Un film che guarda al mondo dell'arte con intelligenza e ironia.
di Edoardo Becattini
Lo stato dell'arte
L'arte si è da sempre distinta come espressione del genio, forma inedita e pulsante della sensibilità, parto naturale di creazione e creatività. Da meno tempo si mostra invece nel suo universo sociale e mondano fatto di quei lussuosi vernissage dove trionfa l'eccentricità ricercata e l'esibizionismo critico e intellettuale, più o meno da quando tutto il dominio dell'esperienza estetica si è convertito al sistema dell'industria culturale. Con atteggiamento più ironicamente affettuoso che critico, l'esperto d'arte contemporanea Andrés Duprat ha trasformato tutti i suoi dubbi su questo mondo un po' snob, a volte vacuo e decadente, ma fondamentalmente innamorato del “bello della vita”, in una sceneggiatura che ha poi affidato alle mani e agli occhi di un giovane cugino videoartista e di un suo collega. E da questo incrocio di sguardi fra cinema e arte figurativa, fra inquadratura e pittura è nato L'artista. Film d'arte sull'arte, L'artista racconta la storia di Jorge, infermiere in un ospizio che sfrutta l'estro di uno dei suoi anziani pazienti per costruirsi una carriera come artista ed entrare così nelle più prestigiose gallerie argentine e in un mondo di criptiche interpretazioni e di domande che non necessitano risposta. Attraverso una forma che privilegia la staticità di inquadrature fisse, la glaciale risoluzione dell'HD e un supporto sonoro fatto esclusivamente di rumori d'ambiente, i suoi autori, i due videoartisti Mariano Cohn e Gastón Duprat, riescono a restituire il punto di vista dell'arte sull'arte, delle opere d'arte sul contesto sociale e culturale che le circonda. Un'operazione intelligente e ironica cui hanno deciso di prendere parte anche i più famosi critici, galleristi e artisti argentini, a dimostrazione che l'arte è ancora un gioco di prospettiva e di punti di vista.
Un film sull'arte o sugli artisti?
Andrés Duprat (sceneggiatore e interprete): Lavoro nel mondo dell'arte da tanti anni, come curatore di mostre e come direttore del dipartimento pubblico di Arti Visive. È un mondo che da una parte odio per il suo snobismo, per la sua vacuità e per la sua decadenza, ma che dall'altra amo per il modo pazzo con cui riesce sempre a sorprendermi. Scrivere questo film è stato un po' come cercare di esorcizzare questa tensione, questa mia schizofrenia. È una dissociazione che ho cercato di iscrivere completamente nei due personaggi protagonisti: Jorge e Romano, l'infermiere che si finge artista e il vecchio autistico che ama dipingere. Chi è il vero artista dei due, chi produce l'opera o chi la vende come arte? Chi fa arte o chi dice cosa è arte? È una questione che da sempre coinvolge il dominio dell'arte e soprattutto quello dell'arte contemporanea.
Quanto conta l'approccio ironico nel film?
Andrés Duprat: All'interno del film ci sono delle gag e dei momenti esplicitamente divertenti, ma non ho in nessun modo cercato di fare delle caricature o delle rappresentazioni paradossali. Tutto quello che vedete o sentite dire nel film sono le frasi più comuni che potete ascoltare durante una qualunque esposizione d'arte di grande importanza, come la Biennale di Venezia. La mondanità dell'arte è un mondo chiuso ed elitario, dove si cerca il più possibile di parlare attraverso un linguaggio criptico e specialistico. Il cinema al contrario, nonostante la sua crisi, è ancora una forma d'arte popolare, un piacere che la gente si concede per il tipo di esperienza e di emozioni che ancora è capace di dare. E per questo ho voluto scrivere un testo che fosse esplicitamente rivolto al mezzo cinematografico, per tornare a questo approccio più sensuale dell'esperienza e per raccontare con ironia l'intellettualismo autocompiaciuto dei critici e dei curatori d'arte.
È una posizione critica ma evidentemente condivisa, visto che si sono prestati a partecipare al film moltissimi esperti, galleristi e artisti della scena contemporanea argentina (fra cui anche Leon Ferrari, vincitore della Biennale 2007), chiamati a interpretare vari caratteri fra l'autoironico e il dissacrante.
Il finale era così concepito fin dalla sceneggiatura?
Andrés Duprat: Il finale lascia aperta la possibilità che anche Jorge, l'infermiere che si appropria delle opere del suo paziente, possa essere un'artista. D'altronde il passaggio in Europa rappresenta a livello simbolico una sanzione del suo percorso intellettuale come artista, dopo il quale può permettersi di fare qualsiasi cosa e fare in modo che questa sia reputata un'opera d'arte. Mi interessava soprattutto mostrare il contrasto fra lo status di artista riconosciuto e l'ultra-decadenza dell'appartamento romano in cui viene accolto.
Da dove è nata l'idea di fare un film sull'arte senza mai mostrarla?
Andrés Duprat: Ho scritto la sceneggiatura pensando solo alla storia, una storia non sull'arte contemporanea ma sul mondo che la circonda. Da questo assunto, i due registi hanno deciso di escludere le opere d'arte dalla visione e di concentrarsi solo sulla fruizione dei vari spettatori, attraverso una serie di inquadrature fisse. Ed è stata una bellissima idea perché ha permesso di identificare le varie sequenze come fossero delle cornici di quadri, e di tematizzare lo sguardo come un dialogo fra gli spettatori delle opere di Jorge e quello degli spettatori del film.
Quanto è importante un film come L'artista?
Luciano Sovena (produttore e distributore): Il film è importante per tre ragioni. È un film che vede la partecipazione del contributo della direzione Cinema del nostro Ministero dei Beni Culturali, quindi che vede l'Italia come uno dei suoi paesi d'origine. È un'opera prima di due giovani cineasti argentini. E infine è un'opera che parla d'arte e fa dell'arte in un momento in cui il cinema vive una crisi evidente. Per questo abbiamo investito molto sul progetto sin dalla sua presentazione al Festival di Roma dello scorso anno. Per lavorare controcorrente rispetto alle avvilenti tendenze del mercato culturale.
Gianluigi Gardani (produttore): Il risultato comunque direi che ci premia. E' chiaro che in un momento difficile il cinema di qualità deve essere supportato al meglio.