Il regista Roy Andersson spiega il suo film e si prepara all'Oscar.
di Claudia Resta
Il film
Roy Andersson ama parlare di come ha immaginato i suoi film. In questo caso, i personaggi rappresentano diverse sfaccettature dell'esistenza umana. Affrontano problemi piccoli e grandi che riguardano questioni della sopravvivenza quotidiana, ma anche grandi temi filosofici. Questo film è stato girato proprio con lo scopo di dare allo spettatore la possibilità di poter guardare ai momenti della propria esistenza.
Un rincorrersi di tragedia e comicità che fa da sfondo alla quotidianità umana, su cui ridere, e insieme, riflettere.
Che senso ha questo film?
Non voglio far venire i sensi di colpa allo spettatore, ma invitarlo a pensare a come passa il tempo. Per questo è strutturato in circa 50 scene, con personaggi ricorrenti che si trovano spesso in situazioni buffe: vivere è complicato per ognuno di noi, ed è l'umorismo che ci salva. Questo film è una farsa sulla condizione umana.
Quali difficoltà ha avuto col copione?
Di norma non mi affido a un classico copione, ma piuttosto a un tema, un concetto filosofico o un'atmosfera particolare. In questo caso ho creato dei tableaux che mettono i personaggi in situazioni di vita quotidiana, con gran attenzione ai dettagli, come un mercato affollato.
Come si crea la giusta atmosfera?
Nei miei film, il connubio di luci soffuse, visi leggermente dipinti con trucco bianco e uno schema monocromatico, crea un'atmosfera particolare. Inizialmente amavo il realismo, ma ne ho scoperto presto i limiti e ho sviluppato uno stile che condensa e semplifica le scene.
Come sceglie gli attori?
Molto attentamente. Non importa se sono dei professionisti oppure no, ma conta la loro autenticità e la loro presenza scenica. Credo sia più interessante scegliere tra i milioni d'abitanti in Svezia piuttosto che limitarmi a duemila attori. Preferisco i visi nuovi: spesso trovo i miei attori in strada, nei ristoranti o tra i miei conoscenti.
Quanto sono importanti le musiche?
Amo avere musiche originali. In questo caso, sono ispirate da molti generi diversi, ma somigliano al jazz che suonavo da giovane. Inizialmente volevo che fossero interpretate dal vivo, per vedere e ascoltare chi suonava. Poi ho capito che certe scene sono musicali e ho portato l'idea all'estremo, tanto che a volte i personaggi si mettono a cantare.