Mulholland Drive

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stefano capasso lunedì 20 maggio 2019
sospesi tra sogno e realtà Valutazione 4 stelle su cinque
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Lungo Mulholland Drive una donna perde la memoria in seguito ad un incidente automobilistico. L’incontro con Betty, aspirante attrice, le sarà di aiuto per tentare di ricostruire la sua identità. Nel frattempo sceglie di chiamarsi Rita ed inizia una relazione con Betty.
David Lynch costruisce una storia basata sul doppio, sul sogno e sull’immagine, con uno svolgimento atemporale difficile da comprendere. Le attrici protagonisti cambiano nome e prospettiva durante lo svolgimento, cosi come cambiano funzione gli altri partecipanti al film. Il sogno è il protagonista del film, non solo perché costituisce il nucleo centrale della narrazione ma per l’intero impianto della storia e della messa in scena che conserva il suo carattere onirico, oltre che allucinatorio. [+]

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andrea macrì giovedì 23 agosto 2007
diventare anche noi visione Valutazione 5 stelle su cinque
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Scardinare la realtà utilizzando lo strumento che, come diceva Pasolini, utilizza proprio la realtà come sua grammatica, suo codice principe. Ieri notte ho rivisto Mulholland Drive, e l'idea di essere di fronte alla cosa più vicina ad un sogno (perchè i sogni sono ancora realtà, anche se altra) mi sia mai capitato di vedere è ancora vivissima. Nonostante INLAND EMPIRE. Nonostante il surrealismo. Nonostante la vita stessa. Nonostante i revisionismi post-positivistici e cognitivisti. Ma perchè il sogno? Perchè, al di là di ciò che crediamo, anche i sogni hanno un loro ordine: quello del riposizionamento delle percezioni in veglia. E così fa questo caos organizzato che prende un pò da Bergman (la centralità delle donne), da Bella di Giorno (la scatola oscura che ha al suo interno il mistero che Lynch ama così tanto), da Eyes Wide Shut (il rapporto lussuria-sogno), dallo stesso Lynch (la regia, le inquadrature, la fotografia sono qualcosa di magnifico, potrebbero stare da sole anche solo come forma, anche prive di un contenuto; e non solo, perchè l'inquietudine dettata dal male che non si vede è quella di molti altri film di Lynch - mi viene quasi da dire che il non vedersi è il migliore, l'unico abito del male). [+]

[+] fate una prova (di gianluca macrì)
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antonio83 domenica 27 gennaio 2008
enigmatico e contorto (sin troppo) lynch Valutazione 0 stelle su cinque
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Film complesso e complicato, è una trasposizione su pellicola di turbamenti, dinamiche e concetti psicologici che difficilmente possono essere rappresentati adeguatamente sul grande schermo. Idea buona e ben realizzata: il film che inizia in un modo e repentinamente assume un altro corso rivelando un'altra storia. Probabilmente se Lynch avesse fatto un semplice thriller avrebbe ottenuto un maggior successo al botteghino ma un minor successo di critica (che comunque è nettamente divisa fra chi lo ama e chi lo odia). Film da vedere sicuramente (unicamente perchè credo che sia un film che si presti a discussioni tra amici, più o meno erudite) ma che potrebbe lasciare (come nel mio caso) una forte sensazione di delusione. [+]

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dandy sabato 26 marzo 2011
lynch affina egregiamente il suo nuovo metodo. Valutazione 4 stelle su cinque
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Nato come episodio pilota di una serie tv rifiutato dalla Abc,e completato grazie ai francesi di Studio Canal,il film è una summa del cinema del regista,nonchè un passo avanti nel suo nuovo modo di girare.Un puzzle noir che,andando ben aldilà dell'incerto"Strade perdute"lascia dubbio il legame tra le due parti,e crea un intricato enigma di flashback,mondi paralleli,identità sovrapposte.Suggestivo e labirintico,in cui trova spazio anche un sottointreccio con un regista frustrato vittima di produttori e mafiosi,riflettendo così sulla "fabbrica dei sogni"Hollywood,e sull'innocenza perduta.Appena un pò meno onirico e disturbante del successivo"INLAND EMPIRE",ma ugualmente intrigante,con il giusto equilibrio tra incubo e farsa,ben controllato prima di sfociare nel grottesco(vedi le vicende del sicario,e del regista che scopre il tradimento della moglie). [+]

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stefano burini lunedì 13 giugno 2011
cubisti al cinema Valutazione 5 stelle su cinque
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Assurdo, intricatissimo dramma- thriller allegorico e metacinematografico in cui gli unici punti fermi sono rappresentati dalle grandi qualità di affabulatore e di virtuoso della macchina da presa del grande D. Lynch, qui più che mai grande burattinaio a cui si può permettere di suggestionare senza pretendere una (o quantomeno unica) conclusione logica, tale è la fitta rete di personaggi, simbolismi e deus ex-machina in cui nulla e nessuno pare essere ciò che sembra. Sogni, speranze, delusioni, e l’inesorabile declino: a prima vista la parabola di una giovane aspirante attrice che termina in maniera tragica, ma a ben vedere anche una feroce satira del dorato mondo di Hollywood, la grande e scintillante macchina dell’inganno e della finzione ( “No hay banda, no hay orchestra” recita l’uomo dello spettacolo) capace di ogni possibile trucco artificio, in grado di plasmare la realtà a proprio piacimento, di capovolgere i fatti e di scambiare i ruoli (molto interessanti le sequenze che illustrano il casting del film diretto da J. [+]

[+] booooooooo? (di beckysharp)
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chry75 mercoledì 29 giugno 2011
poesia visiva Valutazione 5 stelle su cinque
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il poeta visivo David Lynch, si esprime in quest'opera ad un livello elevatissimo, suscitando nello spettatore  forti emozioni contrastanti, razionalizzarne la trama, sarebbe superfluo, in quanto l'unico modo di coglierne l'essenza  e' quello di lasciarsi trasportare in questo mondo onirico assaporando ogni momento per cio' che e', come del resto capita nella vita di ognuno di noi.

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myrea lunedì 19 dicembre 2011
l'intento di linch in questo film sembra essere un Valutazione 0 stelle su cinque
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tentativo ben riuscito di elaborare il lutto non solo della perdita di una persona,ma della perdita in sè,di sogni,di se stessi.Il film inizia con Betty,una giovane attrice che arriva piena di speranze ad Hollywood;ma tutto ciò che vediamo dall'inizio fino al suo risveglio,non è altro che un sogno tra reale ed irreale.Betty,in realtà Diane Selwyn,rappresenta quello che lei era,la persona che è stata, ma anche quella che trasmuta in un sogno i suoi desideri e gli avvenimenti,rappresentandolo come la sua visione che fatica a dipanarsi proprio perchè Linch cerca di mettere in scena la difficile accettazione del dolore,della perdita,della delusione.All'interno del sogno intervengono figure simboliche che cercano di inviarle segnali su una realtà che lei non riesce ad affrontare e non vuole vedere,come se gran parte della prima parte del film fosse una sorta di costruzione messa in atto non solo da lei ma anche da individui rappresentanti il suo inconscio e il suo senso di colpa,i quali cercano di farle ricostruire la realtà e di svelarle la verità a cui l'altra parte di se stessi(Ego),per salvaguardarsi,cerca di non lasciar spazio perchè sarebbe troppo doloroso. [+]

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niccofuzz domenica 16 febbraio 2014
interpretazione personale Valutazione 4 stelle su cinque
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La mia interpretazione personale: Se vuoi vivere ad Hollywood, nel grande sogno, devi perdere te stesso e dedicarti in tutto e per tutto all'atteggiamento=apparenza (come dice Cowboy) e non all'interiorità, qualsiasi interpretazione personale, opera creativa e personificazione viene bruciata all'istante, se vuoi vivere lì devi disperdere te stesso e stare al gioco, se lo fai ottieni tutto, se non lo fai sei fuori. Il regista sceglie la strada che gli permette di vivere nel sogno (Hollywood) e per farlo disperde se stesso, diventa crudele, meschino e coperto di gloria, quello adesso è il posto che davvero fa per lui, adesso è il suo regno e lì è un vincitore. Se stai al gioco e successivamente rinasce la tua identità si creerà il conflitto tra ciò che sei e ciò che appari, due realtà che non possono coesistere, far coesistere l'una oppure l'altra è una scelta, “sei sicura di volerlo fare?” le chiede l'omicida nel locale dei sogni (la realtà). [+]

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wetman sabato 12 aprile 2014
bello, ma mancante di qualcosa Valutazione 3 stelle su cinque
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Il film, firmato David Lynch, vincitore della palma d'oro per la miglior regia, premio meritato a mio parere, si può dividere in tre parti, la prima in cui vediamo un polpettone americano con delle belle inquadrature che narra una vicenda più curiosa che strana, la seconda parte, che dura meno di 10 minuti, è Betty/Daise insieme all'amante che vanno a teatro, scena clou del film dove il polpettone comincia a districarsi, e una terza, in cui Lynch racconta tutt'altra storia collegandola in modo magistrale alla prima. Il film, però, non può considerarsi un capolavoro. Infatti, per supportare meglio la parte del polpettone, a mio parere avrebbe dovuto aggiungere qualcosa per andare a braccetto con l'ottima recitazione e l'ottima regia. [+]

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rob8 giovedì 15 novembre 2018
dalle parti del sunset boulevard Valutazione 4 stelle su cinque
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Nelle parole che una delle due protagoniste del film pronuncia ad un certo punto della vicenda, c’è tutto il senso (apparentemente) nascosto di quest’opera visionaria: «Sarà proprio come nei film: faremo finta di essere qualcun’altro».
 
Si tratta, infatti, di un raffinato esercizio sul concetto di identità, declinato tra sogno e realtà, finzione narrativa e veridicità cinematografica: in un vortice autoriflessivo e volutamente non lineare.
 
Un noir da nuovo millennio, che omaggia e nel contempo svernicia Hollywood, naturalmente seguendo (e tradendo) l’itinerario del wilderiano Sunset Boulevard. [+]

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