figliounico
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sabato 26 novembre 2022
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la vita è sogno?
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Un amore saffico tradito, l’aspirazione fallita a diventare una grande attrice, il rimorso per aver deluso le aspettative degli anziani genitori, la violenza subita da ragazza da parte di un amico del padre, sono i ricordi-frammenti di vita vissuta, le tracce per interpretare il film-sogno, in cui sono riordinati in un’altra storia, acquistando senso mediante il meccanismo onirico che sostituisce ad ogni frustrazione una speculare gratificazione, il piacere al dolore, fino al traumatico risveglio in una vita inaccettabile, da rifiutare. Non è la trama la forza di questo film di Lynch, che si domanda come Calderon de la Barca se la vita è sogno, ma la bellezza delle immagini ed alcuni momenti alti di recitazione di Naomi Watts.
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Un amore saffico tradito, l’aspirazione fallita a diventare una grande attrice, il rimorso per aver deluso le aspettative degli anziani genitori, la violenza subita da ragazza da parte di un amico del padre, sono i ricordi-frammenti di vita vissuta, le tracce per interpretare il film-sogno, in cui sono riordinati in un’altra storia, acquistando senso mediante il meccanismo onirico che sostituisce ad ogni frustrazione una speculare gratificazione, il piacere al dolore, fino al traumatico risveglio in una vita inaccettabile, da rifiutare. Non è la trama la forza di questo film di Lynch, che si domanda come Calderon de la Barca se la vita è sogno, ma la bellezza delle immagini ed alcuni momenti alti di recitazione di Naomi Watts. Per il resto è una commistione di generi, come in Strade perdute, dal melodrammatico, sublimato tuttavia dall’arte, al thriller poliziesco, tarantiniano nella scena comica del killer maldestro.
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lyncfollower
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domenica 24 febbraio 2002
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"una storia d'amore nella città dei sogni"
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Riporto una frase di Lynch:
"Mulholland Drive è una bellissima strada è la sola spiegazione concessa - che corre lungo la costa da Santa Monica a Malibu. E' affascinante di giorno e misteriosa di notte. Il mio film vuole essere come quella strada: tortuoso, irregolare, fitto di tenebre, carico di misteri. E anche se c'è una trama, rappresentata dalla storia d'amore tra le due protagoniste, spero che gli spettatori si lascino incantare dalle atmosfere senza voler a tutti costi trovare una vera e propria soluzione"
E' in assoluto un film geniale.. x la sua trama konvulsa e intrikata + ke mai.. uno skambio eccezionale di ruoli meglio riuscito di LOST HIGHWAY kn atmosfere dark da BLUE VELVET e TWIN PEAKS.
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Riporto una frase di Lynch:
"Mulholland Drive è una bellissima strada è la sola spiegazione concessa - che corre lungo la costa da Santa Monica a Malibu. E' affascinante di giorno e misteriosa di notte. Il mio film vuole essere come quella strada: tortuoso, irregolare, fitto di tenebre, carico di misteri. E anche se c'è una trama, rappresentata dalla storia d'amore tra le due protagoniste, spero che gli spettatori si lascino incantare dalle atmosfere senza voler a tutti costi trovare una vera e propria soluzione"
E' in assoluto un film geniale.. x la sua trama konvulsa e intrikata + ke mai.. uno skambio eccezionale di ruoli meglio riuscito di LOST HIGHWAY kn atmosfere dark da BLUE VELVET e TWIN PEAKS..
Da rivedere una marea di volte..
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andre
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mercoledì 8 agosto 2007
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il cinema è un sogno: lynch è il cinema
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E' il primo film che vedo di David Lynch, regista che mi era stato presentato come una via di mezzo tra il pazzo e il geniale, tra l'incapibile, l'irrazionale, l'onirico, il grottesco. Mulholland Drive rispecchia in pieno queste componenti. La storia si snoda nella Los Angeles dei sogni, come la strada da cui il film prende il titolo. E' proprio partendo dalla strada che possiamo trovare una delle poche "percorribili" chiavi di lettura. Una strada che nasce in aperta campagna, attraversa quartieri borghesi fino a giungere nel Malibù. La storia è tale: l'inizio- la prima ora- è originale, inquietante, misteriosamente affascinante. In essa compaiono tematiche contemporanee e non facili, quali la vuotezza del cinema- il provino della pseudo-Betty evidenzia la stoltezza dei cineasti-, l'assoluto potere di personaggi loschi che vivono nell'ombra e verso i quali si è costretti a mostrare reverenza e soggezione, la perdita della propria identità e la ricostruzione di essa.
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E' il primo film che vedo di David Lynch, regista che mi era stato presentato come una via di mezzo tra il pazzo e il geniale, tra l'incapibile, l'irrazionale, l'onirico, il grottesco. Mulholland Drive rispecchia in pieno queste componenti. La storia si snoda nella Los Angeles dei sogni, come la strada da cui il film prende il titolo. E' proprio partendo dalla strada che possiamo trovare una delle poche "percorribili" chiavi di lettura. Una strada che nasce in aperta campagna, attraversa quartieri borghesi fino a giungere nel Malibù. La storia è tale: l'inizio- la prima ora- è originale, inquietante, misteriosamente affascinante. In essa compaiono tematiche contemporanee e non facili, quali la vuotezza del cinema- il provino della pseudo-Betty evidenzia la stoltezza dei cineasti-, l'assoluto potere di personaggi loschi che vivono nell'ombra e verso i quali si è costretti a mostrare reverenza e soggezione, la perdita della propria identità e la ricostruzione di essa. Fino a che si arriva ad un cubo blu. Qui la storia cambiaradicalmente, e tutto si rivela irreale ed immaginario. Betty diventa Diane, Rita si trasforma in Camilla, attrice che nella prima parte era stata fortemente "raccomandata" al regista protagonista da parte di gente pocco raccomandabile. Camilla e il regista s'innamorano, Diane s'ingelosisce e paga un sicario affinchè la uccida. I sensi di colpa- rappresentati da due vecchietti che passano da sotto una porta e la spaventano con urla e grida- la spingono al suicidio. In mezzo, veggenti, maghi, mostri, visionari, cow-boy, morti, uccisioni. Da segnalare, infine, la scena del sicario "deficiente", che ammazza due innocenti e scatena un casino per niente. Scena tipicamente tarantiniana.
Inutile tentare di capire il film. L'importante è abbandonarsi ad esso. Tante sono le emozioni che vi regala, malgrado, soprattutto nell'ultima parte, rischi di far irritare lo spettatore, che, invano, spera in un finale chiarificatore.
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fabio alviggi
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martedì 19 marzo 2002
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una nuova opera del regista più visionario d'america.
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Capace di tenere in tensione dall'inizio alla fine e di coinvolgere completamente lo spettatore grazie alla straordinaria potenza visiva abbinata a musiche di grande effetto, la storia è un vero e proprio delirio (più che un sogno, come lo definisce il regista, sembra un incubo) ed il significato è liberamente interpretabile. A mio avviso tutta la storia è frutto dell'immaginazione di Betty, giovane cameriera di un ristorante di Hollywood ed aspirante attrice. Infatti è straordinaria la somiglianza tra Betty e la protagonista Dianne che peraltro fino all'epilogo finale si fa chiamare Betty, così come la somiglianza con l'altra protagonista Camilla quando indossa la parrucca bionda. Mi piace immaginare che si tratti di di una trasposizione della personalità di Betty che da un lato voleva fortemente diventare un'attrice famosa, ma dall'altro odiava quel mondo arrogante e corrotto, considerandolo finto, e considerando per converso la vita come una semplice rappresentazione teatrale che si apre con dei nastri registrati e degli attori che recitano in playback fingendo emozioni ma ripetendo che è solo illusione, che non c'è nulla di vero perchè è tutto registrato, e si conclude con il silenzio, quasi a simboleggiare delle vite finte che si spengono nella verità del silenzio.
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Capace di tenere in tensione dall'inizio alla fine e di coinvolgere completamente lo spettatore grazie alla straordinaria potenza visiva abbinata a musiche di grande effetto, la storia è un vero e proprio delirio (più che un sogno, come lo definisce il regista, sembra un incubo) ed il significato è liberamente interpretabile. A mio avviso tutta la storia è frutto dell'immaginazione di Betty, giovane cameriera di un ristorante di Hollywood ed aspirante attrice. Infatti è straordinaria la somiglianza tra Betty e la protagonista Dianne che peraltro fino all'epilogo finale si fa chiamare Betty, così come la somiglianza con l'altra protagonista Camilla quando indossa la parrucca bionda. Mi piace immaginare che si tratti di di una trasposizione della personalità di Betty che da un lato voleva fortemente diventare un'attrice famosa, ma dall'altro odiava quel mondo arrogante e corrotto, considerandolo finto, e considerando per converso la vita come una semplice rappresentazione teatrale che si apre con dei nastri registrati e degli attori che recitano in playback fingendo emozioni ma ripetendo che è solo illusione, che non c'è nulla di vero perchè è tutto registrato, e si conclude con il silenzio, quasi a simboleggiare delle vite finte che si spengono nella verità del silenzio.
Come ho già detto è un film che apre le porte a diverse interpretazioni e forse proprio per questo vale la pena vederlo.
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noia1
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martedì 1 aprile 2014
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domina un caos apparente
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Betty è una giovane attrice che si trasferisce ad Hollywood nella speranza di poter sfondare nel mondo del cinema. Nel suo appartamento si rifugia Rita, una ragazza scampata ad un incidente stradale e che non si ricorda più niente del suo passato. Le due ragazze iniziano così un’indagine per scoprire qualcosa di più riguardo al passato della misteriosa Rita, parallelamente si diramano altre vicende come quella di un regista nevrotico minacciato da uomini misteriosi e quella di un killer apparentemente a se stante rispetto al resto della trama. Tutto prosegue, si confonde e si mescola, dalle trame delle varie storie alle stesse identità dei protagonisti fino ad un apparente incomprensibilità della vicenda.
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Betty è una giovane attrice che si trasferisce ad Hollywood nella speranza di poter sfondare nel mondo del cinema. Nel suo appartamento si rifugia Rita, una ragazza scampata ad un incidente stradale e che non si ricorda più niente del suo passato. Le due ragazze iniziano così un’indagine per scoprire qualcosa di più riguardo al passato della misteriosa Rita, parallelamente si diramano altre vicende come quella di un regista nevrotico minacciato da uomini misteriosi e quella di un killer apparentemente a se stante rispetto al resto della trama. Tutto prosegue, si confonde e si mescola, dalle trame delle varie storie alle stesse identità dei protagonisti fino ad un apparente incomprensibilità della vicenda. Atmosfere inquietanti, vicende surreali, apparente insensatezza di tutto ciò che si vede, questi sono gli ingredienti per un capolavoro firmato dal maestro del grottesco. La sceneggiatura funziona, la trama mette a dura prova le meningi ma alla fine il prodotto è più che pregevole. È un prodotto firmato David Lynch e di conseguenza non ci si può mettere a guardarlo pensando di guardare un comune film, bisogna guardare oltre ciò che il film mostra e bisogna quindi tradurre quello che c’è d’intrinseco nella trama fino quasi a tradurre gli eventi più che guardarli semplicemente. Un prodotto anticonvenzionale a tutti gli effetti a partire dallo svolgimento, alcuni ruoli di attori che vanno fuori dall’ordinario, le sperimentazioni della telecamera e soprattutto le atmosfere suggestivamente angoscianti e disturbanti.
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ugogigio
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martedì 29 aprile 2014
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la scatola dei sogni infranti
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Che Mulholland Drive sia un capolavoro l'hanno detto in molti, eppure davanti a tanta bellezza non riesco a trattenermi dall'esprimere il medesimo parere. Non c'è motivo d'altronde per cui ci si dovrebbe stancare di sostenere la grandiosità di opere come la Commedia dantesca o la Cappella Sistina. E non mi sembra di esagerare nel ritenere MD non solo l'apice della filmografia lynchiana ma anche uno dei film più belli degli ultimi vent'anni, una vera pietra miliare del nuovo millennio.
Qui davvero non ci sono obiezioni che tengano: chi non apprezza un film del genere non è perché non lo ha capito, ma perché non lo ha "sentito". Non mi dilungo su quanto coerente in realtà risulti una trama a prima vista incomprensibile (e resto comunque del parere che voler comprendere significhi volere a tutti i costi volgarizzare)quando la si vada ad analizzare a fondo e con le adeguate chiavi di lettura psicoanalitiche (anzi, rispetto a film come Eraserhead, Strade Perdute o Inland Empire, MD è comprensibilissimo), perché ciò che davvero conta ,qui come ovunque in Lynch, è tutt'altro: è la meraviglia di addentrarsi nel territorio ammaliante e spaventoso del sogno e dell’incubo, le cui oscure dinamiche Lynch come nessun altro riesce a tradurre in immagini di uno splendore abbacinante.
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Che Mulholland Drive sia un capolavoro l'hanno detto in molti, eppure davanti a tanta bellezza non riesco a trattenermi dall'esprimere il medesimo parere. Non c'è motivo d'altronde per cui ci si dovrebbe stancare di sostenere la grandiosità di opere come la Commedia dantesca o la Cappella Sistina. E non mi sembra di esagerare nel ritenere MD non solo l'apice della filmografia lynchiana ma anche uno dei film più belli degli ultimi vent'anni, una vera pietra miliare del nuovo millennio.
Qui davvero non ci sono obiezioni che tengano: chi non apprezza un film del genere non è perché non lo ha capito, ma perché non lo ha "sentito". Non mi dilungo su quanto coerente in realtà risulti una trama a prima vista incomprensibile (e resto comunque del parere che voler comprendere significhi volere a tutti i costi volgarizzare)quando la si vada ad analizzare a fondo e con le adeguate chiavi di lettura psicoanalitiche (anzi, rispetto a film come Eraserhead, Strade Perdute o Inland Empire, MD è comprensibilissimo), perché ciò che davvero conta ,qui come ovunque in Lynch, è tutt'altro: è la meraviglia di addentrarsi nel territorio ammaliante e spaventoso del sogno e dell’incubo, le cui oscure dinamiche Lynch come nessun altro riesce a tradurre in immagini di uno splendore abbacinante.
E si badi che non è tutto stile (il che per quanto mi riguarda basterebbe e avanzerebbe!), perché non c’è singolo fotogramma la cui accurata preparazione non sia stata studiata per esaltare la drammaticità di una vicenda umana narrata con rara profondità. Anzi, nel complesso mi sembra che si possa persino estrapolare una visione sconsolata dell’esistenza e del mondo intero, in cui solo il rifugio nel sogno può ripagare da una realtà che non fa che confermarsi sempre più squallida e dolorosa. Ma mille altri spunti di riflessione si potrebbero trovare in questo labirinto, dal discorso metacinematografico a quello sul rapporto tra realtà e finzione, dal tema del doppio interscambiabile all’interpretazione psicoanalitica degli innumerevoli simboli onirici di cui vive l’intero film.
Forse però è più proficuo limitarsi a farsi investire dalla bellezza di una sequenza ininterrotta di momenti da sindrome di Stendhal, la cui densità di significato non fa che accrescere il godimento estetico: insomma, dalla strepitosa scena iniziale del ballo alle ultime sillabe sussurrate a suggellare una vicenda di speranze infrante con laconica malinconia, MD è un continuo superarsi che rasenta la perfezione (ah il Club Silencio!).
Con David Lynch si vola sempre alto, ma a mio parere Mulholland Drive rappresenta davvero il vertice, ancor più che quella mastodontica summa del suo cinema che è Inland Empire, splendida creatura inestricabile e metamorfica, puro onirismo antinarrativo in cui però lo stile finisce forse col prevalere sulla sostanza. MD riesce invece a toccare miracolosamente il perfetto equilibrio tra l’ancoramento a una solida narratività (ancorché metaforica per i primi tre quarti, con un coup de theatre che di più non si può) e il meraviglioso surrealismo del linguaggio.
E il risultato è un film che riesce ad essere enigmatico e nel contempo tragicamente emozionante, sensuale eppure così inquietante, un film di una tale bellezza da suscitare le lacrime, in cui si rischia di perdersi come negli avvolgenti meandri di un angosciante eppur fascinoso incubo.
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storie di cinema
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lunedì 9 febbraio 2015
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lynch, mistificatore del cinema moderno
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Un’attrice che sogna la gloria del grande cinema, una ragazza senza memoria, un regista ricattato, un manipolo di malavitosi, un uomo ossessionato dai suoi sogni, un criptico cowboy e un killer da quattro soldi. Sullo sfondo, le atmosfere noir di una Hollywood cupa ed enigmatica. Mulholland drive è una delle vette del cinema di Lynch, fatto di miti, paure, di viaggi attraverso il subconscio, dove convivono realtà diverse, misteri, vite che cambiano e si trasformano. Intenso e affascinante, Mulholland drive rappresenta, in tutta la sua complessità, l’eccellente continuazione di un’opera marcatamente personale, che rifiuta la realtà, intrisa di sogno e morte, inquietante, diretta da uno dei più grandi mistificatori del cinema moderno.
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Un’attrice che sogna la gloria del grande cinema, una ragazza senza memoria, un regista ricattato, un manipolo di malavitosi, un uomo ossessionato dai suoi sogni, un criptico cowboy e un killer da quattro soldi. Sullo sfondo, le atmosfere noir di una Hollywood cupa ed enigmatica. Mulholland drive è una delle vette del cinema di Lynch, fatto di miti, paure, di viaggi attraverso il subconscio, dove convivono realtà diverse, misteri, vite che cambiano e si trasformano. Intenso e affascinante, Mulholland drive rappresenta, in tutta la sua complessità, l’eccellente continuazione di un’opera marcatamente personale, che rifiuta la realtà, intrisa di sogno e morte, inquietante, diretta da uno dei più grandi mistificatori del cinema moderno.
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iuriv
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lunedì 21 novembre 2016
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il solito, enigmatico lynch.
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Mullholand Drive è un film che, con lo sfondo della falsa e duplice Hollywood, racconta il senso di colpa. O almeno così è sembrato a me.
Si perché Lynch è uno poco interessato alla linearità della narrazione. Il regista mette in mostra questa vicenda lasciandosi, come consuetudine, trascinare da suggestioni e frammenti, senza preoccuparsi di spiegare o ordinare alcunché.
Così si possono interpretare in qualsiasi modo, la presenza della strana coppia di anziani sorridenti, il sogno dell'uomo al bar e i gli altri riferimenti che Lynch sparge lungo tutta la pellicola.
Al solito siamo di fronte all'interpretazione onirica di uno stato d'animo che il regista mette in scena con perizia di inquadrature, aiutato da un cast di attori dal quale è stato in grado di trarre il massimo.
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Mullholand Drive è un film che, con lo sfondo della falsa e duplice Hollywood, racconta il senso di colpa. O almeno così è sembrato a me.
Si perché Lynch è uno poco interessato alla linearità della narrazione. Il regista mette in mostra questa vicenda lasciandosi, come consuetudine, trascinare da suggestioni e frammenti, senza preoccuparsi di spiegare o ordinare alcunché.
Così si possono interpretare in qualsiasi modo, la presenza della strana coppia di anziani sorridenti, il sogno dell'uomo al bar e i gli altri riferimenti che Lynch sparge lungo tutta la pellicola.
Al solito siamo di fronte all'interpretazione onirica di uno stato d'animo che il regista mette in scena con perizia di inquadrature, aiutato da un cast di attori dal quale è stato in grado di trarre il massimo.
Mettersi a discutere sulla teoria che vorrebbe questo lavoro come la miglior opera cinematografica del secolo significherebbe inserirsi in un dibattito sterile. Premi e riconoscimenti non spostano più di tanto quello che si vede sullo schermo.
Una prima parte pesante, nonostante il giallo da risolvere, le investigazioni amatoriali e la sospensione onirica dell'atmosfera.
Una seconda più incisiva, che lascia dietro di se tutte le distrazioni viste in precedenza e che offre i riferimenti per decodificare la storia.
Chiaramente questa è un'opera che fa lavorare il cervello, chiede tanto a chi la guarda ed è probabilmente realizzata da qualcuno che ama giocare con il pubblico. Per quanto ci si possa pensare su, non tutto torna, alcune situazioni contraddicono altre e nel complesso è difficile mettere ordine nel caos creato da Lynch.
Di certo non lascia indifferenti e si rifiuta di abbandonare la mente dello spettatore anche alla seconda, terza o quarta visione. Se non è classe questa.
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elgatoloco
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domenica 11 febbraio 2018
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lynch nuovo"surrealista"
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C'è stato un autore cinematografico che, più degli altri, è riuscito a proporre filmicamente la dissoluzione della realtà empirica e la sua sostituzione con quella onirica o anche, volendo formulare il problelma diversamente, l'immissizione del sogno nella"realtà": si chiamava Luis Bunuel, di tradizione e ascendenza surrealista, amico di Salvador Dali(anche se i due erano distanti totalmente sul piano ideologico, ma anche estetico, a voler fomrulare i problemi con una certa esattezza). Ora, Bunuel operava in pieno nel 1900, mentre David lynch, autore non meno geniale ma collocabile tra fine Novecento e anni Duemila, è il pendant più moderno di Bunuel, quasi un Bunuel redivido in altra forma, con canoni diversi: con il linguaggio che lo ha reso celebre, dove una sorta di sintesi dei linguaggi e dei codici linguistico-espressivi esistenti(cinena, arte visiva, musica, architettura, teatro e altro)si fondono, appunto, in una sintesi dove il sogno sopravanza la"realtà".
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C'è stato un autore cinematografico che, più degli altri, è riuscito a proporre filmicamente la dissoluzione della realtà empirica e la sua sostituzione con quella onirica o anche, volendo formulare il problelma diversamente, l'immissizione del sogno nella"realtà": si chiamava Luis Bunuel, di tradizione e ascendenza surrealista, amico di Salvador Dali(anche se i due erano distanti totalmente sul piano ideologico, ma anche estetico, a voler fomrulare i problemi con una certa esattezza). Ora, Bunuel operava in pieno nel 1900, mentre David lynch, autore non meno geniale ma collocabile tra fine Novecento e anni Duemila, è il pendant più moderno di Bunuel, quasi un Bunuel redivido in altra forma, con canoni diversi: con il linguaggio che lo ha reso celebre, dove una sorta di sintesi dei linguaggi e dei codici linguistico-espressivi esistenti(cinena, arte visiva, musica, architettura, teatro e altro)si fondono, appunto, in una sintesi dove il sogno sopravanza la"realtà". Anche qui, in questo"Mulholland Drive"(2001)nulla è ciò che sembra, tutto viene continuamente rimesso in gioco, in discussione, tanto che"tutto assume forme e contorni completamente nuovi". Ciò che sembrava accadere, accade, in effetti, ma è un sogno della protagonista, i personaggi vengono ad essere proiezioni della protagonista stessa(non a caso attrice e tutto è meta-filmico...). Si potrà dire che c'è un elemento di presunzione, di voler dire"altro", di voler continuamente spiazzare lo spettatore. Ciò, però, derivaa solo e unicamente dalla non-volontà di non mettersi in gioco, dal non voler rimettere in discussione il gioco della"realtà"e del suo rapporto con la"finzione", dal non voler accettare che la narrazione possa seguire canoni diversi da quelli già individuati e canonizzati. Le attrici /gli attori, pur brave/i, come Naomi Watts, come Justin leroux, non sono icone immortali ma personaggi che si rifunzionalizzano nell'economia dell'opera, continuamente, sono, diremmo quasi"funzioni". Anche questo, ovviamente, "spiazza"chi è abituato alla classica storia con inizio, svolgimento, conclusione, ma forse questo spiazzamento potrebbe essere anche opportuno e"salutare"per acquisire una"new vision"e quanto essa implica o meglio potrebbe implicare... El Gato
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evildevin87
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mercoledì 3 dicembre 2014
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tra sogno e realtà
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Penso che questo sia un film che in mano a qualcuno che non abbia il genio del maestro David Lynch sarebbe scaduto nella comicità involontaria.
Il focalizzarsi solo sul seguire la trama principale non aiuta a tirarne fuori un significato. Ammesso che un significato ben preciso ci sia perchè alla fine i numerosi simbolismi, gli indizi fuorvianti, il perenne essere tra sogno e realtà e tra lucidità e follia completa fa pensare che Lynch abbia voluto dare in pasto alle folle un film che può assumere a seconda di come lo si guarda numerosi significati e sottotesti di fondo. Non c'è una logica, ed è tutto negli intenti del regista.
Il mio pensiero è che il film sia perennemente in bilico tra sogno e vita reale in una mente instabile.
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Penso che questo sia un film che in mano a qualcuno che non abbia il genio del maestro David Lynch sarebbe scaduto nella comicità involontaria.
Il focalizzarsi solo sul seguire la trama principale non aiuta a tirarne fuori un significato. Ammesso che un significato ben preciso ci sia perchè alla fine i numerosi simbolismi, gli indizi fuorvianti, il perenne essere tra sogno e realtà e tra lucidità e follia completa fa pensare che Lynch abbia voluto dare in pasto alle folle un film che può assumere a seconda di come lo si guarda numerosi significati e sottotesti di fondo. Non c'è una logica, ed è tutto negli intenti del regista.
Il mio pensiero è che il film sia perennemente in bilico tra sogno e vita reale in una mente instabile. Parte tutto da un incidente sulla Mulholland Drive. Una ragazza coinvolta di nome Rita (Laura Harring) perde la memoria, e in seguito si rifugierà a casa di un'aspirante attrice promettente, Betty (Naomi Watts), che la aiuterà a ritrovare sè stessa. Le due diventano dapprima amiche e poi amanti. Rita ha con sè una borsa con all'interno un mucchio di soldi e una chiave blu. Quando quest'ultima verrà inserita in un cubo blu ritrovato in un teatro ove si sono recate e ci troveremo di punto in bianco catapultati in un mondo in cui le due protagoniste hanno nomi e ruoli differenti: Betty è Diane, e Rita è Camilla. Ma solo Diane pare trovarsi a disagio in questa realtà, qui attrice fallita e surclassata su ogni fronte da Camilla non più sua amante e che ad una cena annuncia l'imminente matrimonio col regista Adam (Justin Theroux). Diane assolda un killer per ucciderla dopodichè, stremata e afflitta dai sensi di colpa e dalla sconfitta, si suiciderà sparandosi un colpo in testa in preda al delirio e alle allucinazioni. Che la prima parte sia solo una realtà alternativa ideale creata dalla protagonista Betty/Diane, e l'apertura del cubo segni il ritorno alla triste e vera realtà? Questa almeno è la domanda principale che ronzava nella mia testa una volta terminata la visione.
Quello che si può certamente dire è che il film è un capolavoro assoluto di messa in scena, un lavoro di sceneggiatura e regia che sfiora la perfezione. Un'esperienza cinematografica senza pari obbligatoria per qualunque appassionato di cinema, che non può assolutamente lasciare indifferenti alla fine. Vi lascerà con un mare di confusione in testa perchè è un susseguirsi di reale e non reale senza una vera e propria logica e apparentemente sconnesso. Il tutto palesemente voluto, dato che Lynch gioca con il pubblico in maniera se vogliamo anche un po' sbarazzina con indizi fuorvianti e non avendo mai rilasciato ad oggi nelle interviste nessun chiarimento sul reale significato della pellicola in questione. Ma forse il segreto è non sforzarsi nel ricercare per forza un senso attraverso la trama confusionaria ma bensì quella di farsi trasportare dall'illogicità stessa e di riuscire a interpretare tramite i vari simboli e simbolismi vari (su tutti il mostro col cubo, scioccante nella prima apparizione) quello che David Lynch cerca di comunicare. La trama, in questo modo, acquisisce solo un ruolo secondario.
Da vedere e rivedere.
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