Anno | 2008 |
Genere | Drammatico |
Produzione | India, USA |
Durata | 96 minuti |
Regia di | Tariq Tapa |
Attori | Emran Tapa, Ali Muhammed, Taniya Bhat . |
MYmonetro | 4,00 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Dilawar è un borseggiatore teenager che vive nel Kashmir occupato, intenzionato a fuggire da quella realtà e dal severo zio. Questi piani verranno sconvolti dall'inserirsi nella sua vita di Bani, donna da lui derubata.
ASSOLUTAMENTE SÌ
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A Srinagar, nella contrastata regione del Kashmir, l'adolescente Dilawar passa le giornate a escogitare espedienti illeciti per guadagnare il denaro sufficiente ad abbandonare la città e l'attività di muratore su cui lo zio adottivo l'ha instradato. Mentre svolge una commissione per il parente, a un ufficio di spedizioni incontra una ragazza, Bani, di qualche anno più vecchia di lui, con la quale scopre di condividere una propensione per la matematica e il desiderio di fuggire al più presto dalla propria città e dal retaggio della propria cultura.
Tariq Tapa è un giovane regista con radici kashmiriane da parte di padre nel suo albero genealogico. È tuttavia nato e vissuto sempre a New York, frequentando Srinagar come meta turistica estiva per visitare i parenti paterni e solo fino al 1989 (anno in cui in quella zona sono cominciati i più violenti scontri fra musulmani e induisti). Zero Bridge è il suo lavoro di tesi a conclusione di una borsa di studio in cinema della Fulbright (la prestigiosa borsa di studio per gli scambi culturali con gli Stati Uniti). Sono note biografiche apparentemente di contorno, che tuttavia non possiamo permetterci di tenere a margine se vogliamo riuscire a comprendere pienamente il senso di questo film e soprattutto il pubblico a cui esso è mirato. Perché nel suo aspetto minimalista e nella povertà di mezzi che lo caratterizza, Zero Bridge è costruito in realtà quasi come una summa di tutti quei tratti peculiari che hanno fatto la storia del cinema realista occidentale (in particolar modo europeo): un'estetica di basso profilo, un sonoro di presa diretta disturbato, attori locali non professionisti (il protagonista è il diretto cugino del regista) e un uso praticamente esclusivo della macchina a mano.
Dal neorealismo al cinéma vérité, da Ermanno Olmi ai fratelli Dardenne, Tapa intraprende sentieri sicuri, già notevolmente solcati, e riutilizza gli stilemi più noti del realismo cinematografico per raccontare la poco conosciuta realtà del Kashmir. Tuttavia quella mancanza di audacia che gli si può imputare (anche indebitamente, considerate tutte le difficoltà che comporta girare in una terra di scontri) per il modo in cui pratica il linguaggio del cinema, riesce a compensarsi e a farsi valore nell'ardore delle intenzioni e negli effetti che la sua storia riesce alla fine a muovere. I due "amanti del ponte zero" divengono alla fine il veicolo più efficace per documentare la situazione di un paese e poter anche rappresentare quella parte della popolazione che ambisce all'emancipazione culturale e ad un cambiamento nello stato delle cose.