Ginger e Fred

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Un film di Federico Fellini. Con Marcello Mastroianni, Giulietta Masina, Franco Fabrizi, Frederick Ledenburg, Martin Maria Blau.
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Commedia, Ratings: Kids+16, durata 92 min. - Italia 1985. MYMONETRO Ginger e Fred * * * - - valutazione media: 3,44 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

La malinconia trascorsa e l'arrivismo odierno. Valutazione 4 stelle su cinque

di GreatSteven


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mercoledì 26 luglio 2017

 GINGER E FFED (IT/FR/RFT, 1985) diretto da FEDERICO FELLINI. Interpretato da GIULIETTA MASINA, MARCELLO MASTROIANNI, FRANCO FABRIZI, TOTO MIGNONE, FRIEDRICH VON LEDENBURG, AUGUSTO PODEROSI
Amelia Bonetti e Pippo Botticella, in arte Ginger & Fred, erano un duo di ballerini di tip-tap che eseguivano insieme i numeri musicali dei celebri Fred Astaire e Ginger Rogers, il cui sodalizio artistico fu bruscamente interrotto nella stagione 1939-40. Più di quarant’anni dopo, vengono reclutati dalla troupe televisiva del programma Ed ecco a voi… per fare il loro stacchetto migliore davanti ad un pubblico che, in occasione della nutrita puntata natalizia, vedrà una carrellata di personaggi singolari e pacchiani da ogni prospettiva. Invecchiati nel corpo, ma ancora giovanili e pimpanti nello spirito, Amelia e Pippo effettueranno il numero più riuscito di tutto l’episodio, sovrastando di una spanna abbondante tutta la sgargiante volgarità che il programma propone col solo obiettivo di pompare a dismisura l’audience. Sarà l’occasione per guardarsi indietro e scoprire cosa si è fatto di giusto e di sbagliato in un passato denso di opportunità perdute e successi conseguiti. Pippo e Amelia si salutano alla stazione, con la promessa di scriversi una lettera o, ancora meglio, di tornare a rivedersi. Discesa nel mondo bieco e stringente della televisione commerciale, di cui vengono prontamente denunciati il consumismo, la pubblicità sempre più intontente e ossessiva, lo sfruttamento delle sfortune delle persone allo scopo di impinguare le finanze, il totale disimpegno della privacy (per nulla rispettata), la mostra troppo esplicita di individui che non dovrebbero esporre così platealmente le loro caratteristiche "fuori dal comune"e il bisogno ormai inderogabile di avere in casa un apparecchio televisivo di cui si è diventati dipendenti quasi senza accorgersene. Gli unici due che meritano un’attenzione speciale da parte del pubblico sono, com’è logico, i due protagonisti (eccellente gioco di squadra fra Masina e Mastroianni, straordinari nel compensarsi a vicenda), vecchie glorie del ballo quand’era considerato un puro mezzo di espressione artistica. E del resto loro sono Artisti con la A maiuscola: praticano il tip-tap per il gusto di ballarlo. Ma c’è anche il confronto della loro onestà intellettuale con la finta cultura che regna intorno a loro: ne è un’efficace dimostrazione il colloquio che Pippo intrattiene con gli scrittori a proposito delle rime poetiche che annota su un taccuino, approfittando di un’ispirazione momentanea. Ma tutta la sequenza dell’attesa nella sala colorata e gagliardamente illuminata è un esempio assai calzante della volgarità spicciola, più che culturale, che animava il mondo del piccolo schermo già nel 1985: non ci si fanno scrupoli nello sfruttare le storie private di transessuali, né di portare in studio una vacca con quindici mammelle, né nel far esibire in un numero musicale un gruppo di nani, di cui per altro viene rivelata la statura. Tanti piccoli personaggi popolano un universo magniloquente, nel quale Amelia e Pippo si sentono spaesati, e per quanto le ragioni del disorientamento siano differenti per l’uno e per l’altra, lo sbigottimento e la sensazione di non appartenenza a questo becero microcosmo è identica. Ottima anche la scelta di tenere Masina sola per la prima mezz’ora del film, e di far comparire Mastroianni nelle sembianze di un dormiente che russa rumorosamente durante il sonno: ma da quando i due attori recitano in coppia, la simbiosi è in meravigliosa sintonia! E almeno una volta tanto, Fellini ha avuto l’idea opportuna di non fare di Mastroianni il suo alter ego. Quanto alla prova del regista riminese, ha diretto i suoi due attori-feticcio (di cui una, com’è noto, era sua moglie) tenendoli a briglia sciolta e permettendo loro uno spazio espressivo di lunga gittata, il che sortisce come risultato la signorilità eccelsa della Masina, cui fa da contraltare la saggezza compassata, ma pur sempre intelligente, di Mastroianni. E che dire degli stupefacenti contributi tecnici? I costumi di Danilo Donati e le scene di Dante Ferretti furono premiati con un Nastro d’Argento, ma anche le musiche sognanti di Nicola Piovani avrebbero meritato il riconoscimento. Altri due Nastri furono conquistati da Masina e Mastroianni, migliore attrice e miglior attore protagonista. Un connubio fra costumi, scenografia e colonna sonora che impreziosisce un’opera omnia capace di fornire agli spettatori un affresco sulla comunicazione odierna, praticata attraverso il veicolo catodico, ma sempre travisata per far arrivare agli italiani che la guardano comodamente in casa un messaggio manierato e falsificato. La qual cosa serve soltanto a convincere le persone che ciò che stanno osservando sia pregno di bellezza e grazia, quando in realtà esclusivamente la boria e l’arroganza non fanno che abbondare da tutti i pori. Eccezionale prova di F. Fabrizi nelle vesti del conduttore che presenta lo spettacolo serale: posato benché ciarliero, col sorriso d’ordinanza, inserito alla perfezione nel contesto che è stato poc’anzi descritto. Uno degli ultimi opus di Fellini che, avviandosi al termine del suo repertorio registico, ha sfornato un prodotto su cui non valeva certo la pena di scrivere un testamento spirituale, ma pur tuttavia una pellicola che è valsa a testimoniare la sua sensibilità verso temi attuali, la cui attualità è direttamente proporzionale al loro essere scottanti e soprattutto inascoltati dalla maggior parte dei telespettatori. Un discreto successo al box office che non mancò di farlo lodare anche dalla critica. 

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