Le ceneri di Angela

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Un film di Alan Parker. Con Robert Carlyle, Ciaran Owens, Emily Watson, Pauline McLynn, Joe Breen.
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Titolo originale Angela's Ashes. Drammatico, durata 145 min. - USA, Gran Bretagna 1999. MYMONETRO Le ceneri di Angela * * * - - valutazione media: 3,45 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Viaggio nella miseria e nell'acqua d'Irlanda Valutazione 4 stelle su cinque

di osteriacinematografo


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giovedì 26 gennaio 2012

“Le ceneri di Angela” è un film di Alan Parker del ’99 tratto dall’autobiografia di Frank McCourt, e narra le vicende reali di una famiglia irlandese. E’ un’opera densa, robusta, a tinte fosche, che scroscia via in modo fluido nonostante il peso di una storia di disagi e sofferenze. E’ il 1935 quando la famiglia McCourt, a seguito della perdita di una bimba neonata e della miseria più assoluta cui sono costretti i sei componenti, lascia New York per tornare in Irlanda, a Limerick, compiendo il viaggio diametralmente opposto rispetto a chi -al tempo- cercava lavoro e fortuna negli Stati Uniti d’America. Limerick è una cittadina infame, in cui la povertà dilaga, il lavoro scarseggia, e l’odio per gli inglesi è palpabile a ogni angolo; è poi lo specchio in miniatura di un’Irlanda cattolica, troppo cattolica, a livelli oppressivi e dispotici: il timore di Dio detta i ritmi e i comportamenti delle persone, dei ragazzini in particolare, che sono costretti a vivere come colpe e confessare comportamenti del tutto naturali, e crescono in un’atmosfera di terrore ingiustificato, considerata anche la cornice di assoluta povertà che li circonda. L’elemento conduttore del film, oltre l’indigenza e le disgrazie quasi congenite dei McCourt, è l’acqua. L’acqua batte insistente sui cieli d’Irlanda, l’acqua scorre a fiumi, dentro e fuori dagli argini, per le vie, nelle case, sulle persone che all’acqua stessa legano le proprie vicende come se fossero parte di una sola corrente, di un unico tessuto connettivo liquido e universale, che dona vita e morte a piacimento. E così i gemellini McCourt muoiono di freddo e stenti, mentre altri bambini tentano la via della vita in un luogo in cui si muore senza pietà o supporto alcuni, in un processo di selezione naturale in cui soltanto i più forti sopravvivono. Gli ambienti sono sudici, l’umidità dilaga, la mancanza di igiene è assoluta; le scarpe e gli abiti lerci, rattoppati, fluttuano nella pioggia come cenci e stracci a coprire a stento i mucchi d’ossa che scricchiolano e si muovono al loro interno. Si mangia di rado, ci si scalda di rado, e l’unico modo per raccattare qualcosa è la carità, cui Angela, la signora McCourt, cede dopo i numerosi fallimenti del marito. La storia procede lungo il suo letto di miseria, e la sfortuna dei McCourt assume gradualmente le sembianze del padre: un padre alcolizzato e irresponsabile, che non lavora e si beve il sussidio, che torna a casa ogni notte in condizioni pietose, che poi un giorno decide di andare a lavorare a Londra, e a Londra scompare per sempre, dopo tre misere sterline e un saluto appena accennato ai suoi. La sensazione immediata è che, senza quell’uomo degenere in casa, la famiglia inizi presto un lento procedimento di riscatto e rinascita che ha il volto di Frank, il figlio maggiore: Frank si procura alcuni lavori che ben presto lo sfamano e gli consentono (a modo suo) di aiutare la famiglia, approfondisce le proprie conoscenze e subisce il fascino di Shakespeare, conosce l’amore e il dolore che può derivarne, e risparmia quei soldi che gli consentiranno di fare a ritroso il viaggio percorso da bambino, di tornare in America, di inseguire il sogno di una vita migliore, di scrivere poi il libro che ha portato la sua storia, e quella della sua famiglia, fino a noi, oggi.

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