Da Ong Bak a Ong Bak 2.
di Emanuele Sacchi
Lontano dai sequel
Ben difficilmente si può far rientrare Ong Bak 2 nella categoria dei sequel: ambientazione lontanissima, differenti i personaggi. Ovvio ritenere che l'utilizzo del nome di un simile successo significhi solamente "attenzione occidentali, trattasi del nuovo film con Tony Jaa". Ma si tratta pure del primo film di Tony Jaa, fortemente voluto dalla star, che ha lungamente lottato con la produzione per ottenere quel che voleva, finendo pure per abbandonare il set per un mese. Cosa è cambiato dal primo al secondo Ong Bak? Di certo il differente ruolo nella madrepatria ma soprattutto nel mondo assunto dall'action thai, sdoganato definitivamente e assurto a livelli di considerazione, in ambito di cinema di arti marziali, fin qui riservati alla sola Hong Kong.
Se il primo capitolo indulgeva in una serie di trucchetti ad uso e consumo del pubblico meno smaliziato – in primis gli estenuanti replay al ralenti delle principali scene d'azione – con Ong Bak 2 l'azione si muove su tutt'altro livello. Attorno ai nomi di Prachiya Pinkaew e Panna Rittikrai è il grado di consapevolezza del cinema thai, e in modo particolare del cinema di Muay Thai (la forma di arti marziali tipica della Tailandia), ad essere radicalmente cambiato, con un vero e proprio star system in fase di sviluppo.
La macchina action di Tony Jaa
Prachiya Pinkaew, regista del primo episodio di Ong Bak e primo uomo a dare fiducia a Panna e Tony Jaa, ha diretto il folgorante Chocolate (2007), rampa di lancio per la controparte femminile di Jaa, quella Jeeja Yanin che aggiunge a doti non comuni nelle arti marziali un'avvenenza fisica tale da renderla sicura star negli anni a venire.
Dal canto suo Panna Rittikrai, co-regista di Ong Bak 2, è divenuto sempre più per il Muay Thai quello che Lau Kar-leung o Yuen Woo-ping sono stati per il cinema di kung fu: il perfetto martial arts director, continuatore della tradizione ma anche grande innovatore. Lui ha seguito per primo le gesta di Tony Jaa e c'è ancora lui dietro all'ascesa di Jeeja Yanin e di Dan Chupong (altra star emergente, presente in Ong Bak 2 come uno dei nemici di Tony Jaa). Panna sceglie parole molto umili in merito al suo ruolo: "Non avevo una preparazione specifica, ho appreso le arti marziali guardando i film di Bruce Lee e di Jackie Chan. Tutto è iniziato con un film di Bruce Lee, mi piaceva così tanto che cercavo di imitarne i calci e i pugni. Finita la scuola correvo a casa a fare pratica. Non c'erano ancora le videocassette, così andavo al cinema - quasi 200 volte per alcuni film. Quando avevo raggiunto la padronanza di una mossa, tornavo a vederne un'altra. A volte esaminavo gli annunci economici dei giornali cercando libri usati sulle arti marziali, dalle librerie della Chinatown di Bangkok. Per sette anni ho continuato a impratichirmi in questo modo. Poi ho studiato ginnastica, taekwondo, Muay Thai, judo e krabi-krabong (combattimento thailandese con le spade) per migliorare le mie capacità. Ho mescolato tra loro queste arti marziali". Lo stile di Panna trova il suo veicolo principale in Born to Fight (1979), scritto, diretto, recitato, montato e coreografato da Rittikrai. Il film diviene un cult tale da essere rivisitato, molto liberamente, nel 2004, con un remake sensazionale a livello di stunt e scene di azione. Dopo decenni passati in produzioni minori o televisive, avviene il ripescaggio da parte di Prachiya per Ong Bak, che riporta il nome di Panna Rittikrai sulla bocca di tutti e mostra al mondo di cosa è capace il Muay Thai. Grazie al talento di Tony Jaa: "Non era Jackie Chan e nemmeno Jet Li – dice di lui Panna - Era il Muay Thai, e gliel'avevo insegnato io. Ma naturalmente non lo conoscevo come i veri maestri di Muay Thai. Era una nuova tipologia di arti marziali, che funzionava bene con il talento eccezionale di Tony Jaa. Riusciva a saltare più in alto e a restare in aria più tempo di altri. Aveva una determinazione immensa, sarebbe morto per i film. Non voleva farlo solo per la fama, ma per provare che poteva farlo. Era un genio delle arti marziali, riusciva a imparare qualsiasi disciplina. Se Jackie Chan riusciva a eseguire due giri, Tony Jaa si allenava finché non era in grado di farne tre. Se non ci fosse riuscito oggi, si sarebbe allenato domani e il giorno seguente, fino a riuscirci".
Ed è questa determinazione incrollabile a rendere Tony Jaa la macchina action che in Ong Bak 2 tocca vertici fin qui impensabili, mescolando i "pugni ubriachi" di Lau Kar-leung alla tradizione thai e annullando il cinema in una sequenza interminabile di corpo a corpo iper-cinetici (il tutto senza ricorso a stunt e tantomeno a cavi), quella che occupa l'ultima mezzora abbondante del film. Nonostante le tribolazioni vissute nel doppio ruolo di attore e regista, Tony Jaa pare intenzionato a ripetersi, visto che le riprese del terzo capitolo – preannunciato ampiamente dal finale di Ong Bak 2 - sono già cominciate. Per l'occasione Tony ha adottato anche un nuovo nome, quello di Thatchakorn Yeerum, ossia "grande costruttore" oppure "donatore generoso". Aspettatevi botte, sangue e sudore, ma di sicuro altre impensabili innovazioni sul tema.