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stefano capasso
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mercoledì 20 aprile 2016
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il disagio esistenziale degli "ultimi"
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Latina, meta anni ’60, Accio è l’ultimo di 3 figli di una famiglia di lavoratori. Adolescente ribelle e inquieto, animato da un forte senso di giustizia, dopo aver provato il seminario si iscrive al M.S.I. Questo aumenta i contrasti all’interno della sua famiglia di cui è l'autentica disperazione e dove il fratello e la sorella sono impegnati sul versante di sinistra. Sono gli anni delle lotte politiche che finiscono per coinvolgere in modo pesante anche i tre fratelli.
Molto bello questo film di Daniele Lucchetti, che con grande forza espressiva, aiutato dalla bravura dei protagonisti, ricostruisce le vicende storiche della lotta politica negli anni ’60 e ’70.
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Latina, meta anni ’60, Accio è l’ultimo di 3 figli di una famiglia di lavoratori. Adolescente ribelle e inquieto, animato da un forte senso di giustizia, dopo aver provato il seminario si iscrive al M.S.I. Questo aumenta i contrasti all’interno della sua famiglia di cui è l'autentica disperazione e dove il fratello e la sorella sono impegnati sul versante di sinistra. Sono gli anni delle lotte politiche che finiscono per coinvolgere in modo pesante anche i tre fratelli.
Molto bello questo film di Daniele Lucchetti, che con grande forza espressiva, aiutato dalla bravura dei protagonisti, ricostruisce le vicende storiche della lotta politica negli anni ’60 e ’70. E fa emergere il forte disagio che portava molti giovani a schierarsi per cercare di dare un senso alla propria esistenza. Il protagonista è l’ultimo di tre fratelli, di una famiglia di “ultimi” che vuole fare qualcosa per tutti quelli che sono nelle sue condizioni. E riuscirà a fare tesoro delle sue esperienze, dei suoi tentativi, realizzando qualcosa di utile per la sua comunità, slegato dai “marchi” politici e ideologici, dando così un senso alle sue inquietudini e compiendo cosi la sua crescita di uomo.
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elgatoloco
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mercoledì 12 dicembre 2018
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fenomenologico
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Questo"Mio fratello è figlio unico"(2007, Daniele Luchetti), dal romanzo di Antonio Pennacchi"Il fasciocomunista", che pare si sia dissociato almeno parzialmente dal"senso"del film, al di là del fatto che non ho letto il romanzo ma conosco le polemiche da esso susciate), credo rappresenti bene le tensioni e le aspirazioni di chi, avendo"approcciato"in modi diversi la politica, in particolare nelle città di provincia, nel periodo"caldo"tra anni Sessanta e Seventies, in Italia, abbia subito spinte e controspinte, come in questo caso, guardando soprattutto a quelle che erano considerate, in una logica, peraltro ormai superata, da"arco costituzionale", scelte estreme, "opzioni radicali".
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Questo"Mio fratello è figlio unico"(2007, Daniele Luchetti), dal romanzo di Antonio Pennacchi"Il fasciocomunista", che pare si sia dissociato almeno parzialmente dal"senso"del film, al di là del fatto che non ho letto il romanzo ma conosco le polemiche da esso susciate), credo rappresenti bene le tensioni e le aspirazioni di chi, avendo"approcciato"in modi diversi la politica, in particolare nelle città di provincia, nel periodo"caldo"tra anni Sessanta e Seventies, in Italia, abbia subito spinte e controspinte, come in questo caso, guardando soprattutto a quelle che erano considerate, in una logica, peraltro ormai superata, da"arco costituzionale", scelte estreme, "opzioni radicali". Quasi "pasoliniamente"(ma con tutte le ovvie differenze del caso), Luchetti mostra oscillazioni che possono sembrare"totali", ma che in realtà rendono solo una parte di quanto si muove in un ambito che è in realtà consueto nella politica giovanile. ci giocano o hanno giocato volontà(non sempre e solo"mania")di protagonismo, volontà di auto-affermazione, oltre quelli che sono i"sacri sentieri"consentiti, Luchetti evidenzia tutto ciò con un realismo che non esclude una certa dose di"visionarietà"e tutto il resto(l'interpretazione degli attori principali, da Elio Germano a Luca Zingaretti a Riccardo Scamarcio a Angela Finocchiaro, non eslcudendp però gli altri/le altre, musiche di Franco Piersanti, colonna sonora anche incentrata sulle canzoni d'epoca, montaggio)gioca a favore di una produzione di senso molto interessante. Il cinema italiano, da metà(circa)anni Novanta in poi non è ricchissimo di film importanti e comunque interessanti, ma questo film di Luchetti sembra esserlo, quando mostra la correlazione tra sentimenti, "umori", emozioni e scelte politiche che comunque presuppongono anche il ragionamento, argomentazioni razionali. El Gato
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jonnylogan
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mercoledì 2 ottobre 2024
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fratello dove sei?
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Il regista Daniele Lucchetti riprende il romanzo pseudo autobiografico del futuro Premio Strega Antonio Pennacchi: Il Fasciocomunista. Vita scriteriata di Accio Benassi (id.; 2003), incentrato sul legame che lo aveva unito al fratello Gianni. Fruendone in maniera libera fino a far gridare lo stesso autore allo scandalo per averne snaturato il senso politico. Creando "un bel film" (cit.) Ma soffermandosi poco sui contrasti sociali nati negli anni ‘60 e soffermandosi maggiormente sul legame di amore e odio fra i due fratelli. L’uno operaio e attivista sindacale, e l’altro seminarista mancato, ritornato sui propri propositi grazie alla visione di una foto dell’attrice Marisa Allasio, consegnatagli alla bisogna dal fratello maggiore.
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Il regista Daniele Lucchetti riprende il romanzo pseudo autobiografico del futuro Premio Strega Antonio Pennacchi: Il Fasciocomunista. Vita scriteriata di Accio Benassi (id.; 2003), incentrato sul legame che lo aveva unito al fratello Gianni. Fruendone in maniera libera fino a far gridare lo stesso autore allo scandalo per averne snaturato il senso politico. Creando "un bel film" (cit.) Ma soffermandosi poco sui contrasti sociali nati negli anni ‘60 e soffermandosi maggiormente sul legame di amore e odio fra i due fratelli. L’uno operaio e attivista sindacale, e l’altro seminarista mancato, ritornato sui propri propositi grazie alla visione di una foto dell’attrice Marisa Allasio, consegnatagli alla bisogna dal fratello maggiore.
Le prove di Scamarcio e Germano s’oppongono esattamente come la vita dei loro personaggi. Il primo carismatico, il secondo inviso. Il primo poco significativo ma vincente e accettato. Il secondo insicuro, pieno di dubbi e per questo più simile alla moltitudine che segue il film. Gli stessi interpreti creano i due personaggi e vi si adattano alla perfezione e alla fine è proprio l’Accio di Elio Germano che la spunta e surclassa l’interpretazione di Scamarcio che forse anche a causa delle scelte di sovraesposizione mediatica a cui si è successivamente sottoposto rischia di restare imprigionato nel ruolo dello “Step” di Mocciana memoria. Il tutto senza demeriti personali ma solo a causa di un’eccessiva stigmatizzazione di un ruolo che pare calzargli sia a pennello che gradire apertamente.
Germano, alla sua prima uscita in coppia con Lucchetti, riesce di portare in scena una serie d'indecisioni irrisolte: Destra, sinistra o seminario? Problemi di natura sentimentale, quali studi seguire e quali scelte migliori per la propria vita ? Il tutto con una presa di coscienza finale che gli consentirà di vedere la propria vita in un’ottica differente e che finalmente non gli farà più soffrire le presunte (o reali) differenze che da sempre lo fanno credere inferiore al fratello maggiore.
A contorno degli anni del “Boom economico” di una provincia italiana ove pare che il Boom non sia mai veramente arrivato, un po’ come la rivoluzione politica, si muove un gruppo di attori e caratteristi convincenti che ne sottolineano le peculiarità di staticità post bellica. In particolar modo Mario Nastri (Luca Zingaretti); venditore ambulante, attivista dell’MSI, intriso di ricordi Mussoliniani. E Angela Finocchiaro, nel ruolo della madre, rigorosamente all’antica, della famiglia Benassi. Capace di dimostrare di essere all’altezza sia di ruoli comici, sia drammatici, strizzando l’occhio, se mai ce ne fosse bisogno, alla possibilità di orientarsi maggiormente verso interpretazioni di quest’ultimo tipo.
Film da vedere se siete innamorati degli anni di piombo intravisti attraverso la vita della provincia Laziale. Ma consigliamo anche il recupero dello splendido romanzo di formazione al quale Luchetti si è ispirato.
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cineste
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domenica 22 aprile 2007
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bel film da vedere e godere....
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Un bel film, da vedere e da godere. Lucchetti ha costruito un film solido, sobrio e ben ritmato sui venti che soffivano nell'Italia di provincia del pre '68.
Ma la politica è solo il pretesto per assemblare il vivere quotidiano di un contesto social operaio e soprattutto il continuo sentimento di amore-odio-amore di due fratelli divisi apparentemente da tutto, ma sempre presenti l'uno nella vita dell'altro. Sino all'intenso abbraccio rivelatore e finale. Nessuna indulgenza al sentimentalismo manierato, ma tratteggio delicato, leggero e a volte addirittura divertito. Lungo l'arco temporale della storia e molte le vite dei personaggi da incrociare. E' il lato più difficile del film, che regge abbastanza bene anche a quest'impatto.
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Un bel film, da vedere e da godere. Lucchetti ha costruito un film solido, sobrio e ben ritmato sui venti che soffivano nell'Italia di provincia del pre '68.
Ma la politica è solo il pretesto per assemblare il vivere quotidiano di un contesto social operaio e soprattutto il continuo sentimento di amore-odio-amore di due fratelli divisi apparentemente da tutto, ma sempre presenti l'uno nella vita dell'altro. Sino all'intenso abbraccio rivelatore e finale. Nessuna indulgenza al sentimentalismo manierato, ma tratteggio delicato, leggero e a volte addirittura divertito. Lungo l'arco temporale della storia e molte le vite dei personaggi da incrociare. E' il lato più difficile del film, che regge abbastanza bene anche a quest'impatto. Grande interprazione di Germano, eccellente presenza della Finocchiaro, molto più convincente Scamarcio, rispetto alle precedenti pellicole. Insomma, un'opera che può arricchire il nostro italico cinema.
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simona
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domenica 9 settembre 2007
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due fratelli divisi e uniti da passsione politica
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Tratto dal libro 'Il Fasciocomunista' di Antonio Pennacchi, il film risulta piacevole e ben interpretato. Su uno sfondo storico e geografico ben determinato (i turbolenti anni '70 a Latina), il regista mostra un affresco, a tinte oscillanti tra il tragico e il comico, di una famiglia in cui affetti, risentimenti, rapporti complessi, forti litigi e passione politica si sviluppano e si alternano; inoltre la povertà e le ingiustizie verso i più deboli vengono costantemente descritte e denunciate. I due fratelli, Manrico e Accio, inizialmente politicamente agli opposti, alla fine vicini, si picchiano molto spesso, amano la solita donna e dimostrano di volersi bene. Complesso anche il rapporto tra Accio e Mario, che vede quest'ultimo figura paterna e punto di riferimanto del giovane; un rapporto che sfocerà in un amore edipico nella storia tra Accio e la moglie di mario, esperienza formativa per il ragazzo, quasi un apprendistato del sesso.
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Tratto dal libro 'Il Fasciocomunista' di Antonio Pennacchi, il film risulta piacevole e ben interpretato. Su uno sfondo storico e geografico ben determinato (i turbolenti anni '70 a Latina), il regista mostra un affresco, a tinte oscillanti tra il tragico e il comico, di una famiglia in cui affetti, risentimenti, rapporti complessi, forti litigi e passione politica si sviluppano e si alternano; inoltre la povertà e le ingiustizie verso i più deboli vengono costantemente descritte e denunciate. I due fratelli, Manrico e Accio, inizialmente politicamente agli opposti, alla fine vicini, si picchiano molto spesso, amano la solita donna e dimostrano di volersi bene. Complesso anche il rapporto tra Accio e Mario, che vede quest'ultimo figura paterna e punto di riferimanto del giovane; un rapporto che sfocerà in un amore edipico nella storia tra Accio e la moglie di mario, esperienza formativa per il ragazzo, quasi un apprendistato del sesso. Il film termina in modo drammatico con la morte di Manrico che, ormai partecipe della lotta armata, viene ucciso davanti al fratello, dopo un forte abbraccio d'affetto; Accio però mantiene la sua promessa di stare dalla parte degli umili e offesi e con una forma di violenza giustificata, si impadronisce delle chiavi di coloro che aspettano la loro casa, sostitutiva delle pericolanti abitazioni in cui vivono, richiesta con interminabili ore di attesa, file in squallidi uffici, domande e moduli che durano da anni. Le chiavi vengono consegnate di notte agli umili offesi dalla corruzione che viene dall'alto.
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mikispin95
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giovedì 1 maggio 2008
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meriti e difetti
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Penso che questo film sia stato effettivamente sopravvalutato, che abbia molte doti e molti difetti. I suoi maggiori punti di forza sono l'entusiasmo con cui è diretto e recitato, la bella ambientazione e la capacità di rendere ogni personaggio simpatico o almeno non odiabile (e a me non fare odiare un fascista non è facile) ogni personaggio è infatti umano, strappa pietà, simpatia magari in modo patetico, ma nessuno di questi personaggi è poco significativo o odioso (apparte alcuni assolutamente marginali. Personalmente penso che Elio Germano in questo film sia bravissimo nel mostrare una persona frustrata, delusa che cerca con accanimento la sua "rivoluzione", prima con il fascismo, poi col comunismo, poi con una specie di eremitaggio, finché non capirà che solo lui può fare la sua rivoluzione (dando una casa a tutto il suo quartiere).
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Penso che questo film sia stato effettivamente sopravvalutato, che abbia molte doti e molti difetti. I suoi maggiori punti di forza sono l'entusiasmo con cui è diretto e recitato, la bella ambientazione e la capacità di rendere ogni personaggio simpatico o almeno non odiabile (e a me non fare odiare un fascista non è facile) ogni personaggio è infatti umano, strappa pietà, simpatia magari in modo patetico, ma nessuno di questi personaggi è poco significativo o odioso (apparte alcuni assolutamente marginali. Personalmente penso che Elio Germano in questo film sia bravissimo nel mostrare una persona frustrata, delusa che cerca con accanimento la sua "rivoluzione", prima con il fascismo, poi col comunismo, poi con una specie di eremitaggio, finché non capirà che solo lui può fare la sua rivoluzione (dando una casa a tutto il suo quartiere). Scamarcio, di cui tutti parlano malissimo (penso soprattutto per i film probabilmente molto stupidi che ha fatto). Luca zingaretti invece nella sua parte di vecchio fascista paternalistico è simpaticissimo (e ripeto:rendermi simpatico un fascista non è una cosa facile). Questi sono i principali punti di forza del film.Iproblemi sono l'icapacità di andare a fondo in tutti i temi che affronta, non tanto per leggerezza ma proprio per incapacità. Il secondo problema è la mancanza di drammaticità, che si può vedere nei personaggi solo verso la fine, (tranne che per quello della Finocchiaro). Insomma non mi sembra che questo film sia il capolavoro a cui molti gridavano ma neanche la schifezza assoluta con cui molti lo definiscono
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(di audreyh)
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riccardo
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lunedì 7 maggio 2007
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gli ultimi saranno i primi
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Qual' è la ricetta di un autore per tornare al successo perduto? Chiedere aiuto ad un attore che traforma in oro tutto quello che tocca. E' il caso di Daniele Luchetti e di Riccardo Scamarcio. Il primo, dopo un inizio sfolgorante di carriera ("Il portaborse") si era smarrito tra i meandri dell'alta letteratura ("I piccoli maestri") e invischiato in affreschi giovanilistici francamente evitabili ("Dillo con parole mie").
Il secondo potrebbe candidarsi come nuovo eroe dei fumetti romantici, l'uomo-calamita. Ogni film che ha interpretato in pochi anni è stato campione d'incasso. Attenzione: alcuni erano inguardabili e fotografano una porzione ben netta di della "cultura" che circola tra gli adolescenti, altri di buon valore artistico.
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Qual' è la ricetta di un autore per tornare al successo perduto? Chiedere aiuto ad un attore che traforma in oro tutto quello che tocca. E' il caso di Daniele Luchetti e di Riccardo Scamarcio. Il primo, dopo un inizio sfolgorante di carriera ("Il portaborse") si era smarrito tra i meandri dell'alta letteratura ("I piccoli maestri") e invischiato in affreschi giovanilistici francamente evitabili ("Dillo con parole mie").
Il secondo potrebbe candidarsi come nuovo eroe dei fumetti romantici, l'uomo-calamita. Ogni film che ha interpretato in pochi anni è stato campione d'incasso. Attenzione: alcuni erano inguardabili e fotografano una porzione ben netta di della "cultura" che circola tra gli adolescenti, altri di buon valore artistico. Tra quest'ultimi inseriamo "Mio fratello è figlio unico". Ma in questo caso la parte del leone spetta ad un altro: Elio Germano. Una sorta di Marlon Brando molisano che ha interpreato film invisibili ("Liberi") e di vasto interesse ("Melissa P.") con la stessa straordinaria presenza scenica. Se Scamarcio la riempie con il suo tono sicuro e gli occhioni verdi ora sgranati ora sornioni, Germano emerge con tutto il suo animo ribelle e il suo sguardo da sfida.
Dopo anni di oblio Luchetti torna a sorridere al cinema. Il suo ultimo lavoro ci inserisce in un contesto di semplicità, non semplicismo, di quotidianità e grattacapi sociali del tempo che fu (anni '70) e di formazione umana esemplare. Certo, a scrivere c'è la premiata ditta Rulli & Petraglia ("Romanzo criminale", "La meglio gioventù") ed è già garanzia di solidità ma Luchetti si affronta quest'evoluzione dell'uomo con aderenza quasi neorealista. I suoi personaggi sono tallonati dalla macchina da presa e questo è manna dal cielo per un attore: ma per uno che maneggia l'arte della parola e della mimica con padronanza. Il cast in questo senso è perfetto. Scamarcio e Germano sono molto affiatati ma anche i comprimari (Finocchiaro, Popolizio, Bonaiuto e Zingaretti) si muovono a meraviglia nello scenario dipinto dal regista romano.
Il film avanza per tappe che segnalano un formidabile rapporto tra passato e presente attraverso una cerniera di collegamento incarnata da Germano, il quale da fascista picchiatore si trasfomerà quasi in un agnellino dall'animo gentile e comprensivo con la falce e il martello di gommapiuma in mano.
Il finale ci mostra la magmaticità della vita: come si può passare da violento e irrequieto a membro inserito nella società dei compromessi. E come gli interrogativi affiorano di fronte all'incomprensibile autodistruzione di un uomo che ha ingiustificatamente errato lo spirito di rivalsa.
Naturalezza, ardore, sofferenza, pragmatismo si intersecano splendidamente in "Mio fratello è figlio unico". Il successo di pubblico dimostra come Scamarcio sia in incredibile ascesa, malgrado sia Germano qui a svettare in alto nei cieli. E' palese però che la presenza del bellone di Andria ha dato un' enorme mano all'esito positivo del film. Dunque è più salutare constatare il fatto che domandarsi cosa sarebbe successo se Manrico fosse stato interpretato da un signor Nessuno. Di sicuro però non avrebbe intaccato la qualità deli film di Luchetti.
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silvano
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domenica 5 agosto 2007
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il sessantotto che non c'è
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Mi aspettavo moltissimo dal film “Mio fratello è figlio unico” sia perché sono appassionato di storia contemporanea, sia perché parla della mia generazione, di avvenimenti che ho vissuto di persona: ebbene sono rimasto profondamente deluso. Salvo la splendida interpretazione di tutti gli attori (stupenda come sempre la Finocchiaro), ma… il film non mi ha convinto. Troppo abbozzati e non approfonditi situazioni e personaggi, sempre sul filo della farsa in una storia che non si presta alla risata, tuttaltro. Inspiegate (e inspiegabili) le conversioni dei due fratelli rispettivamente dal MSI al Movimento Studentesco e dal PCI alle Brigate Rosse (via Movimento Studentesco). Il film, mi spiace dirlo perché sono un grande estimatore di Daniele Luchetti, non regge minimamente il confronto con altre pellicole consimili, prima fra tutte “La meglio gioventù” di Giordana.
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Mi aspettavo moltissimo dal film “Mio fratello è figlio unico” sia perché sono appassionato di storia contemporanea, sia perché parla della mia generazione, di avvenimenti che ho vissuto di persona: ebbene sono rimasto profondamente deluso. Salvo la splendida interpretazione di tutti gli attori (stupenda come sempre la Finocchiaro), ma… il film non mi ha convinto. Troppo abbozzati e non approfonditi situazioni e personaggi, sempre sul filo della farsa in una storia che non si presta alla risata, tuttaltro. Inspiegate (e inspiegabili) le conversioni dei due fratelli rispettivamente dal MSI al Movimento Studentesco e dal PCI alle Brigate Rosse (via Movimento Studentesco). Il film, mi spiace dirlo perché sono un grande estimatore di Daniele Luchetti, non regge minimamente il confronto con altre pellicole consimili, prima fra tutte “La meglio gioventù” di Giordana. E se proprio vogliamo essere pignoli (ma in un film che vuole restituire il sapore ed il profumo di un’epoca la precisione è fondamentale): nella scena dell’iscrizione di Accio al MSI si vedono dei mocassini in stile anni ’90 (impensabili nel 1963), così pochi giorni dopo Accio ascolta alla radio “Ma che freddo fa” di Nada, canzone uscita nel 1969.
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qiovanni
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lunedì 31 gennaio 2011
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spazzatura
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Un film orribile. Recitato, assemblato male. Improbabile. Forse potrebbe risultare interessante a uno straniero che volesse vedere uno scorcio di Italia dell'epoca, ma i personaggi sono così poco solidi che risulta solo una pagliacciata.
L'ho visto a Londra, sottotitolato in Inglese, appena finito il film uno spettatore ha esclamato solo "Rubbish!", spazzatura.
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luca marini
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domenica 29 aprile 2007
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una noia abissale
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Quello che già era noioso e pomposo in "La meglio gioventù" è ripreso qui in formato bignami. Tema visto e ripetitivo, scontato. Lettura di personaggi improbabili (la mamma che tartassa il figlio minore, maschio, è quanto di più improbabile attendersi da una mamma italiana, anche e soprattutto negli anni '60), banalità a tutto spiano (la fine del fratello che da comunista deve per forza finire terrorista è tanto banale quanto scontata ed ingiustificata). La scappatella con la moglie di Mario è prevedibile nel film quanto improbabile. Scamarcio è monocorde. Bravo solo Elio Germano, ma lo aspettiamo alla prova in personaggi meno caratteristici. Originale anche Zingaretti, in un ruolo per lui originale.
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Quello che già era noioso e pomposo in "La meglio gioventù" è ripreso qui in formato bignami. Tema visto e ripetitivo, scontato. Lettura di personaggi improbabili (la mamma che tartassa il figlio minore, maschio, è quanto di più improbabile attendersi da una mamma italiana, anche e soprattutto negli anni '60), banalità a tutto spiano (la fine del fratello che da comunista deve per forza finire terrorista è tanto banale quanto scontata ed ingiustificata). La scappatella con la moglie di Mario è prevedibile nel film quanto improbabile. Scamarcio è monocorde. Bravo solo Elio Germano, ma lo aspettiamo alla prova in personaggi meno caratteristici. Originale anche Zingaretti, in un ruolo per lui originale. Inutile cameo per Ascanio Celestini, sprecato. L'audio in presa diretta è, come sempre nei film italiani, una vera tortura per le orecchie: la metà dei dialoghi si perde (ma forse è una fortuna).
Si potrebbe smetterla di fare film su quel periodo, tanto pare che nessuno riesca a tirarne fuori qualcosa di decente? Ve ne saremo grati per sempre.
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