The End of the Line

Film 2009 | Documentario 85 min.

Anno2009
GenereDocumentario
ProduzioneGran Bretagna
Durata85 minuti
Regia diRupert Murray
TagDa vedere 2009
MYmonetro 3,25 su 3 recensioni tra critica, pubblico e dizionari.

Regia di Rupert Murray. Un film Da vedere 2009 Genere Documentario - Gran Bretagna, 2009, durata 85 minuti. - MYmonetro 3,25 su 3 recensioni tra critica, pubblico e dizionari.

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Ultimo aggiornamento mercoledì 6 novembre 2013

Un documentario che illustra i devastanti effetti che la pesca intensiva provoca sull'ecosistema dei nostri mari.

Consigliato sì!
3,25/5
MYMOVIES 3,50
CRITICA
PUBBLICO 3,00
CONSIGLIATO SÌ
Asprissimo documentario che denuncia la fine dei nostri mari.
Recensione di Alessandra Giannelli
lunedì 19 ottobre 2009
Recensione di Alessandra Giannelli
lunedì 19 ottobre 2009

Asprissimo documentario che denuncia la fine dei nostri mari, degli abitanti dei nostri mari per l'esattezza, quello di Rupert Murray, sempre per la sezione Occhio sul mondo. Fortemente sostenuto dal WWF (che ha partecipato alla produzione del film), la pellicola inglese è un viaggio nel mondo per registrare la fauna ittica. Risultato? Nel 2048 non ci saranno più pesci, ma soltanto fango e vermi e ciò provocherà il surriscaldamento del globo, così l'uomo non avrà soltanto di che mangiare, ma anche di che respirare. La colpa è di una pesca selvaggia (la più spietata si chiama almadraba, la tonnara come è conosciuta dalle nostri parti!), operata in gran parte del mondo da più di vent'anni e che ha fatto razzia di molte specie. Primo tra tutti il merluzzo, che nel 1992, in Canada, è stato eliminato dai cacciatori di pesci con una selvaggia pesca a strascico, che non soltanto provoca una massiccia raccolta, ma anche la decimazione di coralli, piante e quant'altro possa alimentare la flora del mare. Sono spariti i merluzzi, ma non siamo neanche messi bene con il tonno rosso, specie prelibatissima e molto richiesta in Giappone, dove a sostenerne la pesca è niente meno che la Mitsubishi.
L'interesse per la questione marina, cui il documentario prende spunto, è quello del giornalista del quotidiano londinese Daily Telegraph Charles Clover (lui è, infatti, autore dell'omonimo libro), che ha iniziato a monitorare la situazione in tutti i continenti, ma che ha anche fatto opere di sensibilizzazione come con il proprietario della nota catena di ristoranti Nobu per convincerlo a togliere dai loro menù il tonno rosso, ottenendo soltanto di avvertire la clientela che il prelibato pesce è a rischio di estinzione, apponendo un asterisco accanto alla pietanza.
Un vertice a Lussemburgo della UE aveva fatto sperare che si stabilisse una quantità massima di pesca di tonno rosso di 10, massimo 15 mila tonnellate, mentre dalla riunione è stato disposto 30 mila, anche se poi è un calcolo non verificabile sul quale molti paesi, quelli asiatici in primis, ritoccano le cifre. Una questione, quindi, che diventa politica, di interessi, sempre però a discapito dei paesi più poveri. Colpa degli Europei che con le loro grandi navi devastano il Mediterraneo, spogliando anche le coste dell'Africa Occidentale, come in Senegal dove i pescatori, a bordo delle loro rudimentali piroghe, certo non possono competere con le navi grandi e capienti. Altro risultato? Molti sono costretti ad emigrare per la mancanza di cibo e lavoro. Ma il vero problema è l'Asia: da Taiwan, ad Hong Kong, fino al Giappone che ne fanno incetta per il sushi, cibo di gran moda. Una corsa all'approvvigionamento che nessuno è in grado di controllare e di frenare.
Quale il rimedio, a detta non solo dell'ostinato giornalista, ma anche dell'italiano Roberto Mielgo Bregazzi, consulente nel settore della pesca del tonno? Innanzitutto quello di creare delle riserve marine, come è accaduto nelle Bahamas, e ciò ha permesso il ripopolamento delle acque di una notevole percentuale, ma anche quello di infondere un discorso di coscienza. Davanti ad un piatto di pesce sarebbe bene riflettere, non solo sul fatto che fa bene, che contiene gli omega 3m, ma che forse è giunto sui nostri piatti in maniera illegale, da paesi lontani. Il documentario oltre alle preoccupanti testimonianze, offre scene e di mattanza, operate proprio sui tonni: rivoli di sangue che scorrono, stanzoni pieni di questi animali; una testimonianza resa ancora più drammatica dai primi piani sulle loro carcasse senza vita. Toccanti inquadrature che ci facciano riflettere sul futuro, quello dei nostri figli, che non potrà essere così desolante; un discorso globale sullo sfruttamento terrestre cui qualcuno dovrà apporvi un freno. Ormai pescare un merluzzo, come quello dei noti "bastoncini surgelati", è un'impresa ardua dopo che nel 2007 è stata fatta una prova con 1500 ami e ne sono stati raccolti solo una manciata. Certo, la scomparsa di alcuni pesci ne provoca la riproduzione di altri, come sta avvenendo con le aragoste, ma poi pescheremo anche quelle, e via pescando, fino all'ultima specie. Ed è per tale ragione che i nostri mari si stanno popolando di alghe e meduse, fino appunto a ritrovarvi solo fango e vermi. Presentato al Sundance Film Festival, selezionato alla World Cinema Documentary Competition, mostrato al Parlamento Europeo, il film ha l'intento di promuovere un consumo sostenibile di pesce. Il mare è il patrimonio dell'umanità, è di nostra proprietà, dice a gran voce Clover, allora perché non lo reclamiamo?

Sei d'accordo con Alessandra Giannelli?
Un pugno nello stomaco sulla drammatica situazione dei nostri mari.

Immaginate un mondo senza pesci. È questo il sottotitolo di The End of the Line, ovvero il capolinea, il punto di non ritorno, fissato per il 2048. Mancano meno di quarant'anni. È questa la data entro la quale, secondo alcuni scienziati, non ci saranno più pesci negli oceani se l'uomo continuerà a pescarli in modo sconsiderato. Il film di Rupert Murray, prodotto con il supporto del WWF, presentato in anteprima mondiale nel 2009 al Sundance Film Festival e in seguito al Festival del Cinema di Roma, racconta una di quelle scomode verità sull'ambiente che troppo spesso l'umanità sceglie di ignorare.
Il documentario trae spunto dall'omonimo libro del giornalista inglese Charles Clover (uscito in Italia con il titolo di "Allarme pesce") e illustra i devastanti effetti che la pesca intensiva provoca sull'ecosistema dei nostri mari. Il regista Rupert Murray, viaggiando tra Cina, Regno Unito, Gibilterra, Malta, Senegal e Giappone, svela le iniquità compiute ai danni della fauna marina. Le innovative tecniche di pesca comportano una minaccia per molte specie ed è stato calcolato che, andando avanti di questo passo, entro il 2050 non ci sarà più nulla da pescare.
Una posizione apocalittica, è vero, ma a volte un pugno nello stomaco è l'unica maniera che si ha per provare a cambiare pratiche e abitudini distruttive. Al Capolinea - The End of the Line, non è contro la pesca o contro chi si nutre di specie ittiche, ma mette in risalto la necessità di una gestione sostenibile delle nostre risorse. Quali sono le tecniche di pesca oggi più utilizzate? Chi consuma tutto questo pesce? Come viene impiegato? Molte majors della ristorazione, interrogate su questi temi, non hanno voluto dare risposte; ma l'indagine del film, approfondita e robusta, non lascia spazio a scappatoie. Al Capolinea - The End of the Line punta il dito contro i responsabili di questa devastazione, non trascurando i celebrity chefs, e indica cosa possiamo fare per evitare il peggio. Non si tratta quindi solo di un film, ma di qualcosa di più: è una denuncia dei metodi neocolonialisti che i paesi occidentali utilizzano nei mari d'Africa, ad esempio; è una campagna per il consumo sostenibile del pesce; è un grido disperato affinché le aree marine protette abbiano la possibilità di riprendersi. Insomma, è un vero e proprio manifesto per una nuova etica della pesca.
Il film racconta quanto sia importante operare in maniera congiunta nel settore della pesca e del consumo dei prodotti ittici. Il consumo sostenibile di pesce è il primo grande passo da fare per promuovere una sostenibilità nell'uso delle risorse ittiche non solo nei mari vicini al consumatore, ma anche per operare secondo un approccio globale, dato che globali sono ormai la circolazione e il mercato del pesce.
Siamo noi a scegliere il destino dei nostri mari.

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PUBBLICO
RECENSIONI DALLA PARTE DEL PUBBLICO
venerdì 4 marzo 2011
RONGIU

 Edizione straordinaria !!!   “L’uomo. Dentro o fuori dalla rete?”  Il tonno rosso, stanco dei soprusi subiti negli ultimi 50 anni, consapevolmente decide di riunirsi. Quale sarà il verdetto? Milioni e milioni di tonni, provenienti dai mari più remoti, si riuniscono per la prima volta nel Mediterraneo per decidere le sorti dell’uomo.

martedì 1 marzo 2011
Ale9191

Si è sempre creduto i mari e gli oceani fonti inesauribili di risorse ittiche e, probabilmente, se non ci fosse stato un tale sfruttamento scellerato da parte di generazioni di persone probabilmente sarebbe ancora così. Sveglia gente, è stato distrutto un ecosistema! Questo documentario ci spiega molto bene senza badare troppo al sottile le cause e le conseguenze della pesca a [...] Vai alla recensione »

STAMPA
RECENSIONI DELLA CRITICA
Nathan Lee
The Village Voice

nd%20Extinction&st=cse Trendsetting restaurants like Nobu wouldn’t dream of offering snow leopard or white rhinoceros on their menus, notes the journalist and author Charles Clover, but they have no qualms serving bluefin tuna, a delicacy so overharvested that the species now faces destruction. The former environmental editor for The Daily Telegraph in London, Mr.

NEWS
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mercoledì 6 novembre 2013
Chiara Renda

In attesa del Festival del Film di Roma (8-17 novembre), MYMOVIESLIVE! propone online quattro lungometraggi delle passate edizioni. Questa sera è la volta di The End of the Line, documentario del londinese Rupert Murray prodotto con il supporto del WWF [...]

GALLERY
giovedì 24 febbraio 2011
 

Immaginate un mondo senza pesci. È questo il sottotitolo di The End of the Line, ovvero il capolinea, il punto di non ritorno, fissato per il 2048. Mancano meno di quarant'anni. È questa la data entro la quale, secondo alcuni scienziati, non ci saranno [...]

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