dandy
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venerdì 4 gennaio 2019
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il cowboy di mezzanotte...
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Uno dei film-manifesto del '69,assieme a "Easy Rider".Basato sull'omonimo romanzo di James Leo Herlihy,un film per l'epoca forte e innovativo nel mettere in scena la freddezza delle grandi metropoli e l'impossibilità di certi reietti di emergervi,o sopravviverci...Il regista,al suo debutto in America dopo i successi ottenuti in Inghilterra,stempera il pietismo nelle peripezie dei due protagonisti grazie all'ottime interpretazioni:Hoffman spavaldo ma mortificato dalla propria condizione,più tormentato Voight(semiesordiente e qui al suo trampolino di lancio),fisico massiccio e viso fanciullesco,vulnerabile.In linea col periodo non mancano godibili guizzi lisergico-surreal-sperimentali(i flashback e le visioni di Joe,la scena di sesso con i canali che cambiano,il party alla andy Wahrol,dove appaiono diverse star della Factory[Viva,Ultra Violet,Taylor Mead,Paul Morrissey]),e cose come prostituzione,degrado e omosessualità vengono affrontate in modo schietto,ma mai eccessivo o gratuito.
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Uno dei film-manifesto del '69,assieme a "Easy Rider".Basato sull'omonimo romanzo di James Leo Herlihy,un film per l'epoca forte e innovativo nel mettere in scena la freddezza delle grandi metropoli e l'impossibilità di certi reietti di emergervi,o sopravviverci...Il regista,al suo debutto in America dopo i successi ottenuti in Inghilterra,stempera il pietismo nelle peripezie dei due protagonisti grazie all'ottime interpretazioni:Hoffman spavaldo ma mortificato dalla propria condizione,più tormentato Voight(semiesordiente e qui al suo trampolino di lancio),fisico massiccio e viso fanciullesco,vulnerabile.In linea col periodo non mancano godibili guizzi lisergico-surreal-sperimentali(i flashback e le visioni di Joe,la scena di sesso con i canali che cambiano,il party alla andy Wahrol,dove appaiono diverse star della Factory[Viva,Ultra Violet,Taylor Mead,Paul Morrissey]),e cose come prostituzione,degrado e omosessualità vengono affrontate in modo schietto,ma mai eccessivo o gratuito.Il film ricevette comunque un X-rating,diventando il primo film vietato ai minori a venire premiato con l'Oscar( per il miglior film,miglior regista e migliore sceneggiatura).Indimenticabile il finale.Nella colonna sonora di John Barry spicca la canzone "Everybody's Talking" di Fred Neil cantata da Nilsson,diventata un'hit.Oggi, 50 anni di distanza,ha ancora un'indubbia efficacia nel mostrare i bassifondi squilibrati di una New York squilibrata e al tempo stesso incredibile.Un posto che sarebbe valsa la pena visitare...
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onufrio
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martedì 12 giugno 2018
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professione: gigolò
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Il texano Joe Buck abbandona il Texas e tenta la sorte nella grande mela, vestito da cowboy l'aitante ragazzo ha in mente di diventare gigolò, ma l'approccio con la grande città non è proprio idilliaco, numerose disavventure lo attendono. Farà amicizia con un italo americano, Rigo Rizzo, che in primis gli rifila una bella fregatura, per poi successivamente chiarirsi in qualche modo e diventare amici condividendo la fame ed il freddo durante il lungo inverno a New York. La coppia Voight-Hoffman regala una performance cinematografica degna di nota.
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fabio57
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martedì 22 dicembre 2015
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sopravvalutato
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Per quanto sia stato un discreto film ,ritengo eccessivamente generosi i giudizi della critica sull'opera.Naturalmente va contestualizzato e forse all'epoca poteva avere una valenza diversa , diciamo anticonvenzionale e più consistente.Oggi mi sembra un film decadente e deprimente, che racconta una storia triste e squallida,molto americana,dove solo l'interpretazione di Hoffmann dà spessore alla pellicola.
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il befe
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domenica 1 marzo 2015
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capolavoro
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circe mine
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martedì 15 luglio 2014
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le macerie del sogno americano
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Un film che merita di essere visto almeno una volta nella vita. Un cowboy texano arriva a New York con una radio e con un sogno, è convinto che la sua bellezza sarà il lascia passare per una vita migliore dove la fatica e il lavoro saranno un ricordo e lui diverrà l'oggetto dei desideri di donne ricche e sole disposte a tutto pur di passare una notte in sua compagnia. Scoprirà presto che la strada dal marciapiede ai palazzi é ripida ma continuerà a credere di avere il mondo in tasca finché la conoscenza con Rizzo non gli permetterà di vedere davvero e di vedere sè stesso come niente più che un reietto, un uomo da marciapiede in continua lotta per la sua sopravvivenza.
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Un film che merita di essere visto almeno una volta nella vita. Un cowboy texano arriva a New York con una radio e con un sogno, è convinto che la sua bellezza sarà il lascia passare per una vita migliore dove la fatica e il lavoro saranno un ricordo e lui diverrà l'oggetto dei desideri di donne ricche e sole disposte a tutto pur di passare una notte in sua compagnia. Scoprirà presto che la strada dal marciapiede ai palazzi é ripida ma continuerà a credere di avere il mondo in tasca finché la conoscenza con Rizzo non gli permetterà di vedere davvero e di vedere sè stesso come niente più che un reietto, un uomo da marciapiede in continua lotta per la sua sopravvivenza.
In un clima arido e su un terreno di solo fango e sole pietre scoprirà il marcio che abita negli uomini ed inizierà a sbocciare l' amara bellezza di un'amicizia tra i due, non più così diversi, fino ad intraprendere quell'ultimo viaggio insieme. Nell' ultima scena vi é tutta l'essenza del film, mentre la folla di benpensanti si scandalizza davanti alla morte il cowboy diventato uomo rimane al fianco dell'amico, fiero come chi ha visto infrangere tutti i sogni ma ha riscoperto la propria dignità.
Una colonna sonora cantata da Nilsson che é rimasta nella storia.
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cariato
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martedì 18 febbraio 2014
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un uomo da marciapiede
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chi sono i protagonisti di questo film? i ricchi e i poveri. la menefregaggine dei ricchi e la speranza e la solitudine dei poveri. il regista ci fa conoscere fino in fondo i luoghi e gli oggetti che ciascuno dei due possiede (ricchi e poveri), gli atteggiamenti e il disagio dei più bisognosi. nell'ultima scena ci insegna che l'onestà e il rispetto (i sentimenti) valgono più di ogni altra cosa. Joe spettacolare. Colonna sonora adatta.
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great steven
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lunedì 25 novembre 2013
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voight e hoffman amici nelle avversità della vita.
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UN UOMO DA MARCIAPIEDE (USA, 1969) di JOHN SCHLESINGER con JON VOIGHT – DUSTIN HOFFMAN – BRENDA VACCARO – SYLVIA MILES – BOB BALABAN § Dal romanzo (1965) di James Leo Herlihy, adattato da Waldo Salt. Joe Buck decide di farla finita con un insoddisfacente lavoro da lavapiatti, si veste da perfetto cowboy e raggiunge New York, armato solo di fastidiosa spavalderia e un fascino più debole di quello che vorrebbe. Prostituendosi, crede di incassare facilmente e in breve tempo numerosi quattrini, e invece la sua clientela non si materializza, e lui si ritrova costretto ad unirsi all'italoamericano Enrico Salvatore Rizzo, zoppo e malato di tubercolosi, col quale sopravvive a forza di stenti.
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UN UOMO DA MARCIAPIEDE (USA, 1969) di JOHN SCHLESINGER con JON VOIGHT – DUSTIN HOFFMAN – BRENDA VACCARO – SYLVIA MILES – BOB BALABAN § Dal romanzo (1965) di James Leo Herlihy, adattato da Waldo Salt. Joe Buck decide di farla finita con un insoddisfacente lavoro da lavapiatti, si veste da perfetto cowboy e raggiunge New York, armato solo di fastidiosa spavalderia e un fascino più debole di quello che vorrebbe. Prostituendosi, crede di incassare facilmente e in breve tempo numerosi quattrini, e invece la sua clientela non si materializza, e lui si ritrova costretto ad unirsi all'italoamericano Enrico Salvatore Rizzo, zoppo e malato di tubercolosi, col quale sopravvive a forza di stenti. Quando finalmente le cose si mettono meglio per Joe, la salute di Rizzo peggiora e l'amico, assecondando il suo desiderio, prepara un viaggio in Florida. Ma non riuscirà a salvarlo. Vietato ai minori di 18 per l'abbondanza di nudi e sequenze oscene, fu l’unica pellicola con questo divieto ad aggiudicarsi l'Oscar al miglior film, insieme alle statuette per la regia e la sceneggiatura non originale. Ma vale tantissimo specialmente per l'eccellente recitazione dei due trentenni protagonisti, uno prestante e bifolco e l'altro sciancato e furbo, ma complementari malgrado le forzature perché i difetti e i pregi assenti nel primo si riscontrano nel secondo e viceversa: un rapporto di coppia costruito a regola d'arte come pochi altri. Il confronto ideologico e le aspirazioni esistenziali superano in importanza e intensità la differenza fisica. Meno riusciti i caratteri secondari, anche se la Shirley di B. Vaccaro sorprende per malizia e la Cass di S. Miles è bravissima nella sua poderosa nevrosi, nonostante l'esiguità della loro presenza scenica. Valido anche il maniaco religioso consigliato da Rizzo a Buck, per la dinamica energia dialettica. Non inferiori sono la fotografia, con belle riprese della New York sul finire degli anni '60 (con una stupenda contrapposizione tra il fango dei quartieri degradati e lo sfarzo delle case altolocate), e il montaggio, che nel montaggio alla Andy Warhol nella scena del party si esibisce in un particolare esercizio di virtuosismo. Caso raro ormai (parlando del maleducatissimo Nuovo Millennio) di turpiloquio che si fa portabandiera del decadimento morale e sociologico che affligge i personaggi, ma anche della rabbia che spinge alle più disperate rivincite. Doppiaggio italiano: Ferruccio Amendola prestò la voce a Hoffman e Massimo Turci a Voight. Stranamente, ha un patetismo appassionato nei personaggi che rimanda a Molnàr e riprende in una certa maniera il microcosmo della metropoli "sporca" dickensiano.
Drammatico; giudizio personale: 8 (buono)
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shiningeyes
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mercoledì 21 agosto 2013
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manifesto della new hollywood
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Manifesto della New Hollywood, “Un uomo da marciapiede”, si prende il compito di criticare gli Usa come stato corrotto che non offre più le possibilità di realizzare i propri sogni, presentandoci una New York dal suo lato più oscuro e sporco, fatto da gente emarginata che vive di stenti e che deve rubacchiare e truffare qua e là per cercare di tirare avanti, al posto della lucentezza dei ricchi borghesi affaristi sempre pieni di soldi e di capacità di stare a galla. “Un uomo di marciapiede” è crudelmente realistico verso coloro che vogliono fare successo senza una reale abilità, come il nostro protagonista John, che vuole fare soldi facendo il gigolò, ma senza la dovuta organizzazione che serve nel sapersi vendere, finendo a breve col culo per terra.
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Manifesto della New Hollywood, “Un uomo da marciapiede”, si prende il compito di criticare gli Usa come stato corrotto che non offre più le possibilità di realizzare i propri sogni, presentandoci una New York dal suo lato più oscuro e sporco, fatto da gente emarginata che vive di stenti e che deve rubacchiare e truffare qua e là per cercare di tirare avanti, al posto della lucentezza dei ricchi borghesi affaristi sempre pieni di soldi e di capacità di stare a galla. “Un uomo di marciapiede” è crudelmente realistico verso coloro che vogliono fare successo senza una reale abilità, come il nostro protagonista John, che vuole fare soldi facendo il gigolò, ma senza la dovuta organizzazione che serve nel sapersi vendere, finendo a breve col culo per terra.
In ogni caso, John crescerà nella sua esperienza di vagabondo nella grande mela, allargando le sue strette vedute da provincialotto e facendogli anche scoprire il valore della vera amicizia, acquisita con il truffaldino Rico, storpio e tisico, ma con una furbizia degna delle sue origini italiane.
Parlando più strettamente del film, ci si rende conto di trovarci con un gioiello della storia del cinema, dotato di una potenza visiva oltre ai limiti, piena di scene da incorniciare, dalle scene della topaia che condividono John e Rico a quelle della scena dei festaioli strafatti e di quella del commovente viaggio verso la Florida dei due amici protagonisti.
C'è da dire anche che, con due interpreti eccezionali come Jon Voight e Dustin Hoffman (il primo sconosciuto e il secondi in fase ascendente), che ci offrono una prova intensissima e memorabile, è opportuno aspettarsi un gran bel film; meno opportuno non dargli l'Oscar ex aequo, meritatamente preso da John Schlensiger per la regia.
“Un uomo da marciapiede” è da vedere sia per la sua importanza storica, dove vengono pure abbattuti muri censori sulla questione dell'omosessualità e della prostituzione maschile, e soprattutto per capire al meglio questa scuola cinematografica, dedita allo sperimentalismo e all'abbattimento del cinema inteso come industria, mettendoci in mostra una storia vissuta da tutti coloro che hanno provato sulla loro pelle la falsità del sogno americano.
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eugenio
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sabato 6 luglio 2013
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lungo le strade della grande mela
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Una storia, a suo dire, circolare. Inizia con un viaggio in corriera, evolve in maniera lineare e termina in modo altrettanto semplice e “incompiuto”. Un uomo da marciapiede, film del 1969 di John Schlesinger, trasferito in quest’occasione dall’Inghilterra in America, descrive l’amara odissea di un ingenuo ragazzotto texano, Joe Buck (J. Voight) egotico e vanesio “pseudo-ranchero” convinto di possedere un fascino ammaliatore verso donne più o meno mature (meglio se ricche). A discapito del cognome, il giovane ranchero è privo di pecunia, pertanto, abbagliato dal fascino di una New York industrializzata e dalle molteplici possibilità lavorative, parte alla ricerca di fortuna con l’obiettivo di far carriera come gigolò professionista.
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Una storia, a suo dire, circolare. Inizia con un viaggio in corriera, evolve in maniera lineare e termina in modo altrettanto semplice e “incompiuto”. Un uomo da marciapiede, film del 1969 di John Schlesinger, trasferito in quest’occasione dall’Inghilterra in America, descrive l’amara odissea di un ingenuo ragazzotto texano, Joe Buck (J. Voight) egotico e vanesio “pseudo-ranchero” convinto di possedere un fascino ammaliatore verso donne più o meno mature (meglio se ricche). A discapito del cognome, il giovane ranchero è privo di pecunia, pertanto, abbagliato dal fascino di una New York industrializzata e dalle molteplici possibilità lavorative, parte alla ricerca di fortuna con l’obiettivo di far carriera come gigolò professionista. Dopo le prime iniziali sconfitte, la conoscenza di Rico (interpretato magistralmente da Hoffman), emarginato claudicante tubercolotico che campa con piccoli inganni e truffe, cambierà la sua vita. Ma non positivamente come lo stallone aveva sperato…
Parabola patetica sugli sconfitti dalla società, Un uomo da marciapiede mostra luoghi, gesti di un’America temporalmente lontana ma socialmente simile al contesto odierno dove le pieghe più profonde e tenebrose sono intimamente ricoperte da un’abbondante dose di conformismo e apparenza. Schlesinger sembra quasi evocare le pellicole grottesco/simboliche di Herzog (come il celebre La ballata di Strotzsek con protagonisti emarginati in cerca di successo distrutti dall’esistenza stessa che avevano tentato vanamente di costruirsi) ma ciò che nel cineasta tedesco è riflessione qui è trasformato in dramma soggettivo della realtà umana. La società de Un uomo da marciapiede sembra essere inevitabilmente suddivisa in due categorie: i vinti tira a campare malati e sofferenti (Rico/Hoffman ha giustamente meritato un Oscar) e i borghesi (donne in primis) imbellettati e profumati che necessitano dei primi per sfogare le loro frustrazioni quotidiane. Non esiste una zona grigia: essa è annientata dalle luci psichedeliche di ambienti omosessuali o da allucinazioni psicotiche di droghe “hippie”.
Il divario netto tra bene e male non convince fino in fondo: il cowboy texano Voight è passiva spalla di Hoffman che gli ruba spesso la scena, lasciando trasparire una dabbenaggine più fittizia che naturale evidenziata dallo sguardo stralunato da ragazzo di campagna stordito dai frastuoni di una grande città che tutto inghiotte.
La sofferta enfasi nelle movenze dei due attori, emblema della moderna ambiguità post-sessantottina, è permessa soprattutto dalla colonna sonora di Eveybody talkin, sempre-eterno leit-motiv di una nazione appunto che ha fatto della parola una virtù. E poco male che a rimetterci ci siano coloro che soffrano. Show must go on.
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fedson
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domenica 30 giugno 2013
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alla faccia del sogno americano!
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Il regista britannico Schlesinger, qui immenso, proclama "Un uomo da marciapiede" come un film che vede l'impatto emotivo e psicologico delle vite di due "fuggiaschi dalla società nel quale sono immersi" di fronte all'immensa metropoli della New York degli anni '60, smascherata completamente nel modo più crudo e diretto possibile fino al totale smantellamento di tutte le illusioni e le finte gioie che questa propone. Non ci sono sogni in America. Essa non è più strumento di pura propaganda statunitense (almeno interiormente). Non è più conservatrice di un'ideologia corretta e pulita, ma bensì squallida e contro ogni regola.
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Il regista britannico Schlesinger, qui immenso, proclama "Un uomo da marciapiede" come un film che vede l'impatto emotivo e psicologico delle vite di due "fuggiaschi dalla società nel quale sono immersi" di fronte all'immensa metropoli della New York degli anni '60, smascherata completamente nel modo più crudo e diretto possibile fino al totale smantellamento di tutte le illusioni e le finte gioie che questa propone. Non ci sono sogni in America. Essa non è più strumento di pura propaganda statunitense (almeno interiormente). Non è più conservatrice di un'ideologia corretta e pulita, ma bensì squallida e contro ogni regola. I due protagonisti, Joe (Voight), giovane texano che lascia il paese alla ricerca di fortuna, e Rico (Hoffman), un italiano storpio e malato ma abbastanza esperto da capire come funziona il sistema americano, si trovano alle strette nei confronti di un sistema avido ed ostile, dove per sopravvivere bisogna adattarsi allo stesso. I due, dopo un primo passo falso, si sosterranno a vicenda per cercare fortuna altrove. Le tematiche del film, descritte da una regia attentissima, riprendono chiaramente la mentalità "ribelle" che cominciava a farsi strada negli anni '60 in America, e tutte quante vengono rispecchiate dai volti e le psicologie dei due protagonisti. Sono personaggi soli, indifesi, abbandonati al proprio destino, ma entrambi con uno spirito positivo che gli dà speranza, gli dà sogni e forse fortuna. Gli sguardi di Joe e Rico (soprattutto quest'ultimo), sono sguardi di chi si è trovato di fronte a sogni infranti e di chi ha combattuto duramente anche solo per percepirli con altri occhi. Il punto chiave del film viene esposto dal regista senza doppi sensi o troppi giri di parole (immagini, in questo caso): non esiste il sogno americano. Proprio così. La famigerata leggenda del sogno americano (tanto amato quanto bramato dai suoi concittadini) viene completamente smontata tramite immagini, scene e situazioni che riprendono la realtà che c'è oltre la bandiera a stelle e strisce. Ed è una realtà inimmaginabile, violenta e perpetrata da un senso di giustizia che non è tale, nonché popolata da una società che si fa profitto delle debolezze del prossimo. Da evidenziare la grandissima prova degli attori sopra citati: Voight è abilissimo nel rappresentare un ragazzo sicuro di se e dei suoi sogni, ma insicuro di ciò che non conosce; e Hoffman regala una delle sue più belle performance tramite un personaggio dotato di una psicologia così "maledettamente reale" che è impossibile pensare che sia un personaggio di fantasia. Crudo, aspro, realistico e violentemente oltraggioso. Uno dei film più grandi ed importanti della New Hollywood. Ed è proprio il caso di dirlo: alla faccia del sogno americano!
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