Nella mente di un'adolescente inquieta, costretta a misurarsi con la crudeltà della vita in un momento traumatico. Espandi ▽
Tokyo, tardi anni 80. Quando il padre scopre di essere affetto da una malattia terminale e la madre riceve una promozione a manager che la tiene costantemente occupata, l’undicenne Fuki si trova sempre più sola e in cerca di risposte sui traumi dell’esistenza e su cosa celi il mondo degli adulti. Sposando in toto il punto di vista di Fuki, anche la regista sceglie l’astrazione e l’ellissi, a costo di rendere meno fluida la narrazione. Avendo visto quel che il cinema giapponese ci ha offerto nei decenni, risulta difficile scandalizzarsi ancora per l’impassibilità dei personaggi di fronte alle situazioni più orribili. E così la sottrazione emotiva di Hayakawa finisce per rendere il film volutamente opaco, insensibile alle situazioni più scabrose, ermetico a ogni interpretazione, fino al punto di non riuscire a discernere chiaramente tra quel che avviene solo nella mente di Fuki e quel che accade nella realtà. Citazione doverosa per Lily Franky: il suo ruolo, quello del padre malato, gli lascia pochi minuti in scena, ma la sua è una prova di minimalismo impeccabile.