Anno | 2012 |
Genere | Commedia |
Produzione | Giappone |
Durata | 124 minuti |
Regia di | Fukagawa Yoshihiro |
Attori | Karina, Kumiko Aso, Michiko Kichise, Yuka Itaya, Yusuke Kamiji, Jun Kaname Kento Hayashi, Haru, Rosa Katô. |
MYmonetro | 2,50 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento giovedì 11 aprile 2013
Quattro donne alle prese con i loro piccoli, grandi problemi, in amore e sul lavoro.
CONSIGLIATO NÌ
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Ci sono operazioni studiate per compiacere un determinato target, ammettendo con grande onestà di cercare un'empatia e una complicità. Il medium utilizzato, sia esso cinema o Tv, conta poco, quasi quanto la ricerca di qualcosa di artistico, di un'opera che resista al trascorrere del tempo e che comunichi qualcosa di differente in epoche differenti. Girls for Keeps è esattamente questo: cinema come sequenza di siparietti "esemplari" su situazioni-campione che possono occorrere alle donne moderne di questo terzo millennio. Manager che se la devono vedere con colleghi maschilisti che mal sopportano un capo donna; single over-40 che provano imbarazzo nel palesare interesse per un giovane toy boy, temendo il ridicolo o peggio il patetico. O ancora madri divorziate che cercano di sostituire anche il ruolo paterno coprendo di troppe attenzioni il proprio bambino, donne che non riescono a rinunciare alla frivolezza di abiti e stile di vita, anche quando le lancette scorrono inesorabilmente.
Tratto da un romanzo di Okuda Hideo e pubblicizzato come una sorta di Sex and the City nipponico, il film di Fukugawa Yoshihiro si pone come qualcosa di generazionale, come quel paio d'ore di intrattenimento che fanno discutere e aprono al dibattito. Come una voce narrante invasiva insiste nel sottolineare, Girls for Keeps parla alle donne e alle ragazze che sopravvivono dentro di loro, indomite, in "a man's man's man's world", per dirla con James Brown, specie nello storicamente maschilista paese del Sol Levante.
Materiale per i magazine di moda e costume e per osservazioni sulla guerra dei sessi, ammesso che si accontentino della superficialità con cui sono affrontati i concetti, visto che non si va molto al di là della morale secondo cui il mondo delle donne è per metà rosa e per metà blu, con la parte positiva che deve costantemente venire in aiuto della componente malinconica del proprio io. Chi invece cerca una forma o una traccia di linguaggio cinematografico ha semplicemente sbagliato a leggere il nome sul campanello.