iommi
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venerdì 30 novembre 2007
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l'opera indimenticabile di sergio leone
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Tutto avviene con Noodles, nel suo sguardo distante. C’era una volta in America, non più scena ma fusione, non più recitazione ma incarnazione, non più cinema ma arte.
Il tempo diventa un battito costante, delineato nell’arco di un’intera vita. Da bambino a uomo, dal fango alla gloria, fino all’addio, senza fine, capace di continuare a passeggiarti accanto.
Noodles guarda lo specchio, noi e continua a essere vivo.
In una scena squilla il telefono per interi minuti e solo questo basta a Leone per unire la trama, perdere il tempo e ritrovare le ore. Ci si rende conto di essere di fronte a un romanzo epocale, a una storia più grande di noi, i personaggi ti accompagnano nella giornata, come eroi tragici e cavalieri.
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Tutto avviene con Noodles, nel suo sguardo distante. C’era una volta in America, non più scena ma fusione, non più recitazione ma incarnazione, non più cinema ma arte.
Il tempo diventa un battito costante, delineato nell’arco di un’intera vita. Da bambino a uomo, dal fango alla gloria, fino all’addio, senza fine, capace di continuare a passeggiarti accanto.
Noodles guarda lo specchio, noi e continua a essere vivo.
In una scena squilla il telefono per interi minuti e solo questo basta a Leone per unire la trama, perdere il tempo e ritrovare le ore. Ci si rende conto di essere di fronte a un romanzo epocale, a una storia più grande di noi, i personaggi ti accompagnano nella giornata, come eroi tragici e cavalieri. Storie antiche e affreschi moderni, sfondi che s’integrano, Atene e Chicago riescono ad imporre la stessa sostanza, lo stesso senso storico, il divenire poetico e potente.
Il dolore infinito e costante di Noodles abbraccia qualcosa di cosmico, di letterario, si cristallizza in sguardi, visioni, parole e diviene mito. Nessun film potrà essere più semplicemente “grande” di C’era una volta in America.
La storia va avanti, le strade cambiano gli angoli da intimi a rumorosi, chi vive e ascolta il tempo non vede ciò che di più semplice accade. Ogni attimo si dissolve ma non si dimentica, ogni giorno le pareti possono cambiare, i muri rovinarsi, la pelle invecchiare…ma solo i nostri occhi sono capaci di creare categorie e interpretare. Dissolvono, costruiscono, sono il tempo visto e compreso. In uno sguardo c’è tutta la nostra vita. Quello sguardo distante di Noodles.
Non resta che l’umiltà, per concludere: grazie Sergio Leone.
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riccardo-87
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mercoledì 4 febbraio 2009
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l'essenza della vita,passioni e volizioni
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Questo film di sergio leone a mio avviso meglio di tutti centra l’obbiettivo del film in quanto film,ovvero riesce a coinvolgere lo spettatore rendendolo partecipe delle emozioni che i personaggi provano.inoltre questo film,grazie ad un cast d’eccezione e ad una sceneggiatura più che perfetta,riesce a trasportare lo spettatore nella realtà in cui gli avvenimenti hanno luogo. ma c’era una volta in america è molto più di un film di gangster,perché se è vero ed innegabile che atti illegali e omicidi sono all’ordine del giorno,tutto questo è semplicemente un sottofondo del film-usando il linguaggio di marx si potrebbe dire senz’altro che tutto ciò è semplice sovrastruttura del film-.la base,la “struttura “del film,è di stampo psicologico-vitalistico,ovvero in questo film emergono rapporti psicologico-esistenziali che lo caratterizzano dalla prima all’ultima scena.
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Questo film di sergio leone a mio avviso meglio di tutti centra l’obbiettivo del film in quanto film,ovvero riesce a coinvolgere lo spettatore rendendolo partecipe delle emozioni che i personaggi provano.inoltre questo film,grazie ad un cast d’eccezione e ad una sceneggiatura più che perfetta,riesce a trasportare lo spettatore nella realtà in cui gli avvenimenti hanno luogo. ma c’era una volta in america è molto più di un film di gangster,perché se è vero ed innegabile che atti illegali e omicidi sono all’ordine del giorno,tutto questo è semplicemente un sottofondo del film-usando il linguaggio di marx si potrebbe dire senz’altro che tutto ciò è semplice sovrastruttura del film-.la base,la “struttura “del film,è di stampo psicologico-vitalistico,ovvero in questo film emergono rapporti psicologico-esistenziali che lo caratterizzano dalla prima all’ultima scena. da non sottovalutare inoltre il ruolo centrale e assolutamente spettacoloso della colonna sonora di ennio morricone,che per questo film a mio avviso a superato se stesso:le sue musiche avvolgono ogni scena del film e l’accompagnano nel vortice di emozioni che queste scene suscitano nel cuore dello spettatore,tanto che affermo senz’altro che senza la colonna sonora di morricone il film perderebbe in gran parte la sua stessa essenza.le musiche del maestro di musica par excellence dicono l’indicibile, ovvero dicono le emozioni dei personaggi:”dove finiscono le parole,là soltanto comincia la vita”;così diceva il filosofo feuerbach,con una frase che coglie perfettamente il senso della mia asserzione precedente.Potrei scrivere pagine e pagine sulle scene di questo film,poiché vi sono decine e decine di scene rimarchevoli,come quella della morte di dominic,o ancora le scene di noodles con l’amico max o con l’amata deborah.ma sarebbe un fuoriuscire dal senso di questo mio commento.ciò che qui mi interessa mettere a fuoco è la centralità del film nelle questioni che riguardano la vita,come l’amicizia e l’amore,le passioni e le volizioni,la povertà e la bramosia dell’arricchimento.noodles è colui che riesce ad accontentarsi,a non voler”arrivare in cima”ad ogni costo come max e deborah-strepitosa in questo senso la frase rivolta all’amico:”a me piace la puzza della strada,mi si aprono i polmoni quando la sento..e mi tira anche di più”-questo perché per noodles vi sono cose più importanti dei soldi e del potere: l’amicizia per max e l’amore per deborah.questi invece,ossessionati”dall’arrivare in cima”,seguono il profumo dei soldi e del successo perdendo dalla vita l’essenza della vita stessa;entrambi infatti si accorgono dell’errore solo troppo tardi;solo allora capiscono di aver passato la vita senza averla vissuta. tutto questo spettacolo di sensibilità,azione,profondità di pensiero e sentimenti non può a mio avviso che costituire il capolavoro assoluto del cinema,capolavoro che mai potrà essere dimenticato.
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dany101
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domenica 2 maggio 2010
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un leviatano
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Leone,imponente sin dal cognome,si impone sul cinema mondiale con questo parto sudatissimo,quintogenito e più mastodontico delle sue proli.C'era una volta in america è più di un affresco sull'america di decenni fa,più di un film sull'amicizia,più di un film gangster,e neanche solo un elenco completo delle possibilità registiche di un genio...é monumento alle vite di personaggi comuni eppure speciali,in fondo come tutti noi.I ritmi e la loro pienezza materica,le emozioni mai estorte al pubblico,le intuizioni e la contestualizzazione storia,danno a questa pellicola il lasciapassare per l'immortalità.Un film che ha stelle dappertutto,come un albero di natale.Come gli sfoghi epidermici,arrivano dal nostro cambiamento interno,questo film,vive di una scintilla genuina,frutto-probabilmente-di un regista come Leone,che ha sempre conservato il suo spirito popolano,rimando quindi un regista immenso,e allo stesso tempo,uno di noi.
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Leone,imponente sin dal cognome,si impone sul cinema mondiale con questo parto sudatissimo,quintogenito e più mastodontico delle sue proli.C'era una volta in america è più di un affresco sull'america di decenni fa,più di un film sull'amicizia,più di un film gangster,e neanche solo un elenco completo delle possibilità registiche di un genio...é monumento alle vite di personaggi comuni eppure speciali,in fondo come tutti noi.I ritmi e la loro pienezza materica,le emozioni mai estorte al pubblico,le intuizioni e la contestualizzazione storia,danno a questa pellicola il lasciapassare per l'immortalità.Un film che ha stelle dappertutto,come un albero di natale.Come gli sfoghi epidermici,arrivano dal nostro cambiamento interno,questo film,vive di una scintilla genuina,frutto-probabilmente-di un regista come Leone,che ha sempre conservato il suo spirito popolano,rimando quindi un regista immenso,e allo stesso tempo,uno di noi.In Leone convivevano l'intellettuale con il popolare,e questo compromesso sottraeva alla messa in scena,e al respiro delle sue storie,finzione.Quando un film è diretto dal maestro,non è aria viziata,quella che respiriamo,e uno spettatore intelligente se ne accorge sin dai titoli di testa...
Un film-C'era una volta in america-non privo di difetti,ma non è forse vero che ogni bellissima donna nasconde qualche neo in qualche posto?Altrimenti non sarebbe neanche vera.
Mille le interpretazioni che si possono dare al finale,e-qiundi-dell'intero film...mille porte si aprono e nessuna si chiude.Possiamo scegliere quello che più ci piace pensare,rimane che ci è stata raccontata una storia di eroismo,di vendetta,di violenza e di amori,nel modo più appassionato e appassionante possibile,con l'apporto della solita colonna sonora storica di Morricone,e che lascia a noi,il compito di metabolizzare la parabola esistenzialista.Concetto grande.Come Leone.
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filippo catani
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venerdì 31 agosto 2012
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splendido leone
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Il film, attraverso una serie di flashback, ripercorre la storia di un gruppo di amici dagli anni del Proibizionismo fino agli anni '60 quando uno di loro viene misteriosamente richiamato in città e sarà la volta di fare definitivamente i conti con il passato.
Davanti a un film del genere ci si può solo togliere il cappello. In effetti non c'è nulla che non funzioni e tutto è al proprio posto. Intanto partiamo dalla storia che è a dir poco appassionante. Certo ci sono vari flashback e una sequenza iniziale che lo spettatore dovrà poi ricollegare al punto giusto ma il tutto si fa con grande piacere. Poi veniamo all'ottimo assortimento del cast; detto che film del genere De Niro potrebbe tranquillamente metterseli sulle spalle da solo, non sfigurano certo la McGovern, Woods e anche Joe Pesci nonostante la sua parte sia ridotta rispetto alle prime intenzioni.
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Il film, attraverso una serie di flashback, ripercorre la storia di un gruppo di amici dagli anni del Proibizionismo fino agli anni '60 quando uno di loro viene misteriosamente richiamato in città e sarà la volta di fare definitivamente i conti con il passato.
Davanti a un film del genere ci si può solo togliere il cappello. In effetti non c'è nulla che non funzioni e tutto è al proprio posto. Intanto partiamo dalla storia che è a dir poco appassionante. Certo ci sono vari flashback e una sequenza iniziale che lo spettatore dovrà poi ricollegare al punto giusto ma il tutto si fa con grande piacere. Poi veniamo all'ottimo assortimento del cast; detto che film del genere De Niro potrebbe tranquillamente metterseli sulle spalle da solo, non sfigurano certo la McGovern, Woods e anche Joe Pesci nonostante la sua parte sia ridotta rispetto alle prime intenzioni. E poi la colonna sonora del grandissimo maestro Morricone capace di accompagnare l'intero arco della pellicola con musiche delicate e talora commoventi. Scene struggenti si alternano a scene violente o di grande amicizia ed è anche questa la forza di un film che non deve affatto scoraggiare chi vi si avvicini per la prima volta a causa della sua durata. Un finale decisamente aperto lascia la possibilità allo spettatore di riempire quanto e come voglia quel foglio bianco. Numerose le citazioni ad altre pellicole ma la più evidente è senza dubbio quella ad Arancia Meccanica nella scena dello scambio del neonato sia per quanto concerne l'ambiente che per quanto riguarda la musica in sottofondo.
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shiningeyes
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lunedì 4 marzo 2013
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epico e intramontabile
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Veramente difficile scrivere di tale capolavoro, ma a questo punto, mi lascerò guidare dal cuore. “C'era una volta in America” rappresenta uno degli apici mondiali della cinematografia, un'opera monumentale dove tutto va liscio alla perfezione; attori, scenografie, montaggio, fotografia, sceneggiatura, musiche e regia, tutto funziona alla grande.
Sergio Leone ha sempre amato fare le cose in grande, e per concludere la sua sublime epopea della storia americana, ha scelto la struggente e violenta ambientazione degli anni ruggenti del proibizionismo, raffrontandoli con gli anni 60', corrotti e caotici.
Ed è qui che la sceneggiatura compie un percorso storico e umano di un 'espressione inaudita e forte visibilità; si passa a dei ragazzini che devono delinquere per sopravvivere, in un America che sta conoscendo il lato oscuro della mafia che la imperversa; si passa ad adulti che si sono fatti strada nella malavita e che ormai hanno perso le loro anime, come l'America del proibizionismo, sadica e trasgressiva; si passa poi a coloro che sono stati amici di una vita, la cui amicizia è stata messa da parte dagli affari e dal potere, e sono arrivati nel momento in cui il potente, ma ormai roso dai rimorsi Max, chiede all'amico stanco e anziano Noodles di giustiziarlo.
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Veramente difficile scrivere di tale capolavoro, ma a questo punto, mi lascerò guidare dal cuore. “C'era una volta in America” rappresenta uno degli apici mondiali della cinematografia, un'opera monumentale dove tutto va liscio alla perfezione; attori, scenografie, montaggio, fotografia, sceneggiatura, musiche e regia, tutto funziona alla grande.
Sergio Leone ha sempre amato fare le cose in grande, e per concludere la sua sublime epopea della storia americana, ha scelto la struggente e violenta ambientazione degli anni ruggenti del proibizionismo, raffrontandoli con gli anni 60', corrotti e caotici.
Ed è qui che la sceneggiatura compie un percorso storico e umano di un 'espressione inaudita e forte visibilità; si passa a dei ragazzini che devono delinquere per sopravvivere, in un America che sta conoscendo il lato oscuro della mafia che la imperversa; si passa ad adulti che si sono fatti strada nella malavita e che ormai hanno perso le loro anime, come l'America del proibizionismo, sadica e trasgressiva; si passa poi a coloro che sono stati amici di una vita, la cui amicizia è stata messa da parte dagli affari e dal potere, e sono arrivati nel momento in cui il potente, ma ormai roso dai rimorsi Max, chiede all'amico stanco e anziano Noodles di giustiziarlo.
C'è abbondanza di temi a “C'era una volta in America”, ma quello più presente è il valore dell'amicizia, che per gente come Noodles è inattaccabile, mentre per Max è secondario alla scalata al potere.
Non sfuggono certo la rappresentazione di una vita grama, nella quale i poveri (in questo caso il gruppo di ragazzi) vogliono sfuggirne a tutti costi; al costo di infrangere la legge. E di come sia facile raggiungere la cima del successo e di come sia facile caderci (tipico del sogno americano).
Visto la quantità e ricchezza espressa in quest'opera, è logico capire il perché di una durata così mastodontica; è più difficile capire come questa opera non ti riesca ad annoiare.
Non ci riesce perché, ogni scena, ogni dialogo, ogni inquadratura è un gioiello, queste tre ore e quaranta di film sono magiche e ti colpiscono emotivamente con forza, facendoti ridere e piangere.
Io capisco che nel1984 era difficile inghiottire tale visione, ed io stesso, non so se l'avrei apprezzata a quei tempi, e potrei anche capire perché ha ricevuto così pochi premi; ma credo che, ai tempi di oggi, rivalutando questo capolavoro, i giudici dell'epoca si dovrebbero fare un bell'esame di coscienza e cambiare i propri giudizi. Neanche una candidatura all'Oscar! Quando questo film, minimo ne doveva vincere quattro o cinque.
Mi soffermo anche su un cast, di bravura mostruosa, dove Robert De Niro fa una parte più calma del solito, ma estrae il succo del suo personaggio alla perfezione; poi c'è un grandioso James Woods, che avrebbe meritato parti migliori dopo questa grande performance; ma in generale mi piacciono tutti gli attori del film.
Vogliamo parlare poi di una delle migliori colonne sonore che siano mai state sentite in un film? La musica di Ennio Morricone racchiude perfettamente i motivi e sentimenti dei protagonisti e degli ambienti, divenendo un alleato preziosissimo del film, la cui musica poi, non si discosta neanche troppo dai mitici spaghetti western, ed è sinonimo di pura poesia.
Un film epico, intramontabile, un po' troppo tardi rivalutato.
Sergio Leone, il più grande cineasta italiano che abbiamo mai avuto.
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renato clint ian mazza
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domenica 9 marzo 2014
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sono le 10:25 e io non ho più niente da perdere!
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Non poteva esserci canto del cigno più bello in assoluto di "C'era una volta in America " per Sergio Leone! Un film che ha avuto una gestazione lunghissima, complicata, ma la tenacia del regista originario di Torella dei Lombardi ha avuto la meglio sulle ritrosie della produzione, capitanata da Aaron Milchan. Un film che può essere interpretato secondo varie visioni, ognuno ha cercato di intenderlo secondo il suo personale punto di vista, ed è forse questo che lo stesso Leone voleva che accadesse. La presenza di attori fenomenali, in primis Robert De Niro in una delle sue prove più liriche ed emozionanti, nel ruolo del gangster David Aaronson "Noodles", di James Woods, alla sua prima grande prova, superata alla grande, Elizabeth M
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Non poteva esserci canto del cigno più bello in assoluto di "C'era una volta in America " per Sergio Leone! Un film che ha avuto una gestazione lunghissima, complicata, ma la tenacia del regista originario di Torella dei Lombardi ha avuto la meglio sulle ritrosie della produzione, capitanata da Aaron Milchan. Un film che può essere interpretato secondo varie visioni, ognuno ha cercato di intenderlo secondo il suo personale punto di vista, ed è forse questo che lo stesso Leone voleva che accadesse. La presenza di attori fenomenali, in primis Robert De Niro in una delle sue prove più liriche ed emozionanti, nel ruolo del gangster David Aaronson "Noodles", di James Woods, alla sua prima grande prova, superata alla grande, Elizabeth McGovern, una Deborah magnifica, un delizioso cammeo di Joe Pesci nel ruolo di Frankie Monaldi, e uno spassoso commissario di polizia di origine italiana intepretato da un grandissimo Danny Aiello, è uno dei punti forti del film! Le magnifiche scene della giovinezza di Noodles e Max, l'amore del primo verso la bella Deborah, il Cantico dei Cantici, la salita al potere dei quattro amici, orfani del piccolo Dominic, ucciso dal delinquente Bugsy, i colpi agli ordini della mafia, lo stupro di Noodles a Deborah dopo il rifiuto della donna verso l'incondizionato amore del suo vecchio amico, la "caduta degli dei", l'omaggio a Kubrick con l'utilizzo sagace e comico della "Gazza Ladra" di Rossini nella scena dello scambio delle culle nella clinica, l'atmosfera quasi trasognante e rassegnata nel finale del film, il rifiuto di Noodles di ammazzare Max che aveva "rubato" la sua vita, la misteriosa fine di Max e l'enigmatico sorriso finale nell'oppieria cinese di Noodles, fanno di questa pellicola uno dei capolavori del cinema italiano di tutti i tempi, se non addirittura il capolavoro assoluto! Un film che venne vergognosamente mutilato dalla produzione per il mercato statunitense e che negli ultimi anni è stato sottoposto ad un fedele restauro, che gli ha dato una nuova linfa, e l'aggiunta di scene tagliate nel 1984 alla prima uscita rendono ancora più bello il contesto! Un capolavoro senza tempo, che dopo 30 anni desta sempre meraviglia ogni volta che viene proiettato! EMOZIONANTE!
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riccardo-87
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lunedì 9 marzo 2009
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per dominus
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il finele del film,la scena in cui il senatore si suicida,è a mio avviso una scena estremamente simbolica.max,dopo aver compreso ciò che ha perso dalla vita dalle parole di noodles(ha perso invero la vita stessa,la sua più intima essenza,la vera amicizia),e l'aver compreso dunque d'averl sprecata- significativo in questo senso quando noodles dice"io spero che quella sua inchiesta si risolva in nulla..sarebbe un peccato che il lavoro della sua vita andasse sprecato”-allora max si sente un rifiuto dell'umanità-non a caso si getta in un tritarifiuti. è la vittoria della vita in quanto amicizia e amore contro una visione della vita come mezzo per ottenere potere e denaro,una vita votata ad"arrivare in cima", come spesso dice deborah-simbolica la frase della stessa"siamo due vecchi noodles.
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il finele del film,la scena in cui il senatore si suicida,è a mio avviso una scena estremamente simbolica.max,dopo aver compreso ciò che ha perso dalla vita dalle parole di noodles(ha perso invero la vita stessa,la sua più intima essenza,la vera amicizia),e l'aver compreso dunque d'averl sprecata- significativo in questo senso quando noodles dice"io spero che quella sua inchiesta si risolva in nulla..sarebbe un peccato che il lavoro della sua vita andasse sprecato”-allora max si sente un rifiuto dell'umanità-non a caso si getta in un tritarifiuti. è la vittoria della vita in quanto amicizia e amore contro una visione della vita come mezzo per ottenere potere e denaro,una vita votata ad"arrivare in cima", come spesso dice deborah-simbolica la frase della stessa"siamo due vecchi noodles..ci restano solo dei ricordi"-.ma in una cosa sbaglia deborah:mentre lei e max hanno sprecato la loro vita,noodles no;lui ha provato sentimenti autentici,e anche se la bassenzza dei due è fonte di altissimo dolore per lui,evitando di uccidere max comunque salva i suoi ricordi-"lei non mi deve niente,senatore bailey"dice noodles,che non a caso non chiama mai l'amico max-così facendo noodles non permette a max di manipolare sino in fondo la vita degli altri,perchè non gli permette di manipolare i suoi sentimenti.se noodles avesse sparato in quel momento,max avrebbe vinto.così invece uccide davvero max,perchè gli mostra tutta la sua amicizia,e max comprende cosa a perduto dalla vita,che cosa poteva avere:la vera amicizia,che ben più vale del potere e del denaro.nel capire questo max è distrutto,si rende conto di aver sprecato l'intera sua vita,e si uccide.--questa la mia spiegazione dominus.mi ha fatto piacere che qualcuno mi abbia chiesto qualcosa di intelligente,spero che parleremo ancora,ciao!
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(di kicco)
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taniamarina
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martedì 6 luglio 2010
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un testamento perfetto
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L'accoppiata Leone/Morricone celebra con questo film il loro più grande successo. E dire che Morricone aveva scritto la musica prima ancora della realizazione del film, e Leone aveva imposto la colonna sonora durante i vari ed estenuanti ciack, così da far entrare gli attori nell'incanto di quella che sarebbe diventata una delle più belle pellicole del cinema in assoluto. Ricostruzione epica e memorabile, una sceneggiatura che ancora insegna tutto sul cinema e un dolore poetico che non avrà eguali. Alcune scene rimangono nella memoria come se fossero state vissute per davvero dallo spettatore e Woods, francamente, supera di una spanna il superlativo de Niro.
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L'accoppiata Leone/Morricone celebra con questo film il loro più grande successo. E dire che Morricone aveva scritto la musica prima ancora della realizazione del film, e Leone aveva imposto la colonna sonora durante i vari ed estenuanti ciack, così da far entrare gli attori nell'incanto di quella che sarebbe diventata una delle più belle pellicole del cinema in assoluto. Ricostruzione epica e memorabile, una sceneggiatura che ancora insegna tutto sul cinema e un dolore poetico che non avrà eguali. Alcune scene rimangono nella memoria come se fossero state vissute per davvero dallo spettatore e Woods, francamente, supera di una spanna il superlativo de Niro. Malinconie senza furbizia, violenze senza secondi fini, trama senza inganni: film perfetto ed indimenticabile
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maximilione
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martedì 16 ottobre 2012
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spartiacque, vetta, punto di riferimento.
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Duecentoventi minuti di scene girate in tre stati (USA, Italia e Francia), centinaia di comparse e ben dodici anni di riprese: la leggenda vuole che nel 1984 Robert De Niro fece coniare una serie di medagliette con su scritto "Complimenti, siete sopravvissuti alla lavorazione di C'era una volta in America!", che poi regalò a tutto il personale che aveva partecipato alla produzione della pellicola,
dal cast ai tecnici. Al tempo però il divo americano non poteva ancora riconoscere la straordinaria grandezza dell'opera e l'immensità di echi che essa avrebbe prodotto sulla successiva storia del cinema.
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Duecentoventi minuti di scene girate in tre stati (USA, Italia e Francia), centinaia di comparse e ben dodici anni di riprese: la leggenda vuole che nel 1984 Robert De Niro fece coniare una serie di medagliette con su scritto "Complimenti, siete sopravvissuti alla lavorazione di C'era una volta in America!", che poi regalò a tutto il personale che aveva partecipato alla produzione della pellicola,
dal cast ai tecnici. Al tempo però il divo americano non poteva ancora riconoscere la straordinaria grandezza dell'opera e l'immensità di echi che essa avrebbe prodotto sulla successiva storia del cinema. In effetti, l'unico termine in grado di racchiudere tra i ticchettii di una tastiera la grandezza di "C'era una volta in America" è la sua ineffabilità. L'ultimo film di Sergio Leone rifugge da ogni giudizio di sorta, dalla soggettività di ogni interpretazione, per porsi al di sopra di una qualsiasi scala di valori estetici. Si tratta di un film-evento o di un film-vita, capace di ricatalogare su celluloide l'intera esperienza artistica ed esistenziale del grande maestro romano ("Questo film sono io. Non sarebbe stato lo stesso se l'avessi girato a quarant'anni perchè è un film sulla memoria, sulla solitudine, la morte e il tempo che passa"), in grado di esibire un immenso compendio alla cultura -cinematografica e non- dell'intero XX secolo e allo stesso tempo di fungere da indispensabile chiave di volta per la nascita di un "cinema postmoderno" che proprio oggi si esprime ai suoi livelli più alti. Una mistione di omaggio al passato e inevitabile propensione al futuro, dunque. Dialettica questa, che riecheggia e si amplifica a livello diegetico all'interno della stessa narrazione filmica. "C'era una volta in America" è, infatti, prima di tutto l'opera più matura di Sergio Leone e il perfetto epilogo di quella trilogia del tempo iniziata sedici anni prima con "C'era una volta il West". In essa, i tempi già dilatati di "Giù la testa" si sfaldano del tutto, si aggrovigliano in una matassa complessa come i meccanismi della memoria, si spostano e ritornano su sè stessi dimostrando come nulla è mai ciò che sembra. Più che riferirvisi indirettamente, "C'era una volta in America" incarna materialmente il tempo con la sua vertigine, il rimpianto dei momenti perduti. Lo fa nella sua stessa struttura narrativa: l'epopea gangster di Noodles, Max, Patsy e Cockeye si sviluppa in una cronologia impazzita e labirintica che fa esplodere ogni riferimento sicuro in un gioco di scatole cinesi in cui il presente sembra cessare di esistere. Le stesse indimenticabili sequenze, i dialoghi o più semplicemente gli oggetti di scena sottolineano la rilevanza dell'elemento tempo, quella del ricordo e del rimorso, capaci di diventare protagonisti assoluti ancor prima di quelli in carne ed ossa. Così gli orologi ricorrono nelle scene iniziali con un intensità magnetica e le fotografie costituiscono il leitmotiv ricorrente dell'angusto locale di Fat Moe ("Cosa hai fatto in tutti questi anni?"; "Sono andato a letto presto." ). I primi o i primissimi piani, così peculiari del cinema di Leone, incanalano negli occhi il peso del ricordo e per tutta la durata del film, diventano gli strumenti delegati a preannunciare i salti temporali.E proprio in questa struttura cronologica vorticosa e slabbrata, uniformata dall'indimenticabile colonna sonora firmata da Ennio Morricone (senza dubbio una delle migliori mai realizzate), il regista romano fa rinascere una New York scomparsa e riporta alla luce cinquant'anni di storia americana. Ispirandosi al romanzo semi-autobiografico del gangster Harry Grey (all'anagrafe David Aaronson), Leone evoca Proust e costella il film di riferimenti alla psicanalisi di Freud ("Corri Noodles, che mamma ti vuole!"), guardando nel frattempo alla grande storia del cinema: dal "Citizen Kane" di Orson Welles al capolavoro di Fellini "Otto e mezzo", passando per “Le jour se leve” di Marcel Carnè e "Hiroshima mon amour" di Alain Resnais. Il tutto senza perder di vista la propria personalissima vena autoriale, coronata in quella tensione epica -e quasi biblica- di cui colora alcune scene pressochè indimenticabili tra bambini mai cresciuti e poliziotti corrotti, violenza che si fa valere a suon di piombo, ingordigia, asfalto, soprusi sessuali, vecchi teatri di ombre e fumerie d'oppio. Proprio in una fumeria d'oppio il film si apre ed esattamente nella stessa finisce, chiudendo circolarmente sull'inquadratura dall'alto di un sorriso drogato ed eterno del protagonista Noodles. E' proprio quel sorriso a frantumare di nuovo il puzzle intricato che poco prima lo spettatore sembrava aver definitivamente ricostruito una volta per tutte. La scena finale getta perciò un alone di mistero sull'intero significato della pellicola e la apre a nuove infinite interpretazioni, compresa quella di non averne nessuna davvero oggettiva. Ed è esattamente la strada del finale aperto quella che il maestro Leone sembra suggerire, salvo poi ricordare il curioso aneddoto per il quale, dopo la visione della prima nel 1984, alla domanda di chiarimenti di uno spettatore entusiasta, il regista rispose fermamente "Vede, il film inizia e finisce in una fumeria. Quindi potrebbe anche essere che tutta la vicenda non sia stata altro che una...". Lo spettatore lo pregò di non continuare, preferendo cullarsi nella speranza della veridicità di tutta la vicenda, così carica di valori morali e simbolici. Tutti noi gli siamo solidali e continuiamo a preferire alla teoria del sogno, quella della verità di un'indimenticabile storia di amore e odio, amicizia e tradimento, morte e redenzione.Ma qualunque sia la nostra personalissima interpretazione, il valore epocale della pellicola di Leone sta prima di tutto nell'aver proposto un nuovo modo di fare cinema: rifiutando la linearità consequenziale (ripristinata nella prima edizione americana, che tagliò inoltre quasi due ore di girato e non a caso fece flop) e adeguando la narrazione all'incantato ritmo della memoria, il maestro romano pose di fatto le basi per la quasi-totalità della produzione "autoriale" contemporanea, autodecorandosi inevitabilmente come "primo regista postmoderno" della storia.
A ben guardare infatti, il cinema postmoderno riflette il disordine meticcio del mondo e l'impossibilità di percepire la realtà attraverso un punto di vista unitario. E' sostanziale, in esso, la proliferazione di chiavi di lettura innumerevoli, prive di gerarchie e di una qualsiasi possibilità di soluzione. Questo determina spesso la frammentazione temporale e la discesa negli angoli più remoti dell'inconscio -o comunque nei meandri della mente- dei protagonisti. E in questo senso (soprattutto seguendo la teoria dell'allucinazione) davvero "C'era una volta in America" si propone come archetipo primo del cinema contemporaneo e non è affatto difficile accostare questa pellicola all’opera di registi a prima vista lontani anni luce per generi e temi trattati. Le strategie di fondo del tarantiniano "Pulp Fiction", del recente "Inception" (Nolan), dell'osannato "Mulholland dr." (Lynch) -e si potrebbe continuare all'infinito con Inarritu, Gilliam, Fincher, Scorsese...- sono ancora legate con un indelebile filo rosso all'ultimo straordinario capolavoro di Sergio Leone (e più in generale alla sua intera opera). L'assetto così innovativo della pellicola fu inoltre programmato dal regista con una precisione e un rigore assoluti tanto che molti suoi collaboratori lo elogiarono proprio per la sua maniacale e a volte ossessiva progettazione di scena; quasi come se il film fosse esistito nella sua mente prima ancora di essere trasposto in pellicola. "Mangio e penso al film, cammino e penso al film, vado al cinema e non vedo il film ma vedo il mio...non ho mai visto De Niro sul set ma sempre il mio Noodles.”E come recita proprio De Niro in uno dei suoi lavori più recenti ("Stanno tutti bene"), l'artista è colui che realizza opere "che cambiano la vita della gente". E grazie alla forza illuminante delle sue pellicole e alla sua infinita energia creatrice Sergio Leone ha decisamente meritato questo statuto.
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giovedì 15 maggio 2014
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una lezione di cinema
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Una lezione di cinema.
Cosa dire di questa pietra miliare, di questa lezione di cinema da non sembrare riduttivo. Un'opera concepita per oltre dieci anni, che rappresenta la proiezione di ciò che è, o è stato fino a quel momento, il cinema, pregna di nostalgia per il tempo andato e rivolta sorpresa verso un futuro in cui stenta a riconoscersi. Proprio come lo sguardo del suo protagonista David “Noodles” Aaronson, interpretato da un magistrale ed immenso Robert De Niro. Emblematica, a tal riguardo, è la sequenza della stazione di New York nella quale Noodles prende il treno diretto a Buffalo per riapparire dopo ben trentacinque anni sulle note di Yesterday, che ancora più sottolinea la centralità della dimensione temporale.
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Una lezione di cinema.
Cosa dire di questa pietra miliare, di questa lezione di cinema da non sembrare riduttivo. Un'opera concepita per oltre dieci anni, che rappresenta la proiezione di ciò che è, o è stato fino a quel momento, il cinema, pregna di nostalgia per il tempo andato e rivolta sorpresa verso un futuro in cui stenta a riconoscersi. Proprio come lo sguardo del suo protagonista David “Noodles” Aaronson, interpretato da un magistrale ed immenso Robert De Niro. Emblematica, a tal riguardo, è la sequenza della stazione di New York nella quale Noodles prende il treno diretto a Buffalo per riapparire dopo ben trentacinque anni sulle note di Yesterday, che ancora più sottolinea la centralità della dimensione temporale. Il regista Sergio Leone ci trasporta, dunque, in una dimensione in cui passato, presente e futuro si intersecano alla perfezione coadiuvati da un sapiente uso del flashback e del flash forward.
Il film, tratto dal romanzo The Hoods, scritto nel 1952 da Harry Grey non narra semplicemente le imprese dei giovani gangster Max, Noodles, Patsy e Cockeye cresciuti a Brooklyn, ma è anche e soprattutto una storia di amicizia- come quella tra Max e Noodles – di amore, sia nella sua biblica sublimazione, sia nella sua accezione più violenta, oltre che di ambizione. Molteplici sono le chiavi di lettura di questo film, da annoverare tra i capolavori assoluti del cinema, tra tutte la teoria proustiana del sogno, secondo cui le vicende narrate negli anni sessanta altro non sarebbero che una proiezione onirica delle emozioni del protagonista e, dunque, un' allucinazione dovuta ai fumi dell'oppio, avvalorata dalla coincidenza tra scena iniziale e scena finale, dalla stessa musica di sottofondo – God Bless America- e dallo sguardo sollevato di Noodles al suo risveglio. In ogni caso, a prescindere dalle interpretazioni, C'era una volta in America è il film per eccellenza, un punto di riferimento che non mancherà di essere omaggiato e citato dal cinema a venire.
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