boffese
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venerdì 26 marzo 2010
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la guerra secondo maoz
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Lebanon, e' un film sulla guerra ! ma, non è la solita pellicola piena di sangue o strategia militare. no, perchè Samuel Maoz , vi raccontera' la sua esperienza personale ,dal suo punto di vista :la telecamera vi fara' inabissare nelle terre libanesi, tramite il mirino del puntatore di un carroarmato.
E' la storia di 4 giovani soldati israeliani, buttati allo sbaraglio, che devono confrontarsi col terribile mondo della guerra ,senza la minima esperienza e con la paura che li sovrasta. il film ha la capacita' di assorbire lo spettatore, che vedendo il film dal punto di vista del carroarmato, si sente lui stesso in questa "macchina", sente le difficolta' di sopravvivere li' dentro,la claustrofobia, il frastuono dei movimenti, la nausea per la mancanza di aria pulita, il rumore assordante degli spari, la puzza di un ambiente saturo di sporcizia, la ricerca della sopravvivenza.
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Lebanon, e' un film sulla guerra ! ma, non è la solita pellicola piena di sangue o strategia militare. no, perchè Samuel Maoz , vi raccontera' la sua esperienza personale ,dal suo punto di vista :la telecamera vi fara' inabissare nelle terre libanesi, tramite il mirino del puntatore di un carroarmato.
E' la storia di 4 giovani soldati israeliani, buttati allo sbaraglio, che devono confrontarsi col terribile mondo della guerra ,senza la minima esperienza e con la paura che li sovrasta. il film ha la capacita' di assorbire lo spettatore, che vedendo il film dal punto di vista del carroarmato, si sente lui stesso in questa "macchina", sente le difficolta' di sopravvivere li' dentro,la claustrofobia, il frastuono dei movimenti, la nausea per la mancanza di aria pulita, il rumore assordante degli spari, la puzza di un ambiente saturo di sporcizia, la ricerca della sopravvivenza.
il regista , alla sua opera prima, "centra il bersaglio", con un film giustamente vincitore a venezia, capace di emozionare con stupendi primi piani. nella penombra del carroarmato i visi dei giovani, man mano che passano i minuti , diventano sempre piu' logorati dal sudore e dalla paura di morire.
da applausi l'ultima immagine , dopo l'apocalisse,anche i girasoli abbassano la testa !
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[+] anche tu hai centrato il bersaglio!!!
(di lucycana)
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kronos
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venerdì 19 marzo 2010
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claustrofobia da mediometraggio
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L'odissea in soggettiva di un carro armato isreliano durante la prima guerra del Libano ha un suo fascino indiscutibile, ma l'esito non regge assolutamente il lungometraggio e ... un Leone d'oro.
Dopo una prima affascinante mezz'ora, nella quale condividiamo le tensioni, le paure (e l'ignoranza ideologica) dell'equipaggio, il film non cresce più: entra in un loop che ci trascina svogliatamente verso il finale.
Il film non soprende più, non emoziona, non indigna, finisce per essere ripetitivo, scontato, ordinario.
Sarà un caso che Israele abbia candidato un altro film agli Oscar?
Ultimamente i primi festivalieri vengono assegnati più con criteri politici che filmici. E' un errore.
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ulisse104
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martedì 16 marzo 2010
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la guerra vista sotto altri punti di vista
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Il film racconto la storia di un 4 soldati all'interno di un carro armato. La narrazione viene vista attraverso il mirino del carro armato. Il film mette a nudo la crudele guerra e tutti gli effetti negativi che la stessa semina dietro.
Particolare una scena di un asinello ferito all'addome e mentre il carro scruta se ci sono nemici appostati, si scorge un lacrima che viene giù dal povero asino. Il film sotto certi aspetti è molto toccante, d'altronde non viene messo in risalto la guerra, l'azione dei soldati, le strategie etc, ma gli effetti devastanti che la guerra produce sia nei soldati che vi hanno partecipato sia nelle persone che invece l'hanno subito.
In alcune scene il film risulta monotono e sicurmante si tratta di una pellicola che non verrà vista dalla maggioranza del pubblico.
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Il film racconto la storia di un 4 soldati all'interno di un carro armato. La narrazione viene vista attraverso il mirino del carro armato. Il film mette a nudo la crudele guerra e tutti gli effetti negativi che la stessa semina dietro.
Particolare una scena di un asinello ferito all'addome e mentre il carro scruta se ci sono nemici appostati, si scorge un lacrima che viene giù dal povero asino. Il film sotto certi aspetti è molto toccante, d'altronde non viene messo in risalto la guerra, l'azione dei soldati, le strategie etc, ma gli effetti devastanti che la guerra produce sia nei soldati che vi hanno partecipato sia nelle persone che invece l'hanno subito.
In alcune scene il film risulta monotono e sicurmante si tratta di una pellicola che non verrà vista dalla maggioranza del pubblico. Film discreto.
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vittorio
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martedì 2 marzo 2010
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grande film!!
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L'assurdità delle guerra dall'occhio di un carro armato, claustrofobico, commovente, con delle scene raccapriccianti....la lacrima del cavallo morente è qualcosa che penetra profondamente nel cuore!!
Un film contro la guerra....contro tutte le guerre....senza nessuna retorica!!
Splendido!!
Da non perdere.....
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elvis shot jfk
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mercoledì 17 febbraio 2010
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lebanon.
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wilsons
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sabato 30 gennaio 2010
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decidere la propria vita o la propria morte
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Incredibile rappresentazione di sentimenti contrastanti e allo stesso tempo tremendamente crudo e pragmatico. Samuel Maoz è riuscito brillantemente a trasmettere l'atrocità e l'odio della guerra israeliana vissuta nel ventre di un carroarmato. Lo spettatore sembra come essere anch'egli nel carroarmato. Ha l'impressione di sentire la puzza di sudore, di sentire sulla pelle l'alito affannato dei propri compagni. Ogni sguardo all'interno di un semplice mirino significava uccidere, distruggere tutto. Guardare in quel mirino è come avere un coltello alla gola. Spari o sei morto. In quel momento il cuore sembra paralizzarsi. Inquadrare un viso di donna col suo bambino ed essere costretto a sparare.
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Incredibile rappresentazione di sentimenti contrastanti e allo stesso tempo tremendamente crudo e pragmatico. Samuel Maoz è riuscito brillantemente a trasmettere l'atrocità e l'odio della guerra israeliana vissuta nel ventre di un carroarmato. Lo spettatore sembra come essere anch'egli nel carroarmato. Ha l'impressione di sentire la puzza di sudore, di sentire sulla pelle l'alito affannato dei propri compagni. Ogni sguardo all'interno di un semplice mirino significava uccidere, distruggere tutto. Guardare in quel mirino è come avere un coltello alla gola. Spari o sei morto. In quel momento il cuore sembra paralizzarsi. Inquadrare un viso di donna col suo bambino ed essere costretto a sparare. L'odio terrorizza, la ragione ti rende consapevole delle tue azioni. E' difficile stare li in quel momento, con i tuoi compagni che urlano, che sputano sangue nell'implorare la salvezza. Tutto diventa un salto nel vuoto. Tutto diventa "probabilità". Vita o morte! Questo è Lebanon.
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paapla
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domenica 15 novembre 2009
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torretta sinistra
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Film claustrofobico, girato in una torretta di un Panzer che si aggira senza controllo. Semplicemente imperdibile. Contro le follie delle guerre.
[+] il campo di girasoli
(di paapla)
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spider
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venerdì 13 novembre 2009
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"benvenuti in libano, chiudo"
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La Guerra, purtroppo, da una visuale che non hai mai visto (spero!)...
Opera prima e autobiografica del regista israeliano che nel 1982 era proprio in quel carro armato.
Film forte (per chi ha pelo sullo stomaco) ma che consiglio di vedere (magari chiudendo qualche volta gli occhi), meglio se con un buon impianto audio-dolby.
Non vedi l'ora di uscire dal carro armato e alla fine del film, quando in sala si accendono le luci, tiri un sospiro di sollievo...per fortuna ci sono i girasoli!
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paola di giuseppe
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domenica 1 novembre 2009
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…sopra la terra nera…
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6 ottobre ’73, festa dello Yom Kippur, Israele contro Siria ed Egitto; 6 giugno 1982, prima guerra Israele/Libano. Amos Gitai, Ari Folman, Samuel Maoz le hanno combattute e ce le raccontano.
Eran Riklis ha raccontato, un anno fa, la “guerra” dei limoni che, dopo “La sposa siriana”, ha parlato di confini, segnati da un muro o bruciati da odio etnico, fa lo stesso, comunque confini.
Il conflitto arabo/israeliano si sta avvicinando al top delle classifiche quanto a rappresentazione cinematografica della guerra nel mondo del secondo dopoguerra, il mondo, cioè, pacificato dagli accordi di Yalta.
Superato finora solo dalla guerra del Vietnam, quasi a pari merito con la crisi dell’ex Jugoslavia, si potrebbe stabilire un confronto non più numerico ma sul grado di orrore che si è capaci di rappresentare al cinema.
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6 ottobre ’73, festa dello Yom Kippur, Israele contro Siria ed Egitto; 6 giugno 1982, prima guerra Israele/Libano. Amos Gitai, Ari Folman, Samuel Maoz le hanno combattute e ce le raccontano.
Eran Riklis ha raccontato, un anno fa, la “guerra” dei limoni che, dopo “La sposa siriana”, ha parlato di confini, segnati da un muro o bruciati da odio etnico, fa lo stesso, comunque confini.
Il conflitto arabo/israeliano si sta avvicinando al top delle classifiche quanto a rappresentazione cinematografica della guerra nel mondo del secondo dopoguerra, il mondo, cioè, pacificato dagli accordi di Yalta.
Superato finora solo dalla guerra del Vietnam, quasi a pari merito con la crisi dell’ex Jugoslavia, si potrebbe stabilire un confronto non più numerico ma sul grado di orrore che si è capaci di rappresentare al cinema.
O, forse, meglio stabilire parallelismi fra i modi che, di volta in volta, ognuno ha scelto per esorcizzarlo, quell’orrore.
La coloratissima scena d’amore body painting, che apre e chiude Kippur, aiuta a dimenticare il monocromatismo del fango fetido in cui affondano i barellieri di Gitai, in una esasperante lentezza di movimenti da incubo claustrofobico; la storiella raccontata dentro il carro di Lebanon sulla morte del padre e sulla maestra che consola l’orfanello e gli dà una mano a liberarsi dall’angoscia, strappa una risata alla sala, attanagliata da ossessivi rumori sferraglianti,visioni di bassa macelleria, primissimi piani di occhi terrorizzati e facce annerite e sudate.
O, forse, si può ricordare il giardino di limoni di Sama,che continua a frusciare al vento davanti alle torrette di guardia del muro di Gaza, o la musica di Bach che scende pietosa sul corpicino del bambino terrorista straziato dal carro armato del Valzer con Bashir.
O, infine, il campo di girasoli a perdita d’occhio su cui la macchina da presa resta ferma a lungo, in apertura di Lebanon, sotto un cielo fermo di immobile fissità, che si riempie, in chiusura (stessa ring composition di Kippur) di un carro armato che copre quasi tutto l’orizzonte.
Sembra abbandonato, ferraglia (come dice la scritta sul fianco) però quante belle corolle gialle avrà schiacciato!
Dicono che sopra la terra nera //
la cosa più bella sia una fila di cavalieri,//
o di opliti, o di navi.//
io dico: quello che s'ama (SAFFO)
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edward teach
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mercoledì 28 ottobre 2009
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bel film
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Comincia benissimo e cede forse solo nel finale un po' consolatorio e sotto sotto autoassolutorio.
In effetti le inquadrature sulle twin towers di cui parla Ipse ci sono...
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