tiamaster
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domenica 15 gennaio 2012
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kubrickiano e psichedelico
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La perfezione cinematografica esiste:stanley lubrico e' stato senza dubbio uno dei piu' grandi registi mai vissuti,e questo film,come i suoi predecessori,e' un capolavoro.FIlm mai chiaro e mai leggero,pieno di immagini dal valore simbolico,esse widw shuttle non e' un film,come 2001 dello stesso kubrick e' un viaggio psicologico che non inizia e non si conclude,psichedelico e visionario,con scenografie che danno un atmosfera di irrealta'.Solo al
A portata di pochi.La colonna sonora e' inconfondibile.FIlm testamento di un mostro sacro del cinema.
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paolo 67
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giovedì 15 dicembre 2011
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fidelio 1999
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L'amore di Kubrick per Beethoven dimostra una similitudine con la rigorosa moralità di quel genio attraverso un'appassionata esaltazione della libertà dell'amore (che significa anche rinuncia e sacrificio) rispetto alla schiavitù del male e del peccato (e il suo riflesso politico del sistema tirannico). Kubrick continua l'opera dei grandi moralisti del passato cercando di mantenersi fermo e lucido di fronte alle tenebre, all'abisso, alla desolazione, come Beethoven esprimeva nelle sue sinfonie l'imperativo morale -di derivazione Kantiana- di piegare le cieche forze del fato attraverso la ragione. "Eyes wide shut" rappresenta come e meglio di tutti i film precedenti la filosofia di Kubrick: per imparare a guardare, per capire i veri valori della vita bisogna passare attraverso lo smarrimento(un tema simile a quello de "La dolce vita" e il "Satyricon" di Fellini, di cui in fondo questo film rappresenta una versione), per prendere coscienza e comprendere più a fondo la verità.
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L'amore di Kubrick per Beethoven dimostra una similitudine con la rigorosa moralità di quel genio attraverso un'appassionata esaltazione della libertà dell'amore (che significa anche rinuncia e sacrificio) rispetto alla schiavitù del male e del peccato (e il suo riflesso politico del sistema tirannico). Kubrick continua l'opera dei grandi moralisti del passato cercando di mantenersi fermo e lucido di fronte alle tenebre, all'abisso, alla desolazione, come Beethoven esprimeva nelle sue sinfonie l'imperativo morale -di derivazione Kantiana- di piegare le cieche forze del fato attraverso la ragione. "Eyes wide shut" rappresenta come e meglio di tutti i film precedenti la filosofia di Kubrick: per imparare a guardare, per capire i veri valori della vita bisogna passare attraverso lo smarrimento(un tema simile a quello de "La dolce vita" e il "Satyricon" di Fellini, di cui in fondo questo film rappresenta una versione), per prendere coscienza e comprendere più a fondo la verità. La scena dell'orgia, come ha rivelato il cosceneggiatore Frederic Raphael,è parzialmente ispirata a una festa organizzata in Vaticano da Cesare Borgia (a cui erano presenti la sorella Lucrezia e suo padre, papa Alessandro VI,) il 31 ottobre 1501 (dissolutezze denunciate all'epoca da Girolamo Savonarola e raccontate da Walerian Borowczyk nel quarto episodio dei "Racconti immorali"). Ma è anche un'allegoria che si presta a molte interpretazioni, che conoscendo Kubrick vanno oltre le convenzionali letture politiche su cui puntualmente si discute da più di dieci anni: essa, in quanto proiezione dell'inconscio, è senza tempo e luogo, storicamente indefinita. Certamente vi si possono riconoscere antichi rituali pagani, la magia e il mito, oltre a una nuova messa in causa di Kubrick dello spettacolo (e della stessa pornografia) e della sua funzione rituale. Il protagonista (e lo spettatore) in un viaggio ai propri inferi si trova di fronte al mistero, come le scimmie nel prologo di "2001" e l'astronauta prima della rinascita (sotto forma, riproposta in chiava metafisica e universale, dell'esito di quell'atto richiesto dalla moglie nella parola finale). Come in Fellini, lo sguardo di Kubrick sulla volgarità e l'abominio di un mondo in cui tutto si disfa è atterrito e sgomento: anche le lolite sono inquietanti, comunicano un senso di orrore, hanno qualcosa di pietrificato, la bellezza seriale (allusione moralistica che già compariva in "Lolita", col campeggio delle ragazze in qualche modo "oggetti" a disposizione) di bambole di porcellana. In un film denso quant'altri mai a livello cromatico, a esprimere nel colore puro il piacere ludico, polo opposto e faccia nascosta della concettualità con cui costituisce l'unità dell'opera kubrickiana, si nota la diffusione del rosso , che non è solo il colore del peccato, ma anche quello del sangue (simbolo metafisico e scandaloso -in quanto quello che doveva restare "dentro"- centrale in "Shining"), e un riferimento alla bandiera degli Stati Uniti d'America, il paese natale e culturale di Kubrick nonostante l'esilio volontario da tanti anni e in cui nonostante le critiche e le disapprovazioni non aveva smesso di credere.
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paolo bisi
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mercoledì 14 dicembre 2011
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l'addio e il testamento di stanley kubrick
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A New York, sul finire del ventesimo secolo, la vita di una coppia dell'alta borghesia sembra procedere in modo felice e tranquillo. In seguito a una confessione della moglie, riguardo a un adulterio mancato, per il quale sarebbe stata disposta ad abbandonare tutto, il marito entra in crisi e decide di tuffarsi in nuove e pericolose avventure, senza poter immaginare le conseguenze. Nonostante tutti gli errori, i desideri, i fatti vissuti o anche solo sognati, capiranno entrambi di avere un'altra possibilità. Ultimo film di Stanley Kubrick, il suo addio e testamento, è un'opera di rara intelligenza, lucidità e complessità. Tutti i temi, le intuizioni, le capacità, le tecniche del regista americano confluiscono in questo film, che risulta difficile da inquadrare in un determinato genere.
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A New York, sul finire del ventesimo secolo, la vita di una coppia dell'alta borghesia sembra procedere in modo felice e tranquillo. In seguito a una confessione della moglie, riguardo a un adulterio mancato, per il quale sarebbe stata disposta ad abbandonare tutto, il marito entra in crisi e decide di tuffarsi in nuove e pericolose avventure, senza poter immaginare le conseguenze. Nonostante tutti gli errori, i desideri, i fatti vissuti o anche solo sognati, capiranno entrambi di avere un'altra possibilità. Ultimo film di Stanley Kubrick, il suo addio e testamento, è un'opera di rara intelligenza, lucidità e complessità. Tutti i temi, le intuizioni, le capacità, le tecniche del regista americano confluiscono in questo film, che risulta difficile da inquadrare in un determinato genere. Ogni elemento della trama contribuisce a completare i pezzi di un puzzle che solo alla fine risulta un pò più chiaro. Impressionanti, come probabilmente in nessun altro film di Kubrick, le trovate visive (gli specchi, la simmetria, il colore rosso presente in maniera ossessiva, i cerchi), che monopolizzano l'opera. La complessità dei temi (il desiderio, la maschera, il destino, la paura, la sessualità) attribuisce alla pellicola un valore superiore e un'evidente rilettura in chiave politica. Buona prova di tutti gli attori, tra cui emerge Sidney Pollack, particolarmente apprezzato e stimato dall'autore. Tra le innumerevoli sequenze da citare, spicca quella lunghissima, diventata celebre, della festa in maschera. Il 6 Marzo 1999 Stanley Kubrick disse che "Eyes Wide Shut" era il più grande film che avesse mai girato. Il giorno dopo morì, ma essendo riuscito a portare a termine il suo ultimo capolavoro.
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(di iron beatrix)
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paolo 67
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mercoledì 7 dicembre 2011
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antologia kubrickiana
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"Eyes wide shut" riassume i film e i temi di Stanley Kubrick. Senza la pretesa di elencarli tutti: la maschera; il doppio; il rapporto tra ragione e passione; il legame tra l'amore (e il sesso) e la morte; il ruolo dello spettacolo e della rappresentazione; i miti; la famiglia; il rapporto tra libertà individuale e organizzazione sociale; la violenza; l'origine della civiltà e le possibilità di progresso dell'uomo; il rapporto dell'uomo con la scienza e la tecnologia; la presenza dell'irrazionale. Similitudini con gli altri film: "Il bacio dell'assassino" (le atmosfere noir della città di notte); "Orizzonti di gloria"(il fasto dei palazzi del potere); "Lolita" (Lee Lee Sobieski, Ziegler manipolatore come Quilty); "2001" (il mistero legato alla violenza e il terrore irrazionale che governa gli uomini, le cure corporali); "Arancia meccanica" (la maschera, il branco, le ragazze rimorchiate dal dottore -o che lo rimorchiano-, il biliardo); Barry Lyndon (il denaro, i rapporti di ceto e di censo); "Shining" (il salone delle feste; le situazioni da incubo, la famiglia, il patto col diavolo).
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"Eyes wide shut" riassume i film e i temi di Stanley Kubrick. Senza la pretesa di elencarli tutti: la maschera; il doppio; il rapporto tra ragione e passione; il legame tra l'amore (e il sesso) e la morte; il ruolo dello spettacolo e della rappresentazione; i miti; la famiglia; il rapporto tra libertà individuale e organizzazione sociale; la violenza; l'origine della civiltà e le possibilità di progresso dell'uomo; il rapporto dell'uomo con la scienza e la tecnologia; la presenza dell'irrazionale. Similitudini con gli altri film: "Il bacio dell'assassino" (le atmosfere noir della città di notte); "Orizzonti di gloria"(il fasto dei palazzi del potere); "Lolita" (Lee Lee Sobieski, Ziegler manipolatore come Quilty); "2001" (il mistero legato alla violenza e il terrore irrazionale che governa gli uomini, le cure corporali); "Arancia meccanica" (la maschera, il branco, le ragazze rimorchiate dal dottore -o che lo rimorchiano-, il biliardo); Barry Lyndon (il denaro, i rapporti di ceto e di censo); "Shining" (il salone delle feste; le situazioni da incubo, la famiglia, il patto col diavolo). E le costanti dell'occhio (come quello del "moomwatcher", spalancato nell'angoscia prima della visione del monolito e quello del feto astrale in "2001", quello truccato e malvagio di Alex in "Arancia meccanica", quello del bambino in "Shining"), qui richiamato dal titolo e di uno splendore inquietante di una luce sull'inconscio (tipica del genio ebraico, che Kubrick rivela -pur nel suo rapporto conflittuale con essa- anche nel suo scetticismo divertito sulle possibiltà dell'uomo di migliorare). E inoltre il lavoro subliminale (cioè della penetrazione a un livello non cosciente) sui trailer, sui colori, sul montaggio, sulle scenografie (con "2001" addirittura per un intero film). Un cinema, quello di Kubrick, insieme americano e europeo, drammatico e comico, horror e fantastico, ironico e tragico, politico e psicoanalitico, documentario e fiabesco, onirico e grottesco, saggio e burlesco, poetico e analitico, moralistico e sensuale, filosofico e spettacolare.
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paolo 67
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martedì 22 novembre 2011
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odissea nel mondo esterno (alla coppia)
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Kubrick aveva in mente già dopo "Arancia meccanica" la trasposizione del romanzo di Schnitzler, un medico psicoanalista molto ammirato da Freud che lo considerava una specie di suo doppio. Dopo aver riversato parte dei contenuti nella sua opera, è riuscito finalmente a girare il film, con la consueta maniacale perfezione che qui raggiunge un livello mai visto prima nel suo e in tutto il cinema. Il tema è quello di un matrimonio felice sconvolto dalle confessioni di lei e da una avventura notturna di lui che riveleranno ai coniugi gli impulsi della loro vita interiore. Attraversando la notte, il protagonista svolge una specie di esame di coscienza mentre tutto gli crolla intorno, rivelando la corruzione oltre la facciata di quel bel mondo cui aspira nelle sue ambizioni (come avveniva ne "La dolce vita" di Fellini).
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Kubrick aveva in mente già dopo "Arancia meccanica" la trasposizione del romanzo di Schnitzler, un medico psicoanalista molto ammirato da Freud che lo considerava una specie di suo doppio. Dopo aver riversato parte dei contenuti nella sua opera, è riuscito finalmente a girare il film, con la consueta maniacale perfezione che qui raggiunge un livello mai visto prima nel suo e in tutto il cinema. Il tema è quello di un matrimonio felice sconvolto dalle confessioni di lei e da una avventura notturna di lui che riveleranno ai coniugi gli impulsi della loro vita interiore. Attraversando la notte, il protagonista svolge una specie di esame di coscienza mentre tutto gli crolla intorno, rivelando la corruzione oltre la facciata di quel bel mondo cui aspira nelle sue ambizioni (come avveniva ne "La dolce vita" di Fellini). Portare avanti il matrimonio sembrerà al protagonista la luce di un esistenta sempre tentata (e a volte annientata) dal peccato. Egli vede il suo doppio (come Humbert Humbert vedeva Quilty in "Lolita") nella persona di Ziegler, che rappresenta il potere e il denaro senza coscienza morale (è così ricco e potente per questo) e viaggia in un mondo che gli presenta tutti gli aspetti della perversione e del mercenarismo. Molto laico (anche nella conclusione "aperta" sul matrimonio, una felicità da conquistarsi giorno per giorno), può reggere l'interpretazione in chiave di "Fidelio" beethoveniano, suggerito dalla parola d'ordine per entrare nel castello (anche se nella versione originale è "Danimarca"), cioè la luce dell'amore rappresentato dalla fedeltà coniugale che squarcia le tenebre di un mondo avvolto nel male e nella menzogna, un libertà spirituale dal carcere del peccato terreno, ma Kubrick lascia come sempre lo spettatore libero limitandosi a far scaturire la riflessione morale dalla durezza obiettiva dei fatti e delle situazioni marcate in modo geometrico, euclideo secondo un procedimento caro ai moralisti settecenteschi se non del Medioevo, come manifestazione fisica dei concetti (e viceversa). Tutto il film è una lussuosa galleria kubrickiana, dal "noir" a "Lolita", dalle atmosfere ultraterrene di "2001" e "Shining" alle simbologie allegoriche e ai flash subliminali, dal sarcasmo corrosivo all'ironia paradossale e all'umorismo sardonico. Kubrick ha fatto in tempo a finire una straordinaria copia, che aveva approvato soddisfatto ("E' il mio film più bello" ebbe a dire dopo averlo visto nella prima proiezione privata) ma sulla quale sarebbe con ogni probabilità ritornato sopra, come ha fatto con tutti i suoi film (quasi 20 minuti tagliati in "2001", una sequenza magistrale eliminata dal "Dottor Stranamore" e così via) per renderlo ancora più compatto. La scena del film in cui Ziegler parla col dottor Harford verso la fine del film può sembrare troppo lunga, ma Kubrick voleva mostrare il ruolo di Ziegler come manipolatore,come lo era Quilty in "Lolita", che parimenti è stato accusato di eccessiva preponderanza: questi rappresentano inoltre una delle ossessioni più profonde di Kubrick, quella del doppio. Come sempre, Kubrick sperimenta: la densità senza pari dei colori è stata ottenuta aumentando il tempo di immersione dei negativi per lo sviluppo. Nicole Kidman recita un ruolo molto importante: è una delle figure femminili più positive dell'opera del regista. La sua battuta finale, molto kubrickiana nella sua lapidaria sinteticità, chiude bruscamente il film come subliminalmente si era aperto, col suo nudo tra i titoli, una specie di apparizione del monolito, che invita ad essere trapassato come nella sequenza del mistero della vita nel finale di "2001"... Come Fellini nel "Satyricon" Kubrick usa i colori in modo psicologico-subliminale, senza soluzione di continuità dal realismo all'espressionismo (i suoi due cardini espressivi) fino allo psichedelico (il vecchio leone di "2001"). Il film, che di nuovo rievoca i miti e gli archetipi della Storia che Kubrick ha sempre rimescolato nella sua opera, e anche gli stili pittorici (come nella sequenza dell'"orgia" dove ogni stanza è un quadro diverso), ha la struttura di un sogno (il libro era una ricapitolazione delle esperienze psicoanalitiche di Schnitzler), ed è infatti nello stato R.E.M. dello stesso che gli occhi sono "spalancati chiusi". Il fatto che Cruise e la Kidman fossero all'epoca veramente marito e moglie moltiplica il gioco di specchi del film, che in fondo non fa che rivelare al protagonista il suo profondo, unico metafisico tra il fuori dell'universo e il dentro del suo inconscio, in cui non esiste l'Io (come evidenziano le maschere dell'orgia dove scompare l'identità in una regressione a un oscuro magma libidinale dove, come Kubrick sottolinea col bacio tra le maschere, non esiste il sentimento ma una meccanica iterazione). Come tutti i film di Kubrick, anche questo può dare una impressione iniziale di freddezza, ma se si guarda a mente riposata e con attenzione, il ghiaccio (quello di Jack raggelato come un fotogramma fisso alla fine di "Shining", lo stato della materia più vicino alla fotografia, di cui il cinema è l'ingannevole nel suo movimento successione di fotogrammi) si scioglie e il film può dare grande soddisfazione, sensuale e intellettuale innanzitutto, ma anche comunicare la sensibilità profondissima di un romantico la cui cerebralità è solo una (straordinaria) corazza. "Eyes wide shut" è la sublime conclusione dell'opera di un cineasta visionario di raro, stupefacente talento, che fa risplendere nel meraviglioso, in quella luce algida e un po' plumbea propria del genio tutte le inquietudini, i tormenti e i desideri dell'uomo, animale i cui istinti sono in contrasto con la sua intelligenza (la morale ha base razionale), sempre nella speranza (o nella ricerca) di qualcosa o qualcuno che lo liberi facendogli superare il suo tragico conflitto sociale e interiore che Kubrick ha saputo rendere al cinema forse meglio di chiunque altro, come il sentimento di fronte al mistero, da compagno di strada ex studente un po' svogliato che ha sempre amato l'umanità.
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katamovies
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venerdì 4 novembre 2011
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il genio kubrick aveva già detto tutto
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Il genio Kubrick aveva già detto tutto nella sua carriera: dopo essersi espresso a livelli ineguagliati in moltissimi generi, dallo storico al thriller, dal film di guerra alla fantascienza, Kubrick consegna alla storia l'ultimo film, tratto dal "Doppio Sogno" di Schnitzler. Kubrick disse una volta che da romanzi mediocri si traggono buoni film, e non viceversa. Così fu per lui con "Vanity Fair" di Tackheray, "A Clockwork Orange" di Burgess. Purtroppo, trovo che sia vero all'inverso per questo film: Schniztler aveva scritto un testo di grande complessità, e qui per la prima volta Kubrick sembra averne ricavato una trasposizione cinematrografica inadeguata.
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Il genio Kubrick aveva già detto tutto nella sua carriera: dopo essersi espresso a livelli ineguagliati in moltissimi generi, dallo storico al thriller, dal film di guerra alla fantascienza, Kubrick consegna alla storia l'ultimo film, tratto dal "Doppio Sogno" di Schnitzler. Kubrick disse una volta che da romanzi mediocri si traggono buoni film, e non viceversa. Così fu per lui con "Vanity Fair" di Tackheray, "A Clockwork Orange" di Burgess. Purtroppo, trovo che sia vero all'inverso per questo film: Schniztler aveva scritto un testo di grande complessità, e qui per la prima volta Kubrick sembra averne ricavato una trasposizione cinematrografica inadeguata.
La coppia Crise - Kidman non mi convince, il tutto è un torbido affascinante, ma ci sono troppi elementi che fanno del film un film che avrebbe potuto essere diretto da un altro regista. In ogni caso, va ricordato che Kubrick morì proprio prima dell'ultimazione delle riprese, quindi non lo considero un film del tutto suo, considerando anche il controllo che aveva su tutte le fasi di lavorazione dei suoi film precedenti.
In ogni caso, il peggior film di Kubrick è comunque un film di grande rigore estetico e formale, girato in modo eccellente.
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riccardo-87
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lunedì 17 ottobre 2011
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il capovolgimento del tema della maschera
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La maschera che cela il vero; lo spettacolo come ciò che nasconde la realtà; il sogno che si contrappone alla veglia e conseguentemente al mondo del reale. Tutto questo si ritrova sistematicamente rovesciato da Kubrick in “eyes wide shut”, capolavoro senza tempo. Nell’ultimo film della sua straordinaria produzione cinematografica, che ha visto il regista attraversare con successo pressoché tutti i generi cinematografici, kubrick mette in scena le ossessioni – e più nello specifico l’ossessione sessuale – celate della società, le quali rappresentano la sua vera essenza costitutiva.
Kubrick parla del disvelamento del vero volto della società rovesciando però i termini : la maschera, invece di celare, rivela; lo spettacolo che si manifesta nelle scene della villa coincide con il vero io dei suoi protagonisti, mentre il falso appare darsi nella vita quotidiana, nella vita -apparentemente- reale.
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La maschera che cela il vero; lo spettacolo come ciò che nasconde la realtà; il sogno che si contrappone alla veglia e conseguentemente al mondo del reale. Tutto questo si ritrova sistematicamente rovesciato da Kubrick in “eyes wide shut”, capolavoro senza tempo. Nell’ultimo film della sua straordinaria produzione cinematografica, che ha visto il regista attraversare con successo pressoché tutti i generi cinematografici, kubrick mette in scena le ossessioni – e più nello specifico l’ossessione sessuale – celate della società, le quali rappresentano la sua vera essenza costitutiva.
Kubrick parla del disvelamento del vero volto della società rovesciando però i termini : la maschera, invece di celare, rivela; lo spettacolo che si manifesta nelle scene della villa coincide con il vero io dei suoi protagonisti, mentre il falso appare darsi nella vita quotidiana, nella vita -apparentemente- reale.
Il vero spettacolo dunque non è la sorta di “rappresentazione teatrale” che si svolge nella villa ma quello che le persone vivono quotidianamente. Alla festa orgiastica della villa, protetti dalla maschera, le persone rivelano la loro vera identità, e la maschera altro non è che il vero volto delle persone.
Tuttavia la maschera rappresenta anche la sostanziale uguaglianza che tutti accomuna, spesso condannata dalla morale comune con il nome di peccato, depravazione e ossessione sessuale: non importa il volto dietro la maschera, poiché le nostre più intime pulsioni, schopenhauerianamente parlando, ci accomunano in un unico volto (la maschera appunto), e distruggono ogni parvenza di senso morale – che altro non è per Kubrick se non finzione.
Se dunque siamo soliti a tendere all’omologazione secondo la spinta della moda, della morale del costume e più in generale di quello spettacolo artificiale in cui ci troviamo heideggerianamente “gettati” al momento della nostra nascita, non diversamentestanno le cose al di là dello spettacolo, in quello che si potrebbe definire Dostoevskijanamente “il regno del sottosuolo”.
Interessante è anche la dicotomia sonno/veglia – dicotomia su cui gioca il titolo stesso, “gli occhi aperti chiusi” - anch’essa magistralmente rovesciata da Kubrick: il sogno è la verità, rappresentante il viaggio interiore-esteriore di colui che perviene ad un piano al di là dell’apparenza, a cui invece si ferma chi si attiene ala realtà quitidiana, sogno dal quale però ci si deve infine necessariamente svegliare.
In “Eyes wide shut” la figura del protagonista è marginale, si limita ad essere semplice osservatore e spettatore, mentre la centralità si sposta sul sollevamento di quel velo ipocrita di cui si ammanta la società e che funge come una sorta di sipario calato sulla sua vera essenza.
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albydrummer
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mercoledì 14 settembre 2011
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magistrale...capolavoro!!!
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Come tutti i films di Kubrick....cosa dire?....da vedere quest'ultimo(peccato!!!)Capolavoro del maestro,con una eccellente interpretazione di Tom Cruise e Nicole Kidman....e metterei anche molto la bravura del grande attore-regista scomparso anche lui ,Sidney Pollack......
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thulsa doom
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martedì 23 agosto 2011
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flop finale di un gran maestro
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Chiamarsi Stanley Kubrick, genio indiscusso di perle eterne per la storia del cinema, può aver condizionato gran parte della critica, che recensendo il film assai benevolmente, molto di parte, non l'hanno valutato a dovere e lucidamente, risultando il tutto, sopravvalutato ai massimi, inconsistente, incompiuto, lento ed a tratti anche un pò irritante, patinato e mascherato da capolavoro, con un finale discusso e con la coppia Cruise-Kidman non convincente. Se a dirigere la pellicola ci fosse stato un tal dei tali qualsiasi, la critica inevitabilmente spietata, si sarebbe accanita, stroncando il mal capitato.
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eneaz
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martedì 29 marzo 2011
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film capolavoro
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[+] daccordisssimooo
(di albydrummer)
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