella, il film non contine nessun' altra scena di violenza, ma è formato solo da dialoghi fitti, veloci, fin troppo che, almeno nella prima metà faticano a stare dietro al film.
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Decimo film della sessantunenne Bigelow, ritorna tre anni dopo The Hurt Locker, con un altro film di attualità (americana). Sceneggiato da Mark Boal, giornalista, già sceneggiatore della precedente opera della regista, narra della cattura di Bin Laden e di tutto quello che ci sta dietro, compresa l' ossessione della protagonista, che alla fine, come è ben noto, riesce a scovare e (far) uccidere il terrorista. Candidato a moltissimi premi Oscar tra i quali miglior film e miglior sceneggiatura originale, non se li merita affatto, eccetto quello per la brava Chastain. Nella prima parte la sceneggiatura cerca di far entrare subito lo spettatore nella storia, ma funge solo da presentazione dei personaggi principali, e per fare ciò si serve di una scena di tortura che, essendo una scena iniziale, spiazza, ma eccetto quella, il film non contine nessun' altra scena di violenza, ma è formato solo da dialoghi fitti, veloci, fin troppo che, almeno nella prima metà faticano a stare dietro al film. Per questi motivi la prima parte (e stiamo parlando di quasi un' ora e mezza di film) diventa in breve noiosa e piatta, didascalica, fredda e nient' altro. E così il film continua per altri trenta minuti, e all' alba dell' ora e cinquanta il film comincia a emozionare, nel senso più debole del termine. Infatti con l' entrata in scena dei "canarini" finalmente si è coinvolti attivamente nella trama.. Perchè più che per l' ambita statuetta di miglior film, potrebbe concorrere solo a quella per il miglior documentario. L' ultima mezz'ora abbondante è la più riuscita del film, ovvero quella ambientata nel rifugio del grande terrorista, quasi tutta ripresa dal punto di vista dei marines con i raggi infrarossi e, anche se ogni tanto sembra quasi di giocare a Call Of Duty, è l' unica parte veramente riuscita del film. La colonna sonora composta da Alexandre Desplat, cupa e ripetitiva, accompagna il film e gli dà un tono che la sceneggiatura e la regia insieme non sono riuscite a individuare: il film si barcamena tra thriller, film di denuncia, patriottismo (per fortuna in poche e ridotte dosi), e documentario per la didascalia a la freddura con i quali sono narrate le vicende e il carattere dei protagonisti. È un film ispirato a fatti reali, certo, ed è difficile riiscire a fare un film coinvolgente basandosi su eventi realmente accaduti dei quali tutti conoscono l' esito, ma, per esempio, l' ultimo film di Ben Affleck ARGO, nonostante l' evidente lieto fine, tutta la seconda metà è piena di tensione quasi hitchcockiana. Questo Zero Dark Thirty dura due ore e mezza, che sono davvero troppe, nonostante le svariate cose che accadono, e per fortuna che l' ultima mezz'ora è la più riuscita perchè se no molti non ce l' avrebbero fatta a reggerlo fino alla fine. L' unica scena che riesce a emozionare e fa meritare a questo film due stelle e mezzo invece che due, è l' ultima struggente inquadratura della Chastain, seduta su un aereo, che piange, dopo aver identificato il corpo di Bin Laden: la sua ossessione è finita. Peccato che di questa ossessione se ne sia fatto cenno veramente solo in un paio di scene nel mezzo e, a meno che non è un appasionato di storia moderna o un giornalista, lo spettatore o stava dormendo o se ne è già dimenticato; e nonostante la bellezza di questa inquadratura, è un film senza catarsi, perchè anche quando il terrorista viene (finalmente) ucciso, non si sospira di sollievo, perchè per tutta la durata del film si è stati solo spettatori passivi, non appasionati, non coinvolti, e perciò nel finale non scorgiamo quella nota di sollievo che in altri film( e qui ritorna Argo) si sentiva e si sentiva eccome. Sinceramente , ma questo è un parere personale, spero che agli Oscar non vinca assolutamente miglior sceneggiatura originale, ma spero che andrà come ai recenti Golden Globe: Django Unchained si merita la statuetta molto più di questo pesante, noioso film.
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