voland
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domenica 27 febbraio 2011
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da qualche parte...probabilmente
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Sofia Coppola dipinge con leggerezza e sarcasmo la vita insulsa
di una 'star' del cinema holliwoodiano, sino alla suo risveglio,
complice la figlia undicenne.Una piccola parte vede tre personaggi
( e un ex-regista)tra i più rappresentativi del 'trash' della pattumiera
televisiva italiana, che interpretano penosamente se stessi, inducendo
il protagonista e la figlia a fuggire velocemente dal bel paese.
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angies
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domenica 27 febbraio 2011
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sorprendente
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Tutte le recensioni del pubblico che avevo letto lo descrivevano come estremamente noioso, però ho voluto vederlo lo stesso in onore dei precedenti ottimi lavori di Sofia Coppola (il migliore in assoluto Marie Antoinette).
Effettivamente il film ha un ritmo piuttosto lento, più degli altri film della Coppola, ma niente di estremo.
Le scene delle ballerine in camera facevano ridere. Avrei evitato di mettere la pietosa Marini a ballare, dato che non abbiamo nulla da vantare della nostra tv, era più che sufficente la Ventura che tenta di parlare inglese.
Fantastica come sempre la fotografia.
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quorra
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venerdì 25 febbraio 2011
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invece è stata una sorpresa
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Sofia Coppola, una regista che io non amo affatto, che troppo spesso ammicca ad un pubblico pseudo intellettuale ventenne e fashionista, ha fatto un film semplice, pulito, non ridondante e dirò di più quasi commovente. E più che concentrarsi sulle emozioni provate dal padre come pare sia la regola, sono le emozioni della piccola che ti catturano.E' la bimba che sente la mancanza di qualcosa, di una madre e un padre che ci siano per lei. E' lei che stravede per il padre, che si sente diva a suo fianco, che è orgogliosa di lui, ne è quasi gelosa. E lui finalmente sembra affascinato da quei suoi modi gentili ed eterei che di certo non hanno le donne che frequenta.
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Sofia Coppola, una regista che io non amo affatto, che troppo spesso ammicca ad un pubblico pseudo intellettuale ventenne e fashionista, ha fatto un film semplice, pulito, non ridondante e dirò di più quasi commovente. E più che concentrarsi sulle emozioni provate dal padre come pare sia la regola, sono le emozioni della piccola che ti catturano.E' la bimba che sente la mancanza di qualcosa, di una madre e un padre che ci siano per lei. E' lei che stravede per il padre, che si sente diva a suo fianco, che è orgogliosa di lui, ne è quasi gelosa. E lui finalmente sembra affascinato da quei suoi modi gentili ed eterei che di certo non hanno le donne che frequenta. Film lento? può darsi.. ma chi se ne frega? Chi ti arriva a dire che un un film non è piaciuto perchè è lento... di cinema, non ci ha capito nulla. Ma qui bisognerebbe aprire una disquisizione troppo lunga.HO trovato ottime le scene, proprio quelle che durano 5 minuti l'una si! Proprio quelle, proprio interessanti. E la scena della maschera e ancor di più i 2 in piscina sott'acqua.Ti viene voglia di dirgli stringila quella piccina.Gli attori sono giustissimi, perfetti gli italiani, penso che la Coppola abbia preso i più rivoltanti, Chiatti in primis. Scappare dall'Italia? E quale persona sana non lo vorrebbe fare? Quindi concludendo film dolce e senza fronzoli, per una volta i complimenti alla Coppola e Tarantino mica è scemo!
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vipera gentile
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giovedì 24 febbraio 2011
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l'indifferente
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Il film racconta la vita di un famoso attore americano, corteggiato dalle donne, ricco, separato con una figlia di undici anni. Il suo atteggiamento ricorda molto “Gli indifferenti” di Moravia: è assolutamente distaccato, annoiato, al punto da addormentarsi mentre è impegnato in un amplesso. Graziose le scene con le due gemelline che fanno la lap dance e quelle con la figlia, bravissima e molto carina. L’attore vive in un albergo che è il posto più impersonale che ci sia; l’unico oggetto che gli appartiene veramente è la macchina, una Ferrari. Quando lo spettatore pensa che ci sia finalmente un colpo di scena, il film finisce.
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vipera gentile
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lunedì 21 febbraio 2011
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un uomo di oggi?
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Il film racconta la vita di un famoso attore americano, corteggiato dalle donne, ricco, separato, con una figlia di undici anni. Il suo atteggiamento ricorda molto “Gli indifferenti” di Moravia: è assolutamente distaccato, annoiato, al punto da addormentarsi mentre è impegnato in un amplesso. Graziose le scene con le due gemelline che fanno la lap dance e quelle con la figlia, bravissima e molto carina. L’attore vive in un albergo che è il posto più impersonale che ci sia; l’unico oggetto che gli appartiene veramente è la macchina, una Ferrari. Quando lo spettatore pensa che ci sia finalmente un colpo di scena, il film finisce.
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Il film racconta la vita di un famoso attore americano, corteggiato dalle donne, ricco, separato, con una figlia di undici anni. Il suo atteggiamento ricorda molto “Gli indifferenti” di Moravia: è assolutamente distaccato, annoiato, al punto da addormentarsi mentre è impegnato in un amplesso. Graziose le scene con le due gemelline che fanno la lap dance e quelle con la figlia, bravissima e molto carina. L’attore vive in un albergo che è il posto più impersonale che ci sia; l’unico oggetto che gli appartiene veramente è la macchina, una Ferrari. Quando lo spettatore pensa che ci sia finalmente un colpo di scena, il film finisce.
Forse la regista ha voluto mostrare l'uomo di oggi?
Per chi non ama assolutamente l’azione.
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enrico omodeo salè
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giovedì 17 febbraio 2011
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il seguito minimale di lost in translation
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Somewhere è un film molto coraggioso. Si apre con il logo della berlusconiana Medusa e subito dopo va in scena un piano sequenza di cinque minuti in cui il protagonista Johnny Marco (Stephen Dorff) compie, con la sua Ferrari nera, cinque giri di una strada anonima di campagna. Somewhere, "da qualche parte", ma forse sarebbe meglio intitolarlo Nowhere, "da nessuna parte". Una pellicola che ha il grande merito di scavare nel mondo delle star, un mondo che Sofia Coppola conosce molto bene, fatto di grandi alberghi, lusso sfrenato, sorrisi forzati da tutte le parti. Un mondo che rappresenta perfettamente l'altra faccia della globalizzazione, cioè l'omologazione di tutto: "somewhere".
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Somewhere è un film molto coraggioso. Si apre con il logo della berlusconiana Medusa e subito dopo va in scena un piano sequenza di cinque minuti in cui il protagonista Johnny Marco (Stephen Dorff) compie, con la sua Ferrari nera, cinque giri di una strada anonima di campagna. Somewhere, "da qualche parte", ma forse sarebbe meglio intitolarlo Nowhere, "da nessuna parte". Una pellicola che ha il grande merito di scavare nel mondo delle star, un mondo che Sofia Coppola conosce molto bene, fatto di grandi alberghi, lusso sfrenato, sorrisi forzati da tutte le parti. Un mondo che rappresenta perfettamente l'altra faccia della globalizzazione, cioè l'omologazione di tutto: "somewhere". I non luoghi sono gli aereoporti, i grand hotel, i tappeti rossi e, ancora più agghiacciante, ci sono anche le non persone, rappresentate in questo caso dalle due bionde che fanno lo striptease d'asporto (i comuni mortali si fermano alla pizza). Johnny dapprima non si rende conto di questo vuoto, che è anche un vuoto di parole (basta il sorriso, soprattutto nella sua trasferta italiana ai "Telegatti"). Poi c'è la svolta, grazie alla figlia (Elle Fanning), che in qualche modo fa uscire Johnny dal torpore, permettendogli involontariamente di interpretare per la prima volta un ruolo non finto, quello di padre. Fintanto che alla fine, al Chateau Marmont, si respira quasi aria di casa, essendo quell'albergo paradossalmente il primo luogo vero, in cui si ha anche il tempo di ascoltare un anziano inserviente suonare uno struggente "Teddy Bear" alla figlia.
Finale di speranza e una stupenda colonna sonora rock, che passa da Sting agli Strokes per concludersi con i Phoenix.
Per dirla in due parole, il seguito minimale di Lost in Translation. Difficile per gli over 50 apprezzare questo film di Sofia che sta sempre di più diventando una regista generazionale.
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ragthai
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giovedì 10 febbraio 2011
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una delusione
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Mi devo accodare al giudizio di altri, il film e' stato decisamente deludente. Lento, con sequenze lunghe e di poco significato e una trama pressoche' inesistente. Piu' che un film sembra, a tratti, un film - documentario, di quelli che si girano per mostrare il dietro le quinte di alcuni artisti, solo che in questo caso e' di nessun interesse, in quanto non riguarda un personaggio reale e non c'e' nessuna curiosita' da soddisfare.
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alaska001
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giovedì 10 febbraio 2011
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sofia coppola raggiunge/supera lost in translation
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Sceneggiatura,fotografia,inquadrature ma anche titolo e colonna sonora sono complementari in questo film che,come Lost In Translation,non gioca su forti emozioni ma è incentrato su rapporti più intimi e pacati ma non per questo meno sinceri e profondi.Se ci si siede sul divano con l'aspettativa di trovare un film con una sceneggiatura articolata o patimenti sentimentali fatti di separazioni e ricongiungimenti si rimarrà indubbiamente delusi,se invece ci si lascia trascinare dalle inquadrature ferme,simmetriche e lunghe,con altrettanti lunghi silenzi che raccontano,senza condannare apertamente,il viscido mondo dello spettacolo,vissuto con apatia da Johnny Marco (classico attore hollywoodiano annoiato dalla fama,proprio come Bill Murray a Tokyo),che lascia spazio all'ingresso in punta di piedi della figlia Cleo nella vita del padre,si può vivere piacevolmente quest'ora e mezza curata nei dettagli.
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Sceneggiatura,fotografia,inquadrature ma anche titolo e colonna sonora sono complementari in questo film che,come Lost In Translation,non gioca su forti emozioni ma è incentrato su rapporti più intimi e pacati ma non per questo meno sinceri e profondi.Se ci si siede sul divano con l'aspettativa di trovare un film con una sceneggiatura articolata o patimenti sentimentali fatti di separazioni e ricongiungimenti si rimarrà indubbiamente delusi,se invece ci si lascia trascinare dalle inquadrature ferme,simmetriche e lunghe,con altrettanti lunghi silenzi che raccontano,senza condannare apertamente,il viscido mondo dello spettacolo,vissuto con apatia da Johnny Marco (classico attore hollywoodiano annoiato dalla fama,proprio come Bill Murray a Tokyo),che lascia spazio all'ingresso in punta di piedi della figlia Cleo nella vita del padre,si può vivere piacevolmente quest'ora e mezza curata nei dettagli.
Le feste e le donne lasciano spazio a un rapporto padre-figlia quasi amichevole davvero ben construito nelle sue sfaccettature senza subire un taglio drastico sebbene l'arrivo della figlia sia inatteso.Il tutto è costruito senza assumere toni troppo coloriti o manifestazioni sentimentalistiche dirette (ad eccezione di qualche sprazzo nell'ultima parte del film),nonostante ciò tutto risulta lucido e congegnato con idee ben precise e il messaggio alla fine risulti ben chiaro nonostante il finale sia semi-aperto (o forse no?).Love Like a Sunset dei Phoenix è la colonna sonora ideale per questo fiIm.
Il tentativo di Sofia Coppola è coraggioso,a causa dei temi già molte volte affrontati (l'opprimente mondo dello spettacolo,il rapporto padre e figlia),ma il modo in cui vengono affrontati,in modo estremamente minimalista,sono le immagini e i gesti a essere padroni,se non contribuisce a rendere la pellicola noiosa oltre che scontata,può diventare un'opera emozionante che giustifica pienamente il premio conseguito a Venezia
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ago della bilancia
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mercoledì 2 febbraio 2011
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come se non ci fosse nulla da raccontare.
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film che non merita molti elogi. se non uno. rendere perfettamente la sensazione di vuoto, del "non so che fare", del "tempo perso a cercare se stessi". come se non ci fosse nulla da raccontare. il protagonista non sa parlare di se, non comunica con le altre persone, con i giornalisti. tace. non trasmette nulla se non lo spreco di tempo alla ricerca di qualcosa, di non definito. l'avrei intitolato "something" non "somewhere". Un dinamica, una crisi interiore che è molto più frequente di quanto si immagini tra la gente comune. Non vedo la necessità di associare quel tipo di emozione sempre ad una ultra milionaria star hollywoodiana con lo scontato riferimento a donne, alcool e bella vita.
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film che non merita molti elogi. se non uno. rendere perfettamente la sensazione di vuoto, del "non so che fare", del "tempo perso a cercare se stessi". come se non ci fosse nulla da raccontare. il protagonista non sa parlare di se, non comunica con le altre persone, con i giornalisti. tace. non trasmette nulla se non lo spreco di tempo alla ricerca di qualcosa, di non definito. l'avrei intitolato "something" non "somewhere". Un dinamica, una crisi interiore che è molto più frequente di quanto si immagini tra la gente comune. Non vedo la necessità di associare quel tipo di emozione sempre ad una ultra milionaria star hollywoodiana con lo scontato riferimento a donne, alcool e bella vita. facile per uno stramilionario saldare il conto di un hotel. facile andare "somewhere". banalissima scena finale, patetico l'abbandono della ferrari. un san francesco poco credibile. certamente un modo di vivere che la Coppola crede "comune".
distante dalla realtà per meritare un premio importante. lento.
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giu/da(g)
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lunedì 31 gennaio 2011
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interessante, ma nulla di nuovo
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Johnny Marco (Stephen Dorff) è un vizioso divo italo-americano che alloggia al celebre Chateau Marmont, la sua vita è un noioso - dal suo punto di vista - susseguirsi di facili sveltine, interviste incomprensibili, corse in macchina, falsi sorrisi. A riempire il suo vuoto esistenziale sarà per un istante la piccola figlia Cleo (Ellie Fanning). Sofia Coppola compone un film indubbiamente di pregio sotto il profilo tecnico, ricco di piani sequenza, una buona fotografia e di silenzi ripetitivi (specialmente la scena iniziale) che lasciano trasparire lo stato d'animo piatto del protagonista, ma la sua eccessiva frammentarietà lo relega ad una successione di inquadrature impomatate, estenuanti, che ne rendono poco credibile la conversione finale.
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Johnny Marco (Stephen Dorff) è un vizioso divo italo-americano che alloggia al celebre Chateau Marmont, la sua vita è un noioso - dal suo punto di vista - susseguirsi di facili sveltine, interviste incomprensibili, corse in macchina, falsi sorrisi. A riempire il suo vuoto esistenziale sarà per un istante la piccola figlia Cleo (Ellie Fanning). Sofia Coppola compone un film indubbiamente di pregio sotto il profilo tecnico, ricco di piani sequenza, una buona fotografia e di silenzi ripetitivi (specialmente la scena iniziale) che lasciano trasparire lo stato d'animo piatto del protagonista, ma la sua eccessiva frammentarietà lo relega ad una successione di inquadrature impomatate, estenuanti, che ne rendono poco credibile la conversione finale. La lentezza ha un suo fascino (si pensi ai film di Antonioni) ma non è per forza sinonimo di introspezione come si vuol far credere, anzi, qui sembra piuttosto un pretesto per ammantare di classe una sceneggiatura già vacua, piena di buchi e luoghi comuni. Non si può non citare a tal proposito lo squallido viaggio in Italia - tratto da un ricordo d'infanzia della Coppola - con una vagonata di stereotipi (tra cui spiccano i poliziotti che scattano foto col cellulare), salvo per l'untuosa presenza della Marini, Frassica e di quel cassonetto di Simona Ventura, in cui si azzecca perfettamente la volgarità della nostra televisione. Fatta eccezione per Ellie Fanning, veramente graziosa nel comunicare con lo sguardo, Somewhere è un film troppo algido, che si bea nella propria autoreferenzialità, parlando di cinema attraverso il cinema. Cassato.
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