\\\mikko///
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domenica 24 giugno 2007
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tutto merito di un orologio!
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Inserisco il disco nel lettore DVD...lo accendo...mi guardo il film...e ora eccomi quà...per raccontare a voi cosa ne penso e per dirvi qualcosa in più su questa commedia. Bhe... da dove comincio? Non è la solita commedia divertente le cui battute a volte passano dall'esilarante al ridicolo e addirittura al patetico, è un film semplice e ben strutturato che per prima cosa mette davanti agli occhi dello spettatore la complessità e la bellezza della trama...tralasciando delle frasi che sminuirebbero tutto. Mi è piaciuto molto e inoltre ha un cast eccezzionale che già ti presenta il film come un "grande". Harold Crick non poteva che non essere interpretato da Will Ferrell che con la sua comicità un po "retrò" non ti dà ne l'occasione di ridere ma neanchè l'imput per annoiarti, creando una situazione di armonia e stabilità nella storia.
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Inserisco il disco nel lettore DVD...lo accendo...mi guardo il film...e ora eccomi quà...per raccontare a voi cosa ne penso e per dirvi qualcosa in più su questa commedia. Bhe... da dove comincio? Non è la solita commedia divertente le cui battute a volte passano dall'esilarante al ridicolo e addirittura al patetico, è un film semplice e ben strutturato che per prima cosa mette davanti agli occhi dello spettatore la complessità e la bellezza della trama...tralasciando delle frasi che sminuirebbero tutto. Mi è piaciuto molto e inoltre ha un cast eccezzionale che già ti presenta il film come un "grande". Harold Crick non poteva che non essere interpretato da Will Ferrell che con la sua comicità un po "retrò" non ti dà ne l'occasione di ridere ma neanchè l'imput per annoiarti, creando una situazione di armonia e stabilità nella storia. Si lo ammetto...non conosco Maggie Gyllenhaal e sinceramente non l'avevo neanche sentita prima...ma in questo film ha recitato molto bene interpretando Ana Pascal che un po' sembra come la ragazza della porta a canto, che uno vede tutti i giorni ma che non pensa che potrebbe essere la donna giusta. Ottima la scelta di Dustin Hoffman nella parte dell'intelletuale in cui calza a pennello e che con la battuta del "golem" mi ha fatto sfuggire un risata. Emma Thomson invece sembra un po' tirata nella parte della scrittrice ma pian piano acquista più decisione nella sua parte...un unica pecca forse il fatto che fumava tutte quelle sigarette... ma penso che l'immagine della scrittrice isolata e fumatrice sia una delle più comuni presenti nella nostra testa. Concludo questa recensione consigliandovi la vista di questo film che tra assurdi calcoli e buffi personaggi vi farà passare 2 ore in tranquillità. Forse meriterebbe più di 3 stelline, come è stato valutato da questo sito...ma...mi concolerò con un bavarese allo zenzero!!!
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[+] eccezionale
(di ecc)
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gulliver
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martedì 6 febbraio 2007
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intelligente
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Un film davvero brillante e intelligente. come dice Francesco, riesce ad affrontare la solitudine senza troppi piagnistei. E riesce anche a divincolarsi dagli stereotipi. La vera forza di questo film è la sceneggiatura, veramente brillante, oltre ovviamente a degli ottimi attori.
Bravissimo Will Ferrel, perfetto per la parte. Ottima la Thompson, ma del resto, quando mai ha recitato male? e nelle "retrovie" ci sono due come Queen Latifah ( un pò in ombra) e Dustin Hoffman, che è finalmente a suo agio, non stretto in anguste particine, come in neverland dello stesso Forster.
C'è anche spazio per il dramma: ma non è un drammone piagnone, bensì più una riflessione interiore. Lo scrittore non ha dunque nessuno scrupolo a sacrificare i suoi protagonisti? Nelle esperienze di scrittura che ho a
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Un film davvero brillante e intelligente. come dice Francesco, riesce ad affrontare la solitudine senza troppi piagnistei. E riesce anche a divincolarsi dagli stereotipi. La vera forza di questo film è la sceneggiatura, veramente brillante, oltre ovviamente a degli ottimi attori.
Bravissimo Will Ferrel, perfetto per la parte. Ottima la Thompson, ma del resto, quando mai ha recitato male? e nelle "retrovie" ci sono due come Queen Latifah ( un pò in ombra) e Dustin Hoffman, che è finalmente a suo agio, non stretto in anguste particine, come in neverland dello stesso Forster.
C'è anche spazio per il dramma: ma non è un drammone piagnone, bensì più una riflessione interiore. Lo scrittore non ha dunque nessuno scrupolo a sacrificare i suoi protagonisti? Nelle esperienze di scrittura che ho avuto io, queste remore ce le avevo, eccome!
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(di gulliver)
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vitto40
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martedì 1 giugno 2010
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la morte e le tasse
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E' il sogno di chiunque abbia manie di protagonismo, l'incubo di chiunque soffra di paranoia. Essere al centro di qualcosa, l'eroe di una storia, immortalato in un'opera letteraria.
Laddove mi aveva deluso The Truman Show, è riuscito in pieno questo film molto meno conosciuto, ormai "vecchio" per una recensione (è infatti del 2006), che avevo già visto quando uscì e che mi sono gustato anche in lingua originale tanto per scremare i meriti dell'ottimo doppiaggio. Da The Truman Show eredita il concetto primario: la vita di una persona comune divenuta oggetto di una storia da pubblicare, e la scelta di un attore comico, dalla spiccata mimica facciale, come protagonista drammatico. Will Ferrell è Harold Crick, abitudinario agente del fisco con la mania ossessivo-compulsiva di contare tutto e di mantenere l'ordine, un'esistenza che rispecchia il clichè della banalità.
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E' il sogno di chiunque abbia manie di protagonismo, l'incubo di chiunque soffra di paranoia. Essere al centro di qualcosa, l'eroe di una storia, immortalato in un'opera letteraria.
Laddove mi aveva deluso The Truman Show, è riuscito in pieno questo film molto meno conosciuto, ormai "vecchio" per una recensione (è infatti del 2006), che avevo già visto quando uscì e che mi sono gustato anche in lingua originale tanto per scremare i meriti dell'ottimo doppiaggio. Da The Truman Show eredita il concetto primario: la vita di una persona comune divenuta oggetto di una storia da pubblicare, e la scelta di un attore comico, dalla spiccata mimica facciale, come protagonista drammatico. Will Ferrell è Harold Crick, abitudinario agente del fisco con la mania ossessivo-compulsiva di contare tutto e di mantenere l'ordine, un'esistenza che rispecchia il clichè della banalità. Ma una mattina, nella sua testa Harold sente una voce, che racconta di lui e del suo orologio da polso. Una persona banale, razionale e precisa che un giorno inizia a sentire la voce narrante della propria vita in terza persona, onniscente. Una voce che, mentre Harold è impegnato a risistemare il suo orologio da polso andato in tilt, con nonchalance gli fa sapere che presto morirà. Ecco una bella serie di eventi che sconvolgono la sua vita: la voce, l'annuncio, e non ultimo l'orologio da polso che viene puntato 3 minuti avanti.
Uomo banale, reazione banale: chiede aiuto ad una psichiatra che ovviamente lo etichetta come schizofrenico, gli consiglia di prendere farmaci e gli assegna un esperto di letteratura. Un Dustin Hoffman professore geniale, che mangia o beve continuamente e ha senza dubbio le battute migliori del film. Nel frattempo l'intreccio si complica: l'autrice della storia/vita di Harold è al nono romanzo, nei precedenti otto ha sempre ucciso il protagonista, e ha il blocco dello scrittore. Non sa come far fuori credibilmente e in modo letterariamente accettabile il nuovo protagonista, e viene quindi affiancata da una editor/assistente. Una stupenda Maggie Gyllenhaal è un'angelica fornaia tatuata da sottoporre a verifica fiscale; un bambino riceve in regalo una bici nuova; una donna trova lavoro come autista di autobus.
Cercando di non spoilerare: il decesso imminente presagito dalla voce si avvicina a grandi passi, chiaramente la sua vita è al centro di una tragedia, e non c'è niente che lui possa fare per evitarlo, nemmeno chiudersi in casa. Qual è quindi l'unica cosa da fare quando stai per morire? Imparare a vivere davvero! Almeno fino all'incontro con il suo Dio personale: l'autrice del libro.
Ma un uomo così, che si rassegna al suo destino ed è disposto a sacrificare la sua vita, se foste una Lachesi con in mano il filo della vita di quest'uomo, o una Atropo, forbici alla mano, e doveste tagliare il filo, ve la sentireste, umanamente? Quando la grandissima (ok, mi ripeto, ma ci sono pochi interpreti e sono tutti scelti e diretti molto bene) Emma Thompson scopre di avere tra le mani la vita di quest'uomo, un uomo disposto a rinunciarvi perchè il libro abbia la grandezza che merita, avrà o no il coraggio di recidere il filo?
Un film commovente e divertente, ricco di intuizioni geniali, che accosta momenti di leggerezza ad inaspettata profondità. L'ineluttabilità di morte e tasse, l'ironia del nostro destino, e forse il concetto chiave: le cose che meritiamo di più sono quelle cui siamo disposti a rinunciare.
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riccardo88
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martedì 27 luglio 2010
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sentirsi narrare la propria vita in diretta!!
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Vero come la finzione narra la storia di Harold Crick (Will Ferrell), esattore delle tasse incastrato nella propria routine; Harold, un uomo qualunque, è però protagonista inconsapevole dell'ultimo libro della scrittrice Key Eiffel (Emma Thompson con un piacevole accento inglese in lingua originale). Per un qualche bizzarro motivo Harold, un mattino, sentirà la voce della scrittrice descrivere dettagliatamente, in tempo reale e con sfoggio di buona retorica, ogni sua azione; nel tentativo di capire cosa gli stia succedendo il nostro eroe incontrerà un divertente Dustin Hoffman nei panni di un eccentrico professore di letteratura.
Il regista Marc Foster riesce a riprodurre le atmosfere sognanti di Field of Dreams, dove però era la "voce" di Ray Liotta a mettersi in contatto con il protagonista: Kevin Costner.
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Vero come la finzione narra la storia di Harold Crick (Will Ferrell), esattore delle tasse incastrato nella propria routine; Harold, un uomo qualunque, è però protagonista inconsapevole dell'ultimo libro della scrittrice Key Eiffel (Emma Thompson con un piacevole accento inglese in lingua originale). Per un qualche bizzarro motivo Harold, un mattino, sentirà la voce della scrittrice descrivere dettagliatamente, in tempo reale e con sfoggio di buona retorica, ogni sua azione; nel tentativo di capire cosa gli stia succedendo il nostro eroe incontrerà un divertente Dustin Hoffman nei panni di un eccentrico professore di letteratura.
Il regista Marc Foster riesce a riprodurre le atmosfere sognanti di Field of Dreams, dove però era la "voce" di Ray Liotta a mettersi in contatto con il protagonista: Kevin Costner. Risultano armoniosamente amalgamati momenti di incontro-scontro romantico con momenti di riflessione, strappando allo spettatore anche qualche risata grazie alle sinergie generate da personaggi sapientemente delineati. La colonna sonora, di qualità Indie Rock accuratamente selezionata, conferisce un valore aggiunto alle scene chiave del film. Sarebbe potuto essere un capolavoro se gli autori avessero avuto più coraggio nella stesura della trama. Riccardo Poggi
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freghinho
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lunedì 3 settembre 2012
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simpatico, triste e riflessivo
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Una commedia non banale...una bella trama...e una grande interpretazione di un ottimo Will Farrell...mai noioso...a tratti simpatico...triste...e riflessivo...un finale inaspettato..che lascia una visione soddisfatta e desiderosa..un uomo che riscopre i sapori della vita nello svago...uscendo dai binari della "vita normale" e tradendo il perfezionismo...colonna sonora meravigliosa "Vangelis - La petite fille de la mer"...a me è piaciuto molto.
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fabio di meo
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lunedì 5 febbraio 2007
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la surreale vita di un agente del fisco
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Questo film di Marc Forster, già visto nel commovente Neverland, ha perlomeno il merito di provarci. Prova a buttar giù una trama, una recitazione ed alcune ambientazioni che abbiano un senso, o meglio che tentano di lasciare i segni di un “senso” nello spettatore che, dapprima un po’ sorpreso da inconsueti effetti grafici e dall’anomalia di una sceneggiatura surreale, si rende invece ben presto conto che da qualche parte si tenta di andare a parare. Una scrittrice, la bravissima Emma Thompson, afflitta dal famigerato “blocco” e nel disperato tentativo di uscirne prendendo spunto dal quel mondo che sta fuori e intorno alla sua stanza vuota, asettica, dove dalle vetrate si scorge solo un indistinta nebbia.
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Questo film di Marc Forster, già visto nel commovente Neverland, ha perlomeno il merito di provarci. Prova a buttar giù una trama, una recitazione ed alcune ambientazioni che abbiano un senso, o meglio che tentano di lasciare i segni di un “senso” nello spettatore che, dapprima un po’ sorpreso da inconsueti effetti grafici e dall’anomalia di una sceneggiatura surreale, si rende invece ben presto conto che da qualche parte si tenta di andare a parare. Una scrittrice, la bravissima Emma Thompson, afflitta dal famigerato “blocco” e nel disperato tentativo di uscirne prendendo spunto dal quel mondo che sta fuori e intorno alla sua stanza vuota, asettica, dove dalle vetrate si scorge solo un indistinta nebbia. Dall’altro lato della macchina da scrivere un metodico, maniacale agente del fisco protagonista proprio del libro che sta per essere scritto, anzi in balia della trama di quel libro che pagina dopo pagina sancisce le vicende della sua vita reale. E Poi Dustin Hoffman impegnato ad interpretare la parte di un professore di letteratura immerso nei suoi libri, dentro una stanza tanto piena, caotica e cromatica quanto spoglia e grigia è quella della scrittrice, e che ci mette del suo cercando di dare una mano a comprendere dove andrà a finire il povero agente per arrivare in definitiva a concludere che finirà dove una tragedia ben scritta è giusto che lo conduca. Tra taglienti battute, originali soluzioni di regia e buone interpretazioni, il film scorre nella sua dimensione alienante e ci porta verso l’attesa del finale, solo per un attimo distratti dalla storia d’amore dell’agente con la fornaia Ana Pascal, interpretata dalla graziosa Maggie Gyllenhaal che (ah la magia del cinema) ci appare non solo carina, ma bella come il sole e sensuale come l’impasto manipolato di un pane da infornare. Purtroppo il finale è un po’ deludente, forse gravato anche da una attesa che avrebbe preteso qualcosa di più di una moraletta un po’ spicciola, ma il film resta ben fatto e piacevole
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odissea 2001
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mercoledì 11 febbraio 2009
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quando il destino va oltre la sua trama
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Fa parte delle commedie tristi, tipo "Quattro matrimoni e un funerale", anche se rispetto al film che ha lanciato Hugh Grant mostra qualche pretesa in più e si può fregiare di qualche battuta in meno. "Vero come la finzione" è un film leggero,comunque curioso. Si potrebbe definire originale se non fosse per la lentezza narrativa che consente allo spettatore di non restare totalmente spiazzato dalla storia. Il soggetto, che intreccia vita reale e creazione letteraria, è il suo punto di forza, la sceneggiatura appare un po' sbiadita, meno spigolosa e accattivante di altri film dello stesso genere come "Thank you for smoking", che anche per il tema trattato si mostra più intraprendente e cinico, .
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Fa parte delle commedie tristi, tipo "Quattro matrimoni e un funerale", anche se rispetto al film che ha lanciato Hugh Grant mostra qualche pretesa in più e si può fregiare di qualche battuta in meno. "Vero come la finzione" è un film leggero,comunque curioso. Si potrebbe definire originale se non fosse per la lentezza narrativa che consente allo spettatore di non restare totalmente spiazzato dalla storia. Il soggetto, che intreccia vita reale e creazione letteraria, è il suo punto di forza, la sceneggiatura appare un po' sbiadita, meno spigolosa e accattivante di altri film dello stesso genere come "Thank you for smoking", che anche per il tema trattato si mostra più intraprendente e cinico, . Spiccano le interpretazioni di Emma Thompsom e Dustin Hoffman, lei scrittrice in crisi creativa, lui studioso di letteratura. Maggie Gyllenhaal aggiunge verve e femminilità, tanto per non lasciare fuori dal film (che resta sempre una commedia) l'amore e i sentimenti, vera e propria fonte di ispirazione per generazioni di sceneggiatori e soggettisti. Interessante, infine, il rapporto tra l'autore e le sue creature, i personaggi, che vengono trattati dalla scrittrice e dal professore (o l'editore), due veri e propri "controllori del fato" (cos'altro è, se non il destino, una trama scritta da altri?)come gli ingranaggi di una macchina che sforna finali lieti o drammatici. Solo nelle ultime battute questo concetto si arricchisce della mediazione umana e partipazione affettiva che rende anche la vita meno vuota e prevedibile.
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brina78
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lunedì 24 gennaio 2011
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il coraggio di farsi morire
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Come facciamo a capire se la nostra esistenza è al centro di una tragedia o di una commedia?
Harold si ascolta raccontare la propria vita come fosse una prolungata elencazione di gesti, senza che la cosa lo sorprenda o lo angosci più di tanto.
Ma una mattina si rende conto che quella reiterazione monotona di gesti e parole rischia di essere un presagio di morte.
E così, terrorizzato, interroga la psicologia, la saggezza della letteratura.
Ma alla fine, si rende contro che la piega ultima della propria vicenda dipende unicamente da sè, e dal coraggio che comporta il rinnovamento di sè stesso.
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Come facciamo a capire se la nostra esistenza è al centro di una tragedia o di una commedia?
Harold si ascolta raccontare la propria vita come fosse una prolungata elencazione di gesti, senza che la cosa lo sorprenda o lo angosci più di tanto.
Ma una mattina si rende conto che quella reiterazione monotona di gesti e parole rischia di essere un presagio di morte.
E così, terrorizzato, interroga la psicologia, la saggezza della letteratura.
Ma alla fine, si rende contro che la piega ultima della propria vicenda dipende unicamente da sè, e dal coraggio che comporta il rinnovamento di sè stesso.
Bellissima questa scomposizione rappresentativa del proprio io.
Coscienza, azione e conoscenza vengono concretizzati in tre personaggi diversi.
Quando l'azione, oltre agli altri due piani, accetta l'esigenza dell'evoluzione, il vecchio io muore, per dar spazio ad un uomo diverso, più cresciuto e più realizzato.
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gianni lucini
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domenica 6 novembre 2011
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citazioni letterarie
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Il commediografo Zach Helm nella sua prima esperienza di scrittura per il cinema gioca a disseminare nella sceneggiatura e nei dialoghi una lunga serie di riferimenti colti, a partire dal questionario del dottor Hilbert, il cui metodo per esclusioni sollecita nello spettatore il gusto l’accoppiamento tra le risposte di Harold e i generi o gli autori esclusi. Il gusto per il divertimento di Helm trova però il suo massimo momento nella scelta dei cognomi per i personaggi principali rubati tutti a famosi matematici, scienziati, ricercatori e ingegneri: Francis Crick, David Hilbert, Gustave Eiffel, Blaise (ma anche Ernesto) Pascal, Maurits Cornelis Escher, Gösta Mittag-Leffler ecc.
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Il commediografo Zach Helm nella sua prima esperienza di scrittura per il cinema gioca a disseminare nella sceneggiatura e nei dialoghi una lunga serie di riferimenti colti, a partire dal questionario del dottor Hilbert, il cui metodo per esclusioni sollecita nello spettatore il gusto l’accoppiamento tra le risposte di Harold e i generi o gli autori esclusi. Il gusto per il divertimento di Helm trova però il suo massimo momento nella scelta dei cognomi per i personaggi principali rubati tutti a famosi matematici, scienziati, ricercatori e ingegneri: Francis Crick, David Hilbert, Gustave Eiffel, Blaise (ma anche Ernesto) Pascal, Maurits Cornelis Escher, Gösta Mittag-Leffler ecc. Nella scena in cui Harold va a parlare con il professor Hilbert in piscina, il letterato è seduto su un seggiolone da bagnino e sta leggendo un libro la cui copertina resta inquadrata per tutto il dialogo. La scelta non è casuale ed è uno dei tanti rimandi colti numerico/letterari disseminati da Zach Helm nel film. Il libro infatti è di Sue Graffon, la giallista statunitense che ha inventato il personaggio di Kinsey Milhone, un’investigatrice nata il 5 maggio (5) 1950 i cui romanzi hanno come riferimento una lettera dell’alfabeto di cui seguono rigorosamente l’ordine (A come Alibi, B come Bugiardo, C come Cadavere, ecc.)
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irretendo
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giovedì 10 gennaio 2013
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se dio si incarna in una scrittrice nevrotica...
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E' come se l'Onnipotente ci venisse presentato dagli autori del film nella veste di una scrittrice di storie deprimenti, inconsapevole dei suoi poteri demiurgici, ed anzi a sua volta nevrotica ed oberata da manie suicidarie, nonché ossessionata dalla morte tragica dei protagonisti da lei stessa creati. Ma una metafora tanto onerosa intorno al senso dell'esistenza viene sviluppata ad un livello di ironia e leggerezza tali da sfiorare la genialità poetica e rendere la visione della pellicola assolutamente godibile, senza scadere mai nella superficialità della farsa, ma piuttosto continuando a solleticare con arguzia la sensibilità e la riflessività dello spettatore.
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E' come se l'Onnipotente ci venisse presentato dagli autori del film nella veste di una scrittrice di storie deprimenti, inconsapevole dei suoi poteri demiurgici, ed anzi a sua volta nevrotica ed oberata da manie suicidarie, nonché ossessionata dalla morte tragica dei protagonisti da lei stessa creati. Ma una metafora tanto onerosa intorno al senso dell'esistenza viene sviluppata ad un livello di ironia e leggerezza tali da sfiorare la genialità poetica e rendere la visione della pellicola assolutamente godibile, senza scadere mai nella superficialità della farsa, ma piuttosto continuando a solleticare con arguzia la sensibilità e la riflessività dello spettatore. Forse solo con il precedente de Il favoloso mondo di Amelie - cui il film sembra voler apparentarsi per più di un'analogia sul piano dello sviluppo narrativo - era stato raggiunto negli ultimi anni un risultato di analogo livello, riuscendo, per ossimoro, a declinare tematiche esistenziali fra le più ponderose attraverso l'utilizzo d'uno sguardo tenero e divertito, puntato sulle piccole ossessioni quotidiane che ognuno di noi finisce per coltivare in funzione della propria salvaguardia. A tutto ciò si aggiunga una recitazione assolutamente superlativa da parte di tutti, accompagnata dal fascino di un raffinato commento sonoro firmato Vangelis: cosa desiderare di più da uno spettacolo cinematografico?
Silvio D'Amicone
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