Anno | 2002 |
Genere | Documentario |
Produzione | Italia |
Durata | 52 minuti |
Regia di | Giorgio Diritti |
MYmonetro | 3,00 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento mercoledì 30 novembre 2011
Giorgio Diritti indaga in un documentario la storia di una piccola comunità di un villaggio della foresta amazzonica.
CONSIGLIATO SÌ
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Foresta amazzonica. Un missionario ha portato alla piccola comunità di un villaggio costruito in prossimità di un fiume una brutta notizia. Il ragazzo che era stato scelto perché frequentasse una scuola in cui apprendere le basi dell'agricoltura per poterle poi utilizzare a favore di tutti è scappato. È indispensabile ritrovarlo. Viene incaricato il fratello il quale parte alla volta della città e per la prima volta in vita sua lascia il villaggio e i luoghi che lo hanno visto nascere.
Giorgio Diritti ha trovato un luogo dall'altra parte del mondo in cui approfondire la sua ricerca cinematografica e, al contempo, muoversi (come il protagonista) portando con sé il minimo indispensabile e lasciando a casa i ricordi che, in caso contrario, produrrebbero nostalgia. Il protagonista, voce narrante, ha le sue radici in un luogo nato grazie agli occhi, seminati nella terra, di un bambino. Lo sguardo, nella duplice dimensione del guardare e dell'essere guardati, diviene così l'elemento che presiede alla realizzazione di un documentario che diviene un percorso di ricerca non tanto di una persona quanto di una società, di una nazione. La vastità del Brasile è tale da contenere in sé mondi completamente distanti e gli 'occhi' del protagonista trasformati in quelli della macchina da presa ne percorrono la superficie ammirati e turbati al contempo. La Natura, a cui viene dato ampio spazio nella prima parte, è la culla dell'indio il luogo che conosce e che sa dominare. La città, Manaus, è un brulicare di persone accentuato, nella percezione del protagonista, dalla esiguità della comunità di provenienza. Ma ciò che maggiormente sconvolge, finendo però con il fagocitare, è il bisogno quasi disperato delle persone di fare festa per stordirsi e tentare di dimenticare, almeno per un po', la tristezza interiore. È quanto l'occhio/macchina presa di Diritti coglie senza voler giudicare ma collocandosi nella dimensione di chi guarda quasi già consapevole di un destino di sradicamento e, in definitiva, di alienazione.