diomede917
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martedì 15 maggio 2007
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l'educazione degli schiaffoni
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Tratto da un romanzo di Antonio Pennacchi, "Mio fratello è figlio unico" è una foto di famiglia popolana all'interno di un periodo storico compreso tra il 68 e gli anni di piombo. Un 68 vissuto mangiando quadrucci in brodo e tra uno schiaffone e un pugno si arriva al drammatico epilogo negli anni di piombo.
15 anni di Italia vista dagli occhi della famiglia Benassi formata da un padre operaio cattolico che usa il crocifisso come un arma, una madre che cresce i figli a schiaffoni (una Angela Finocchiaro bravissima) e 3 figli uno diverso dall'altro soprattutto i 2 maschi uno un intellettuale di sinistra amante del popolo e delle donne e il nostro protagonista Accio ragazzo istintivo che diventa un picchiatore fascista e interpretato magistralmente sia da Elio Germano che dal piccolo Vittorio Emanuele Propizio.
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Tratto da un romanzo di Antonio Pennacchi, "Mio fratello è figlio unico" è una foto di famiglia popolana all'interno di un periodo storico compreso tra il 68 e gli anni di piombo. Un 68 vissuto mangiando quadrucci in brodo e tra uno schiaffone e un pugno si arriva al drammatico epilogo negli anni di piombo.
15 anni di Italia vista dagli occhi della famiglia Benassi formata da un padre operaio cattolico che usa il crocifisso come un arma, una madre che cresce i figli a schiaffoni (una Angela Finocchiaro bravissima) e 3 figli uno diverso dall'altro soprattutto i 2 maschi uno un intellettuale di sinistra amante del popolo e delle donne e il nostro protagonista Accio ragazzo istintivo che diventa un picchiatore fascista e interpretato magistralmente sia da Elio Germano che dal piccolo Vittorio Emanuele Propizio.
Il pregio di Luchetti è quello di aver raccontato tutto con un sorriso bello stretto tra i denti orchestrando come un direttore il cast a sua disposizione.
Voto 7.5
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great steven
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giovedì 12 marzo 2015
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racconto di formazione incentrato su due fratelli.
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MIO FRATELLO è FIGLIO UNICO (IT, 2007) diretto da DANIELE LUCHETTI. Interpretato da ELIO GERMANO, RICCARDO SCAMARCIO, ANGELA FINOCCHIARO, LUCA ZINGARETTI, ANNA BONAIUTO, DIANE FLERI, ALBA ROHRWACHER, MASSIMO POPOLIZIO, ASCANIO CELESTINI, CLAUDIO BOTOSSO, NINNI BRUSCHETTA, EMANUELE PROPIZIO
Tratto dal romanzo Il fasciocomunista (2003) di Antonio Pennacchi, il quale s’è però dissociato dal film, asserendo che, specialmente nel secondo tempo, sono state distorte le sue reali intenzioni. La storia si svolge a cavallo fra gli anni 1960 e 1970, nel periodo immediatamente successivo al grande boom economico. Accio e Manrico Benassi sono due fratelli che si stimano e si detestano contemporaneamente, vivendo in un rapporto di perenne conflittualità.
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MIO FRATELLO è FIGLIO UNICO (IT, 2007) diretto da DANIELE LUCHETTI. Interpretato da ELIO GERMANO, RICCARDO SCAMARCIO, ANGELA FINOCCHIARO, LUCA ZINGARETTI, ANNA BONAIUTO, DIANE FLERI, ALBA ROHRWACHER, MASSIMO POPOLIZIO, ASCANIO CELESTINI, CLAUDIO BOTOSSO, NINNI BRUSCHETTA, EMANUELE PROPIZIO
Tratto dal romanzo Il fasciocomunista (2003) di Antonio Pennacchi, il quale s’è però dissociato dal film, asserendo che, specialmente nel secondo tempo, sono state distorte le sue reali intenzioni. La storia si svolge a cavallo fra gli anni 1960 e 1970, nel periodo immediatamente successivo al grande boom economico. Accio e Manrico Benassi sono due fratelli che si stimano e si detestano contemporaneamente, vivendo in un rapporto di perenne conflittualità. Accio, seminarista mancato appassionato di latino e col desiderio di aiutare gli ultimi, decide di iscriversi al partito fascista anche per contrapporsi a Manrico che è un fervido operaio comunista impegnato in lotte nelle piazze e comizi politici. Aggregandosi al venditore di tovaglie Mario Nastri, Accio si addentra sempre più nel fascismo più spudorato, ma quando i suoi compagni vogliono bruciare la macchina di suo fratello, si oppone e straccia la tessera del fascio. Intanto i due fratelli amano la stessa donna, la francese Francesca, che dà un figlio al fidanzato Manrico, mentre Accio si impegna sentimentalmente per qualche tempo con Bella, la moglie di Mario, che il legittimo coniuge gli farà pagare con una consistente dose di botte, salvo poi morire durante la colluttazione per un infarto. A questo punto Accio, che è sempre stato il figlio meno benvisto dai genitori proletari che vivono in una catapecchia umida e inospitale, emigra temporaneamente nelle campagne piemontesi e poi fa ritorno a Latina (dove ha luogo la maggior parte della vicenda) dove, dopo la morte di Manrico per mano della polizia, che lo ricercava per una rapina a un finanziere, contatta tutti i condomini della vecchia casa popolare per andare a prendere possesso degli appartamenti appena costruiti. In tal modo Accio ha realizzato il sogno che coltivava fin da bambino: dare una mano alle persone in difficoltà. Luchetti ha realizzato una pellicola che sorprende per un discorso mai troppo politicizzato che fa da sfondo alla storia di due fratelli che riscoprono la propria umanità entrando in due opposte concezioni istituzionali che rappresentano anche due modi contrastanti di intendere una vita che, con nessuno dei due, è mai stata troppo clemente. Gli errori commessi da entrambi verranno poi però pagati ad un prezzo alquanto salato, tant’è vero che Scamarcio ci lascia le penne e Germano passa una serie di brutte e sgradevoli esperienze, benché poi raggiunga lo scopo che si era prefisso da numerosi anni. Le interpretazioni sono tutte da lodare con un applauso spontaneo e declamatorio (Germano e la Finocchiaro, efficacissima e sofferta madre proletaria, sono stati premiati col David di Donatello), che fa provare antipatia per il fascista sanguigno e irriducibile di Zingaretti, empatia per la moglie sbarazzina e decisa della Bonaiuto, delicatezza per la sorella violoncellista della Rohrwacher (ma quanto è brava?) e tranquillità per il severo ma ponderato capofamiglia di Popolizio (che parallelamente alla carriera attoriale è anche un attivissimo doppiatore). Celestini appare brevemente come il sacerdote che regge il seminario e insegna ai novizi, ma anche la sua performance non va assolutamente messa in secondo piano. La sceneggiatura, scritta dal regista coi compagni rodati Stefano Rulli e Sandro Petraglia, è diretta magistralmente e senza fronzoli arricchenti da una regia che fa dell’attenzione il suo principale punto di forza, unendola alla precisione di un dialogo che travalica i limiti dell’elementare visione politica per offrire uno spaccato generazionale di un combattimento per la libertà individuale che forse non è mai stato completato. La bellezza di questo piccolo capolavoro di nicchia del cinema italiano in stile anni 2000 sta pure nel suo tentativo perfettamente riuscito di non dare risposte – o meglio, non sbattere in faccia soluzioni azzardate – ai problemi delle classi povere che, da quando esiste la repubblica, si battono per ottenere i valori che vengono loro negati senza che questo ricada nella legalità. Il titolo dell’opera prende spunto da una canzone di Rino Gaetano.
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piernelweb
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sabato 27 ottobre 2007
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leggero ma importante
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Buon esempio di cinema italiano che ripercorre un pezzo importante della storia del belpaese a cavallo degli anni 60-70, coniugando in maniera scanzonata l'importanza sociale e storica degli avvenimenti alla sceneggiatura e alla direzione degli attori. I due fratelli Accio e Malrico, alla perenne ricerca di certezze politiche che gettino delle prospettive sui loro incerti futuri si troveranno divisi ideologicamente e dall'amore per la stessa donna senza però arrivare mai a compromettere la solidità più intima del loro rapporto. Lucchetti lavorando sul romanzo di Pennacchi "Il Fasciocomunista" semplifica sui contenuti e sui valori della lotta politica che ha segnato una generazione, ma riesce a creare un'ambientazione credibile e a valorizzare il racconto con una narrazione diretta e pungente che incede a ritmo sostenuto senza esitazioni, traendo il massimo possibile da un cast capace in blocco un'ottima prova.
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Buon esempio di cinema italiano che ripercorre un pezzo importante della storia del belpaese a cavallo degli anni 60-70, coniugando in maniera scanzonata l'importanza sociale e storica degli avvenimenti alla sceneggiatura e alla direzione degli attori. I due fratelli Accio e Malrico, alla perenne ricerca di certezze politiche che gettino delle prospettive sui loro incerti futuri si troveranno divisi ideologicamente e dall'amore per la stessa donna senza però arrivare mai a compromettere la solidità più intima del loro rapporto. Lucchetti lavorando sul romanzo di Pennacchi "Il Fasciocomunista" semplifica sui contenuti e sui valori della lotta politica che ha segnato una generazione, ma riesce a creare un'ambientazione credibile e a valorizzare il racconto con una narrazione diretta e pungente che incede a ritmo sostenuto senza esitazioni, traendo il massimo possibile da un cast capace in blocco un'ottima prova. Diretto forse ad un pubblico più giovane e meno esperto, il film di Lucchetti è comunque una piacevole sorpresa per tutti che ha il merito di scoprire un attore dalle belle speranze come Elio Germano e di far recuperare credibilità come attore al sex-symbol nostrano Riccardo Scamarcio.
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francesco
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lunedì 14 gennaio 2008
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genesi di un fascista
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Genesi di un giovane fascista nell'Italia degli anni Sessanta, l'Italia in asciugapiatti nero di una citta' di provincia squadrata e inquadrata come Latina. Che, nell'immaginario recente del nostro cinema, ormai e' sinonimo di una certa destra nostalgica e populista e di miseria che crea ribelli o mostri: vi si celebra un matrimonio 'benedetto' da un parlamentare-camerata in 'Liberate i pesci' di Cristina Comencini, vi abita e opera lo strozzino di 'L'amico di famiglia' di Paolo Sorrentino. Ma Accio, l'uomo che si chiama come una desinenza negativa (frattellaccio, bambinaccio... fascistaccio), appartiene a un'epoca in cui tanti - cosi' poco raccontati dal cinema - sono approdati alla sponda nera, anche la più sociale, la più 'di sinistra', proprio per opposizione alle culture bianca e rossa, magari passando alla lotta armata con una carica di rabbia a volte più corposa del bagaglio ideologico.
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Genesi di un giovane fascista nell'Italia degli anni Sessanta, l'Italia in asciugapiatti nero di una citta' di provincia squadrata e inquadrata come Latina. Che, nell'immaginario recente del nostro cinema, ormai e' sinonimo di una certa destra nostalgica e populista e di miseria che crea ribelli o mostri: vi si celebra un matrimonio 'benedetto' da un parlamentare-camerata in 'Liberate i pesci' di Cristina Comencini, vi abita e opera lo strozzino di 'L'amico di famiglia' di Paolo Sorrentino. Ma Accio, l'uomo che si chiama come una desinenza negativa (frattellaccio, bambinaccio... fascistaccio), appartiene a un'epoca in cui tanti - cosi' poco raccontati dal cinema - sono approdati alla sponda nera, anche la più sociale, la più 'di sinistra', proprio per opposizione alle culture bianca e rossa, magari passando alla lotta armata con una carica di rabbia a volte più corposa del bagaglio ideologico.
Accio, il figlio che trova un padre fuori di casa, ne tradisce lezioni morali e politiche, si fa insegnare l'amore dalla moglie e poi crede di ucciderlo, quasi come in una tragedia greca, Accio che rifiuta istintivamente la prevaricazione, il 'sissignore!' e le ingiustizie contro gli ultimi, Accio che cammina in eterno dall'altro lato della strada rispetto ai suoi, come se la vita fosse sempre un prato con l'erba troppo alta, Accio che poi diventa compagno, occupando le case come certi brigatisti rossi della primissima ora.
Accio che, in fondo, e' sempre rimasto se stesso.
Il meglio di 'Mio fratello e' figlio unico' e' qui. E in certe divertenti riletture di un'epoca, come il ritratto di una sezione del Msi ai confini dell'impero, il gagliardetto che stenta a entrare nella cappella di Predappio e le infinite discussioni da riunione di Lotta Continua con le gente che si parla addosso e non si ascolta. E intanto la Storia scorre in tv.
Se solo Luchetti avesse voluto scommettere solo su questo risparmiandoci la parabola umana - mai giustificata, meccanica, cosi' poco credibile - del fratello Manrico, lo Scamarcio con pugno chiuso e tamburo al collo cosi' assolutamente, totalmente non credibile. Va bene, il cinema e' fatto anche di divi. Ma allora paghi pegno. E lo fai pagare al film.
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cenox
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mercoledì 6 luglio 2011
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falce & martello/fascio littorio
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L'eterna guerra tra estremi politici, destra e sinistra, sicuramente più marcata negli anni del dopoguerra, in cui è ambientato questo film fanno da sfondo alla storia di una famiglia in ristrettezze economiche. All'interno di questa spiccano le figure di Scamarcio, giovane operaio di fede comunista, contrapposta a quella del suo fratello minore, Germano, che al contrario è di fede fascista. Il film non scorre velocemente, ed anche se risulta esserci un buona prova attoriale da parte del cast all'italiana (soprattutto Germano) non approfondisce i temi che risulterebbero certamente più interessanti: lo scontro politico. Quest'ultimo fa solo da sfondo alle vicende della famiglia, quando invece avrebbe potuto essere il vero protagonista principale.
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L'eterna guerra tra estremi politici, destra e sinistra, sicuramente più marcata negli anni del dopoguerra, in cui è ambientato questo film fanno da sfondo alla storia di una famiglia in ristrettezze economiche. All'interno di questa spiccano le figure di Scamarcio, giovane operaio di fede comunista, contrapposta a quella del suo fratello minore, Germano, che al contrario è di fede fascista. Il film non scorre velocemente, ed anche se risulta esserci un buona prova attoriale da parte del cast all'italiana (soprattutto Germano) non approfondisce i temi che risulterebbero certamente più interessanti: lo scontro politico. Quest'ultimo fa solo da sfondo alle vicende della famiglia, quando invece avrebbe potuto essere il vero protagonista principale.
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stefania muzio
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giovedì 3 maggio 2007
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troppo "macchiettismo"
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Dopo una prima parte ben riuscita, in cui il regista tratteggia con efficacia il ritratto di una famiglia proletaria degli anni sessanta, il film perde di spessore e credibilità.
Nonostante una bella ricostruzione d'ambiente con attenzione ai particolari, Lucchetti non riesce ad uscire dai soliti limiti del cinema italiano.
I caratteri forzati alla lunga si riducono a macchiette mentre i dialoghi dopo le prime battute efficaci suonano poco credibili e stereotipati.
Rimane quindi la solita delusione per il fatto che una commedia che dovrebbe essere anche sociologica non riesca a superare le difficoltà tipiche del cinema italiano.
Non basta una bella ricostruzione dell’epoca e qualche battuta riuscita e un argomento politico per confezionare una buona pellicola.
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Dopo una prima parte ben riuscita, in cui il regista tratteggia con efficacia il ritratto di una famiglia proletaria degli anni sessanta, il film perde di spessore e credibilità.
Nonostante una bella ricostruzione d'ambiente con attenzione ai particolari, Lucchetti non riesce ad uscire dai soliti limiti del cinema italiano.
I caratteri forzati alla lunga si riducono a macchiette mentre i dialoghi dopo le prime battute efficaci suonano poco credibili e stereotipati.
Rimane quindi la solita delusione per il fatto che una commedia che dovrebbe essere anche sociologica non riesca a superare le difficoltà tipiche del cinema italiano.
Non basta una bella ricostruzione dell’epoca e qualche battuta riuscita e un argomento politico per confezionare una buona pellicola.
Relativamente alla recitazione, alla regia e al montaggio siamo di fronte a un prodotto dignitoso, ma per quanto riguarda la sceneggiatura nonostante nomi come Rulli e Petraglia, ci ritroviamo con un film la cui scrittura è riuscita solo per un terzo.
Tutto viene abbozzato senza vero approfondimento.
Senza dubbio, un certo pubblico che ha vissuto la giovinezza in quel periodo proverà a caldo qualche bella emozione. Ma ripensandoci, a freddo, forse, modificherà il proprio giudizio e penserà che si poteva fare di meglio e dare maggiore spessore e meno macchiettismo ai personaggi ed all’intera storia.
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[+] eccessiva!
(di alessandro)
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leone di marzocco
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lunedì 7 maggio 2007
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cosè la destra ,cosè la sinistra....
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rubacchiando al grande giorgio gaber il titolo per il mio giudizio penso di sintetizzare quello che c'era nella testa dei giovani in quegl'anni.si è vero, una meglio gioventù interessata a quello che succedeva nel mondo,appassionata alla politica,conscia delle problematiche sociali,avvezza anche allo scontro fisico per portare avanti le proprie ideologie.bellissima fotografia,accurata ricostruzione nell'abbigliamento e nelle scenografie.elio Germano a livelli stratosferici,mi è sembrato meno peggio anche scamarcio.bravo luchetti,mi sembrato di rivedere " la scuola"(in quel film la frase dell'ex-alunno carabiniere è quello che ho sempre pensato come alunno ed ora genitore del servizio educativo della scuola).
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rubacchiando al grande giorgio gaber il titolo per il mio giudizio penso di sintetizzare quello che c'era nella testa dei giovani in quegl'anni.si è vero, una meglio gioventù interessata a quello che succedeva nel mondo,appassionata alla politica,conscia delle problematiche sociali,avvezza anche allo scontro fisico per portare avanti le proprie ideologie.bellissima fotografia,accurata ricostruzione nell'abbigliamento e nelle scenografie.elio Germano a livelli stratosferici,mi è sembrato meno peggio anche scamarcio.bravo luchetti,mi sembrato di rivedere " la scuola"(in quel film la frase dell'ex-alunno carabiniere è quello che ho sempre pensato come alunno ed ora genitore del servizio educativo della scuola).il film è un assalto continuo :alla chiesa,alla sinistra di ora,alla destra di ora.posizioni oramai di comodo,fasulle ,definirei virtuali.l'abbraccio al bar è una scena meravigliosa. germano nuovo troisi leggo.direi un nuovo volontè.e mi tengo basso.per finire un appunto e una domanda:
1-la canzone su i titoli di coda è anacronistica per il periodo trattato (amore disperato-nada-1983)
2-il "partito con le casette " quale era???
P.S. ehi voi 15-16enni ,si dico a voi,spegnete messanger ,chiudete radiodeejay,girate canale al gf,alle pasticche sostituite una belle carbonara e un oretta di sesso e quando avete 2 orette andate a vedere questo tipo di film.vi sentirete molto molto meglio
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(di leone di marzocco)
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adriano lotito
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lunedì 21 maggio 2007
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bello,bello,bello
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un film ben fatto, totalmente riuscito e con una sceneggiatura efficace. Una vera sorpresa in questa stagione cinematografica italiana priva di novità. Daniele Lucchetti alla regia conferma le sue doti e gli attori sono tutti molto bravi a parte un Riccardo Scamarcio solitamente inespressivo (anche se ha fatto qualche passo avanti). La star è Elio Germano che regala un’interpretazione sopra le righe immedesimandosi al cento per cento nella parte a lui affidata. Le canzoni di Nada sono appropriate al contesto e le scenografie sono molto belle.
La storia ruota intorno a due fratelli, un comunista e un fascista e alle loro disavventure politiche, il cambiamento delle loro idee e parallelamente della storia italiana, la società degli anni Sessanta, i loro amori e i loro problemi.
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un film ben fatto, totalmente riuscito e con una sceneggiatura efficace. Una vera sorpresa in questa stagione cinematografica italiana priva di novità. Daniele Lucchetti alla regia conferma le sue doti e gli attori sono tutti molto bravi a parte un Riccardo Scamarcio solitamente inespressivo (anche se ha fatto qualche passo avanti). La star è Elio Germano che regala un’interpretazione sopra le righe immedesimandosi al cento per cento nella parte a lui affidata. Le canzoni di Nada sono appropriate al contesto e le scenografie sono molto belle.
La storia ruota intorno a due fratelli, un comunista e un fascista e alle loro disavventure politiche, il cambiamento delle loro idee e parallelamente della storia italiana, la società degli anni Sessanta, i loro amori e i loro problemi.
La parte iniziale è più sciolta e leggera dall’aspetto di una normale commediola ben definita e molto chiara. Ma questo viene travolto da un netto capovolgimento nella seconda parte in cui la storia così prevedibile si sfuma in un qualcosa imprevedibile dai toni straordinariamente drammatici, il deterioramento dei protagonisti e delle loro idee e il finale che colpisce dritto al cuore rendono questo film un piccolo gioiello del nuovo cinema italiano di cui Daniele Lucchetti è uno dei più importanti protagonisti. Da vedere.
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giux scorpio
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lunedì 30 luglio 2007
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accettabile
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Non è male come pellicola... un pò scontata ma comunque un bel ritratto di un'epoca sempre molto vicina!buon uomorismo e trovo avvincente il ritratto di alcuni personaggi. Comunque la pellicola non arriva a dare nessun slancio emozionale degno di menzione, infine trovo che la rivelazione del film non sia assolutamente scamarcio, sempre troppo stereotipato e poco credibile, ma il giovane attore protagonista elio germano, che si intromette prepotentemente nella nostra realtà cinematografica emergente, brevo elio, ottima stoffa!buona visione
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lbavassano
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giovedì 10 marzo 2016
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come eravamo, cosa siamo divenuti
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Ha un effetto straniante scoprire che gli anni, le lotte che abbiamo intensamente vissuto, che hanno segnato la nostra giovinezza, possono anche essere rappresentate in forma comica, intelligentemente comica, senza tradirle, senza sminuirle, perché in fondo è stato così, è stato anche così, perché, se pure realmente ci credevamo fino in fondo, c’era una componente ludica, c’è stata fino ad un certo momento una componente ludica, indissolubilmente legata al nostro essere giovani, troppo seri e troppo ingenui al contempo. Perché tutti abbiamo conosciuto un Manrico, per il quale tutto era più facile, cui tutto era dovuto, soprattutto l’amore di quelle ragazze che ci facevano sognare, per le quali ci sorbivamo ore di noiosissime assemblee, partecipavamo a cortei e concerti, ma per le quali noi non saremmo mai potuto essere nulla di diverso che amici.
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Ha un effetto straniante scoprire che gli anni, le lotte che abbiamo intensamente vissuto, che hanno segnato la nostra giovinezza, possono anche essere rappresentate in forma comica, intelligentemente comica, senza tradirle, senza sminuirle, perché in fondo è stato così, è stato anche così, perché, se pure realmente ci credevamo fino in fondo, c’era una componente ludica, c’è stata fino ad un certo momento una componente ludica, indissolubilmente legata al nostro essere giovani, troppo seri e troppo ingenui al contempo. Perché tutti abbiamo conosciuto un Manrico, per il quale tutto era più facile, cui tutto era dovuto, soprattutto l’amore di quelle ragazze che ci facevano sognare, per le quali ci sorbivamo ore di noiosissime assemblee, partecipavamo a cortei e concerti, ma per le quali noi non saremmo mai potuto essere nulla di diverso che amici.
Poi giustamente il film vira, cambia tono, così come sono cambiati i Manrico che abbiamo conosciuto. Ci siamo risvegliati in un mondo di violenza e di morte, e tale risveglio ha deciso cosa saremo divenuti da “grandi”, che tipo di adulti siamo, se avremmo gettato tutto alle ortiche, il cattivo ma anche la parte migliore di noi stessi, o se certi sogni di solidarietà e giustizia avrebbero continuato a vivere in noi, mutati, disillusi, ma anche più reali e concreti. Sempre arrabbiati.
Ottimo film, e ottimi interpreti, rivisto grazie ad Asti all’ottima iniziativa della Sala Pastrone e del Circolo Vertigo.
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